14 Mag Cassazione penale Sez. III sentenza n. 18483 del 13 aprile 2017
Testo massima n. 1
Nei reati sessuali, la circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen. non è configurabile con riferimento all’ipotesi di ravvedimento attivo di cui alla seconda parte della disposizione, postulando una reversibilità degli effetti delittuosi non applicabile a reati di natura istantanea, come quelli indicati, nei quali la realizzazione del fatto tipico integra ed esaurisce l’offesa; l’attenuante è invece sempre configurabile con riferimento all’ipotesi di risarcimento del danno di cui alla prima parte della disposizione citata, sempre che il reo provveda alla integrale riparazione di ogni conseguenza pregiudizievole, anche di natura non patrimoniale, derivata dal reato.
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Testo massima n. 1
Nei reati sessuali, nel caso di somma offerta a titolo di risarcimento del danno alla persona offesa e da questa accettata, il giudice che ritenga tale somma insufficiente al ristoro dell’integrale pregiudizio, e dunque inidonea a dimostrare l’effettivo ravvedimento del colpevole, deve negare la circostanza attenuante prevista dall’art. 62, n. 6, cod. pen., non potendo tuttavia limitarsi ad enunciare, quale elemento ostativo al suo riconoscimento, l’inadeguatezza del risarcimento versato in relazione al danno morale e di relazione patito dalla vittima, ma dovendo invece esprimere una rigorosa valutazione delle specifiche configurazioni assunte dal danno non patrimoniale in relazione alle concrete ripercussioni negative sulla vittima, in relazione alle quali commisurare la liquidazione equitativa.
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