14 Mag Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 5786 del 18 maggio 2000
Testo massima n. 1
Ai fini della configurabilità della simulazione di reato, di cui all’art. 367 c.p., che, essendo un reato di pericolo, risulta integrato allorché la falsa denuncia di reato determini l’astratta possibilità di un’attività degli organi inquirenti diretta al suo accertamento, non è necessario che l’autorità sia stata in concreto ingannata né che un procedimento penale sia stato realmente iniziato, bastando che si sia verificato un pericolo di sviamento delle indagini. Ne consegue che la sussistenza del reato può essere esclusa solo quando la non verosimiglianza del fatto denunciato appaia prima facie ed escluda, pertanto, anche la mera possibilità dell’inizio di un procedimento penale.
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Testo massima n. 1
In tema di simulazione di reato, ai fini della rilevanza della ritrattazione, occorre che questa avvenga continenter, e cioè subito dopo la falsa denuncia, dato che, se le indagini sono state già avviate, la resipiscenza del simulatore del reato interviene comunque tardivamente, in quanto il turbamento all’amministrazione della giustizia si è già realizzato. Tale comportamento può comunque integrare la circostanza attenuante del pentimento operoso di cui all’art. 62, comma primo, n. 6, c.p., che può riguardare anche le conseguenze penalistiche del reato, nel senso che il comportamento dell’agente, successivamente al fatto, può incidere in senso attenuativo sulla gravità della lesione del bene giuridico considerato dalla norma, che può essere più o meno accentuata in relazione alla dimensione, anche temporale, dell’attività di indagine conseguente alla falsa denuncia.
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