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Art. 62 — Circostanze attenuanti comuni

Art. 62 — Circostanze attenuanti comuni

Attenuano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze attenuanti speciali, le circostanze seguenti:

  1. 1) l’aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale;
  2. 2) l’aver agito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui;
  3. 3) l’avere agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall’Autorità, e il colpevole non è delinquenteo contravventore abituale o professionale o delinquente per tendenza;
  4. 4) l’avere nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità;
  5. 5) l’essere concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o l’omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa;
  6. 6) l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l’essersi, prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’articolo 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato.
  1. 1) l’aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale;
  2. 2) l’aver agito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui;
  3. 3) l’avere agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall’Autorità, e il colpevole non è delinquenteo contravventore abituale o professionale o delinquente per tendenza;
  4. 4) l’avere nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità;
  5. 5) l’essere concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o l’omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa;
  6. 6) l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l’essersi, prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’articolo 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato.
L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 25915/2018

La circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 5 c.p., costituita dall’ “essere concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o l’omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa”, è configurabile quando la condotta della persona offesa non soltanto si inserisce nella serie causale di produzione dell’evento, ma si collega anche sul piano della causalità psicologica a quella del soggetto attivo, nel senso che la persona offesa abbia voluto la realizzazione dello stesso evento avuto di mira dall’agente.(Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che bene fosse stata esclusa la sussistenza della circostanza in questione in un caso in cui la persona offesa del reato di truffa, poi degenerato in rapina, avrebbe agito nella prospettiva di commettere a sua volta un reato di ricettazione).

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Cass. pen. n. 2630/2018

La circostanza aggravante speciale della finalità di odio razziale (art. 3 d.l. 26 aprile 1993 n. 122) è compatibile con l’attenuante comune della provocazione di cui all’art. 62 n. 2 c.p., non potendosi considerare due stati d’animo contrastanti e reciprocamente escludenti, da un lato, quello diretto a rendere percepibile all’esterno un sentimento d’odio, senza che rilevi la mozione soggettiva dell’agente (ovvero i motivi che lo hanno spinto alla commissione del reato), e dall’altro, quello comportante l’attenuazione della gravità del fatto. (Cass. pen., sez. V, 22 gennaio 2018 n. 2630).

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Cass. pen. n. 56380/2017

Ai fini della configurabilità dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen., qualora la persona offesa non abbia accettato il risarcimento, è necessario che l’imputato proceda ad offerta reale dell’indennizzo ai sensi degli artt. 1029 e ss. cod. civ., in modo che la somma sia a completa disposizione della persona offesa e che successivamente il giudice possa valutare l’adeguatezza e la riconducibilità ad una effettiva resipiscenza del reo. (Nella fattispecie la S.C. ha respinto il ricorso dell’imputato evidenziando che non era stata fornita dalla difesa alcuna prova del fatto che la somma offerta a mezzo assegno circolare e rifiutata dalla parte offesa, fosse successivamente rimasta al di fuori della disponibilità del ricorrente).

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Cass. pen. n. 38635/2017

La circostanza attenuante comune dell’attivo ravvedimento, prevista dall’art. 62, comma primo, n. 6, seconda ipotesi, cod. pen. non può essere concessa per il fatto che l’autore del reato abbia intrapreso un percorso terapeutico volto alla comprensione del disvalore del reato commesso, e, quindi, in relazione a semplici stati psicologici interiori dell’imputato, essendo, invece, necessaria l’elisione delle conseguenze dannose della condotta. (Fattispecie di realizzazione di materiale pedopornografico in cui la S.C. ha, altresì, puntualizzato che eventuali percorsi interiori di comprensione del disvalore del reato commesso possono essere al più valutati ai fini della determinazione della pena, ai sensi dell’art. 133, comma secondo, n. 3), cod. pen., ovvero del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, di cui all’art. 62-bis, cod. pen.).

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Cass. pen. n. 28292/2017

Ai fini della configurabilità della circostanza attenuante della provocazione, pur nella forma c.d. “per accumulo”, si richiede la prova dell’esistenza di un fattore scatenante che giustifichi l’esplosione, in relazione ed in occasione di un ultimo episodio, pur apparentemente minore, della carica di dolore o sofferenza che si affermi sedimentata nel tempo, la cui esistenza è, tuttavia, da escludersi, pur in presenza di fatti apparentemente ingiusti della vittima, allorché la reazione appaia sotto ogni profilo eccessiva e talmente inadeguata rispetto all’ultimo episodio dal quale trae origine, da fare escludere la sussistenza di un nesso causale tra offesa, sia pure potenziata dall’accumulo, e reazione. (Nella fattispecie, la Corte ha annullato con rinvio la decisione con cui la Corte di assise di appello ha escluso l’attenuante della provocazione nei confronti dell’imputato, che aveva ucciso il genero, esplodendo al suo indirizzo sei colpi di pistola, non verificando se l’azione fosse da collegare alla condizione di persistente tensione emotiva nella quale versava da tempo l’imputato per la condizione di disagio familiare patita dalla figlia, che aveva presentato diverse querele nei confronti del coniuge, riacutizzata da un ultimo episodio vessatorio compiuto dalla vittima, che si era rifiutata di colloquiare con il suocero per un chiarimento in merito alla situazione di tensione che si era determinata con la moglie).

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Cass. pen. n. 18483/2017

Nei reati sessuali, la circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen. non è configurabile con riferimento all’ipotesi di ravvedimento attivo di cui alla seconda parte della disposizione, postulando una reversibilità degli effetti delittuosi non applicabile a reati di natura istantanea, come quelli indicati, nei quali la realizzazione del fatto tipico integra ed esaurisce l’offesa; l’attenuante è invece sempre configurabile con riferimento all’ipotesi di risarcimento del danno di cui alla prima parte della disposizione citata, sempre che il reo provveda alla integrale riparazione di ogni conseguenza pregiudizievole, anche di natura non patrimoniale, derivata dal reato.
Nei reati sessuali, nel caso di somma offerta a titolo di risarcimento del danno alla persona offesa e da questa accettata, il giudice che ritenga tale somma insufficiente al ristoro dell’integrale pregiudizio, e dunque inidonea a dimostrare l’effettivo ravvedimento del colpevole, deve negare la circostanza attenuante prevista dall’art. 62, n. 6, cod. pen., non potendo tuttavia limitarsi ad enunciare, quale elemento ostativo al suo riconoscimento, l’inadeguatezza del risarcimento versato in relazione al danno morale e di relazione patito dalla vittima, ma dovendo invece esprimere una rigorosa valutazione delle specifiche configurazioni assunte dal danno non patrimoniale in relazione alle concrete ripercussioni negative sulla vittima, in relazione alle quali commisurare la liquidazione equitativa.

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Cass. pen. n. 16595/2017

Ai fini della configurabilità dell’attenuante della provocazione, non integra di per sé “fatto ingiusto”, il comportamento di un genitore che interferisca nelle scelte sentimentali della figlia maggiorenne, con lui convivente, in quanto i doveri genitoriali non si conformano ad tempus e possono persistere al cospetto di comportamenti da parte dei figli maggiori di età, ma conviventi, su cui il genitore ritenga di intervenire. (In applicazione del suddetto principio, la Suprema Corte ha ritenuto legittima l’esclusione dell’attenuante, invocata dal ricorrente, condannato per il tentato omicidio del padre della fidanzata, che ne aveva ostacolato la relazione in ragione del suo stile di vita e dopo averlo visto lanciare della sostanza stupefacente dal finestrino della propria autovettura, reputato dalla Corte quale valido motivo della condotta del genitore).

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Cass. pen. n. 6877/2017

La misura della diminuzione della pena per ciascuna delle circostanze attenuanti applicate costituisce l’oggetto di una tipica facoltà discrezionale del giudice di merito, il quale, per adempiere al relativo obbligo di motivazione, non è tenuto ad una analitica enunciazione di tutti gli elementi presi in considerazione, ma può limitarsi alla sola enunciazione di quelli determinanti per la soluzione adottata, la quale è insindacabile in sede di legittimità qualora sia immune da vizi logici di ragionamento. (In applicazione del principio la Corte ha censurato la decisione del giudice di appello che, riconosciuta la sussistenza della circostanza attenuante prevista dall’art. 62, n. 6, cod. pen., esclusa in primo grado, aveva, tuttavia, applicato una riduzione di pena esigua e sproporzionata rispetto a quella determinata in prime cure alle circostanze attenuanti generiche, giustificando tale scelta con la necessità di evitare che la pena fosse contenuta nei limiti previsti dall’art. 163 cod. pen. per la concessione della sospensione condizionale).

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Cass. pen. n. 6635/2017

La concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subìto in conseguenza della sottrazione della “res”, senza che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso con il quale l’imputato invocava la configurabilità della predetta circostanza attenuante in una fattispecie di furto di merce del valore commerciale di 82 euro, sul presupposto che tale somma fosse irrilevante rispetto alla capacità economica del supermercato vittima del reato).

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Cass. pen. n. 4701/2017

La responsabilità per il danno derivante da reato comprende anche i danni mediati ed indiretti che costituiscano effetti normali dell’illecito secondo il criterio della cosiddetta regolarità causale. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha individuato un nesso mediato ma eziologicamente rilevante tra i danni causati in maniera diretta dai reati fine dell’associazione a delinquere e le condotte associative che hanno garantito le condizioni per la loro determinazione, ancorché per i reati fine l’imputato fosse stato assolto, escludendo perciò la sussistenza dell’attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 6 cod. pen., essendo inidonea all’uopo l’offerta risarcitoria dell’imputato da riferirsi anche a tali danni).

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Cass. pen. n. 27101/2016

È inammissibile, per carenza di interesse, l’impugnazione dell’imputato volta esclusivamente ad ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante, quando la stessa sia già stata ritenuta subvalente rispetto alle circostanze attenuanti concorrenti.

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Cass. pen. n. 24075/2015

Non è configurabile la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità con riferimento al delitto di ricettazione avente ad oggetto assegni in bianco e documenti, poiché il valore da considerare per la valutazione del danno non è quello dello stampato, ma quello, non determinabile, derivante dalla sua potenziale utilizzabilità.

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Cass. pen. n. 14040/2015

Ai fini dell’applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., la valutazione della speciale tenuità, nel caso di reato continuato, va effettuata non in relazione all’importo complessivo delle somme contestate, ma con riguardo al danno patrimoniale cagionato per ogni singolo fatto-reato. (Fattispecie in tema di peculato continuato, in cui la Corte ha censurato la sentenza che aveva negato il riconoscimento dell’attenuante sulla base della considerazione dell’importo complessivo delle somme percepite in relazione a ciascun fatto appropriativo).

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Cass. pen. n. 9248/2015

La circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità è applicabile anche ai reati che offendono la fede pubblica in quanto riferibile, in virtù del tenore testuale assunto dall’art. 62, comma primo, n. 4 cod. pen. a seguito della modifica introdotta dall’art. 2 della legge 7 febbraio 1990, n. 19, a tutti i delitti determinati da motivi di lucro, indipendentemente dalla natura giuridica del bene tutelato, purché la speciale tenuità riguardi sia l’entità del lucro (conseguendo o conseguito dall’agente), sia l’entità dell’evento dannoso o pericoloso subito dalla vittima. (Fattispecie relativa al delitto di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi).

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Cass. pen. n. 8530/2015

La concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrilevante: ai fini dell’accertamento della tenuità del danno è, inoltre, necessario considerare, oltre al valore in sé della cosa sottratta, anche il valore complessivo del pregiudizio arrecato con l’azione criminosa, valutando i danni ulteriori che la persona offesa abbia subìto in conseguenza della sottrazione della “res”. (In applicazione del principio la S.C. ha confermato la decisione del giudice di appello, il quale aveva escluso l’applicabilità della circostanza attenuante al furto di una cinepresa compiuto da un agente di polizia all’interno del proprio Commissariato, derivando da esso grave pregiudizio al rapporto fiduciario di servizio).

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Cass. pen. n. 51237/2014

Ai fini della configurabilità della circostanza attenuante della provocazione, pur nella forma c.d. per accumulo, si richiede la prova dell’esistenza di un fattore scatenante che giustifichi l’esplosione, in relazione ed in occasione di un ultimo episodio, pur apparentemente minore, della carica di dolore o sofferenza che si affermi sedimentata nel tempo, la cui esistenza è, tuttavia, da escludersi, pur in presenza di fatti apparentemente ingiusti della vittima, allorché la reazione appaia sotto ogni profilo eccessiva e talmente inadeguata rispetto all’ultimo episodio dal quale trae origine, da fare escludere la sussistenza di un nesso causale tra offesa, sia pure potenziata dall’accumulo, e reazione. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha escluso l’attenuante della provocazione, nei confronti dell’imputato, che aveva inferto alla moglie ferite con un coltello multiuso, sfregiandole il viso, dopo che questa le aveva confessato il persistere della relazione con il cognato).

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Cass. pen. n. 13575/2014

Ai fini della valutazione della configurabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 4, c.p., il giudice deve avere riguardo soltanto al “danno patrimoniale”(nel quale rientra anche quello fisico o morale procurato dalla condotta illecita alla persona offesa), e non può quindi attribuire rilievo ostativo agli elementi indicati dall’art. 133 c.p., e, in particolare, alla capacità a delinquere.

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Cass. pen. n. 11915/2014

La circostanza attenuante dell’aver agito per suggestione di una folla in tumulto postula la sussistenza di una riunione imponente e disordinata di individui che, per effetto di una spinta emozionale, reagisca in modo improvviso e rumoroso e il mancato concorso nonché la mancata confluenza dell’autore con altri per provocare l’assembramento delle persone e compiere il fatto reato. (Fattispecie relativa ad una violenta aggressione posta in essere dal ricorrente ed altri tre individui, in danno degli agenti di polizia municipale intenti al controllo di un veicolo, in la S.C. ha escluso l’aggravante).

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Cass. pen. n. 4033/2014

Le circostanze attenuanti generiche non possono essere riconosciute solo per l’incensuratezza del’l’imputato, dovendosi considerare anche gli altri indici desumibili dall’art. 133 c.p.. (Principio affermato in relazione al testo dell’art. 62 bis c.p. vigente prima delle modifiche apportate dalla L. n. 125 del 2008).

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Cass. pen. n. 3167/2014

Agli effetti della circostanza attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 c.p. la durata del danno nel reato di furto assume rilevanza solo come elemento complementare – e non alternativo – di quello del valore della cosa sottratta. Ne consegue che, se la cosa è di grande valore in sé, a nulla rileva che sia stata sottratta soltanto per brevi momenti: il danno è obiettivamente grave per il solo fatto dello spossessamento, sia pure limitato nel tempo. Al contrario, nel caso di recupero in brevissimo tempo di una somma sottratta di non grossa entità, il danno di speciale tenuità può ravvisarsi, nella indifferenza del valore della cosa sottratta, in ragione del minimo pregiudizio che la breve sottrazione ha causato.

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Cass. pen. n. 604/2014

La circostanza attenuante della provocazione, pur non richiedendo i requisiti di adeguatezza e proporzionalità, non sussiste ogni qualvolta la sproporzione fra il fatto ingiusto altrui ed il reato commesso sia talmente grave e macroscopica da escludere o lo stato d’ira ovvero il nesso causale fra il fatto ingiusto e l’ira. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso che una irregolare e imprudente manovra di guida della persona offesa potesse giustificare l’applicazione della invocata attenuante, alla condotta dell’imputato, che aveva reagito mostrando un coltello e posizionando la propria autovettura in modo da impedire alla vittima di proseguire nella marcia).

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Cass. pen. n. 47840/2013

Ai fini della configurabilità dell’attenuante della provocazione occorrono: a) lo “stato d’ira”, costituito da un’alterazione emotiva che può anche protrarsi nel tempo e non essere in rapporto di immediatezza con il “fatto ingiusto altrui”; b) il “fatto ingiusto altrui”, che deve essere connotato dal carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettività in un dato momento storico e non con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilità personale; c) un rapporto di causalità psicologica e non di mera occasionalità tra l’offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse, sempre che sia riscontrabile una qualche adeguatezza tra l’una e l’altra condotta. (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso l’applicabilità dell’attenuante nel caso di “provocazione lenta”, frutto di ipotizzate vessazioni da parte della vittima del delitto di omicidio che ostacolava la relazione extraconiugale della moglie e la cui gelosia non era sfociata in alcun modo in condotte violente).

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Cass. pen. n. 29536/2013

La spontanea “ritrattazione”della denuncia non esclude la punibilità del delitto di calunnia, integrando un “post factum”irrilevante rispetto all’avvenuto perfezionamento del reato, eventualmente valutabile quale circostanza attenuante ai sensi dell’art. 62, n. 6, cod. pen. (Fattispecie relativa ad una falsa accusa di furto di un assegno, ritrattata dall’imputata il giorno successivo alla presentazione della denuncia).

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Cass. pen. n. 28243/2013

Nei reati contro il patrimonio, la circostanza attenuante comune del danno di speciale tenuità é applicabile anche al delitto tentato quando sia possibile desumere con certezza, dalle modalità del fatto e in base ad un preciso giudizio ipotetico che, se il reato fosse stato riportato al compimento, il danno patrimoniale per la persona offesa sarebbe stato di rilevanza minima. (Fattispecie relativa al tentativo di furto di monete custodite in apposito cassetto di un distributore automatico di bevande).

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Cass. pen. n. 26388/2013

Ai fini del diniego dell’attenuante della riparazione del danno, in presenza di una seppur generica dichiarazione liberatoria della persona offesa, il giudice è tenuto a motivare specificamente sulle ragioni per cui ritenga la stessa inadeguata e il risarcimento operato dall’imputato comunque insufficiente.

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Cass. pen. n. 23821/2013

La circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità prevista dall’art. 62, n. 4, c.p. non è applicabile ai reati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.

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Cass. pen. n. 16632/2013

Ai fini della esclusione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 2 c.p., il requisito della proporzione tra fatto ingiusto e reazione, pur non avendo il carattere dell’essenzialità, può assumere rilevanza se l’accertata mancanza di un qualsiasi rapporto di adeguatezza della reazione al fatto provocatorio faccia sì che questo debba essere considerato un mero pretesto di cui l’agente abbia approfittato per dare sfogo alla propria prepotenza, violenza, malvagità d’animo o aggressività così escludendo la sussistenza del nesso causale fra fatto provocatorio e reazione.

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Cass. pen. n. 15576/2013

La circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4 c.p. ricorre solo quando il danno patrimoniale subito dalla parte offesa come conseguenza diretta e immediata del reato sia di valore economico pressoché irrilevante. (Fattispecie relativa ai reati di ricettazione e detenzione e vendita di prodotti industriali con il marchio contraffatto).

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Cass. pen. n. 2833/2013

L’attenuante prevista per l’ipotesi che l’imputato si sia adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato non può concorrere con quella della cosiddetta “dissociazione attuosa”, prevista dall’art. 8 del D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 203, poiché, benché entrambe facciano riferimento ad un comportamento dell’imputato idoneo ad evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, la seconda presenta elementi di specialità ravvisabili nel contesto criminale di riferimento, nelle modalità concrete attraverso le quali l’imputato perviene all’interruzione degli effetti dannosi del reato e negli effetti dispiegati sul trattamento sanzionatorio.

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Cass. pen. n. 36916/2011

La circostanza attenuante del danno di speciale tenuità non è integrata per il solo fatto della scarsa entità del valore della cosa (nella specie del denaro sottratto nel corso di una rapina), occorrendo far riferimento ad una valutazione il più completa possibile del danno.

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Cass. pen. n. 20937/2011

La circostanza attenuante del conseguimento di un lucro di speciale tenuità di cui all’art. 62, n. 4, c.p. è applicabile al reato di cessione di sostanze stupefacenti in presenza di un evento dannoso o pericoloso connotato da un ridotto grado di offensività o disvalore sociale, ed è compatibile con l’attenuante ad effetto speciale del fatto di lieve entità, prevista dall’art. 73, comma quinto, D.P.R. n. 309/1990. (Fattispecie relativa alla vendita di due dosi di marijuana per la somma di euro 40,00, in cui la S.C. ha ritenuto corretta la valutazione della Corte distrettuale in ordine all’esclusione del riconoscimento dell’attenuante “de qua”).

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Cass. pen. n. 18896/2011

La condotta criminosa posta in essere da un appartenente alla polizia giudiziaria nell’esercizio delle funzioni e con abuso di potere, non può essere qualificata dalla circostanza attenuante di motivi di particolare valore morale e sociale, prospettati sulla base dell’interesse pubblico di primaria importanza che l’attività di polizia giudiziaria è diretta a soddisfare.(In motivazione la Corte ha precisato che la commissione di un reato da parte di un appartenente alla polizia giudiziaria, pur se finalizzata al conseguimento di brillanti risultati investigativi, non riceve particolare approvazione dalla collettività, potendo gli stessi risultati essere legittimamente raggiunti con un’attività sotto copertura).

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Cass. pen. n. 15111/2011

La circostanza attenuante dell’aver agito per suggestione di una folla in tumulto non trova applicazione se l’autore abbia concorso e confluito con altri per provocare l’assembramento delle persone e compiere il fatto reato.

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Cass. pen. n. 2970/2011

La circostanza attenuante comune dell’attivo ravvedimento (art. 62, comma primo, n. 6, seconda ipotesi, c.p.) non è applicabile ai reati contro il patrimonio, in quanto si riferisce esclusivamente all’elisione o all’attenuazione di quelle conseguenze che non consistono in un danno patrimoniale o non patrimoniale economicamente risarcibile. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto incensurabile la motivazione del giudice di merito che ha statuito l’inapplicabilità della circostanza in questione al delitto di usura a fronte del parziale risarcimento del danno effettuato dall’imputato).

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Cass. pen. n. 2663/2011

Incombe all’imputato l’onere di provare gli elementi di fatto idonei a giustificare l’affermazione di sussistenza della circostanza attenuante della provocazione.

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Cass. pen. n. 29938/2010

L’attenuante di cui all’art. 62 n. 5 c.p., richiedendo la sussistenza del fatto doloso della persona offesa, rinvia, per la nozione del dolo, al precedente art. 43 e quindi presuppone che la persona offesa preveda e voglia l’evento dannoso come conseguenza della propria cooperazione attiva o passiva al fatto delittuoso dell’agente. (Nella specie è stata esclusa la ricorrenza dell’attenuante nella reazione a una rapina a mano armata da parte di un gioielliere che, al termine della colluttazione, finì ucciso dai rapinatori, sul rilievo che le confliggenti condotte della vittima e degli aggressori non costituivano elementi della medesima serie causale di produzione dell’evento, ma si ponevano in rapporto di mera occasionalità, nel senso che la reazione della persona offesa rappresentava l’antecedente).

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Cass. pen. n. 29929/2010

La possibilità di applicare simultaneamente l’attenuante dei motivi di particolare valore morale o sociale e quella della provocazione è subordinata all’accertamento, in concreto, della loro ascrivibilità a distinte situazioni concrete, poiché qualora il fatto che ne è alla base sia unico, per il principio del “ne bis in idem”sostanziale che impedisce la reiterata valutazione del medesimo elemento ai fini della riduzione della pena, deve applicarsi una sola delle anzidette circostanze. (Fattispecie relativa ad omicidio volontario di persona che minacciava la figlia minorenne dell’agente e ne picchiava la convivente, in cui è stato ritenuto corretto il riconoscimento della sola attenuante della provocazione, a fronte di richiesta di valutazione del fatto anche ai fini della concessione dell’attenuante dei motivi di particolare valore morale e sociale).

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Cass. pen. n. 27542/2010

Le due circostanze attenuanti del reato contenute nell’art. 62 n. 6 c.p. (riparazione totale del danno e ravvedimento operoso) hanno sfere di applicazione autonome, l’una essendo correlata al danno inteso in senso civilistico, e cioè alla lesione patrimoniale o anche non patrimoniale, ma economicamente risarcibile, l’altra collegandosi, invece, al danno cosiddetto criminale, cioè alle conseguenze, diverse dal pregiudizio economicamente risarcibile, che ineriscono alla lesione o al pericolo di lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale violata. Ne consegue che le due ipotesi, pur potendo essere congiuntamente applicate, con un unico effetto riduttivo, nei reati diversi da quelli contro il patrimonio, nei quali la condotta del colpevole, successiva alla commissione del reato, abbia distintamente realizzato le autonome previsioni normative, non sono tra loro fungibili né possiedono reciproca capacità integratrice, con la conseguenza che il parziale risarcimento del danno, che non attenui il reato secondo la prima previsione, non può essere valutato nemmeno con riferimento alla seconda ipotesi.

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Cass. pen. n. 26847/2010

Non è configurabile l’attenuante della provocazione quando l’esistenza di pregressi contrasti tra autore del fatto e vittima abbia progressivamente condotto a reciproche aggressioni e ripicche in termini tali da non consentire l’attribuzione all’uno o all’altra di uno specifico fatto ingiusto quale causa immediata della reazione.

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Cass. pen. n. 25119/2010

È configurabile la circostanza attenuante della provocazione nel fatto, imputabile alla vittima del reato di tentato omicidio, di avere cagionato con un morso il distacco dell’orecchio dell’avversario, nel corso di un litigio avvenuto circa tre ore prima dell’aggressione, tempo che indica una sostanziale continuità tra litigio iniziale e violenta reazione successiva.

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Cass. pen. n. 21014/2010

La sussistenza della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità in riferimento ai delitti contro il patrimonio non ha riguardo soltanto al valore della cosa oggetto materiale del reato ma anche alla condotta dell’imputato nella sua globalità.

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Cass. pen. n. 20729/2010

Per la concessione dell’attenuante di cui al n. 4 dell’art. 62 c.p. può rilevare anche il criterio sussidiario del riferimento alle condizioni economiche del soggetto passivo, solo quando il danno, pur essendo di speciale tenuità oggettiva, può costituire un pregiudizio per la vittima, attese le sue disagiate condizioni economiche. (Nella specie, la Corte ha escluso che, ai fini della concessione della suddetta attenuante in relazione al furto ai danni di un supermercato di due bottiglie di champagne, potessero rilevare le condizioni economiche del soggetto passivo).

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Cass. pen. n. 20312/2010

I motivi di particolare valore morale o sociale cui l’art. 62, comma primo, n. 1, c.p. riconosce efficacia attenuante sono soltanto quelli avvertiti come tali dalla prevalente coscienza collettiva, ed intorno ai quali vi sia un generale consenso. (Fattispecie nella quale la Corte non ha ravvisato motivi di particolare valore morale o sociale nella condotta degli imputati, resisi responsabili dei reati di interruzione di un servizio pubblico e di interruzione della libera circolazione sulle strade ferrate allo scopo di impedire il transito di un convoglio che trasportava armi ed altro materiale tra due basi militari U.S.A.).

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Cass. pen. n. 13921/2010

Anche ai fini della ricorrenza dell’attenuante della provocazione cosiddetta “per accumulo”si richiede la prova dell’esistenza di un fattore scatenante che giustifichi l’esplosione, in relazione e in occasione di un ultimo episodio pur apparentemente minore, della carica di dolore o sofferenza che si affermi sedimentata nel tempo, non potendosi mai riconoscere la circostanza, pur in presenza di fatti apparentemente ingiusti della vittima, allorché la reazione appaia sotto ogni profilo eccessiva e talmente inadeguata rispetto all’ultimo episodio dal quale trae origine, da fare escludere la sussistenza di un nesso causale tra offesa, sia pure potenziata dall’accumulo, e reazione.

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Cass. pen. n. 915/2010

Non costituisce fatto ingiusto, tale da integrare la circostanza attenuante comune della provocazione, la determinazione di porre fine ad una relazione sentimentale, in quanto costituisce espressione del legittimo esercizio del diritto di libertà sessuale. (Fattispecie in materia di violenza sessuale).

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Cass. pen. n. 49966/2009

La circostanza attenuante comune del concorso del fatto doloso della persona offesa non è applicabile ai reati di rissa e a quelli connessi.

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Cass. pen. n. 49674/2009

La circostanza attenuante della speciale tenuità del danno patrimoniale (art. 62, comma primo, n. 4 c.p.) non è applicabile ai reati contro la fede pubblica (nella specie spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate).
Non ricorre l’attenuante dei motivi di particolare valore morale e sociale di cui all’art. 62, comma primo, n. 1 c.p., nel caso in cui l’imputato per il reato di spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate (art. 455 c.p.) affermi di aver voluto trasferire il denaro al padre residente in Marocco e con precarie condizioni di salute, in quanto l’operatività di detta attenuante presuppone che i motivi dell’azione criminosa superino l’entità della morale comune media, con la conseguenza che l’aiuto economico prestato dal figlio al padre malato non può essere riguardato come eccedente i limiti della normale solidarietà familiare e non è, dunque, ricollegabile ai ‘motivi di particolare valore morale e sociale previsti dalla norma in questione.

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Cass. pen. n. 37602/2009

La circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità è incompatibile con il reato di frode nell’esercizio del commercio. (Fattispecie in tema di frode “qualitativa”).

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Cass. pen. n. 21405/2009

L’attenuante della provocazione è incompatibile con la diminuente del vizio parziale di mente nei casi in cui vi sia sostanziale coincidenza tra lo stato d’ira e l’infermità mentale o quest’ultima abbia avuto preponderante incidenza sul primo.

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Cass. pen. n. 31635/2008

L’attenuante dei motivi di particolare valore morale e sociale di cui all’art. 62, comma primo, n. 1, c.p. postula che, nell’intenzione dell’agente, l’azione delittuosa sia preordinata ad eliminare una situazione effettivamente esistente, ritenuta immorale o antisociale, e che tale movente sia oggettivamente conforme alla morale ed ai costumi del tempo del commesso reato; detti presupposti non ricorrono nel caso che l’agente dichiari falsamente all’ufficiale dello stato civile di essere il padre naturale del figlio dell’allora convivente, trattandosi di motivo meramente personale inteso a rendere più salda l’unione con quest’ultima e quindi privo di quella componente oggettiva che legittima l’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 1 c.p. (Nella specie, tra l’altro, il ricorrente, cessata la convivenza, aveva iniziato l’azione di disconoscimento di paternità ).

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Cass. pen. n. 47039/2007

Non può essere riconosciuta la circostanza attenuante dei motivi di particolare valore morale e sociale all’omicida del coniuge affetto da grave malattia (morbo di Alzheimer in stadio avanzato), il cui movente sia stato quello di porre fine a una vita di strazi, in quanto dall’azione criminosa non esula la finalità egoistica di trovare rimedio alla sofferenza, consistente nella necessità di accudire un malato grave ridotto in uno stato vegetativo.

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Cass. pen. n. 45514/2007

Ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione, non integra il fatto ingiusto altrui richiesto dall’art. 62 n. 2 c.p. la mancata corresponsione del compenso pattuito per una prestazione carnale, in considerazione del carattere turpe dell’azione di chi si prostituisce e di chi ne compra i favori sessuali. (Fattispecie relativa a omicidio della persona che aveva rifiutato di corrispondere all’autore del reato, che esercitava la prostituzione, l’intera somma pattuita come prezzo del rapporto sessuale).

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Cass. pen. n. 37352/2007

L’attenuante dell’aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale non è configurabile in relazione alla cosiddetta « causa d’onore» (In motivazione, la Corte di cassazione ha osservato che la « causa d’onore» è espressione di una concezione del rapporto di coniugio in contrasto con valori riconosciuti e tutelati anche dalla Costituzione, quali il rispetto della vita, la dignità della persona, l’uguaglianza di tutti i cittadini senza discriminazioni basate sul sesso, l’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi all’interno della famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio).

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Cass. pen. n. 36612/2007

In tema di reati paesaggistici, ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante dell’art. 62, n. 6, seconda parte, c.p., costituisce fatto irrilevante l’essersi il reo attivato per ottenere il rilascio dell’autorizzazione in sanatoria, in quanto detta autorizzazione non comporta da sola né l’eliminazione né l’attenuazione delle conseguenze del reato paesaggistico.

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Cass. pen. n. 2671/2007

Sussiste la circostanza attenuante comune della provocazione (art. 62, comma primo, n. 2, c.p.) qualora la reazione iraconda segua a breve distanza di tempo e di luogo rispetto alla condotta aggressiva tenuta dal provocatore.

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Cass. pen. n. 25870/2006

Sussiste l’attenuante del danno di speciale tenuità nel caso di furto di tessera bancomat, atteso che la carta plastificata, se il ladro non ne conosce il codice e non può usarla, non ha alcun valore in sé e la sua sottrazione cagiona l’unico danno consistente nelle spese per il duplicato. (La Corte ha specificato che la differenza rispetto al furto di carta di credito è la inutilizzabilità del bancomat in mancanza del codice).

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Cass. pen. n. 21065/2006

Non può essere riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 62 n. 1 c.p. nel caso di danneggiamento e furto di beni come conseguenza di una manifestazione contro la guerra, posto che le motivazioni politiche ispiratrici di comportamenti criminosi non possono venire in considerazione ai fini dell’attenuazione del trattamento sanzionatorio.

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Cass. pen. n. 15990/2006

La circostanza attenuante del «fatto doloso dell’offeso» (art. 62 n. 5 c.p.) attiene direttamente al nesso di causalità tra condotta ed evento del reato, nel senso che il fatto doloso del soggetto passivo deve risultare concausa efficiente dell’evento del reato.

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Cass. pen. n. 11142/2006

In tema di reati contro il patrimonio, l’attenuante comune del danno di speciale tenuità (art. 62, comma primo, n. 4 c.p.) non si applica al delitto tentato (nella specie tentato furto), posto che il danno patrimoniale non è elemento costitutivo dell’ipotesi delittuosa.

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Cass. pen. n. 6770/2006

Ai fini della configurabilità dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, la valutazione del pregiudizio economico subito dal soggetto passivo va fatta con riguardo alla diminuzione patrimoniale determinata dalla sottrazione, a nulla rilevando il maggior danno che possa eventualmente verificarsi o si verifichi dopo il momento consumativo del reato (fattispecie nella quale la Corte ha escluso la rilevanza dei disagi che la persona offesa avrebbe dovuto subire per ottenere il rinnovo dei documenti sottratti).

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Cass. pen. n. 44639/2005

Ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità si deve tenere conto, quando oggetto del reato non sia una somma di denaro, del valore oggettivo della cosa e quando si tratti, come nella specie, di furto di un carnet di moduli per assegni bancari (non recanti la indicazione di importi), del valore oggettivo intrinseco (quello «cartaceo» dei moduli de quibus) del medesimo, cui va rapportato il danno diretto da reato, e non già di eventuali ulteriori pregiudizi che potrebbero derivare al soggetto passivo dall’uso da parte di terzi di quanto a lui sottratto, che non rientrano nella nozione del danno quale conseguenza immediata e diretta del reato.

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Cass. pen. n. 34342/2005

L’attenuante del ravvedimento attivo (art. 62 n. 6 c.p.) non può essere applicata in riferimento al delitto di omicidio, perché essa implica che le condotte riparatorie siano efficaci, e quindi concretamente elidano o attenuino le conseguenze dannose o pericolose del reato, ed invece la commissione dell’indicato delitto determina l’irreversibile distruzione del bene giuridico protetto.

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Cass. pen. n. 33093/2005

Sussistono i presupposti per l’applicabilità dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62, comma primo, n. 4) nell’ipotesi di furto di una carta telefonica Sim, la quale ha un costo modesto (20 o 25 euro) e un credito telefonico che, ove sussistente, non supera i cinquanta o i cento euro; né si determinano a seguito del detto furto, danni ulteriori posto che il titolare della carta rubata può conservare il numero di telefono che gli era stato attribuito.

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Cass. pen. n. 17637/2005

Le distinte ed autonome circostanze attenuanti di natura soggettiva previste dall’art. 62 n. 6 c.p. (riparazione totale del danno e ravvedimento operoso) attribuiscono rilievo alla condotta dell’autore del reato successivamente alla consumazione dello stesso al fine di ripararne le conseguenze: nella prima il danno è inteso in senso civilistico come lesione patrimoniale o non patrimoniale, ma economicamente risarcibile (art. 185 cpv. c.p.; art. 2059 c.c.); nella seconda, invece, esso è considerato — unitamente al pericolo di danno — nel suo significato penalistico, ossia quale lesione del bene giuridico specificamente tutelato dalla norma incriminatrice.

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Cass. pen. n. 12860/2005

Sussiste la circostanza attenuante comune della provocazione (art. 62, n. 2, c.p.) anche quando la reazione iraconda non segua immediatamente il fatto ingiusto — a differenza di quel che richiede l’esimente di cui all’art. 599 c.p. nel delitto di diffamazione — ma consegua ad un accumulo di rancore, per effetto di reiterati comportamenti ingiusti, esplodendo, anche a distanza di tempo, in occasione di un episodio scatenante.

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Cass. pen. n. 38020/2004

La circostanza attenuante della provocazione non è applicabile nell’ipotesi di reato unito dalla continuazione ad altro reato, perché la reiterazione annulla l’effetto iniziale della provocazione, rivelando il subentrare all’originaria situazione emotiva di spinte psicologiche, diverse dallo stato d’ira.

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Cass. pen. n. 34912/2004

L’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62, comma primo, n. 4, c.p.), non può trovare applicazione nel caso dei reati di contrabbando, in cui l’interesse protetto non è il patrimonio dello Stato ma il suo diritto sovrano alla imposizione e riscossione dei tributi.

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Cass. pen. n. 28554/2004

La circostanza attenuante del ravvedimento operoso prevista dalla seconda parte dell’art. 62, n. 6 c.p. ha pacificamente natura soggettiva ed è ravvisabile solo se l’azione è determinata da motivi interni e non influenzata da fattori quali l’arresto e lo stato di detenzione. (Fattispecie in cui l’imputato aveva confessato ed indicato il luogo in cui aveva occultato il cadavere a seguito dell’arresto avvenuto per altro reato).

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Cass. pen. n. 26298/2004

La circostanza attenuante della provocazione è configurabile solo in presenza di una situazione iniziale di legittimità o, almeno, di non illiceità dell’offensore, confliggente con una opposta condizione di illiceità dell’offeso e qualificata da un intento reattivo a siffatta situazione di illiceità. Ne consegue che essa non è applicabile a favore dell’autore di un delitto quando il fatto apparentemente ingiusto della vittima, cui l’agente abbia reagito, sia stato determinato a sua volta da un precedente comportamento ingiusto dello stesso agente o sia frutto di reciproche provocazioni.

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Cass. pen. n. 24693/2004

Per il riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione, pur non richiedendosi la proporzione tra reazione ed offesa, occorre tener conto del criterio dell’adeguatezza come parametro utile alla valutazione dello stato d’animo del reo che, nel caso di evidente sproporzione, tradisce sentimenti e stati psicologici diversi dallo stato d’ira.

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Cass. pen. n. 20303/2004

In tema di circostanze attenuanti comuni, con riferimento all’ipotesi di cui all’art. 62 n. 4 c.p. il giudice deve motivare in ordine al valore intrinseco ed economico della cosa e non può limitarsi a valutarla unicamente in relazione alle sue potenzialità di uso ed al servizio da essa reso. (Nella fattispecie è stata annullata con rinvio la sentenza di appello nella parte in cui aveva negato l’attenuante citata in relazione al furto di un telefono cellulare affermando che l’oggetto, per il suo servizio e le sue potenzialità procura un danno e un guadagno non irrilevanti).

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Cass. pen. n. 12558/2004

Ai fini della configurabilità dell’attenuante della provocazione occorrono: a) lo «stato d’ira» costituito da una situazione psicologica caratterizzata da un impulso emotivo incontenibile, che determina la perdita dei poteri di autocontrollo, generando un forte turbamento connotato da impulsi aggressivi; b) il «fatto ingiusto altrui» costituito non solo da un comportamento antigiuridico in senso stretto ma anche dall’inosservanza di norme sociali o di costume regolanti la ordinaria, civile convivenza, per cui possono rientrarvi, oltre ai comportamenti sprezzanti o costituenti manifestazione di iattanza, anche quelli sconvenienti o, nelle particolari circostanze, inappropriati; c) un rapporto di causalità psicologica tra l’offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha ritenuto che non potesse escludersi – come invece avevano fatto i giudici di merito con motivazione giudicata inadeguata – la sussistenza dell’attenuante in discorso in un caso di lesioni volontarie in danno di un giornalista intervenuto alle esequie di un suicida, nonostante che la famiglia del defunto ed il gruppo politico anarchico di cui lo stesso aveva fatto parte avessero manifestato energica contrarietà alla presenza della stampa).

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Cass. pen. n. 4287/2004

Ai fini della concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p. il momento in cui deve prendersi in considerazione l’entità del danno è quello della consumazione del reato, in quanto il danno non può divenire di speciale tenuità in conseguenza di eventi successivi. (Nella specie la Corte ha ritenuto che nel delitto di usura, ai fini della concessione della predetta attenuante, il danno da valutare è quello corrispondente al pregiudizio economico in concreto subito dalla parte offesa con il pagamento o la promessa di pagamento di interessi usurari, restando del tutto irrilevanti gli eventuali inadempimenti successivi della vittima dell’usura, quali la sospensione del pagamento delle rate stabilite per la restituzione del capitale).

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Cass. pen. n. 2919/2004

In tema di ricettazione, ai fini della valutazione della concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p. per valutare l’entità del danno cagionato dal reato di ricettazione di assegni circolari e bancari si deve tener conto dell’importo risultante dai titoli unicamente se il fatto di ricettazione ha avuto per oggetto un assegno già compilato con l’indicazione dell’importo.

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Cass. pen. n. 46031/2003

L’attenuante di aver cagionato alla persona offesa del reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, prevista dall’art. 62 n. 4 c.p., è compatibile con l’ipotesi attenuata di ricettazione prevista dall’art. 648, secondo comma, c.p. solo se la valutazione del danno patrimoniale sia rimasta estranea al giudizio sulla particolare tenuità del fatto che caratterizza l’ipotesi attenuata di ricettazione, perché ove il danno patrimoniale sia stato tenuto presente in tale giudizio l’attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 è assorbita nell’ipotesi attenuata di cui all’art. 648, secondo comma, c.p. (Nella fattispecie, relativa alla ricettazione di alcuni assegni inutilizzabili, la Corte ha escluso la applicabilità dell’attenuante ex art. 62 n. 4 c.p. proprio in ragione del fatto che il giudice di merito aveva già compiuto una valutazione relativa alla estrema tenuità del valore patrimoniale del bene per riconoscere l’ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 648 c.p.).

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Cass. pen. n. 43394/2003

In tema di ricettazione, pur essendo compatibile il riconoscimento dell’ipotesi attenuata di ricettazione prevista dall’art. 648 comma secondo c.p., con la concessione della circostanza attenuante della speciale tenuità del danno, di cui all’art. 62 n. 4 c.p., deve essere esclusa la riconoscibilità dell’attenuante comune nel caso in cui il valore della cosa ricettata assurga ad unico elemento di valutazione per il riconoscimento dell’ipotesi attenuata, onde evitare la duplicazione di circostanze favorevoli basate sulla considerazione del medesimo parametro (in applicazione di tale principio la Corte ha rigettato il ricorso del P.M. volto a contestare la concessione dell’attenuante speciale, basata sulla modestia dell’importo dalla somma ricettata, in luogo di quella comune).

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Cass. pen. n. 35607/2002

Al fine di ritenere configurabile la circostanza attenuante della provocazione nell’ipotesi di reazione del soggetto provocato diretta contro persona diversa dal provocatore, occorre che la vittima sia legata al provocatore da un rapporto che renda plausibile la reazione nei suoi confronti e, quindi, è necessaria, se non una sua compartecipazione nel fatto provocatorio, almeno la sussistenza di rapporti giuridicamente o moralmente apprezzabili – come quelli di parentela o di solidarietà – tra il provocatore e la vittima stessa, così che sussista un nesso causale tra il fatto del provocatore, i rapporti tra costui e il terzo e la reazione dell’agente nei confronti di quest’ultimo.

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Cass. pen. n. 36299/2001

La circostanza attenuante comune prevista dall’art. 62 n.4 c.p. è configurabile anche con riferimento al delitto di cui all’art. 171-ter della legge 22 aprile 1941 n. 633 (abusiva duplicazione, riproduzione, vendita, cessione o noleggio di opere destinate al circuito cinematografico o televisivo, dischi, musicassette, videocassette e simili) qualora ricorrano simultaneamente la condizione del perseguimento (o del conseguimento), da parte dell’autore del reato, di un lucro di speciale tenuità e quella della produzione, a detrimento della parte offesa, di un evento dannoso o di una situazione di pericolo, entrambi di speciale tenuità. A tal fine il giudice è chiamato a verificare in concreto il presupposto della speciale tenuità e la sua valutazione è censurabile in sede di legittimità solo per mancanza o manifesta illogicità della motivazione.

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Cass. pen. n. 21872/2001

Ai fini della configurabilità dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62, n. 4, c.p.) in riferimento al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona (che non coincide necessariamente con il titolare del diritto sulla cosa sottratta) contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, atteso che il delitto de quo ha natura di reato plurioffensivo perché lede non solo il patrimonio ma anche la libertà e l’integrità fisica e morale aggredite per la realizzazione del profitto; ne consegue che, in applicazione della seconda parte della disposizione citata, solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo all’applicazione dell’attenuante; il relativo apprezzamento, risolvendosi nella verifica di circostanze fattuali, è riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità se immune da vizi logici e giuridici.

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Cass. pen. n. 12716/2001

In tema di furto di energia elettrica in utenza domestica, l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p. (danno di particolare lievità) non può, di regola, essere concessa in quanto nelle abitazioni l’appropriazione illecita di energia avviene con flusso continuo e la consumazione del reato deve ritenersi protratta per tutto il periodo in cui la casa venga abitata.

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Cass. pen. n. 7302/2001

In tema di unificazione con il vincolo della continuazione di vari reati, per applicare una circostanza attenuante non è necessario che questa sia presente in ciascuno dei delitti facenti parte della fattispecie complessa, essendo sufficiente ch’essa ricorra in ordine al reato più grave. (Fattispecie in cui, facendo applicazione di questo principio, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza della corte d’appello che non aveva applicato la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p. in quanto ritenuta sussistente solo in ordine al reato di furto e non anche al delitto di tentata estorsione, valutato come più grave).

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Cass. pen. n. 630/2001

Ai fini della configurabilità della circostanza attenuante della provocazione può costituire «fatto ingiusto» anche il ricorso a forme espressive non corrette, ma anzi caratterizzate da insolenza e villania e, quanto allo «stato d’ira», lo stesso è riconoscibile alla sola condizione che sussista un nesso di causalità che lo ricolleghi a quel fatto, senza che sia anche necessario quel rapporto di immediatezza che è invece richiesto, in materia di ingiurie, dall’art. 599, comma secondo, c.p., per la sussistenza dell’esimente ivi prevista. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha ritenuto che ingiustificatamente fosse stata esclusa l’applicabilità dell’attenuante in questione in favore della figlia di un noto uomo politico la quale, incontratasi casualmente con un altro uomo politico che, in precedenza, aveva espresso il desiderio di vedere il di lei padre «consumare il rancio nelle patrie galere», lo aveva apostrofato con un epiteto ingiurioso).

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Cass. pen. n. 12307/2000

Non vi è compatibilità tra l’attenuante della provocazione e un reato a condotta abituale, quale quello di maltrattamenti in famiglia previsto dall’art. 572 c.p., contrassegnato costitutivamente da una serie di comportamenti antigiuridici di analoga natura che si ripetono e si replicano nel tempo, posto che in tal caso quella che si vorrebbe prospettare come una reazione emotiva ad un fatto ingiusto si presenta, in realtà, come espressione di un proposito di rivalsa e di vendetta, al quale l’ordinamento non può dare riconoscimento alcuno.

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Cass. pen. n. 5786/2000

La circostanza attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 6, c.p., richiede che la condotta resipiscente dell’agente sia spontanea. Tale requisito non è escluso qualora l’indagato abbia reso confessione in presenza di prove evidenti della sua responsabilità; essendo sufficiente che il soggetto si sia adoperato senza pressioni o costrizioni a elidere o a attenuare le conseguenze del reato.

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Cass. pen. n. 4235/2000

Ai fini della verifica delle condizioni alle quali l’art. 280 c.p.p. subordina l’applicazione, e quindi il mantenimento, di una misura coercitiva personale, occorre fare riferimento, dopo una sentenza di condanna, alle statuizioni della sentenza stessa. Nella ipotesi in cui il giudice, con detta sentenza, qualifichi differentemente il fatto contestato, inquadrandolo in una figura criminosa diversa meno grave, è a tale nuova qualificazione che deve aversi riguardo per verificare se permangano le condizioni di applicabilità della misura. Ugualmente deve affermarsi se vengano riconosciute circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle a effetto speciale (art. 278 c.p.p.). Viceversa, non assumono alcun rilievo le statuizioni della sentenza di condanna che attengono esclusivamente alla pena, quali la possibile concessione di attenuanti (diverse da quelle dell’art. 62, n. 4, c.p.) e il giudizio di comparazione tra queste e le aggravanti ritenute sussistenti.

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Cass. pen. n. 285/2000

La circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 5 c.p. (concorso del fatto doloso della persona offesa) non è applicabile ai delitti di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, sia sotto il profilo che il concorso della volontà della prostituta è elemento costitutivo delle due fattispecie, sia sotto il profilo che alla prostituta non può essere riconosciuta la qualità di persona offesa, ma soltanto di parte eventualmente danneggiata e di soggetto passivo, sia sotto il profilo che il fatto della prostituta costituisce soltanto occasione, prossima o remota, del delitto e non vera e propria causa o concausa dell’evento come prescrive l’art. 62 n. 5 c.p.

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Cass. pen. n. 13028/1999

L’attenuante del ravvedimento operoso di cui all’art. 62 c.p. presuppone che il soggetto, dopo la consumazione del reato, si adoperi fattivamente per eliminare o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del commesso reato; essa non può essere invocata per avere l’imputato indicato il luogo dove era occultato altro stupefacente, circostanza che, attesa la natura permanente del reato di detenzione di sostanze stupefacenti, determina soltanto il cessare della condotta criminosa posta in essere, ma non già l’elisione o il ridimensionamento delle conseguenze del reato stesso posteriori rispetto al momento consumativo.

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Cass. pen. n. 10361/1999

In tema di circostanze del reato, ai fini del riconoscimento o dell’esclusione dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.), il danno suscettibile di valutazione va commisurato al valore della cosa al momento della consumazione del reato e non al suo prezzo di acquisto. Pertanto, nella ipotesi di mancata precisazione, ad opera della persona offesa, dell’uno o dell’altro elemento, l’incertezza del parametro di riferimento deve essere risolta in bonam partem.

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Cass. pen. n. 9695/1999

In tema di provocazione, la previsione dell’articolo 62 n. 2 c.p. è correlata ad un fatto ingiusto altrui cui consegue uno stato d’ira che, quale incontestabile impulso reattivo-aggressivo, scateni l’azione criminosa; l’attenuante deve pertanto essere esclusa quando il fatto provocatorio si ponga come mera occasione del delitto, da ricondurre ad un diverso movente o atteggiamento psicologico, insorto indipendentemente o anche dovuto ad una strutturazione e trasformazione dell’originario impulso emotivo in sentimento d’odio, rancore, vendetta o altro. Ed invero, pur non essendo richiesta una immediatezza della reazione, questa deve tuttavia essere collegabile ad un evento più prossimo e idoneo ad innescarla, sempre che non si sia verificata una trasformazione in un diverso sentimento.

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Cass. pen. n. 7830/1999

L’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p. non è applicabile ai reati di cessione di sostanze stupefacenti. Se è vero che detta circostanza presuppone relativamente all’ipotesi dei delitti determinati da motivi di lucro, quali in astratto potrebbero essere quelli in materia di stupefacenti, il conseguimento di «un lucro di speciale tenuità», tuttavia il requisito dell’«evento dannoso» di speciale tenuità – pure richiesto dalla norma – si attaglia pur sempre ai reati che offendono il patrimonio, e non è configurabile nei reati in materia di sostanze stupefacenti. Tali reati, infatti, risultano lesivi dei valori costituzionali attinenti alla salute pubblica, alla sicurezza e all’ordine pubblico, nonché alla salvaguardia sociale.

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Cass. pen. n. 6285/1999

In tema di circostanza attenuante per stato d’ira (art. 62 n. 2 c.p.), la provocazione, oltre che istantanea, può essere lenta protraendosi nel tempo senza mai raggiungere quella intensità di stimolazione da produrre nel perseguitato una «conflagrazione reattiva», ma determinando tuttavia in questi una «accumulazione» degli stimoli psichici cui è stato esposto, destinata ad esplodere, all’occasione, nel comportamento violento reattivo all’altrui fatto ingiusto.

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Cass. pen. n. 7905/1998

A seguito dell’inciso aggiunto con l’art. 2 della L. del 7 febbraio 1990, n. 19 nel testo dell’art. 62, n. 4 c.p., secondo il quale «Nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità», l’attenuante è applicabile a ogni tipo di delitto, indipendentemente dalla natura del bene oggetto di tutela. (Nella specie si trattava di un’ipotesi di reato di violazione di sigilli – apposti su una costruzione abusiva – nella quale, tuttavia, l’attenuante non è stata applicata, non ritenendosi la sussistenza del requisito della «speciale tenuità», trattandosi di reato commesso per completare, in area vincolata a verde cimiteriale, un manufatto in cemento armato, di notevole grandezza: 2.400 mc. e 600 mq.).

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Cass. pen. n. 7104/1998

Poiché l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p. prende in considerazione il solo aspetto oggettivo del danno o del lucro, essa può configurarsi anche quando persona offesa dal reato sia lo Stato o altro ente pubblico, sicché il giudice non deve limitarsi a prendere in considerazione l’aspetto soggettivo della vittima ma deve estendere la propria valutazione all’entità del danno con riferimento al valore della cosa.

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Cass. pen. n. 701/1998

Al fine della sussistenza della circostanza attenuante della provocazione non occorre una vera e propria proporzione tra offesa e reazione; tuttavia occorre comunque l’adeguatezza della risposta rispetto alla gravità del fatto ingiusto. Infatti occorre un nesso causale tra il secondo ed il primo, nesso che va escluso in presenza di una consistentissima sproporzione.

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Cass. pen. n. 6981/1997

Ai fini della applicabilità dell’attenuante della provocazione, uno stato d’animo caratterizzato da odio e rancore non è sufficiente ad integrare lo stato d’ira che l’art. 62 n. 2 del codice penale prevede quale elemento costitutivo dell’attenuante stessa. (Nella fattispecie la Suprema Corte ha ritenuto corretta la decisione della corte di merito che aveva negato la concessione dell’attenuante, in questione all’imputato il quale, in conseguenza di un litigio, si era reso responsabile di lesioni personali pluriaggravate in danno di un individuo presso il quale si era in precedenza recato con intento punitivo ritenendolo autore di un furto).

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Cass. pen. n. 5134/1997

Nei delitti contro il patrimonio l’attenuante prevista dall’art. 62 c.p. è applicabile, ove ne ricorrano i presupposti, indipendentemente dalla gravità delle conseguenze dell’evento poiché la legge 7 febbraio 1990 n. 19, prevedendo l’estensione dell’attenuante ai delitti determinati da motivi di lucro, solo per questi ha fissato il limite ulteriore della particolare tenuità anche dell’evento conseguente. (Nell’affermare il principio di cui in massima la Corte ha ritenuto che dovesse essere applicata l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità in una ipotesi di furto in ospedale, da parte di un tossicodipendente, di farmaci ipnotici per un ridotto valore commerciale, indipendentemente dalla pericolosità del farmaco sottratto).

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Cass. pen. n. 3859/1997

Al reato di divieto d’importazione di animali o parti d’animali, appartenenti a specie protette (nel caso Carapaci – carcasse o gusci – di tartarughe), non può essere applicata la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, perché la nuova dizione (legge 7 febbraio 1990, n. 19) dell’art. 62 n. 4 c.p., pur ampliando il campo di applicazione ha lasciato immutato il riferimento ai «delitti». Non può, inoltre, considerarsi di speciale tenuità il danno o il fine di lucro in una disciplina tesa alla tutela di beni irriproducibili e di valore incommensurabile, quali l’ambiente ed il territorio.

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Cass. pen. n. 2620/1997

In tema di reati contro la pubblica amministrazione, possono concorrere l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p. e quella di cui all’art. 323 bis c.p., in quanto la prima si riferisce al fatto di reato nella sua globalità, e quindi ai tradizionali elementi della condotta, dell’elemento psicologico e dell’evento, complessivamente considerati, mentre la seconda prende in esame il solo aspetto del danno o del lucro, che deve essere connotato da speciale tenuità. (Fattispecie in tema di abuso d’ufficio).

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Cass. pen. n. 1285/1997

In tema di provocazione (art. 62 n. 2 c.p.) deve affermarsi che l’attenuante inerisce ad una situazione iniziale di legittimità o, almeno, di non illiceità dell’offensore, confliggente con una opposta situazione di illiceità dell’offeso e qualificata da un intento reattivo a siffatta situazione di illiceità. Ne consegue che l’attenuante non è applicabile a favore dell’autore di un delitto quando il fatto apparentemente ingiusto della vittima, cui l’agente abbia reagito, sia stato determinato a sua volta da un precedente comportamento ingiusto dello stesso agente o sia frutto di reciproche provocazioni.
La circostanza attenuante comune di cui all’art. 62 n. 6, seconda ipotesi, c.p. solo in via eccezionale opera dopo la commissione del reato e trova fondamento nella minore capacità a delinquere del colpevole il quale, per ravvedimento, si adopera per eliderne le conseguenze che, pur strettamente inerenti alla lesione o alla messa in pericolo del bene tutelato dalla norma incriminatrice, sono d’altra parte estranee all’esecuzione ed alla consumazione del reato stesso. Ne consegue l’inapplicabilità a reati in cui il danno penale sia per sua natura irreversibile e non eliminabile neppure in parte dall’opera del colpevole e, in particolare, al delitto di omicidio, in quanto reato di danno il cui evento consiste nella distruzione del bene giuridico protetto, non più suscettibile di eliminazione o attenuazione successiva da parte del colpevole.

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Cass. pen. n. 11024/1996

L’attenuante della provocazione ha carattere di specialità rispetto ai motivi di particolare valore morale o sociale e non può concorrere con gli stessi.

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Cass. pen. n. 10766/1996

In materia di ricettazione, l’ipotesi del fatto di particolare tenuità (art. 648 secondo comma) non concerne il solo valore economico dell’oggetto della ricettazione ma riguarda anche il profitto che dalla ricezione o dall’acquisto della cosa l’agente vuole trarre, nonché ogni altro elemento che sia idoneo a definire la portata del reato in termini di lievità o di gravità alla luce dei parametri forniti dall’art. 133 c.p. È possibile pertanto, che sia negata la particolare tenuità del fatto anche quando sia stata applicata la circostanza attenuante dell’art. 62 n. 4 c.p. (danno patrimoniale di speciale tenuità).

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Cass. pen. n. 7943/1996

Ai fini della configurabilità dell’attenuante della provocazione, è necessario che il fatto commesso dalla vittima sia oggettivamente ingiusto (anche con riferimento a norme sociali e di costume), a nulla rilevando l’erroneo convincimento del reo al riguardo.

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Cass. pen. n. 7033/1996

Lo schema dell’impedimento volontario dell’evento (cosiddetto recesso attivo) si differenzia da quello dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. (attivo ravvedimento): ed invero nel primo caso, ad attività criminosa compiuta, e mentre è in svolgimento l’ormai autonomo processo naturale (che è in rapporto necessario di causa ad effetto tra una determinata condotta ed un determinato effetto cui la prima mette capo), l’agente si riattiva, interrompendo tale processo, così da impedire il verificarsi dell’evento; nel secondo caso, invece, a reato consumato, e quindi ad evento già verificatosi, interviene il ravvedimento dell’agente che spontaneamente ed efficacemente si adopera per attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato: il chiaro discrimine tra le due ipotesi è ravvisabile pertanto nell’avvenuta oppure no verificazione dell’evento normativo.

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Cass. pen. n. 6140/1996

In tema di concussione, l’entità del vantaggio patrimoniale che sia conseguito dal colpevole per effetto della sua condotta di costrizione o di induzione, non ha influenza ai fini della configurabilità del delitto, ma solo a quelli dell’applicabilità dell’attenuante del danno di particolare tenuità o dell’aggravante del danno di rilevante gravità.

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Cass. pen. n. 3510/1996

In tema di alterazione dello stato dei luoghi senza autorizzazione paesaggistica, la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. non è applicabile quando l’elisione o attenuazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato avvengano a notevole distanza di tempo dal momento di realizzazione dell’illecito (nella specie quasi due anni) e siano conseguenza di un ordine impartito dall’Autorità preposta alla tutela del vincolo, poiché manca in tal caso sia l’efficacia che la spontaneità dell’intervento. (La S.C. ha ritenuto che correttamente la corte di merito aveva escluso l’applicabilità dell’attenuante, poiché il ripristino era avvenuto a seguito del comando autoritativo, pur se seguito alla presentazione di progetti dell’interessato).

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Cass. pen. n. 3067/1996

Lo «stato d’ira» previsto, quale circostanza attenuante, dall’art. 62 n. 2 c.p., proprio perché — diversamente dall’«impeto d’ira» di cui parlava il codice penale previgente — può consistere anche in un’alterazione emotiva che si protrae nel tempo, è riferibile ad un fatto anche non in rapporto di immediatezza con la reazione, purché, tuttavia, collegato ad un avvenimento più prossimo ed idoneo a determinare la reazione medesima, e sempre che quest’ultima non si sia tramutata da passione in sentimento di odio, rancore o altro.

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Cass. pen. n. 2554/1996

La circostanza attenuante della provocazione si può configurare anche nel caso di reato commesso da persona diversa dal provocato, anche se, in questo caso, per poter affermare la sussistenza dell’indispensabile rapporto di causalità tra offesa e reazione, è necessario che l’agente sia legato allo stesso provocato da vincoli di solidarietà giuridicamente e moralmente apprezzabili. (La Suprema Corte ha enunciato il principio di cui in massima, ritenendo la configurabilità della provocazione in un caso in cui l’agente ed il provocato erano legati da amicizia).

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Cass. pen. n. 12785/1995

Per la sussistenza dell’attenuante della provocazione è necessario che il reato sia stato commesso in un vero e proprio stato d’ira determinato da un fatto altrui che deve essere obiettivamente ingiusto. Inoltre, anche senza che vi debba essere un rapporto di proporzionalità tra reazione e fatto ingiusto altrui, è comunque necessario che la reazione sia in qualche modo adeguata all’offesa, al fine di lasciar desumere l’esistenza di un nesso di causalità tra i due fatti e non di mera occasionalità.

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Cass. pen. n. 11043/1995

L’attenuante prevista dall’art. 62, n. 1, c.p. — aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale — ricorre ogniqualvolta il soggetto abbia agito o per motivi meritevoli di particolare approvazione secondo il comune senso etico o per motivi valutati favorevolmente secondo il comune sentire della società civile. Presupposto di tale attenuante non è, quindi, il soddisfacimento di un interesse egoistico, quale, ad esempio, la cosiddetta causa d’onore, ma la spinta a compiere azioni caratterizzate da una componente altruistica. (Nella fattispecie la Suprema Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito che avevano escluso l’applicazione della attenuante in esame, in relazione ad un omicidio determinato dalla volontà di interrompere una relazione sentimentale della vittima con la sorella dell’imputato).

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Cass. pen. n. 7444/1995

L’attenuante del ravvedimento operoso di cui alla seconda ipotesi dell’art. 62 n. 6 c.p. non è configurabile nei reati di danno il cui evento consista nella distruzione del bene giuridico protetto, perché l’evento medesimo non è più suscettibile di quella eliminazione o attenuazione da parte del colpevole, che sono caratteristiche dell’attenuante in parola. (Nella fattispecie si trattava di omicidio e la Suprema Corte ha escluso l’applicabilità dell’attenuante ex art. 62 n. 6 c.p. enunciando il principio di cui in massima).

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Cass. pen. n. 7076/1995

Ai fini della configurabilità dell’attenuante della provocazione, lo stato d’ira non è incompatibile con la preordinazione del reato; ma occorre, appunto, che si sia agito in uno stato d’ira, ovvero che il reato sia stato commesso quando l’agente abbia perduto il controllo di sé stesso, per mancato funzionamento dei freni inibitori, determinato dal fatto ingiusto altrui.

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Cass. pen. n. 1493/1995

In tema di attenuante del ravvedimento operoso in materia di reati concernenti le sostanze stupefacenti, all’espressione «anche» di cui all’art. 73, comma 7, va assegnato valore disgiuntivo; conformemente del resto, all’imprescindibile necessità che il contributo debba essere «efficace». Peraltro, le conseguenze considerate dall’art. 73, comma 7, del D.P.R. n. 309 del 1990 non si riducono a quelle scaturite dal fatto così come realizzato, in un dato momento dal reo, ma si riferiscono anche alla protrazione, e quindi, alla permanenza, del reato, ovvero alla consumazione di successivi delitti che del primo integrino lo sviluppo. Diversamente da quanto previsto dall’art. 62, n. 6, c.p., possono, dunque, concretare l’attenuante in esame anche le confessioni e le chiamate in correità le quali consentano l’interruzione del protrarsi del reato o la scoperta di complici ma non quelle che siano prive di riscontri estrinseci o che conducano soltanto a rafforzare il quadro probatorio a carico dei principali responsabili già identificati, o all’identificazione dei soggetti aventi un ruolo soltanto secondario nell’ambito della complessiva economia criminosa già accertata; o, addirittura, nel senso di ricomprendere nell’area dell’art. 73, comma 7, quei delitti che, costituenti progressione dell’originaria attività criminosa di cui il soggetto si è reso autore o partecipe, troverebbe nelle dette risorse il presupposto causale.

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Cass. pen. n. 1323/1995

La circostanza attenuante della provocazione può competere anche a chi abbia tenuto per primo un comportamento ingiusto, quando l’altrui reazione sia stata così «eccessiva e sproporzionata rispetto all’originario fatto provocatorio» da dare vita a un nuovo fatto ingiusto.

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Cass. pen. n. 13068/1994

Ai fini della concessione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p., l’entità del danno deve essere valutata con riferimento al complessivo pregiudizio economico subito dalla persona offesa, e non già, al mero valore intrinseco dell’oggetto sottratto. (Fattispecie relativa a furto aggravato dall’uso di violenza sulle cose, consistente in effrazione della porta di un locale, in cui è stato ritenuto che si dovesse tenere conto, oltre che del valore della res sottratta, anche del pregiudizio arrecato con il danneggiamento cagionato).

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Cass. pen. n. 11185/1994

Ai fini del riconoscimento dell’attenuante della provocazione è richiesta una certa proporzione tra fatto ingiusto e reazione per escludere che il primo sia stato mera occasione per la commissione del reato e non la causa psicologica di questo. (Nella specie si è ritenuta erronea la sentenza di merito che aveva escluso l’attenuante in questione, pur avendo dato atto che l’omicidio era stato determinato dall’insofferenza per la coabitazione tra imputato e vittima — per qualche tempo insieme alle rispettive donne in ambiente ristretto — insofferenza motivata anche dalla condotta particolarmente asociale della vittima stessa che si ubriacava, provocava rumori molesti, vomitava per le scale, e così via).

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Cass. pen. n. 10892/1994

Poiché l’attenuante di cui all’art. 62 n. 1 c.p. è configurabile solo quando i motivi a delinquere corrispondono oggettivamente, e non solo soggettivamente, a stimoli ed impulsi psicologici di elevato significato etico o sociale tali da ottenere la valenza dell’atto delittuoso e da riscuotere il consenso o l’approvazione del comune senso etico o sociale, tale consenso è da escludere quando il soggetto reagisce ad offese semplicemente verbali, provocando una rissa e, poi, tentando addirittura di uccidere.

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Cass. pen. n. 9930/1994

In tema di reati concernenti gli stupefacenti, l’attenuante di cui all’art. 73, comma 7, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 si pone come attenuante speciale rispetto a quella di cui all’art. 62, n. 6, seconda parte, c.p., per cui quest’ultima non può trovare applicazione ove sia basata sulla medesima condotta collaborativa che già abbia fruttato il riconoscimento dell’attenuante prevista dal comma 7 dell’art. 73 citato. Ed invero, gli stessi elementi non possono essere valutati ripetutamente per il conseguimento di una duplice riduzione di pena, mentre d’altro canto, l’attenuante speciale prevale sempre su quella generale, secondo quanto previsto dall’art. 68 c.p. che disciplina l’ipotesi della «circostanza aggravante», in cui una circostanza aggravante comprende in sé un’altra aggravante, ovvero una circostanza attenuante comprende in sé altra attenuante; ipotesi nella quale la circostanza giuridicamente più rilevante – che importi, cioè, il maggiore aumento o la maggiore diminuzione di pena – è considerata come specifica e, quindi, trova applicazione ed è valutata essa soltanto.

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Cass. pen. n. 9373/1994

Ai fini della concessione dell’attenuante prevista dall’art. 62 n. 2 c.p., il fatto ingiusto altrui può essere realizzato non solo da un comportamento antigiuridico ma anche dalla violazione di norme sociali o di costume e deve contenere in sé la potenzialità di suscitare una commotio animi nel senso di una intensa eccitazione capace di alterare la funzionalità dei freni inibitori. (Fattispecie relativa ad omicidio commesso nei confronti di soggetto che aveva proposto all’imputato, il quale aveva reagito, di intrecciare con lui una stabile relazione omosessuale. La circostanza attenuante non è stata ravvisata sul rilievo che la pregressa conoscenza tra vittima ed omicida, implicando la consapevolezza da parte di quest’ultimo delle tendenze omosessuali dell’altra, annullava di fatto la potenzialità commotiva, privando il comportamento della parte lesa di quella inopinatezza che poteva suscitare un irrefrenabile impulso reattivo. Inoltre, vi era enorme sproporzione tra azione e reazione).

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Cass. pen. n. 9352/1994

Per l’applicazione dell’attenuante prevista dall’art. 62 n. 5 c.p. non è sufficiente che la condotta della persona offesa si inserisca nella serie causale determinativa dell’evento ai sensi dell’art. 41 c.p. ma è altresì necessario che essa sia collegata con la condotta del colpevole anche sul piano della causalità psicologica, oltre che su quello della causalità materiale, nel senso che l’offeso deve avere voluto lo stesso evento avuto di mira dal soggetto attivo del reato. Dovendo la volontà della persona offesa convergere verso lo stesso accadimento che la sua condotta concorre a determinare, non basta ad integrare la detta attenuante una qualsiasi determinazione volitiva antigiuridica della stessa.

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Cass. pen. n. 6863/1994

In tema di stupefacenti, l’attenuante speciale di cui all’art. 73, comma 7, D.P.R. n. 309/1990 ha una configurazione più ampia di quella prevista dall’art. 62 n. 6 c.p. Essa non si ricollega al reato, bensì alla «attività criminosa», che è espressione sicuramente più lata e può comprendere il fatto contestato, senza esaurirsi in esso; non si riferisce al danno criminale o al pericolo di esso, ma a «conseguenze ulteriori», che possono certamente comprendere l’ulteriore aggravamento del detto danno o la verificazione del pericolo di danno, ma che sicuramente superano tali eventi, come è dimostrato sia dalla genericità della formula adottata, sia dall’indicazione esemplificativa di alcuni contributi, quali l’aiuto all’autorità investigativa e la scoperta di risorse rilevanti, che sicuramente non attengono all’elisione del danno criminale del reato già commesso. L’aggravante comune ha riguardo all’adoperarsi del colpevole in vista di una regressione del danno o del pericolo, già integrati dal reato in capo ai soggetti passivi mentre l’aggravante speciale ha riguardo all’evoluzione peggiorativa del detto danno o danni ulteriori e diversi da quello criminale già consolidato. Ne consegue che tra le due norme viene a porsi un rapporto di specialità reciproca, con conseguente prevalenza della norma che, di volta in volta, debba qualificarsi speciale nella concreta fattispecie sottoposta all’esame del giudice.
L’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. ricorre quando il colpevole, dopo la consumazione del reato, ma prima del giudizio, si adopera, per ravvedimento, al fine di elidere o attenuare le conseguenze concernenti il cosiddetto danno criminale, che è integrato dalla lesione o dal pericolo di lesione, in capo ai soggetti passivi — reali o potenziali — del bene giuridico specificamente tutelato dalla norma violata. Il riconoscimento dell’attenuante, nei reati in materia di stupefacenti, presuppone innanzitutto un giudizio di reversibilità dal danno in concreto arrecato alla parte lesa e, in secondo luogo, l’attivarsi del reo, non già in una direzione qualsiasi, purché dimostrativa della sua qualità di «ravveduto», ma in quella specifica orientata ad elidere, o a ridimensionare, il danno o il pericolo, conseguente all’immissione sul mercato o alla consegna al consumatore, di quella specifica partita di stupefacente oggetto della contestazione.

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Cass. pen. n. 6811/1994

Presupposto dell’attenuante della provocazione è, nell’aspetto soggettivo, uno stato d’ira incontenibile che provoca nell’agente la perdita dei poteri di autocontrollo, e che non può pertanto essere confuso con stati d’animo diversi quali il risentimento, il rancore, la vendetta. Quanto all’elemento oggettivo, deve tenersi conto del criterio dell’adeguatezza con parametro utile alla valutazione dello stato d’animo e delle intenzioni del reo: ed invero la sproporzione fra offesa e reazione sta a significare che la condotta criminosa ha avuto come fattore endogeno scatenante una causale non ricollegabile con nesso di causalità con la condotta della vittima, essendovi assoluta inconciliabilità tra istinto punitivo e reazione causata da uno stato d’ira.

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Cass. pen. n. 6757/1994

Non ricorre l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 ultima parte c.p. (essersi, prima del giudizio, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato) nell’ipotesi in cui l’imputato consegni la sostanza stupefacente illecitamente detenuta nel corso della perquisizione effettuata dalla polizia giudiziaria. Da un lato, infatti, tale consegna non può ritenersi spontanea; dall’altro lato essa è anteriore alla cessazione della permanenza dell’illecita detenzione, determinandosi in tal modo solo la cessazione dell’attività criminosa costitutiva del reato e non l’elisione o l’attenuazione delle conseguenze costituenti un posterius del medesimo.

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Cass. pen. n. 6187/1994

La circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità concerne soltanto i delitti: non è pertanto applicabile alle contravvenzioni edilizie.

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Cass. pen. n. 5395/1994

Ai fini della configurabilità dell’attenuante della provocazione non è necessario che il fatto ingiusto sia di rilevanza tale da dimostrare obiettivamente la capacità di suscitare nell’autore della reazione quello stato d’ira che costituisce il substrato psicologico nel quale si concretizza la provocazione, ben potendo provocare detto evento come atto terminale di tutta una condotta persecutoria o comunque prevaricatrice dell’altrui agire; conseguentemente il rapporto di adeguatezza che deve intercorrere tra il fatto ingiusto e la reazione non deve essere valutato con riferimento all’atto terminativo, bensì con riguardo alla più ampia condotta ingiusta, tenendosi conto della situazione psicologica che si è venuta a creare per colui che ha reagito.

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Cass. pen. n. 1378/1994

In tema di estinzione del reato per amnistia, l’art. 4, lett. d), del D.P.R. 12 aprile 1990, n. 75, laddove, per la determinazione della pena con riferimento al reato di furto ai fini dell’applicazione di tale causa estintiva deroga alla prevalenza delle circostanze attenuanti di cui all’art. 62, nn. 4 e 6, c.p. rispetto alle circostanze aggravanti previste dall’art. 625, nn. 1 e 4, comma 2, dello stesso codice, deve essere interpretato, non nel senso che la presenza di una di queste elimini l’effetto delle circostanze attenuanti, bensì nel senso che si tiene conto unicamente di una delle predette aggravanti, con esclusione di tutte le altre. Ne consegue che il furto tentato aggravato da una sola delle circostanze aggravanti previste nell’art. 625, nn. 1 e 4, seconda parte, c.p., e da altre di qualsiasi specie, in concorso di una delle due circostanze attenuanti di cui all’art. 62, nn. 4 e 6, dello stesso codice, è compreso nell’ambito di operatività del D.P.R. n. 75 del 1990, essendo punito, ai sensi degli artt. 56, 624 e 625, comma 1, c.p., con la reclusione non superiore, nel massimo, a quattro anni.

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