10 Gen Art. 1350 — Atti che devono farsi per iscritto
Devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità [ 1351, 1392, 1403, 2725 2 ] :
- 1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili [ 812 ];
- 2) i contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono il diritto di usufrutto su beni immobili, [ 978 ], il diritto di superficie [ 952 ss. ], il diritto del concedente [ 960 ] e dell’enfiteuta [ 959 ];
- 3) i contratti che costituiscono la comunione di diritti indicati dai numeri precedenti [ 1100 ss. ];
- 4) i contratti che costituiscono o modificano le servitù prediali [ 1027 ss., 1058 ], il diritto di uso [ 1021 ss. ] su beni immobili e il diritto di abitazione;
- 5) gli atti di rinunzia ai diritti indicati dai numeri precedenti;
- 6) i contratti di affrancazione del fondo enfiteutico [ 971 ];
- 7) i contratti di anticresi [ 1960 ss. ];
- 8) i contratti di locazione di beni immobili per una durata superiore a nove anni [ 1572 ];
- 9) i contratti di società [ 2247 ss., 2251 ] o di associazione [ 2549 ] con i quali si conferisce il godimento di beni immobili [ 812 ] o di altri diritti reali immobiliari per un tempo eccedente i nove anni o per un tempo indeterminato;
- 10) gli atti che costituiscono rendite perpetue [ 1861 ss. ] o vitalizie [ 1872 ss. ], salve le disposizioni relative alle rendite dello Stato;
- 11) gli atti di divisione di beni immobili e di altri diritti reali immobiliari [ 713 ss., 1111 ss. ];
- 12) le transazioni che hanno per oggetto controversie relative ai rapporti giuridici menzionati nei numeri precedenti [ 1965 ss. ];
- 13) gli altri atti specialmente indicati dalla legge [ 14, 47, 162, 782, 918, 1284 3, 1351, 1392, 1403, 1503 3, 1543 1, 1978, 2096, 2125, 2328, 2333 3, 2463, 2500, 2504, 2521, 2603, 2607, 2821, 2879; 29, 807, 813 c.p.c.; 237, 242, 249, 278, 328 ss., 375, 565 2, 852, 857, 864 c. nav. ].
[adrotate group=”6″]
Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 15645/2018
I contratti di conferimento di incarico professionale stipulati da un organismo di diritto pubblico sono atti di diritto privato per i quali, ai sensi degli artt. 16 e 17 del r.d. n. 2440 del 1923, è prevista la forma scritta, non surrogabile con fatti concludenti, manifestazioni tacite di volontà o comportamenti attuativi, la cui mancanza ne determina la nullità.
Cass. civ. n. 25631/2017
Il requisito della forma scritta, richiesta “ad substantiam” per la stipulazione dei contratti della P.A., nei contratti conclusi con la modalità della trattativa privata, non richiede necessariamente la redazione dell’atto su di un unico documento sottoscritto da entrambe le parti, ma può essere soddisfatto anche mediante lo scambio delle missive recanti, rispettivamente, la proposta e l’accettazione,entrambe sottoscritte ed inscindibilmente collegate, in modo da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell’accordo, perché questa modalità di stipulazione del contratto, generalmente ammessa dall’ordinamento, non è esclusa per tali contratti dalla formula di cui all’art. 17, r.d. n. 2440 del 1923.
Cass. civ. n. 13216/2017
Il “pactum fiduciae”, con il quale il fiduciario si obbliga a modificare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fiduciante o di altro soggetto da costui designato, richiede, allorché riguardi beni immobili, la forma scritta ad “substantiam”, atteso che esso è sostanzialmente equiparabile al contratto preliminare per il quale l’art. 1351 c.c. prescrive la stessa forma del contratto definitivo.
Cass. civ. n. 4431/2017
Quando, per l’esistenza di un determinato contratto, la legge richieda, a pena di nullità, la forma scritta (nella specie, contratto costitutivo di enfiteusi), alla mancata produzione in giudizio del relativo documento non può supplire il deposito di una scrittura contenente la confessione della controparte in ordine alla pregressa stipulazione del contratto “de quo”, nemmeno se da essa risulti che quella stipulazione fu fatta per iscritto.
Cass. civ. n. 12631/2016
L’accordo preliminare di cessione di cubatura non necessita della forma scritta “ad substantiam”, poiché esso non ha effetto traslativo, ma solo obbligatorio, impegnando il proprietario cedente a consentire che la cubatura spettantegli in base agli strumenti urbanistici sia attribuita dalla P.A. al cessionario, proprietario di un fondo compreso nella medesima zona urbanistica.
Cass. civ. n. 12540/2016
I contratti conclusi dalla P.A. richiedono la forma scritta “ad substantiam” e devono essere consacrati in un unico documento, ciò che esclude il loro perfezionamento attraverso lo scambio di proposta ed accettazione tra assenti (salva l’ipotesi eccezionale prevista “ex lege” di contratti conclusi con ditte commerciali), mentre tale requisito di forma deve ritenersi soddisfatto nel caso di cd. elaborazione comune del testo contrattuale, e cioè mediante la sottoscrizione – sebbene non contemporanea, ma avvenuta in tempi e luoghi diversi – di un unico documento contrattuale il cui contenuto (nella specie, relativo ad un rapporto di locazione) sia stato concordato dalle parti.
Cass. civ. n. 9994/2016
Nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà di immobili futuri, la forma scritta è necessaria solo per la stipulazione del contratto ad effetti obbligatori e non anche per l’individuazione del bene, la cui proprietà è trasferita non appena lo stesso viene ad esistenza. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata, che, con riguardo ad un contratto di permuta di cosa futura, aveva trasferito agli acquirenti, che ne erano risultati assegnatari “di fatto”, beni diversi da quelli scelti nel progetto originario, sebbene con caratteristiche ad essi analoghe).
Cass. civ. n. 7543/2016
In tema di contratti soggetti alla forma scritta “ad substantiam” (nella specie, preliminare di vendita immobiliare), l’operatività del principio secondo cui il perfezionarsi del negozio può avvenire anche in base ad un documento firmato da una sola parte, ove risulti una successiva adesione, anche implicita, del contraente non firmatario, contenuta in atto scritto diretto alla controparte, presuppone che detto documento abbia tutti i requisiti necessari ad integrare una volontà contrattuale, ivi compresa l’individuazione o quantomeno l’individuabilità del destinatario della dichiarazione, e che, inoltre, tale volontà non sia stata revocata dal proponente (come nella specie, con il ritiro del duplice originale della scheda contrattuale) prima che lo stesso abbia avuto notizia, anche in forma verbale o “per facta concludentia”, purché in modo idoneo a giungere a conoscenza dell’altra parte, dell’accettazione della controparte.
Cass. civ. n. 5919/2016
Il requisito della forma scritta “ad substantiam” nei contratti è soddisfatto anche se le sottoscrizioni delle parti siano contenute in documenti distinti, purché risulti il collegamento inscindibile tra questi ultimi, così da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell’accordo. In tema di contratti per i quali la legge richiede la forma scritta “ad substantiam”, la produzione in giudizio della scrittura da parte del contraente che non l’ha sottoscritta realizza un equivalente della sottoscrizione, con conseguente perfezionamento del contratto con effetti “ex nunc” e non “ex tunc”, essendo necessaria la formalizzazione delle dichiarazioni di volontà che lo creano; ne consegue che tale meccanismo non opera se l’altra parte abbia “medio tempore” revocato la proposta, ovvero se colui che aveva sottoscritto l’atto incompleto non sia più in vita nel momento della produzione, determinando la morte, di regola, l’estinzione automatica della proposta (art. 1329 c.c.), non più impegnativa per gli eredi. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il contratto quadro di investimento mobiliare formalmente non sottoscritto dalla banca si era perfezionato solo dal momento della produzione nel giudizio intrapreso dall’investitore nei confronti dell’intermediario, con conseguente inefficacia del pregresso ordine di acquisto del cliente).
Cass. civ. n. 6555/2014
I contratti con la P.A. devono essere redatti, a pena di nullità, in forma scritta e – salva la deroga prevista dall’art. 17 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 per i contratti con le ditte commerciali, che possono essere conclusi a distanza, a mezzo di corrispondenza “secondo l’uso del commercio” – con la sottoscrizione, ad opera dell’organo rappresentativo esterno dell’ente, in quanto munito dei poteri necessari per vincolare l’amministrazione, e della controparte, di un unico documento, in cui siano specificamente indicate le clausole disciplinanti il rapporto. Tali regole formali sono funzionali all’attuazione del principio costituzionale di buona amministrazione in quanto agevolano l’esercizio dei controlli e rispondono all’esigenza di tutela delle risorse degli enti pubblici contro il pericolo di impegni finanziari assunti senza l’adeguata copertura e senza la valutazione dell’entità delle obbligazioni da adempiere. (Nella specie, la S.C. ha escluso la valida conclusione di un contratto d’opera professionale nel caso in cui l’intendimento del comune conferente l’incarico non era desumibile da un contratto sottoscritto dal sindaco ma da una delibera comunale, deputata ad altra funzione e priva del relativo impegno di spesa, nonché dell’indicazione dei mezzi per far fronte al compenso del professionista, mentre la determinazione del contenuto specifico del rapporto era rinviata ad un momento successivo alla sua avvenuta esecuzione).
Cass. civ. n. 1167/2013
In tema di contratti della P.A., il contratto d’opera professionale deve essere stipulato in forma scritta, a pena di nullità, dall’organo rappresentativo dell’ente, non essendo sufficiente che il professionista accetti, espressamente o tacitamente, la delibera a contrarre, poiché questa, anche se sottoscritta dall’organo rappresentativo medesimo, resta un atto interno, che l’ente può revocare “ad nutum”. In senso contrario, non rileva l’art. 17 del r.d. n. 2440 del 1923, richiamato per i Comuni dall’art. 87 del r.d. n. 383 del 1934, dove è previsto che il contratto con ditte commerciali possa concludersi a distanza, per mezzo di corrispondenza, trattandosi di norma in deroga, applicabile soltanto ai negozi in cui, per esigenze pratiche, la definizione del contenuto dell’accordo è rimessa all'”uso del commercio”, tra i quali non rientra il conferimento di incarichi professionali, che postula, invece, la definizione formale dei vari aspetti del rapporto, anche per rendere possibili i controlli istituzionali dell’autorità tutoria.
Cass. civ. n. 5158/2012
Nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento di beni immobili, ad integrare l’atto scritto, richiesto “ad substantiam”, non è sufficiente un qualsiasi documento, ma occorre che lo scritto contenga la manifestazione di volontà di concludere il contratto e sia posto in essere dalle parti al fine specifico di manifestare tale volontà. Ne consegue che non vale ad integrare la necessaria forma scritta una dichiarazione di quietanza (nella specie, relativa al ricevimento di una caparra), la quale presuppone il contratto e dà la prova dell’avvenuto pagamento, ma non pone in essere il contratto stesso.
Cass. civ. n. 10163/2011
Il negozio fiduciario rientra nella categoria più generale dei negozi indiretti, caratterizzati dal fatto di realizzare un determinato effetto giuridico non in via diretta, bensì indiretta. Pertanto, poiché l’intestazione fiduciaria di un bene comporta un vero e proprio trasferimento in favore del fiduciario, ove tale patto abbia ad oggetto beni immobili, esso deve risultare da un atto avente forma scritta “ad substantiam”, atteso che esso è sostanzialmente equiparabile ad un contratto preliminare; né l’atto scritto può essere sostituito da una dichiarazione confessoria proveniente dall’altra parte, non valendo tale dichiarazione né quale elemento integrante il contratto né – anche quando contenga il preciso riferimento ad un contratto concluso per iscritto – come prova del medesimo.
Cass. civ. n. 26174/2009
Per i negozi giuridici per i quali la legge prescrive la forma scritta “ad substantiam”, la prova della loro esistenza e dei diritti che ne formano l’oggetto richiede necessariamente la produzione in giudizio della relativa scrittura, che non può essere sostituita da altri mezzi probatori e neanche dal comportamento processuale delle parti, che abbiano concordemente ammesso l’esistenza del diritto costituito con l’atto non esibito.
Cass. civ. n. 20623/2009
L’accordo preliminare diretto alla cessione di cubatura – con cui una parte (proprietario cedente) si impegna a prestare il proprio consenso affinché la cubatura o parte di essa che, in base agli strumenti urbanistici, gli compete venga attribuita dalla P.A. al proprietario del fondo vicino (cessionario) compreso nella medesima zona urbanistica – non richiede la forma scritta “ad substantiam”, dovendosene escludere la natura di contratto traslativo di un diritto reale. Ne consegue che, per ricostruire la comune volontà delle parti in relazione all’individuazione del fondo del cessionario, destinatario dell’aumento di volumetria, può farsi riferimento al comportamento complessivo dei contraenti in sede esecutiva, successivamente alla stipulazione dell’accordo. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, nel riconoscere la sussistenza del requisito della determinabilità dell’oggetto del contratto, aveva dato rilievo alla intervenuta presentazione alla P.A., da parte del cedente, di un atto unilaterale di asservimento e di vincolo, contenente gli estremi identificativi del terreno del vicino, mancanti nel documento iniziale recante l’accordo preliminare; ed aveva ritenuto che il cessionario, con il successivo pagamento della concordata rata del prezzo, avesse, prestato adesione, “per facta concludentia”, a tale individuazione).
Cass. civ. n. 17346/2009
Nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento di beni immobili, per i quali è richiesta la forma scritta “ad substantiam”, qualora uno degli stipulanti agisca in nome e per conto di un soggetto diverso, la “contemplatio domini”, pur non richiedendo l’uso di formule sacramentali, deve risultare dallo stesso documento e non “aliunde”, sebbene il requisito della contestualità non vada inteso in senso rigorosamente materiale e grafico, ben potendo ricorrere anche nel caso in cui il contratto richiedente la forma scritta “ad substantiam” risulti costituito da due parti materialmente distinte ma collegate tra loro per effetto del richiamo dell’una contenuto nell’altra, in modo da formare un unico, ancorché complesso, atto scritto, in sé contenente tutti gli elementi essenziali del contratto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale, in relazione ad un contratto preliminare di compravendita di immobili stipulato dal legale rappresentante della società venditrice senza l’espressa spendita del nome di quest’ultima, aveva ritenuto sussistente la “contemplatio domini” in virtù delle indicazioni risultanti dal coevo “capitolato” di appalto riportante le caratteristiche degli immobili promessi in vendita e richiamato dal contratto principale).
Cass. civ. n. 6524/2009
Ai fini della validità o della prova di un atto per cui il legislatore richiede la forma scritta senza indicare uno specifico mezzo di scrittura, non esistono vincoli in ordine alla scelta di tale mezzo; tuttavia, tale libertà non è assoluta, ma incontra un preciso limite nella stessa funzione che la forma prescritta svolge in relazione alle caratteristiche precipue del tipo di atto, cosa come emergenti dalla relativa disciplina giuridica. Con riguardo ai titoli di credito, considerate le caratteristiche degli stessi (per l’impossibilità di esercitare il diritto senza il possesso del documento cartaceo recante la scrittura, nonché per la letteralità, astrattezza e destinazione alla circolazione), è da escludere che possa garantire la funzione assegnata dal legislatore alla forma scritta l’uso di strumenti non idonei ad assicurare una sufficiente stabilità al testo scritto, ossia di tutti quei mezzi di scrittura in tutto o in parte alterabili e/o cancellabili con facilità, anche involontariamente, con la conseguenza che deve ritenersi non apposta la data scritta a matita su un assegno. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che, in tema di imposta di bollo, aveva escluso l’incompletezza di un assegno, ai fini dell’applicabilità della sanzione prevista dall’art. 25 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642).
Cass. civ. n. 3261/2009
L’illeggibilità della firma non incide sulla validità del negozio per difetto della forma scritta “ad substantiam”, ma determina la necessità di accertare l’identità dell’autore per verificarne – sulla base degli elementi ricavabili dal medesimo atto (intestazione, ufficio di provenienza, esercizio di determinate funzioni) – la legittimazione al negozio. (Fattispecie relativa a lettera di licenziamento per riduzione di personale).
Cass. civ. n. 4532/2008
In tema di attività di diritto civile della P.A., nell’ambito della quale vige il principio «formalistico» dell’atto scritto ad substantiam l’invio della disdetta nel termine previsto negozialmente impedisce che possa ritenersi prorogato per facta concludentia il contratto stipulato in forma scritta nel quale pure sia prevista la rinnovazione tacita, a nulla valendo, nel caso che il soggetto pubblico sia un Comune, l’esistenza di successive delibere del consiglio comunale che ne abbiano disposto la proroga, trattandosi di atti meramente interni, di natura preparatoria, inidonei ad impegnare l’ente; una volta verificatisi gli effetti della disdetta, infatti, le parti possono porli nel nulla solo con un ulteriore atto avente natura contrattuale, che, nel caso della P.A., deve rivestire la forma scritta e deve essere stipulato dall’organo legittimato a rappresentare l’ente ed a concludere, in suo nome e per suo conto, i contratti.
Cass. civ. n. 22537/2007
Poiché la P.A. non può assumere impegni e concludere contratti se non nelle forme stabilite dalla legge e dai regolamenti, i contratti conclusi dallo Stato e dagli enti locali (nella specie, contratto di prestazione di servizi) richiedono la forma scritta ad substantiam con esclusione di qualsivoglia manifestazione di volontà implicita o desumibile da comportamenti meramente attuativi; tale regola può dirsi espressione dei principi di buon andamento ed imparzialità della P.A. posti dall’art. 97 Cost. ed assolve a funzione di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, permettendo di identificare con precisione l’obbligazione assunta ed il contenuto
negoziale dell’atto, così controllabile da parte dell’autorità tutoria.
Cass. civ. n. 3088/2007
Ai fini della sussistenza del requisito della forma scritta nei contratti non occorre che la volontà negoziale sia manifestata dai contraenti contestualmente e in un unico documento, dovendosi ritenere il contratto perfezionato anche qualora le sottoscrizioni siano contenute in documenti diversi, anche cronologicamente distinti, qualora, sulla base di una valutazione rimessa al giudice di merito, si accerti che il secondo documento è inscindibilmente collegato al primo, sì da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell’accordo.
Cass. civ. n. 15430/2006
In tema di rapporti di vicinato, l’autorizzazione all’apertura di una veduta a distanza inferiore, da quella legale e la rinuncia a pretendente l’eliminazione, avendo ad oggetto la costituzione di un vincolo di natura reale sul bene, richiedono, ai sensi dell’art. 1350 c.c., la forma scritta ad substantiam.
Cass. civ. n. 11409/2006
In tema di contratti per i quali la legge richiede la forma scritta ad substantiam, la produzione in giudizio della scrittura da parte del contraente che non l’ha sottoscritta equivale a sottoscrizione, perfezionando il contratto, solo a condizione che fatto sia stato prodotto al fine di invocare l’adempimento delle obbligazioni da esso scaturenti.
Cass. civ. n. 9576/2006
In tema di vedute, l’esonero dall’osservanza delle distanze legali dalle costruzioni esistenti dà luogo a un rapporto di carattere non già obbligatorio bensì reale, in quanto, comportando un peso a carico di uno degli immobili e una corrispondente utilitas immediatamente fruibile a vantaggio dell’altro, configura un diritto di servitù, che non può essere convenzionalmente costituito se non per atto scritto.
Cass. civ. n. 24826/2005
Per il contratto d’opera professionale, quando ne sia parte una P.A. e pur ove questa agisca iure privatorum è richiesta, in ottemperanza al disposto degli artt. 16 e 17 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, come per ogni altro contratto stipulato dalla P.A. stessa, la forma scritta ad substantiam che è strumento di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa nell’interesse sia del cittadino, costituendo remora ad arbitri, sia della collettività, agevolando l’espletamento della funzione di controllo, ed è, quindi, espressione dei principi d’imparzialità e buon andamento della P.A. posti dall’art. 97 Cost.; pertanto il contratto deve tradursi, a pena di nullità e senza possibilità di alcuna sanatoria, nella redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell’organo attributario del potere di rappresentare l’Ente interessato nei confronti dei terzi, dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alla prestazione da rendere e al compenso da corrispondere. Di conseguenza, in mancanza di detto documento contrattuale, ai fini d’una valida conclusione del contratto rimane del tutto irrilevante resistenza di una deliberazione con la quale l’organo collegiale dell’Ente abbia conferito un incarico ad un professionista, o ne abbia autorizzato il conferimento, in quanto detta deliberazione non costituisce una proposta contrattuale nei confronti del professionista, ma un atto con efficacia interna all’Ente che, almeno ai fini considerati, ha solo natura autorizzatoria e quale unico destinatario il diverso organo legittimato ad esprimere la volontà all’esterno.
Cass. civ. n. 20653/2005
In tema di stipulazione del contratto, anche preliminare, il requisito della forma ad substantiam è soddisfatto anche mediante scritti non contestuali, non essendo indispensabile la compresenza fisica delle parti stipulanti, né l’adozione di particolari formule sacramentali, bensì sufficiente che dal contesto documentale complessivo sia desumibile l’incontro della volontà delle parti, costituito da una proposta e dalla relativa accettazione, dirette a contrarre il vincolo giuridico de quo. Quest’ultimo, nell’ipotesi di conclusione di un contratto preliminare, si sostanzia nell’assunzione dell’impegno alla futura stipula, in un contesto che consenta l’individuazione degli elementi essenziali del contratto definitivo, come può avvenire allorquando l’iniziale proposta d’acquisto venga sottoscritta per accettazione, con conseguente incontro della volontà delle parti e conclusione del contratto all’atto in cui il proponente viene a conoscenza di tale adesione. (Nella specie la proposta poi sottoscritta per accettazione, che prevedeva l’impegno irrevocabile all’acquisto, stabiliva che il contratto preliminare sarebbe stato redatto successivamente presso l’agenzia immobiliare che aveva curato la mediazione; la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto sufficiente per la stipula del contratto preliminare la sottoscrizione delle dichiarazioni contenenti la volontà delle parti, senza necessità di stipula di un nuovo preliminare, in quanto impegno assunto nei confronti della mediatrice solo al fine di agevolarne la verificazione della conclusione dell’affare).
Cass. civ. n. 15293/2005
Il requisito della forma scritta, previsto ad substantiam per i contratti degli enti pubblici, non esclude che la loro conclusione possa risultare dallo scambio di un insieme di dichiarazioni poste in essere dalle parti contraenti (tra le quali si inserisce la delibera di conferimento dell’incarico da parte dell’ente, comunicata al privato), secondo lo schema della formazione del contratto tra assenti, cosi come avviene nella negoziazione comune.
Cass. civ. n. 7274/2005
In tema di contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà immobiliare (e relativi preliminari), il requisito della forma scritta prevista ad substantiam comporta che l’atto scritto, costituendo lo strumento necessario ed insostituibile per la valida manifestazione della volontà produttiva degli effetti del negozio con efficienza pari alla volontà dell’altro contraente, non può essere sostituito da una dichiarazione confessoria dell’altra parte, non valendo tale dichiarazione né quale elemento integrante il contratto né — quando anche contenga il preciso riferimento ad un contratto concluso per iscritto — come prova del medesimo; pertanto, il requisito di forma può ritenersi soddisfatto solo se il documento costituisca l’estrinsecazione formale diretta della volontà negoziale delle parti e non anche quando esso si limiti a richiamare un accordo altrimenti concluso, essendo in tal caso necessario che anche tale accordo rivesta la forma scritta e contenga tutti gli elementi essenziali del contratto non risultanti dall’altro documento, senza alcuna possibilità di integrazione attraverso il ricorso a prove storiche, non consentite dall’art. 2725 c.c. (Nella specie, è stata esclusa l’esistenza di un valido contratto preliminare di vendita immobiliare, atteso che con il documento scritto le parti si erano limitate a determinare le modalità del pagamento del prezzo senza peraltro indicarne l’entità, richiamando le pattuizioni consacrate in un distinto accordo meramente verbale).
Cass. civ. n. 22973/2004
II contratto con il quale l’amministrazione pubblica conferisce un incarico professionale deve essere redatto, a pena di nullità, in forma scritta, e non può essere concluso a distanza, a mezzo di corrispondenza, dovendo ritenersi tale modalità di conclusione limitata ai contratti con ditte commerciali (art. 17 rd. 18 novembre 1923 n. 2240), e non estensibile al conferimento di incarichi professionali. Tale disciplina manifestamente non si pone in contrasto con il principio di uguaglianza, di cui all’art. 3 Cost., nè con la libertà di iniziativa economica garantito dall’art. 41 Cost. Ed infatti, sotto il primo profilo, la scarsa rilevanza economica dei contratti conclusi in regime di economato costituisce ragionevole giustificazione della disciplina semplificata prevista per la loro stipulazione rispetto alle forme richieste per i contratti di ben maggiore rilevanza economica, sicché nessuna disparità di trattamento può ravvisarsi tra gli imprenditori commerciali che provvedono alla fornitura dei mezzi necessari al funzionamento dei pubblici uffici ed i professionisti che stipulano contratti di prestazione d’opera di ben diverso, rilievo economico. Quanto al presunto contrasto con l’art. 41 Cost., la necessità della sottoscrizione contestuale del contratto di prestazione d’opera professionale non si risolve in alcun modo in un apprezzabile impedimento alla libertà di iniziativa economica. Né, infine, la normativa in questione può essere ritenuta irragionevole, avuto riguardo alla sua funzione di garanzia del principio del buon andamento della P.A. e di trasparenza dell’azione amministrativa.
Cass. civ. n. 17891/2003
In tema di contratti stipulati dalla pubblica amministrazione, la delibera dell’ente pubblico, quale atto avente mera efficacia interna, di carattere autorizzatorio nei confronti del diverso organo destinato ad esprimere all’esterno la volontà dell’ente stesso, non è configurabile come proposta negoziale. Ne consegue che, ai fini della conclusione di un valido contratto, è irrilevante la sottoscrizione in calce alla suddetta delibera «per accettazione» da parte del privato.
Cass. civ. n. 9687/2003
L’acquisto derivativo della proprietà di un bene immobile postula un contratto, a contenuto traslativo, intervenuto con il precedente titolare del diritto e soggetto alla forma scritta ad substantiam, mentre, in difetto di questo, non può discendere da un negozio di mero accertamento, il quale può eliminare incertezze sulla situazione giuridica, ma non già sostituirne il titolo costitutivo.
Cass. civ. n. 8983/2003
In tema di forma scritta prescritta a pena di nullità per i contratti aventi ad oggetto diritti su beni immobili, il principio secondo cui l’atto di citazione, che contenga la dichiarazione di volontà di avvalersi della scrittura da parte del contraente che non l’ha sottoscritta, realizza un equivalente della sottoscrizione essendo un atto unilaterale recettizio con effetti anche sostanziali, non opera allorché il soggetto di cui manchi la sottoscrizione non sia indicato nel negozio fra le parti contraenti.
Cass. civ. n. 7913/2002
I contratti stipulati iure privatorum dalla P.A. (nella specie, conferimento di incarico a professionista) devono essere stipulati, a pena di nullità, in forma scritta, al fine di identificarne con precisione il contenuto negoziale e consentire, per l’effetto, i necessari controlli dell’autorità tutoria. Ne consegue la inammissibilità di una conclusione del contratto stesso per facta concludentia, essendo altresì necessario che l’intera vicenda negoziale, salva diversa previsione di legge, sia consacrata in un unico documento contenente tutte le clausole disciplinanti il rapporto (nell’affermare il principio di diritto di cui in massima, la S.C. ha, così, confermato la decisione dei giudici di merito che avevano qualificato l’atto di delibera della giunta di un comune con il quale si nominava un professionista direttore dei lavori di un opus publicum come «proposta di contratto necessitante un’espressa accettazione per iscritto», con ciò escludendo che potesse legittimamente ritenersi concluso il contratto stesso, per facta concludentia, per effetto di alcune lettere inviate dal professionista al Sindaco relative a meri aspetti esecutivi dell’incarico intrapreso in assenza di una espressa accettazione.
Cass. civ. n. 15325/2001
La volontà di obbligarsi della P.A. non può dedursi per implicito da singoli atti (nella specie, atto di sottomissione sottoscritto dal sindaco e dal professionista incaricato), dovendo essere manifestata nelle forme, necessariamente rigide, richieste dalla legge, tra cui la forma scritta ad substantiam, con la conseguenza che, qualora non sopravvenga la formale stipulazione, il privato non può far valere alcuna responsabilità per colpa della controparte, derivando l’invalidità del negozio da disposizioni generali, da presumersi note agli interessati, che escludono l’affidamento incolpevole della parte adempiente.
Cass. civ. n. 5565/2001
Il negozio, fiduciario quando inerisce al trasferimento di beni immobili deve rivestire la forma scritta ad substantiam quale elemento essenziale di sua validità ex art. 1350 c.c. Detta forma non può essere sostituita dalla dichiarazione confessoria di una delle parti, non potendo detta dichiarazione essere utilizzata né come elemento integrante il contratto, né come prova dello stesso il quale, peraltro, non è dimostrabile tramite testimonianze, all’infuori dell’ipotesi eccezionale di perdita incolpevole del documento (art. 2725 comma secondo c.c., in relazione all’art. 2724 n. 3 c.c.).
Cass. civ. n. 2754/2001
Nel caso in cui venga dedotto un accordo modificativo dell’estensione di una servitù intervenuto successivamente alla costituzione con atto scritto della stessa, il principio generale dettato dall’art. 1058 c.c. in relazione all’art. 1350 n. 4 impone che la servitù non possa essere modificata che da un altro atto scritto. Se l’accordo modificativo è costituito da un regolamento amichevole di confini in quanto le parti, regolando questi, abbiano contestualmente modificato l’originaria estensione della servitù di passaggio esercitata su uno dei fondi, il detto regolamento deve avere la forma scritta essendo destinato ad incidere su un diritto reale su un bene immobile per la cui costituzione è richiesta la forma scritta.
Cass. civ. n. 59/2001
Tutti i contratti stipulati dalla pubblica amministrazione (anche quando essa agisca iure privatorum) richiedono la forma scritta ad substantiam, non rilevando a tal fine la deliberazione dell’organo collegiale dell’ente pubblico che abbia autorizzato il conferimento dell’incarico, dell’appalto o della fornitura ove tale deliberazione (costituente mero atto interno e preparatorio del negozio) non risulti essersi tradotta in un atto, sottoscritto da entrambi i contraenti, da cui possa desumersi la concreta sistemazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alle prestazioni da eseguirsi e al compenso da corrispondersi; il contratto privo della forma richiesta ad substantiam è nullo e pertanto insuscettibile di qualsivoglia forma di sanatoria, dovendosi quindi escludere l’attribuzione di rilevanza ad eventuali convalide o ratifiche successive.
Cass. civ. n. 11946/1997
Per il disposto dell’art. 2705 c.c. il telegramma non prodotto in originale (nella specie, perché non reperito presso l’ufficio postale) non ha efficacia di scrittura privata e non è, pertanto, idoneo a costituire forma scritta per il perfezionamento di un contratto di trasferimento immobiliare a norma dell’art. 1350 c.c.
Cass. civ. n. 11115/1997
La prova della proprietà di beni immobili non può essere fornita con la produzione dei certificati catastali, i quali sono soltanto elementi sussidiari in materia di regolamento di confini ai sensi dell’art. 950 c.c., né con pretesi riconoscimenti della controparte, essendo necessario in materia l’atto scritto ad substantiam o un fatto equiparato come l’usucapione, né può riconoscersi la proprietà immobiliare in base ad un procedimento deduttivo, non ammettendo la forma scritta equipollente e quindi in base ad un atto o fatto che possa presupporla ma non la consacra direttamente a favore del soggetto come il decreto pretorile di riconoscimento dell’usucapione ex art. 1159 bis c.c.
Cass. civ. n. 3970/1997
Il contraente la cui sottoscrizione non figura nel documento rappresentativo di un contratto per il quale sia richiesta dalla legge a pena di nullità la forma scritta, può validamente perfezionarlo con la sua produzione in giudizio, al fine di farne valere gli effetti contro l’altro contraente sottoscrittore, o manifestando a questo con un proprio atto scritto la volontà di avvalersi del contratto. In tal caso la domanda giudiziale o il successivo scritto assumono valore equipollente della firma mancante, sempreché, medio tempore l’altra parte non abbia revocato il proprio assenso o non sia deceduta, con la conseguente impossibilità della formazione del consenso nella forma richiesta dalla legge nei confronti dei suoi eredi.
Cass. civ. n. 249/1997
Poiché la ratifica di un negozio può essere compiuta anche da un rappresentante del dominus, se la procura alle liti, rilasciata da questi al difensore, comprende il potere di disporre del diritto in contesa, anche mediante una comparsa può esser ratificato un contratto, redatto per iscritto a pena di nullità (art. 1350 c.c.) dal falsus procurator, perché tale atto processuale ha il requisito necessario della scrittura ed è portato a conoscenza della controparte (artt. 166 e 170 c.p.c.).
Cass. civ. n. 2/1997
Ai sensi degli arti. 1350 e 2725 c.c., la forma scritta, imposta ad substantiam per il trasferimento di beni immobili, costituisce un elemento essenziale del contratto, nel senso che ha natura costitutiva, cosicché la prova dell’esistenza e del contenuto di una vendita di un bene immobile può essere data solo con l’acquisizione, al processo, dell’atto scritto, non essendo consentite né la prova testimoniale, né la confessione.
Cass. civ. n. 4400/1996
Nei contratti per i quali sia prescritta la forma scritta, a pena di nullità, l’accettazione non deve essere necessariamente manifestata in modo esplicito, ma è sufficiente che la volontà di accettare la proposta sia desumibile, per implicito, da una dichiarazione redatta per iscritto, diretta alla controparte da colui cui la proposta è indirizzata.
Cass. civ. n. 300/1996
Il requisito della determinatezza o della determinabilità dell’oggetto a norma dell’art. 1346 codice civile, nell’ipotesi di un preliminare di vendita immobiliare, postula che sia specificata l’ubicazione del bene promesso in vendita, o il criterio della sua individuazione. In particolare ove il preliminare di vendita abbia ad oggetto una porzione di un edificio multipiano, l’indicazione del piano in cui essa è ubicata costituisce, in mancanza di dati relativi ai confini, il necessario elemento identificativo. Ne deriva che le modifiche di tale elemento concordate tra le parti dopo la stipulazione del contratto preliminare, devono avvenire a pena di nullità per iscritto (artt. 1350 n. 1 e 1351 codice civile) e pertanto non possono essere provate per testimoni, ostandovi il divieto stabilito dall’art. 2725, comma secondo, codice civile con la sola eccezione del caso previsto dall’art. 2724 n. 3 codice civile (perdita incolpevole del documento).
Cass. civ. n. 3225/1995
È ammissibile la negotiorum gestio anche nell’ambito degli atti in cui la forma solenne costituisca elemento concorrente della formazione della fattispecie negoziale, posto che l’immediata imputazione degli effetti dell’attività gestoria nella sfera del dominus trova il suo fondamento nella legge e non in un atto negoziale, solo rispetto al quale può trovare applicazione la norma di cui all’art. 1392 c.c.; peraltro quando manchi taluno dei requisiti della gestione d’affari, gli effetti di questa sono subordinati alla ratifica dell’interessato, che deve rivestire, a pena di nullità, la forma scritta, ai sensi dell’art. 1350 c.c., se concorre a determinare trasferimenti, costituzioni o modificazioni di diritti reali immobiliari; in tal caso, non avendo la gestione carattere rappresentativo, essa esaurisce i suoi effetti tra gestore e dominus, onde il terzo che faccia valere diritti nascenti dall’attività del gestore non può rivolgersi al dominus.
Cass. civ. n. 738/1995
Il principio secondo cui la produzione della scrittura ad opera della parte che non l’aveva sottoscritta, costituendo un valido equipollente della sottoscrizione mancante, determina, anche quando è richiesta la forma scritta, l’incontro dei consensi e il perfezionamento, quindi, del contratto, non è operante se colui che aveva sottoscritto l’atto incompleto non è più in vita nel momento della produzione perché la morte determina l’estinzione automatica della proposta (quando questa non è irrevocabile — art. 1329 c.c. — o non è fatta dall’imprenditore nell’esercizio della sua impresa — art. 1330 c.c. —) rendendola non più impegnativa per gli eredi.
Cass. civ. n. 8937/1994
L’atto scritto, richiesto ad substantiam e non ad probationem per la validità dei contratti definitivi o preliminari di vendita di immobili, non può essere rappresentato da qualsiasi documento da cui risulti in precedenza concluso un contratto di tale tipo, ma deve contenere la manifestazione della volontà di concludere il contratto ed essere posto in essere al fine specifico di manifestare tale volontà. (Nella specie la Suprema Corte ha escluso che potessero integrare gli esposti requisiti formali alcune dichiarazioni scritte — secondo quanto accertato dal giudice di merito aventi carattere unilaterale, benché sottoscritte da ambedue le parti interessate — attestanti l’esecuzione di pagamenti, pur nell’ipotesi in cui dalle dichiarazioni stesse potesse evincersi la precedente conclusione di un contratto preliminare di vendita immobiliare, di cui i pagamenti avrebbero costituito esecuzione, e ha rilevato che questo contratto avrebbe dovuto ritenersi nullo per difetto di forma — non essendo documentata la sua conclusione nella forma scritta richiesta dalla legge — sicché la prova testimoniale diretta a chiarirne il contenuto risultava irrilevante).
Cass. civ. n. 7590/1994
La forma scritta, quando è richiesta ad substantiam, è elemento costitutivo del contratto, nel senso che il documento deve contenere l’estrinsecazione diretta della volontà delle parti di concludere quel determinato negozio; pertanto, al fine di dimostrare l’avvenuta stipulazione di un contratto per il quale la forma scritta è richiesta ad substantiam non sono sufficienti né la produzione di un documento che si limiti a riconoscere il fatto storico l’avvenuta conclusione né la concorde ammissione delle parti che il contratto stesso fu stipulato nella forma scritta.
Cass. civ. n. 6712/1994
Il consenso espresso verbalmente dal proprietario di un fondo alla costruzione da parte del vicino di una terrazza a distanza illegale è inidoneo alla costituzione di un vincolo di natura reale essendo prescritta per la costituzione delle servitù la forma scritta ad substantiam (art. 1350 n. 4 c.c.), con la conseguenza che è inammissibile la prova testimoniale articolata sul punto (artt. 2724, 2725 c.c.).
Cass. civ. n. 6024/1993
Il pactum fiduciae, con il quale il fiduciario si obbliga a modificare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fiduciante o di altro soggetto da quest’ultimo designato, richiede, allorché riguardi beni immobili, la forma scritta ad substantiam, atteso che esso è sostanzialmente equiparabile al contratto preliminare per il quale l’art. 1351 c.c. prescrive la stessa forma dei contratto definitivo.
Cass. civ. n. 5486/1993
In un contratto per cui sia richiesta la forma scritta ad substantiam, come nel caso di preliminare di compravendita immobiliare, l’esigenza dell’elemento formale investe le dichiarazioni di entrambe le parti, che, quindi, devono esser manifestate in forma scritta, senza possibilità di equipollenti, sicché l’accettazione della proposta non può essere desunta da comportamenti concludenti, ancorché l’accettazione in forma tacita sia stata prevista dalle parti, in quanto non è a queste consentito di derogare alla disciplina legale della forma dei contratti.
Cass. civ. n. 143/1993
In tema di condominio di edifici l’innalzamento del solaio concordato fra i proprietari dei piani interessati non può valere a trasformare in proprietà esclusiva del titolare del locale sottostante la zona di proprietà comune corrispondente al solaio preesistente in difetto di un atto scritto di trasferimento della proprietà a norma dell’art. 1350, n. 1, c.c., onde la permanenza nella stessa zona di proprietà comune della tubatura fognaria che in precedenza vi si trovava, sia pure incorporata nel solaio, non può essere qualificata nuova servitù, per la cui costituzione sia necessaria la forma scritta a norma dell’art. 1350, n. 4, c.c.
Cass. civ. n. 12411/1991
Nei contratti a forma vincolata non occorre che la volontà negoziale sia manifestata da entrambi i contraenti contestualmente e contemporaneamente, per modo che il requisito della forma scritta ad substantiam, in caso di sottoscrizioni contenute in due documenti diversi, deve intendersi osservato anche quando la seconda sottoscrizione sia espressa in un documento separato, se questo sia inscindibilmente collegato al primo, sì da evidenziare inequivocabilmente l’incontro dei consensi nelle suddette forme. (Nella specie, in base all’enunciato principio la S.C. ha annullato per difetto di motivazione la decisione in cui i giudici del merito con riguardo ad un contratto preliminare di vendita, che — sottoscritto solo dal promittente alienante — indicava espressamente il rilascio da parte del promissario acquirente di un assegno in conto prezzo, avevano escluso alla sottoscrizione di tale titolo valore di manifestazione dell’accettazione).
Cass. civ. n. 11840/1991
La vendita di cosa futura, pur non comportando il passaggio della proprietà della cosa al compratore simultaneamente per effetto della semplice manifestazione del consenso, non costituisce un negozio a formazione progressiva suscettibile soltanto di effetti meramente preliminari, aventi per contenuto quello di porre in essere un successivo negozio, ma configura un’ipotesi di contratto definitivo di vendita obbligatoria, di per sé idoneo e sufficiente a produrre l’effetto traslativo della proprietà al momento in cui la cosa verrà ad esistenza a norma dell’art. 1472 c.c. Da ciò consegue che il contratto definitivo di vendita di immobile futuro deve a norma dell’art. 1350 c.c. rivestire ad substantiam la forma scritta e che alla stessa forma è assoggettato l’accordo risolutorio del contratto predetto, giacché le esigenze che sono a fondamento della prescrizione della forma scritta con riguardo ad un determinato contratto sussistano anche per l’accordo risolutorio di esso.
Cass. civ. n. 11620/1990
L’onere della forma scritta nei contratti previsto dall’art. 1350 c.c. non riguarda il comodato immobiliare, anche se di durata ultranovennale, il quale può essere provato per testi ed anche per presunzioni.
Cass. civ. n. 7630/1990
Le limitazioni al contenuto dei diritti di proprietà esclusiva spettanti ai singoli condomini quali quelle consistenti nel divieto di dare alle singole unità immobiliari una o più destinazioni possibili, per l’utilità generale dell’intero edificio introdotte con un regolamento di condominio approvato in assemblea, poiché generano dal lato passivo degli oneri reali incidendo sulla proprietà dei singoli, richiedono, a pena di nullità, l’unanimità dei consensi dei condomini e nel caso che taluno di essi si sia fatto rappresentare in assemblea è necessario che il conferimento del mandato risulti da atto scritto secondo la previsione di cui agli artt. 1392 e 1350 c.c.
Cass. civ. n. 4118/1990
L’interposizione reale di persone, che si configura quando un soggetto interposto, d’intesa con altro soggetto (interponente), contratta in nome proprio ed acquista effettivamente i diritti nascenti dal contratto con l’obbligo derivante dal rapporto interno con l’interponente di trasmettere a quest’ultimo i diritti così acquistati, ove riguardi il trasferimento di beni immobili deve risultare a pena di nullità da atto scritto a norma dell’art. 1351 c.c., in relazione all’art. 1350, n. 1 stesso codice. Pertanto la prova di detto rapporto non può essere fornita che mediante esibizione dell’atto scritto.
Cass. civ. n. 3440/1990
Anche l’atto di citazione, ove contenga la manifestazione della volontà di avvalersi della scrittura da parte del contraente che non l’ha sottoscritta, realizza un equivalente della sottoscrizione mancante, data la natura della citazione di atto unilaterale recettizio idoneo a determinare effetti sostanziali per l’attore che con il rilascio della procura in calce o a margine della stessa, ne fa proprio il contenuto e in pari tempo soddisfa il requisito della sottoscrizione.
Cass. civ. n. 2349/1990
L’atto scritto richiesto dalla legge ad substantiam per la validità dei negozi traslativi di diritti immobiliari deve essere rappresentato non da un qualsiasi documento da cui il contratto risulti in precedenza concluso, ma da uno scritto che costituisca l’estrinsecazione formale e diretta della volontà negoziale delle parti. Il giudizio al riguardo espresso dal giudice di merito involge un apprezzamento di fatto che, in quanto sorretto da motivazione esauriente ed immune da vizi logici o da errori di diritto, si sottrae al sindacato di legittimità.
Cass. civ. n. 2065/1989
Ad integrare fatto scritto, richiesto ad substantiam per i contratti che trasferiscono la proprietà di immobili, non è sufficiente un qualsiasi documento, ma è necessario che lo scritto contenga la manifestazione di volontà di concludere il contratto e sia posto in essere dalle parti al fine specifico di manifestare tale volontà. Tale non è una dichiarazione di quietanza, che presuppone il contratto e dà la prova dell’avvenuto adempimento, ma non pone in essere il contratto stesso.
Cass. civ. n. 2317/1988
Poiché il trasferimento della proprietà di un bene immobile o la costituzione di un diritto di superficie richiedono, ai sensi dell’art. 1350 c.c., che sia redatto in forma scritta il relativo atto negoziale, non soddisfano tale esigenze le dichiarazioni scritte rese ad altri fini alla pubblica amministrazione quale la richiesta di accatastamento dell’immobile.
Cass. civ. n. 6588/1983
Quando un negozio debba redigersi per iscritto ad substantiam, l’incontro delle volontà su tutti gli elementi essenziali del negozio deve risultare dallo scritto, sicché la determinazione o determinabilità dell’oggetto non può ricavarsi aliunde. Il requisito della determinabilità dell’oggetto in un contratto preliminare o definitivo di compravendita di un terreno da staccarsi da una maggiore estensione, qualora si accerti che questa è considerata dalle parti, come genus, sussiste quando, essendo stata individuata in contratto per iscritto la maggiore estensione dalla quale operare il distacco, e stabilita per iscritto la misura esatta della estensione da distaccare, per la determinazione di quest’ultima null’altro occorra se non l’adempimento del debitore, il quale, senza che sia richiesta alcuna nuova manifestazione di volontà delle parti, deve prestare il genus limitatum attenendosi al disposto dell’art. 1178 c.c.
Cass. civ. n. 3839/1982
L’obbligo della forma scritta ad substantiam, con riguardo al contratto avente ad oggetto il trasferimento o la promessa di trasferimento di bene immobile, non investe anche gli elementi non essenziali del contratto stesso, quali quelli inerenti alle modalità d’esecuzione, che possono essere regolamentati con accordi autonomi, soggetti alla comune disciplina probatoria.
Cass. civ. n. 3463/1976
Le limitazioni stabilite dalla legge in tema di prova dell’esistenza di un negozio giuridico, per il quale è richiesta la forma scritta non operano quando il negozio sia dedotto da un terzo come semplice fatto storico influente sulla decisione. (Fattispecie concernente azione revocatoria proposta dal fallimento con riguardo ad un atto di donazione indiretta compiuto dal fallito).
Cass. civ. n. 3407/1976
In tema di contratti richiedenti la forma scritta ad substantiam, la produzione in giudizio del documento difettante della sottoscrizione di una delle parti, fatta con il proposito di far valere il negozio in esso contenuto, può sopperire a detta mancanza solo qualora avvenga ad opera di quella parte, non anche degli eredi. Infatti, il destinatario della dichiarazione contrattuale sottoscritta dall’altra parte, fino a che non sottoscriva anch’egli il documento, e comunque compia detto atto equipollente della sottoscrizione, non acquisisce dalla dichiarazione medesima alcun diritto suscettibile di trasmissione.
Cass. civ. n. 1726/1976
Gli elementi essenziali di un contratto richiedente ad substantiam la forma scritta possono risultare anche da documenti non contestuali, tra cui esista correlazione, desumibile, dal giudice di merito, in mancanza di richiami espressi, anche dal contenuto oggettivo implicito dei documenti stessi.
Cass. civ. n. 2206/1975
Non può provarsi mediante confessione, anche se scritta, la stipulazione e il contenuto di un contratto per il quale la legge richiede la forma scritta ad substantiam e non ad probationem tantum.
Cass. civ. n. 3119/1973
Nei contratti per i quali è prescritta la forma scritta ad substantiam la conclusione tra persone lontane può ritenersi avverata allorquando alla proposta in forma scritta segua l’accettazione pure essa in forma scritta e che questa pervenga a conoscenza del proponente prima dell’eventuale revoca della proposta medesima.
[adrotate group=”7″]