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Art. 317 — Concussione

Art. 317 — Concussione

Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o deisuoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni [ 32 quater ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 35901/2017

Nel delitto di concussione, rientra nell’abuso dei poteri da parte del soggetto agente anche l’atto che, pur formalmente legittimo, sia tuttavia posto in essere quale mezzo per conseguire fini illeciti, in violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione. (Fattispecie in cui l’abuso è stato individuato nella minaccia di revoca di deleghe ad un assessore da parte del Sindaco).

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Cass. pen. n. 9429/2016

Il delitto di concussione, di cui all’art. 317 cod. pen. nel testo modificato dalla l. n. 190 del 2012, è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno “contra ius”da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all’alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita e si distingue dal delitto di induzione indebita, previsto dall’art. 319 quater cod. pen. introdotto dalla medesima l. n. 190, la cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno, pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico. (In applicazione del principio, la Corte ha qualificato come concussione la condotta di un militare della Guardia di Finanza, il quale aveva sistematicamente omesso di pagare consumazioni per sè e per familiari ed amici in alcuni esercizi commerciali, rimarcando la propria qualifica professionale ed alludendo a possibili controlli).

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Cass. pen. n. 23019/2015

In tema di concussione di cui all’art. 317 cod. pen., così come modificato dall’art. 1, comma 75 della legge n. 190 del 2012, la costrizione consiste nel comportamento del pubblico ufficiale che, abusando delle sue funzioni o dei suoi poteri, agisce con modalità o con forme di pressione tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa illecita, che, di conseguenza, si determina alla dazione o alla promessa esclusivamente per evitare il danno minacciatogli; ne consegue che non è sufficiente ad integrare il delitto in esame qualsiasi forma di condizionamento, che non si estrinsechi in una forma di intimidazione obiettivamente idonea a determinare una coercizione psicologica cogente in capo al soggetto passivo.

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Cass. pen. n. 8963/2015

In relazione al delitto di induzione indebita previsto dall’art. 319 quater cod. pen., introdotto dalla l. n. 190 del 2012, qualora rispetto al vantaggio prospettato, quale conseguenza della promessa o della dazione indebita dell’utilità, si accompagni anche un male ingiusto di portata assolutamente spropositata, la presenza di un utile immediato e contingente per il destinatario dell’azione illecita risulta priva di rilievo ai fini della possibile distinzione tra costrizione da concussione ed induzione indebita, in quanto, in tal caso, il beneficio conseguito o conseguibile risulta integralmente assorbito dalla netta preponderanza del male ingiusto.

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Cass. pen. n. 25255/2014

Ai fini della configurabilità del tentativo di concussione, è necessaria l’oggettiva efficacia intimidatoria della condotta, mentre è indifferente il conseguimento del risultato concreto di porre la vittima in stato di soggezione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata che aveva affermato la penale responsabilità di un insegnante di scuola il quale aveva prospettato ai propri alunni l’attribuzione di un voto negativo in occasione degli scrutini del trimestre, qualora essi non avessero acquistato un libro di poesie, indicato dal docente medesimo).

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Cass. pen. n. 12736/2014

E configurabile il reato di concussione quando la costrizione (ossia la minaccia) del pubblico ufficiale si concretizzi nel compimento di un atto o di un comportamento del proprio ufficio, strumentalizzato per perseguire illegittimi fini personali; mentre sussiste il delitto di estorsione aggravata ai sensi dell’art. 61 n. 9 cod. pen. quando l’agente ponga in essere, nei confronti di un privato, minacce diverse da quelle consistenti nel compimento di un atto o di un comportamento del proprio ufficio, sicché la qualifica di pubblico ufficiale si pone in un rapporto di pura occasionalità, avente la funzione di rafforzare la condotta intimidatoria nei confronti del soggetto passivo.

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Cass. pen. n. 12228/2014

Sussiste continuità normativa, quanto al pubblico ufficiale, fra la previgente fattispecie di concussione per costrizione ed il novellato art. 317 cod. pen., la cui formulazione è del tutto sovrapponibile, sotto il profilo strutturale, alla prima, con l’effetto che, in relazione ai fatti pregressi, va applicato il più favorevole trattamento sanzionatorio previsto dalla vecchia disposizione.

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Cass. pen. n. 2305/2014

Nel delitto di concussione di cui all’art. 317 cod. pen., come modificato dall’art. 1, comma 75 legge n. 190 del 2012, la costrizione consiste nel comportamento del pubblico ufficiale che, abusando delle sue funzioni o dei suoi poteri, agisce con modalità o con forme di pressione tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa illecita che, di conseguenza, si determina alla dazione o alla promessa esclusivamente per evitare il danno minacciato. (Fattispecie relativa ad un imprenditore costretto, dal sindaco e dall’assessore all’urbanistica di un piccolo comune, a nominare quale “direttore dei lavori”un soggetto a loro vicino – in realtà destinato a funzioni di mero collegamento tra l’impresa e l’amministrazione comunale – per evitare di soggiacere ai continui ricatti ed ostacoli prospettatigli).

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Cass. pen. n. 45970/2013

In tema di concussione, deve essere esclusa la sussistenza del reato quando la prestazione promessa od effettuata dal soggetto passivo, a seguito di induzione o costrizione da parte dell’agente, giovi esclusivamente alla P.A. e rappresenti una utilità per il perseguimento dei relativi fini istituzionali. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che in presenza di una condotta posta in essere da un Sindaco, consistente nell’attivarsi per procurare una sponsorizzazione alla locale squadra di calcio, il giudice di merito dovesse accertare se essa perseguisse una finalità di natura personale, quale l’accrescimento del proprio prestigio politico o una finalità di interesse pubblico).

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Cass. pen. n. 31957/2013

La riqualificazione, operata dalla Corte di Cassazione, a seguito dell’entrata in vigore della l. n. 190 del 2012, del delitto di concussione in quello di indebita induzione non fa venir meno il diritto alla restituzione e al risarcimento del danno a favore di colui che, al momento della commissione del fatto, era da considerarsi persona offesa dal reato.
Qualora il giudice di merito, vigente l’art. 317 c.p., antecedente le modifiche apportate dalla l. 6 novembre 2012, n. 190, abbia proceduto, con motivazione approfondita e non illogica, a qualificare la condotta del pubblico agente in termini di induzione piuttosto che di costrizione, la Cassazione, chiamata a decidere dopo l’entrata in vigore della l. n. 190 medesima, non può che ricondurre il fatto nella fattispecie dell’art. 319 quater c.p., sempre che detta qualificazione non sia stata specificamente contestata dal ricorrente sulla base di motivi ammissibili. (Nella specie, la Corte, rilevata la qualificazione da parte del giudice di appello della condotta del pubblico agente in termini di induzione, in assenza di contestazioni sul punto, ha ricondotto il fatto nell’ipotesi prevista dall’art. 319 quater c.p. e dichiarato la prescrizione, per decorso del termine di cui all’art. 157 c.p.).

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Cass. pen. n. 29338/2013

A seguito dell’entrata in vigore della l. n. 190 del 2012, l’elemento che differenzia le nozioni di induzione e costrizione, che costituiscono l’elemento oggettivo rispettivamente dei delitti di cui gli artt. 319 quater e 317 c.p., non va individuato nella maggiore o minore intensità della pressione psicologica esercitata sul soggetto passivo dell’agente pubblico, ma nella tipologia del danno prospettato, che è ingiusto nel delitto di cui all’art. 317 e conforme alle previsioni normative in quello di cui all’art. 319 quater. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto integrato il delitto di concussione nell’avere un funzionario comunale subordinato il rilascio di una concessione edilizia ad un soggetto che ne aveva titolo all’affidamento di alcuni lavori ad una ditta da lui indicata).
L’art. 1, comma 75, legge n. 190 del 2012, che ha scisso l’originaria fattispecie di concussione in due distinti reati, non ha comportato alcuna decriminalizzazione delle condotte in passato sussumibili nell’art. 317 c.p., lasciando, invece, al giudice il compito di definire, in via ermeneutica, quali condotte, sanzionate nella pregressa unica disposizione, siano oggi punite dall’una o dall’altra delle nuove norme.

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Cass. pen. n. 27807/2013

In tema di concussione, la costrizione, che costituisce l’elemento oggettivo della fattispecie, così come modificata dall’art. 1, comma 75, legge 6 novembre 2012, n. 190, implica l’impiego da parte del pubblico ufficiale di modalità e forme di pressione tali da non lasciare margini alla libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa. (Nella specie, la Corte ha ritenuto integrasse tentativo di concussione il comportamento di un agente di polizia che, recandosi in un’autocarrozzeria, operando un controllo amministrativo e prospettando al titolare il rischio di procedere a contestazioni di gravi infrazioni, cercava di ottenere la restituzione di un’autovettura di un suo conoscente che il carrozziere aveva trattenuto per una controversia con il proprietario).

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Cass. pen. n. 26285/2013

A seguito dell’entrata in vigore della L. 6 novembre 2012, n. 190, la minaccia, esplicita o implicita, di un danno ingiusto, finalizzata a farsi dare o promettere denaro o altra utilità, posta in essere con abuso della qualità o dei poteri, integra il delitto di concussione se proveniente da pubblico ufficiale ovvero di estorsione se proveniente da incaricato di pubblico servizio mentre sussiste il delitto di induzione indebita, previsto dall’art. 319 quater c.p., qualora il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, abusando della qualità o dei poteri, prospetti conseguenze sfavorevoli derivanti dall’applicazione della legge per farsi dare o promettere il denaro o l’utilità.

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Cass. pen. n. 23954/2013

Qualora il giudice di merito, vigente l’art. 317 c.p., antecedente le modifiche apportate dalla L. 6 novembre 2012, n. 190, abbia proceduto, con motivazione approfondita e non illogica, a qualificare la condotta del pubblico agente in termini di induzione piuttosto che di costrizione, la Cassazione, chiamata a decidere dopo l’entrata in vigore della l. n. 190 medesima, non può che ricondurre il fatto nella fattispecie dell’art. 319 quater c.p., sempre che detta qualificazione non sia stata specificamente contestata dal ricorrente sulla base di motivi ammissibili. (Nella specie, la Corte, rilevata la qualificazione da parte del giudice di appello della condotta del pubblico agente in termini di induzione, in assenza di contestazioni sul punto, ha ricondotto il fatto nell’ipotesi prevista dall’art. 319 quater c.p. e dichiarato la prescrizione, per decorso del termine di cui all’art. 157 c.p.).

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Cass. pen. n. 21975/2013

I reati di concussione e di indebita induzione di cui agli artt. 317 e 319 quater c.p. (come rispettivamente sostituito il primo ed inserito il secondo dall’art. 1, comma 75, della legge n. 190 del 2012) si distinguono fra loro, in quanto il pubblico agente nella concussione agisce con modalità o con forme di pressione tali da annientare la libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa, il quale decide, senza che gli sia stato prospettato alcun vantaggio diretto, di dare o promettere un’utilità, al solo scopo di evitare il danno minacciato, laddove, invece, nella induzione, utilizza modalità o forme di pressione più blande, tali da lasciare un margine di scelta al destinatario, il quale accetta l’imposizione per conseguire un proprio vantaggio. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per concussione commessa prima dell’entrata in vigore della l. n. 190 del 2012, in un’ipotesi in cui l’azione contestata era indifferentemente descritta in termini di costrizione e induzione, perché il giudice di merito provvedesse alla qualificazione giuridica del fatto, e rideterminasse la pena in caso di ritenuta sussistenza del delitto di cui all’art. 319 quater cod. pen).

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Cass. pen. n. 21701/2013

La successione normativa fra il previgente testo dell’art. 317 cod. pen., quello introdotto dall’art. 1 comma 75 della l. n. 190 del 2012 e quello del nuovo ed autonomo art. 319 quater cod. pen., si colloca all’interno del peculiare fenomeno della successione di leggi penali, disciplinato dal quarto comma dell’art. 2 cod. pen.

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Cass. pen. n. 21192/2013

L’azione tipica della concussione, fattispecie appartenente alla categoria dei reati propri esclusivi o di mano propria del pubblico agente, può essere posta in essere anche dal concorrente privo della qualifica soggettiva, a condizione che costui, in accordo con il titolare della posizione pubblica, tenga una condotta che contribuisca a creare nel soggetto passivo quello stato di costrizione o di soggezione funzionale ad un atto di disposizione patrimoniale, purchè la vittima sia consapevole che l’utilità sia richiesta e voluta dal pubblico ufficiale.(Nella specie, la Corte ha annullato una sentenza di condanna per concussione di un sindaco, svolgente attività professionale di progettista, cui un imprenditore si era rivolto, su consiglio di un proprio consulente di fiducia, affidandogli un incarico professionale per cercare, in tal modo, di ottenere lo sblocco di una pratica edilizia, sul presupposto che non vi fossero elementi a conferma dell’accordo fra il consulente ed il pubblico ufficiale).

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Cass. pen. n. 18372/2013

Integra, anche dopo le modifiche intervenute da parte della legge n. 190 del 2012, il delitto di concussione il comportamento dell’impiegato provinciale del lavoro, addetto alla formazione delle graduatorie del collocamento obbligatorio, che prospetti ad un invalido civile, in termini subdolamente vaghi, gravi rischi e difficoltà di ottenere un lavoro quale appartenente ad una categoria protetta, laddove tale prospettazione sia accompagnata dalla pretesa di prestazioni sessuali quali compenso per il suo interessamento.

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Cass. pen. n. 17593/2013

A seguito dell’entrata in vigore della l. n. 190 del 2012, l’elemento che differenzia le nozioni di induzione e costrizione, che costituiscono l’elemento oggettivo rispettivamente dei delitti di cui gli artt. 319 quater e 317 cod. pen., non va individuato in un connotato di natura psicologica, quale la minore o maggiore valenza coercitiva della condotta dell’agente pubblico, ma in un dato di carattere giuridico e cioè nella conformità o meno al diritto delle conseguenze minacciate. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto integrato il delitto di concussione nell’avere il pubblico ufficiale, per farsi dare dal privato una somma di denaro, prospettato conseguenze pregiudizievoli non derivanti dalla legge, in particolare paventando il rischio di ritardi e/o difficoltà nell’esecuzione di lavori, richiedenti un preventivo assenso amministrativo).

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Cass. pen. n. 13047/2013

A seguito dell’entrata in vigore della l. n. 190 del 2012, la minaccia, di qualsivoglia tipo o entità, di un danno ingiusto, finalizzata a farsi dare o promettere denaro o altra utilità, posta in essere con abuso della qualità o dei poteri, integra il delitto di concussione se proveniente da pubblico ufficiale ovvero di estorsione se proveniente da incaricato di pubblico servizio; sussiste, invece, il delitto di induzione indebita, di cui all’art. 319 quater c.p., qualora il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, abusando della qualità o dei poteri, per farsi dare o promettere il denaro o l’utilità prospetti, con comportamenti di persuasione o di convinzione, la possibilità di adottare atti legittimi, ma dannosi o sfavorevoli. (Nella specie, la Corte ha qualificato come induzione indebita, ex art. 319 quater c.p., la condotta di un sottufficiale della guardia di finanza che, nell’esercizio di attività di verifica, aveva prospettato al titolare di un’azienda il rilievo di gravi irregolarità fiscali, effettivamente sussistenti, e si era, quindi, fatto promettere una consistente somma di danaro).

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Cass. pen. n. 11944/2013

La costrizione, che costituisce l’elemento oggettivo del reato di concussione di cui all’art. 317 c.p., così come modificato dall’art. 1, comma 75 della l. n. 190 del 2012, sussiste quando il pubblico ufficiale agisca con modalità ovvero con forme di pressioni tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa, il quale decide, senza che gli sia stato prospettato alcun vantaggio diretto, di dare o promettere un’utilità, al solo scopo di evitare il danno minacciato; essa si distingue dall’induzione, che integra il reato di cui all’art. 319 quater c.p., che si verifica, invece, quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio agisca con modalità o forme di pressione più blande, tali da lasciare un margine di scelta al destinatario della pretesa, che concorre nel reato perché gli si prospetta un vantaggio diretto.
Nel delitto di concussione di cui all’art. 317 c.p., così come modificato dall’art. 1, comma 75 legge n. 190 del 2012, la costrizione consiste in quel comportamento del pubblico ufficiale che, abusando delle sue funzioni o dei suoi poteri, agisce con modalità o con forme di pressione tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa illecita che, di conseguenza, si determina alla dazione o alla promessa esclusivamente per evitare il danno minacciato.

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Cass. pen. n. 11942/2013

Integra il delitto di concussione la minaccia del pubblico ufficiale affinché un privato, per evitare un danno prospettato, commetta una truffa, promettendo di versare il relativo profitto al pubblico ufficiale medesimo. (Fattispecie nella quale un appartenente alla polizia di Stato, minacciando il titolare di poligono di tiro di non rinnovargli la convenzione per i tiri, faceva risultare per ogni esercitazione un numero di agenti superiore a quelli effettivamente impegnati e si faceva poi consegnare le somme per le esercitazioni mai effettuate).

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Cass. pen. n. 10891/2013

Anche a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 75 della l. n. 190 del 2012, commette il delitto di concussione di cui all’art. 317 c.p. il pubblico ufficiale che, nella sua interazione con il privato, utilizzi modi bruschi e stressanti, accompagnati da comportamenti di abusi della qualità e/o dei poteri, preordinati a creare nel destinatario una condizione di riduzione dello “spatium deliberandi”, idonea a determinare quest’ultimo a promettere o dare un’indebita utilità. (Nella specie, il pubblico ufficiale utilizzando i modi indicati e prospettando al privato il potere di incidere sulla emissione di mandati di pagamento, connessi ad un contratto di fornitura con la p.a., si faceva consegnare un fax).

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Cass. pen. n. 7495/2013

In tema di concussione, integra il requisito della costrizione – che costituisce l’elemento oggettivo della fattispecie, così come modificata dall’art. 1, comma 75, legge 6 novembre 2012, n. 190 – qualunque violenza morale, attuata con abuso di qualità o di poteri che si risolva nella prospettazione, esplicita o implicita, di un male ingiusto, recante alla vittima un danno patrimoniale o non patrimoniale. (In motivazione la Corte ha precisato che il concetto di costrizione non ricomprende l’utilizzo della violenza fisica, incompatibile con l’abuso di qualità o di funzioni).

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Cass. pen. n. 6578/2013

La prospettazione da parte del pubblico ufficiale di una minaccia ingiusta che sia idonea a costituire una vis compulsiva configura la condotta di costrizione, che integra l’elemento oggettivo del delitto di concussione di cui all’art. 317 c.p., nel testo come modificato dall’art. 1, comma 75 della l. n. 190 del 2012. (Nella specie, la Corte ha confermato la concussione con riferimento ad una richiesta avanzata da un vigile urbano ad un minore di versare una somma di denaro, pari a cinquanta euro, per omettere la verbalizzazione di una violazione al codice della strada, comportante una sanzione pecuniaria di gran lunga maggiore).

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Cass. pen. n. 1265/2013

Integra il delitto di concussione la condotta dell’agente di polizia stradale che, prospettando al conducente di un’autovettura, in sede di contestazione di un’infrazione al codice della strada, il possibile ritiro della patente, anche in assenza dei presupposti di fatto per applicare una tale sanzione, si fa consegnare una somma di denaro.

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Cass. pen. n. 20914/2012

In tema di concussione, deve qualificarsi come consumata la fattispecie nella quale il soggetto passivo abbia sollecitato l’intervento della polizia giudiziaria dopo aver già promesso l’indebita prestazione al pubblico ufficiale.

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Cass. pen. n. 15946/2012

Integra il delitto di tentata concussione la condotta del veterinario di una ASL che, procedendo ad una ispezione di una mensa scolastica, tenti di indurre, anche paventando la possibilità di ulteriori futuri controlli, i dipendenti dell’istituto scolastico ad acquistare prodotti igienico sanitari, da usarsi nella mensa medesima, da una ditta intestata al figlio, con ciò integrandosi l’indebito uso dei propri poteri, rappresentato dalla sovrapposizione di una privata utilità nell’esercizio di pubbliche funzioni.

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Cass. pen. n. 48764/2011

Ai fini della configurabilità del delitto di concussione, è irrilevante che il soggetto passivo sia costretto o indotto a procurare l’utilità indebita al pubblico ufficiale attraverso un “facere”o un “non facere”. (Fattispecie in cui il titolare di un esercizio pubblico è stato costretto da un pubblico ufficiale ad esercitare il suo diritto di recesso, non assumendo come dipendente una lavoratrice in prova).

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Cass. pen. n. 38164/2011

Integra il delitto di concussione, e non quello di millantato credito aggravato ex art. 61, n. 9, c.p., la condotta posta in essere da un ispettore di polizia municipale addetto ad una sezione di polizia giudiziaria presso una Procura della Repubblica, il quale, abusando della propria qualità, induca taluni dei potenziali indagati nell’ambito di un procedimento penale per opere edilizie abusive a consegnargli delle somme di danaro per assicurare la mancata emersione delle infrazioni rilevate ed evitare conseguenze dannose alla loro attività professionale.

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Cass. pen. n. 34106/2011

Integra il tentativo di concussione per induzione la condotta dell’ufficiale giudiziario il quale, dopo essersi introdotto nell’abitazione della vittima per eseguire un pignoramento mobiliare, solleciti la stessa a dargli o promettergli delle prestazioni sessuali prospettandole la possibilità di una più favorevole valutazione dei beni da sottoporre all’esecuzione.

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Cass. pen. n. 27444/2011

In tema di concussione, l’avverbio “indebitamente”utilizzato nell’art. 317 c.p. qualifica non già l’oggetto della pretesa del pubblico ufficiale, la quale può anche non essere oggettivamente illecita, quanto le modalità della sua richiesta e della sua realizzazione. (Fattispecie in cui si é ritenuto che integrasse il tentativo di concussione la condotta del pubblico ufficiale che, alternando minacce a blandizie, aveva cercato di indurre il privato ad accettare una proposta transattiva avente ad oggetto la risoluzione di un contratto di appalto).

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Cass. pen. n. 25694/2011

Le nozioni di abuso e induzione nella fattispecie di concessione indicano aspetti di una unica stessa condotta e non condotte differenti, si chè l’induzione che assume rilievo è quella commessa mediante inganno o persuasione e questi ultimi devono essere espressione dell’abuso della qualità e dei poteri, visto sotto il profilo dell’incidenza sulla psiche della vittima.
Non integra la fattispecie di concussione la condotta di semplice richiesta di denaro o altre utilità da parte del pubblico ufficiale in presenza di situazioni di mera pressione ambientale, senza però che questi abbia posto in essere atti di costrizione o d induzione, non potendosi fare applicazione analogica della norma incriminatrice, imperniata inequivocabilmente sullo stato di soggezione della vittima provocato dalla condotta del pubblico ufficiale. (Nella specie, la S.C. annullato la sentenza della Corte di Appello che aveva qualificato come concussione, piuttosto che corruzione, la mera richiesta di denaro o di altra utilità da parte del soggetto passivo, in forza di una generalizzata e notoria prassi in tal senso invalsa in un determinato settore della P.A.).

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Cass. pen. n. 16335/2011

In tema di distinzione tra i reati di corruzione e concussione, non è ravvisabile l’ipotesi della concussione cosiddetta “ambientale”qualora il privato si inserisca in un sistema nel quale il mercanteggiamento dei pubblici poteri e la pratica della “tangente”sia costante, atteso che in tale situazione viene a mancare completamente lo stato di soggezione del privato, che tende ad assicurarsi vantaggi illeciti, approfittando dei meccanismi criminosi e divenendo anch’egli protagonista del sistema. (In applicazione di tale principio la S.C. ha ritenuto corretta la configurazione del reato di corruzione nella condotta di un privato che aveva promesso all’impiegato di un ufficio anagrafe una somma di denaro per agevolare il rilascio di un certificato di residenza).

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Cass. pen. n. 8894/2011

Integra il tentativo di concussione la condotta del pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità e dei suoi poteri, compia atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere o indurre la vittima ad estinguere una posizione debitoria propria o di un terzo cui egli sia interessato.

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Cass. pen. n. 45034/2010

La fattispecie di concussione con abuso di poteri può essere realizzata in astratto anche mediante il compimento di un atto formalmente legittimo, ma qualora, in concreto, sia contestato di aver posto in essere un atto illecito, la circostanza costituisce un elemento essenziale della condotta incriminata che deve formare oggetto di specifica dimostrazione, non potendo il giudice limitarsi, nel motivare la sentenza di condanna, ad invocare l’irrilevanza della natura dell’atto.

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Cass. pen. n. 17234/2010

Integra il reato di concussione la condotta del primario di un ente ospedaliero, che prospettando ai pazienti, ricoverati per essere sottoposti a delicati interventi chirurgici, le possibilità di un intervento “intra moenia”con scelta dell’equipe chirurgica di fiducia, ovvero di un intervento da lui personalmente condotto secondo il regime ospedaliero gratuito, li induca a consegnargli somme di denaro o altre utilità non dovute, facendo figurare, contrariamente al vero, che tale dazione di denaro costituiva un’iniziativa spontanea delle persone operate in favore di opere di beneficenza.

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Cass. pen. n. 40518/2009

Integra un’ipotesi di concussione tentata, e non consumata, l’abuso della qualità e dei poteri del pubblico ufficiale con induzione della vittima a promettergli la corresponsione di una somma di denaro, quando non vi sia stata da parte del soggetto passivo alcuna dazione, né una chiara ed inequivoca promessa di denaro, ma solo un comportamento di non espresso rifiuto, ovvero l’allegazione di una indisponibilità finanziaria. (Fattispecie relativa a più richieste di rimborso spese asseritamente effettuate da un maresciallo dei carabinieri in favore del padre delle vittime, e derivanti da una trasferta eseguita per un colloquio a fini investigativi e dall’anticipazione di somme per una presunta attività corruttiva finalizzata ad ottenere il rinnovo di un passaporto).

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Cass. pen. n. 30764/2009

Ai fini della configurabilità del tentativo di concussione, è necessaria l’oggettiva efficacia intimidatoria della condotta, mentre è indifferente il conseguimento del risultato concreto di porre la vittima in stato di soggezione, potendo quest’ultima determinarsi al comportamento richiesto per mero calcolo economico, attuale o futuro, o per altra valutazione di tipo utilitaristico. (Fattispecie relativa a prestazioni sessuali richieste da un insegnante ad alcune studentesse, in cambio di agevolazioni nelle relative interrogazioni).

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Cass. pen. n. 15690/2009

Integra il delitto di concussione la condotta dell’imprenditore edile autorizzato alla realizzazione di un programma costruttivo di edilizia convenzionata, che condizioni la conclusione o l’esecuzione del contratto alla dazione, da parte dell’acquirente inserito nell’apposita graduatoria, di una somma maggiore di quella determinabile ai sensi della convenzione e non corrispondente a migliorie o varianti con lo stesso concordate, quand’anche l’abuso dell’incarico pubblico si inserisca all’interno di una prassi diffusa sul territorio, che il privato subisce nel contesto di una comunicazione resa più semplice e spedita per il fatto di richiamarsi a regole già “codificate”.

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Cass. pen. n. 9528/2009

Ai fini della configurabilità del delitto di concussione, i favori sessuali rientrano nella nozione di “utilità”, dovendosi ritenere che gli stessi rappresentano comunque un vantaggio per il pubblico funzionario che ne ottenga la promessa o la effettiva prestazione.
In tema di concussione, la circostanza che l’atto oggetto di mercimonio da parte del pubblico ufficiale sia illegittimo e contrario ai doveri d’ufficio non comporta di per sé il mutamento del titolo del reato in quello di corruzione, neppure quando il soggetto passivo versi già in una situazione di illiceità e sia consapevole dell’illegittimità dell’atto, dovendosi ritenere sussistente il delitto di concussione quando la posizione di preminenza prevaricatrice del pubblico ufficiale abbia creato uno stato di timore tale da escludere la libera determinazione della volontà del privato, in conseguenza dell’abuso della qualità o dei poteri del primo. (Fattispecie relativa all’induzione di cittadine extracomunitarie a prestazioni sessuali, commessa mediante l’abuso della qualità e dei poteri di assistenti della Polizia di Stato in servizio presso l’ufficio stranieri di una Questura).

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Cass. pen. n. 3869/2009

Commette il reato di concussione il primario di un reparto di un pubblico ospedale che, pur non facendo parte della commissione giudicatrice di un concorso bandito per la copertura di posti di organico del reparto stesso, utilizzi illecitamente la sua qualità per influire sull’esito dell’esame, inducendo un aspirante ai posti banditi a rinunciare alla partecipazione al concorso.

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Cass. pen. n. 506/2009

È configurabile il concorso nel reato di concussione anche nei confronti di chi si ponga come tramite di una proposta concussiva nei confronti della vittima nella piena consapevolezza di tutte le circostanze del fatto.

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Cass. pen. n. 45276/2008

Ai fini della configurabilità del reato di concussione cosiddetta “ambientale”, se la condotta costrittiva o induttiva può essere colta in comportamenti che, ove mancasse il quadro “ambientale”, potrebbero essere ritenuti penalmente insignificanti, ciò non vuol dire che possa prescindersi da uno specifico e ben individuato comportamento costrittivo o induttivo del pubblico ufficiale. (Nella specie, la S.C. ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata che aveva ravvisato il reato di concussione nella condotta persecutoria posta in essere da un agente di P.S. nei confronti di un autotrasportatore, senza peraltro indicare uno specifico atto vessatorio volto ad ottenere indebiti vantaggi).

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Cass. pen. n. 42795/2008

Risponde del delitto di concorso in concussione l’estraneo, libero professionista, che non si limiti a farsi portavoce presso la vittima, sua cliente, della richiesta di denaro e a rappresentare le possibili conseguenze negative degli accertamenti, nella specie fiscali, che il pubblico ufficiale richiedente potrebbe svolgere in danno, ma si attivi per il buon esito dell’illecita operazione, da un lato assicurando al pubblico ufficiale la minore esposizione possibile nel rapporto con la vittima, dall’altro, offrendosi di anticipare, per conto della vittima, l’esborso della somma di denaro richiestale.

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Cass. pen. n. 23588/2008

La decisione sulla domanda di rimessione del debito per le spese del processo e per quelle di mantenimento è condizionata all’avvenuta espiazione di un congruo periodo d’espiazione, tale da consentire la valutazione ai sensi dell’art. 30 ter, comma ottavo, ord. pen.

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Cass. pen. n. 18732/2008

Risponde del reato di concussione, e non di quelli previsti dagli artt. 228 e 229 L.F., il commissario liquidatore, nominato ai sensi dell’art. 198 L.F., che, abusando della sua qualità di pubblico ufficiale, induca l’acquirente dei beni compresi nella liquidazione a rilasciargli indebitamente una fattura di importo inferiore al prezzo effettivamente pagato.

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Cass. pen. n. 45993/2007

In relazione al delitto di concussione, l’abuso dei poteri da parte del soggetto agente e la conseguente costrizione od induzione del soggetto passivo a dare od a promettere denaro od altra utilità prescinde totalmente dalla legittimità o meno dell’attività compiuta, atteso che il requisito oggettivo del reato in questione può essere integrato anche attraverso un atto di ufficio doveroso compiuto in maniera antidoverosa, il che si verifica allorch, tale atto sia posto in essere quale mezzo per conseguire fini illeciti, ossia in violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione. (Fattispecie nella quale il ricorrente, custode giudiziario, recatosi sul posto ove si trovavano alcuni beni pignorati per procedere alla loro rimozione, aveva accordato una proroga al debitore, acconsentendo a lasciare i predetti beni presso il domicilio di quest’ultimo, previa corresponsione di un modesto compenso quale contropartita del favore).
Per distinguere il reato di concussione da quello di corruzione non deve aversi riguardo né al soggetto che prende l’iniziativa né alla composizione dei contrapposti interessi in un «accordo» bensì unicamente alla sussistenza o meno di uno stato di soggezione in cui venga a trovarsi il privato, che vizia a monte l’assetto dei reciproci interessi raggiunto nel c.d. «accordo» per integrare il suddetto stato di soggezione è sufficiente che il privato si sia determinato alla dazione ovvero all’accordo per evitare un maggior danno, anche in difetto di uno stato di timore psicologico verso il pubblico ufficiale.

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Cass. pen. n. 37077/2007

È configurabile il tentativo di concussione nella condotta del controllore di un pubblico servizio di trasporto, il quale, sorpreso un viaggiatore privo del biglietto di viaggio, lo solleciti a versargli brevi manu una somma di danaro per evitare la formale contestazione della contravvenzione.

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Cass. pen. n. 31689/2007

Il delitto di concussione rappresenta una fattispecie a duplice schema, nel senso che si perfeziona alternativamente con la promessa o con la dazione indebita per effetto dell’attività di costrizione o di induzione del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, sicché, se tali atti si susseguono, il momento consumativo si cristallizza nell’ultimo, venendo così a perdere di autonomia l’atto anteriore della promessa e concretizzandosi l’attività illecita con l’effettiva dazione, secondo un fenomeno assimilabile al reato progressivo.

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Cass. pen. n. 26324/2007

La costrizione o induzione che caratterizza il reato di concussione non si identifica nella superiorità, nell’influenza o nell’autorità che il pubblico ufficiale può vantare in ragione della carica ricoperta o della funzione svolta, occorrendo invece, ai fini dell’integrazione del reato, una costrizione o induzione qualificata, ossia prodotta dal pubblico ufficiale con l’abuso della sua qualità o dei suoi poteri; così che l’azione indebita si caratterizzi per essere l’effetto di tale costrizione o induzione, e cioè conseguenza della coazione psicologica esercitata dal pubblico ufficiale mediante l’abuso della sua qualità o dei suoi poteri.

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Cass. pen. n. 25887/2006

Integra gli estremi del tentativo di concussione la condotta del pubblico ufficiale che, al fine di indurre la vittima a recedere dalla giusta richiesta di ottenere il pagamento di prestazioni effettuate in proprio favore, minacci l’esercizio di un potere in sé legittimo, senza conseguire l’intento per la refrattarietà del soggetto passivo a intimorirsi. (Fattispecie in cui l’originaria contestazione, nella forma consumata, è stata riqualificata come tentativo, essendo stato, questo, ravvisato nella condotta di un pubblico ufficiale che aveva rifiutato di pagare la somma dovuta al gestore di un locale per la consumazione di bevande e gli aveva comunicato che sarebbe tornato per sottoporlo a controlli di polizia, ma era stato, da quello, immediatamente denunciato).

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Cass. pen. n. 23776/2006

Per l’integrazione del delitto di concussione non è necessario che l’abuso della qualità o dei poteri da parte del pubblico ufficiale determini uno stato soggettivo di timore per la vittima, ma è indispensabile che sussista una volontà prevaricatrice e condizionante in capo al pubblico ufficiale che si estrinsechi in una condotta di costrizione o di induzione qualificata, ossia prodotta con l’abuso della qualità o dei poteri, la cui efficacia causativa della promessa o dazione indebita ben può affidarsi a comportamenti univoci per il contesto ambientale e che altrimenti risulterebbero penalmente insignificanti, sfruttando il riferimento alle regole «codificate» nel sistema di illegalità imperante nell’ambito di alcuni settori di attività della pubblica amministrazione.

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Cass. pen. n. 21991/2006

Ai fini della configurabilità del delitto di concussione, nell’espressione «altra utilità» di cui all’art. 317 c.p. va ricompreso anche il vantaggio di natura politica, da non identificarsi con il vantaggio di natura istituzionale, che in quanto giova esclusivamente alla P.A., esclude la sussistenza del reato. (Fattispecie nella quale la Corte ha ravvisato il delitto di concussione nella condotta del Sindaco che aveva esercitato indebite pressioni su di un consigliere comunale, provocandone le dimissioni, così da liberarsi di un avversario politico).

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Cass. pen. n. 2677/2006

La distinzione tra concussione e truffa, che si pone solamente in riferimento alla concussione per induzione, va individuata nel fatto che nella concussione il privato mantiene la consapevolezza di dare o promettere qualcosa di non dovuto, mentre nella truffa la vittima viene indotta in errore dal soggetto qualificato circa la doverosità oggettiva delle somme o delle utilità date o promesse. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione come tentativo di concussione della condotta del medico ospedaliero che aveva tentato di indurre una paziente a sottoporsi, dietro pagamento, ad un intervento di interruzione volontaria della gravidanza presso il proprio studio privato, rappresentandole falsamente l’impossibilità di effettuarlo presso la pubblica struttura).

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Cass. pen. n. 47289/2005

Il delitto di concussione si sviluppa mediante azioni causalmente concatenate ovvero abuso della qualità o dei poteri del pubblico ufficiale, costrizione o induzione del concusso ad un determinato atteggiamento, promessa o dazione, fermo restando che esso, pur potendosi consumare con la sola promessa di denaro o di altra utilità e pur rimanendo unico quando alla promessa segua la dazione, postula lo spostamento in avanti del momento consumativo in coincidenza con la dazione medesima.

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Cass. pen. n. 39955/2005

Risponde del reato di concussione, e non di truffa aggravata, il direttore di un’unità operativa cardiochirurgica di un ente ospedaliero, che prospettando ai pazienti, ricoverati per essere sottoposti a delicati interventi chirurgici, il rischio di essere operati dal medico di turno, privo della necessaria pratica, si faccia consegnare, a titolo di ringraziamento, somme non dovute, per condurre egli stesso l’operazione chirurgica. (Nell’affermare tale principio nell’ambito di un procedimento libertate la Corte ha precisato che, a differenza dalla truffa, la dazione indebita nella concussione risulta essere l’effetto non di una serie di atti ingannatori, ma della pressione prevaricatrice del pubblico funzionario).

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Cass. pen. n. 35028/2005

Ai fini della configurabilità del reato di concussione per induzione, mentre non è determinante che la vittima abbia inizialmente preso contatto di propria spontanea volontà con il soggetto attivo del reato, è invece rilevante che quest’ultimo, anche con comportamenti surrettizi, abbia indotto la vittima medesima a sottostare alle prestazioni richieste per evitare un danno. (Nella specie, l’imputato, pubblico ufficiale, inizialmente contattato dalla vittima che voleva risolvere un problema edilizio, aveva posto poi in essere una condotta inequivocabilmente indirizzata a ingenerare nella vittima stessa la convinzione che, non aderendo ai pagamenti richiesti, avrebbe subito conseguenze negative).

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Cass. pen. n. 23801/2004

In tema di concussione, non è necessario che l’atto intimidatorio rifletta la specifica competenza del soggetto, essendo sufficiente che la qualità soggettiva del pubblico ufficiale lo agevoli e lo renda credibile e idoneo a costringere o indurre il soggetto passivo all’indebita promessa o dazione di denaro o altra utilità. Tuttavia non può difettare la connessione tra l’offerta o dazione e la funzione pubblica esercitata dal soggetto agente, non bastando la mera qualità di pubblico ufficiale che questo rivesta prescindendo da un credibile uso della funzione ai fini dell’adozione dell’atto o dell’attività pubblicistica rappresentata, né può essere sufficiente la colleganza politica o l’influenza derivante dalla posizione rivestita in seno ad una formazione politica. (Nella specie la Corte ha ritenuto che non fossero idonei ad integrare il reato di cui all’art. 317 c.p. la capacità di influire sulla pratica in base ad una astratta valorizzazione del ruolo politico dell’imputato in seno all’amministrazione, e che la necessaria connessione fra la funzione pubblica rivestita e l’attività amministrativa implicata non poteva essere dedotta dalla semplice partecipazione del soggetto alla conferenza dei servizi come membro dell’amministrazione, non essendo definito il concreto ruolo ivi esercitato).

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Cass. pen. n. 6073/2004

Ai fini della configurabilità del reato di concussione, il metus publicae potestatis deve consistere non nella generica posizione di supremazia, sempre connaturata alla qualifica di pubblico ufficiale, ma bensì nel concreto abuso della propria qualità o funzione, abuso che abbia costretto o indotto il privato alla indebita promessa o dazione, è necessario cioè che la dazione sia collegata ad una pressione connessa alla funzione esercitata. (Fattispecie in cui la Corte non ha ravvisato il reato, avendo il privato agito nel timore che non pagando potesse compromettere la buona riuscita dell’istanza di edificabilità del proprio terreno).

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Cass. pen. n. 4898/2004

I reati di concussione e di corruzione presentano un elemento necessariamente comune, e cioè l’esistenza di una indebita erogazione (necessario solo nella corruzione propria), e cioè l’esercizio antigiuridico dei propri compiti, e un elemento discriminante, e cioè la presenza nella concussione di una volontà prevaricatrice del pubblico ufficiale, condizionate la volontà del privato.

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Cass. pen. n. 930/2004

Deve ravvisarsi condotta idonea ad integrare il delitto di concussione tentata nell’attenzione del pubblico ufficiale preposto all’accertamento delle evasioni fiscali nei confronti di un contribuente attuata con modalità anomale di convocazione e con domande subdole, ancorché non accompagnata da una esplicita richiesta di danaro, costituendo tale comportamento non la premessa tipica di accertamenti legittimi, bensì una minaccia di procedere a tali accertamenti, finalizzata a pretermetterli in cambio di una ricompensa illegittima, sebbene non ancora precisata.

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Cass. pen. n. 49538/2003

Nella nozione di concussione per «induzione» va ricompresa qualsiasi condotta capace di creare nel privato uno stato di soggezione psicologica che lo porti ad agire nel senso voluto dall’agente, che può assumere svariate forme (quali l’inganno, la persuasione, la suggestione, l’allusione, il silenzio o l’ostruzionismo, anche variamente ed opportunamente combinati tra loro), in considerazione anche del diverso contesto in cui i soggetti si muovono e la loro maggiore o minore conoscenza di certi moduli operativi e dei relativi codici di comunicazione.

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Cass. pen. n. 46805/2003

Il reato di concussione non è escluso dalla circostanza che la vittima versi in una situazione illecita e possa trarre un qualche vantaggio economico dell’accettazione della pretesa del pubblico ufficiale. (Nella specie la Corte di Cassazione ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva dichiarato la sussistenza del reato nel comportamento di un agente di p.s. il quale aveva chiesto una somma di denaro per evitare il respingimento alla frontiera di persone non munite di regolari documenti di ingresso in Italia).

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Cass. pen. n. 44761/2003

Sussiste il delitto di concussione allorquando la vittima, pur versando in una situazione di illeceità e pur fruendo di qualche vantaggio dall’accettazione della pretesa del pubblico ufficiale, è costretta a sottostare all’illegittima richiesta onde evitare maggiori danni o molestie, non sussistendo in tale ipotesi la par condicio contractualis tipica del reato di corruzione (in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto corretta, in presenza di una situazione di sudditanza, la qualificazione di concussione operata dai giudici di merito in ordine alla dazione a vigili urbani di somme di danaro e merci da parte di commercianti ambulanti abusivi al fine di poter svolgere l’attività all’interno del mercato rionale).

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Cass. pen. n. 36551/2003

In tema di distinzione tra i reati di corruzione e concussione, non è ravvisabile l’ipotesi della concussione cosiddetto “ambientale” qualora il privato si inserisca in un sistema nel quale il mercanteggiamento dei pubblici poteri e la pratica della “tangente” sia costante, in quanto viene a mancare completamente in lui lo stato di soggezione e il privato tende ad assicurarsi vantaggi illeciti, approfittando dei meccanismi criminosi e divenendo anch’egli protagonista del sistema. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto corretta la configurazione del reato di corruzione nella condotta dell’imprenditore che aveva versato ad ispettori della Usl denaro affinché omettessero di verificare talune irregolarità della sua azienda alla normativa sulla prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro).

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Cass. pen. n. 31978/2003

Deve essere esclusa la sussistenza del reato di concussione quando la prestazione promessa o effettuata dal soggetto passivo, a seguito di costrizione dell’agente, persegua esclusivamente i fini istituzionali dell’amministrazione e giovi esclusivamente ad essa, come nel caso in cui per consentire l’uso di un monumento storico per lo svolgimento di un concerto si richiedano biglietti omaggio allo scopo di reperire fondi per il restauro dell’edificio.

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Cass. pen. n. 15742/2003

In tema di concussione, non è sufficiente ad escludere il metus publicae potestatis la sola circostanza che la parte lesa si sia rivolta alla forze di polizia, per sottrarsi alle pretese dell’autore del reato, perché, nulla disponendo la norma sull’intensità del metus, non è possibile considerare tale solo quello estremo, cui il soggetto passivo finisca comunque per soccombere, senza neppure avere l’animo di chiedere soccorso agli organi dello Stato. Nel caso in cui la promessa fatta dal privato al pubblico ufficiale sia reale — anche se sorretta dalla speranza che un efficace intervento delle forze dell’ordine valga a costituire fatto impeditivo dell’adempimento — l’originaria promessa (anche se legata ad una spes contraria) ha consentito il perfezionamento del reato.

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Cass. pen. n. 14353/2003

L’induzione, quale elemento materiale del reato di concussione, deve essere qualificata, ossia prodotta dal pubblico ufficiale con l’abuso della sua qualità o dei suoi poteri, sicché la successiva azione indebita sia l’effetto di siffatta induzione e, cioè, conseguenza della coazione psicologica esercitata dal pubblico ufficiale sul privato, il quale si determini a tenere un comportamento, che liberamente non avrebbe assunto, per il timore di subire un danno ove non si pieghi alla volontà del pubblico ufficiale. (Fattispecie relativa alla richiesta, formulata, tramite un emissario, da un funzionario regionale in posizione apicale al presidente e ad una collaboratrice di una cooperativa, di corresponsione di una somma di denaro pari a cento milioni per accelerare e definire positivamente in loro favore l’iter relativo ad una pratica di finanziamento per l’acquisto di macchinari indispensabili per l’attività della cooperativa, pesantemente esposta nei confronti di un istituto di credito).

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Cass. pen. n. 11384/2003

In tema di concussione, deve qualificarsi come delitto solo tentato la fattispecie nella quale il soggetto passivo effettua la promessa di una prestazione, nei confronti del pubblico ufficiale, all’unico scopo di favorire la prosecuzione delle indagini scaturite dalla sua pregressa denuncia, poiché in tal caso non si perfeziona la sequenza che dovrebbe collegare la promessa, e dunque la consumazione del reato, al metus provocato dalla condotta dell’agente. (In motivazione la Corte ha chiarito come risulti invece irrilevante la sollecitazione, dopo l’effettuazione della promessa, di un intervento della polizia giudiziaria, poiché la relativa richiesta è successiva, in tal caso, al perfezionamento del reato).

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Cass. pen. n. 5355/2003

È configurabile il reato di concussione, previsto dall’art. 317 c.p., nella condotta di un pubblico ufficiale (nella specie un carabiniere) che, abusando della sua qualità, prefiguri ad un imprenditore la possibilità di conoscere anticipatamente, in ragione della sua funzione, i tempi di esecuzione dei controlli da parte dell’ispettorato del lavoro e di poterli condizionare, inducendolo così ad assumere nella propria azienda la moglie. (Nella specie, la Corte ha ritenuto sussistente il reato indipendentemente dal fatto che il pubblico ufficiale fosse realmente in grado di comunicare anticipatamente e di condizionare i controlli ispettivi sulle imprese).

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Cass. pen. n. 45135/2001

In tema di concussione, deve essere esclusa la sussistenza del reato quando la prestazione promessa od effettuata dal soggetto passivo, a seguito di induzione o costrizione da parte dell’agente, giovi esclusivamente alla pubblica amministrazione e rappresenti una utilità per il perseguimento dei relativi fini istituzionali, poiché in tal caso non si determina lesione per l’oggetto giuridico del reato (buon andamento della P.A.), e per altro verso il fatto manca di tipicità, non potendosi l’agente identificare nell’Ente e non potendo questo — dato il rapporto di rappresentanza organica che lo lega al funzionario operante — considerarsi alla stregua di «terzo» destinatario della prestazione promessa od effettuata. (Fattispecie in tema di pressioni esercitate da dipendenti comunali affinché il destinatario di una ordinanza di sgombero per motivi di pubblica incolumità rinunciasse al ricorso amministrativo interposto contro l’ordinanza medesima. La Corte ha specificato che in casi siffatti la tutela del cittadino è affidata ai rimedi previsti dalla legislazione amministrativa).
Non è configurabile il reato di concussione allorché l’obiettivo perseguito dall’agente sia quello di una prestazione da effettuarsi in favore della stessa pubblica amministrazione con la quale egli si trova in rapporto di rappresentanza organica. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha escluso la sussistenza del reato anzidetto — ed anche quella, subordinatamente prospettata, dell’abuso d’ufficio — in un caso in cui la condotta assunta come penalmente rilevante sarebbe consistita in pressioni esercitate da amministratori comunali nei confronti di un privato perché rinunciasse ad un ricorso da lui proposto avverso un’ordinanza di sgombero, per addotte ragioni di pubblica incolumità, di un immobile condotto in locazione dal medesimo privato). (Mass. redaz.).

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Cass. pen. n. 11918/2000

Ai fini della configurabilità del reato di concussione c.d. «ambientale» (e della sua differenziazione rispetto al reato di corruzione) non è sufficiente l’accertamento di una situazione ambientale in cui sia diffuso il mercanteggiamento dei pubblici poteri e la pratica della c.d. «tangente» (ben potendo il cittadino approfittare dei meccanismi criminosi in atto per lucrare vantaggi divenendo anch’egli protagonista del sistema), ma è necessario l’accertamento di una situazione caratterizzata da una convenzione, tacitamente riconosciuta da entrambe le parti, che il pubblico ufficiale fa valere e che il privato subisce attraverso una comunicazione, più semplice nella sostanza e più sfumata nella forma per il fatto di richiamarsi a condotte già «codificate»; occorre pertanto che il giudice accerti (e dia conto in motivazione) il concreto atteggiarsi della volontà del pubblico ufficiale e del privato cittadino, nonché il rapporto instaurato tra i due soggetti, che deve essere caratterizzato da una pretesa (ancorché implicita o indiretta) del primo e da una correlativa pressione sul secondo tale da determinarlo in uno stato di soggezione rispetto ad una volontà percepita come dominante.

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Cass. pen. n. 10792/2000

Il reato di concussione non è escluso dalla circostanza che la vittima versi in una situazione illecita e possa trarre un qualche vantaggio economico dell’accettazione della pretesa del pubblico ufficiale. (Nella specie la Corte di cassazione ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva dichiarato la sussistenza del reato nel comportamento di un vigile urbano il quale aveva chiesto una somma di denaro per consentire a un venditore ambulante privo di licenza di svolgere la sua attività).

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Cass. pen. n. 5548/2000

Ai fini della configurabilità del reato di concussione, il metus publicae potestatis è ravvisabile, oltre che nei casi in cui la volontà del privato sia coartata dall’esplicita minaccia di un danno ovvero sia fuorviata dall’inganno, anche quando sia repressa dalla posizione di preminenza del pubblico ufficiale, il quale, pure senza avanzare esplicite ed aperte pretese, di fatto agisca in modo da ingenerare nel soggetto privato la fondata convinzione di dovere sottostare alle decisioni del pubblico ufficiale, per evitare il pericolo di subire un pregiudizio, inducendolo così a dare o promettere denaro o altra utilità.

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Cass. pen. n. 3488/2000

Ai fini della configurabilità del delitto di concussione, le minacce da parte dell’agente e il conseguente stato di timore del soggetto passivo non sono un elemento determinante ai fini del discrimine con la fattispecie della corruzione, atteso che la condotta costrittiva (o, ancor più, quella induttiva), può estrinsecarsi semplicemente in una pressione psicologica sul soggetto passivo a sottostare a una ingiusta richiesta, essendo l’oggettivo condizionamento della libertà morale della persona offesa, e non l’effetto psicologico che eventualmente da esso consegue, configurabile come parte integrante della fattispecie criminosa; ne consegue che, chi è costretto o indotto a dare o a promettere indebitamente una utilità in conseguenza dell’abuso della qualità o dei poteri da parte del pubblico ufficiale non deve necessariamente trovarsi in uno stato soggettivo di timore, potendo determinarsi al comportamento richiesto per mero calcolo economico, attuale o futuro, o per altra valutazione utilitaristica.

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Cass. pen. n. 2265/2000

L’abuso richiesto dalla norma dell’art. 317 c.p. ai fini della sussistenza del reato di concussione non può essere identificato nella indebita richiesta, rivolta dal pubblico ufficiale al privato, di denaro o altra utilità. Infatti, la semplice richiesta di denaro, ancorché reiterata, integra, nel caso sia rifiutata, il reato di istigazione alla corruzione punita dall’art. 322, commi terzo e quarto, c.p., e, se accolta, quello di corruzione consumata, punito dagli artt. 318 e 319 c.p. La richiesta di denaro rilevante ai fini della concussione è, dunque, quella preceduta o accompagnata da uno o più atti che costituiscono estrinsecazione del concreto abuso della qualità o potere del pubblico ufficiale. Infatti, la costruzione letterale e logica della norma di cui all’art. 317 c.p. prevede l’abuso quale causa efficiente dell’induzione al pagamento, e non come avviene nella corruzione, quale risultato dell’azione delittuosa.
La costrizione o induzione che caratterizzano il reato di concussione, non si identificano nella superiorità o nell’influenza che il pubblico ufficiale può vantare rispetto al privato che, per il solo fatto di venire a contatto con chi esercita poteri che possono avere una concreta incidenza sulla sua sfera giuridica, versa in una situazione di soggezione psicologica, in quanto tale soggezione è irrilevante ai fini del reato di concussione. Per integrare detto reato occorrono una costrizione o induzione qualificata, ossia prodotte dal pubblico ufficiale con l’abuso della sua qualità o dei poteri, così che la successiva promessa o dazione indebita è conseguenza della condizione di “metus” in cui la vittima viene a versare, per effetto di tale costrizione o induzione. In sintesi può dirsi che il delitto si sviluppa secondo la seguente successione di azioni causalmente concatenate: abuso della qualità o dei poteri, costrizione o induzione, promessa o dazione.

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Cass. pen. n. 8635/1999

In tema di concussione, poiché l’elemento materiale del reato è integrato in ogni caso in cui la condotta intimidatrice del pubblico ufficiale sia idonea a incidere sulla libera formazione della volontà del privato, deve riconoscersi la sussistenza di tale ipotesi criminosa nella ipotesi in cui alcuni finanzieri, nel corso di verifiche fiscali, avevano indotto diversi imprenditori a corrispondere somme di denaro facendo leva sulla minaccia, più o meno esplicita, che, diversamente, avrebbero prolungato la verifica a tempo indeterminato, pur in mancanza della necessità di svolgere ulteriori accertamenti.

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Cass. pen. n. 1762/1999

È configurabile, nel medesimo fatto ascritto ad ufficiale della Guardia di Finanza, il concorso formale tra concussione e delitto di collusione con estraneo in frode alla Finanza, in quanto diversi sono i beni protetti dalle rispettive norme incriminatrici, identificabili nel prestigio e nel buon funzionamento della pubblica amministrazione relativamente al primo delitto e nella regolarità del gettito fiscale, nonché nella disciplina del corpo della Guardia di Finanza, quanto al secondo delitto.

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Cass. pen. n. 4073/1999

Ricorrono gli estremi del reato di concussione per induzione allorché il pubblico ufficiale, con abuso dei poteri derivantegli dalla qualità di dirigente della sezione circoscrizionale dell’ufficio del lavoro, profittando della situazione di bisogno delle vittime, dia luogo, con il suo reiterato comportamento, alla diffusa convinzione, da parte degli utenti del servizio, che per essere avviati al lavoro sia necessario il pagamento di una somma di denaro in proprio favore, di modo che coloro che aspirino a un lavoro siano indotti a corrispondergli denaro o a fornirgli altra utilità per essere collocati. In tal caso, non assume alcuna importanza, ai fini della esclusione del reato, il fatto che il privato prenda l’iniziativa, offrendo denaro al pubblico ufficiale (e costui lo accetti), in cambio dell’avviamento al lavoro, né la circostanza che il privato stesso miri a conseguire un vantaggio.

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Cass. pen. n. 13395/1998

In tema di concussione, è certamente vero che il codice penale non annovera tra le sue varie disposizioni la fattispecie della «concussione ambientale», ma con tale locuzione, per comodità espressiva, nella giurisprudenza della S.C. si intende solo riferirsi a particolari modalità dell’atteggiarsi della condotta tipica di cui all’art. 317 c.p., di cui certo non si è inteso in nulla estendere il paradigma normativo. La giurisprudenza ha semplicemente preso atto del fenomeno, particolarmente diffuso nell’attuale momento storico, di un sistema di illegalità imperante nell’ambito di alcune sfere di attività della pubblica amministrazione, notandosi che la costrizione o l’induzione da parte del pubblico ufficiale può realizzarsi anche attraverso il riferimento a una sorta di convenzione tacitamente riconosciuta, che il pubblico ufficiale fa valere e il privato subisce, nel contesto di una comunicazione resa più semplice per il fatto di richiamarsi a regole già «codificate». Ciò non vuol dire che possa prescindersi da un comportamento costrittivo o induttivo del pubblico ufficiale, ma solo che la condotta costrittiva o (più normalmente, nella tipologia in esame) induttiva, può realizzarsi ed essere colta in comportamenti che, ove mancasse il quadro «ambientale», potrebbero essere ritenuti penalmente insignificanti. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto ravvisabile il reato di concussione, in luogo di quello di corruzione ritenuto dai giudici di merito, in una vicenda nella quale un imprenditore edile si era indotto al pagamento di tangenti, per ottenere autorizzazioni del tutto legittime, dopo aver avuto conferma da un noto esponente politico locale, profondo conoscitore dei meccanismi decisionali di un’amministrazione comunale, che quello era l’unico sistema per rimuovere una situazione di stallo in cui si trovava la sua pratica, in un contesto in cui il prolungato ritardo nel rilascio delle autorizzazioni aveva già prodotto una gravissima situazione finanziaria a causa della interruzione dell’attività edilizia per oltre un anno).

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Cass. pen. n. 11259/1998

Il reato di concussione può commettersi per costrizione o per induzione, prospettandosi alla vittima, nel primo caso, in modo univoco anche se non esplicito, un male ingiusto, e ponendola di fronte all’alternativa di accettarlo o evitarlo con l’indebita promessa o dazione, e, nel secondo caso — in cui manca tale prospettazione — raggiungendo lo scopo di ottenere il medesimo risultato illecito attraverso un’opera di suggestione o di frode.

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Cass. pen. n. 9879/1998

La distinzione del reato di corruzione da quello di concussione va individuata, a prescindere dal soggetto che assume l’iniziativa, nell’esistenza di un rapporto sinallagmatico tra le prestazioni, che delinea una situazione tale da qualificare il rapporto come paritario e non imposto dal pubblico ufficiale, così da assegnare un ruolo di fondamentale rilevanza ermeneutica al “metus publicae potestatis”. Inoltre, dall’essersi concluso un vero e proprio “contratto”, non viziato da “vis compulsiva” determinante l’assetto di interessi, deriva la conseguenza del perseguimento da parte del privato di un vantaggio, con esclusione quindi che il motivo determinante dell’accordo possa essere identificato nella necessità di evitare un danno ingiusto.

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Cass. pen. n. 5116/1998

In tema di distinzione tra i reati di corruzione e concussione, elemento determinante è l’atteggiamento delle volontà rispettive del pubblico ufficiale e del privato e conseguentemente del tipo di rapporto che si instaura tra i due soggetti. Nella corruzione le due volontà si incontrano su un piano pressoché paritario, ciascuna perseguendo – in modo deviato ma libero – il risultato cui il soggetto tende. Nella concussione, invece, il pubblico ufficiale strumentalizza la propria autorità e il proprio potere per coartare la volontà del soggetto, facendogli comprendere che non ha alternative rispetto all’aderire alla ingiusta richiesta sicché lo stato d’animo del privato è caratterizzato da senso di soggezione rispetto alla volontà percepita come dominante. Tale ultimo schema è rinvenibile anche nella c.d. concussione ambientale, situazione che è caratterizzata dall’esistenza di una sorta di convenzione tacitamente riconosciuta da entrambe le parti, che il pubblico ufficiale fa valere e che il privato subisce, nel contesto di una «comunicazione» resa più semplice nella sostanza e più sfumata nelle forme per il fatto di richiamarsi a condotte già «codificate». Peraltro, perché sia integrata tale particolare figura di concussione, occorre pur sempre che una siffatta comunicazione esista, dal momento che, diversamente, il privato non potrebbe percepire l’esistenza del riferimento a prassi illecite diffusamente seguite e non resterebbe di conseguenza condizionato nelle sue scelte. (Fattispecie in cui è stata esclusa la concussione ambientale, e ritenuta invece la ipotesi della corrusione, in una situazione di sistematico pagamento di tangenti da parte di imprenditori appaltatori di opere pubbliche, nella quale, in un contesto di un sempre crescente flusso delle commesse, venivano privilegiati gli imprenditori disposti a pagare le tangenti con conseguente disattivazione dei meccanismi della libera concorrenza).

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Cass. pen. n. 5114/1998

In tema di distinzione fra corruzione e concussione, nella prima figura criminosa gli agenti trattano pariteticamente e si accordano nel pactum sceleris con convergenti manifestazioni di volontà, mentre nella concussione la par condicio contractualis è inesistente perché dominus dell’illecito affare è il pubblico ufficiale che costringe o induce il soggetto passivo a sottostare all’ingiusta richiesta. Lo stato di soggezione della vittima della condotta concussiva può assumere peraltro molteplici aspetti, non essendo elemento essenziale del reato un effettivo metus publicae potestatis, inteso come stato psicologico di timore in cui versi il privato, essendo solo necessario che quest’ultimo, a seguito dell’abuso della qualità o dei poteri da parte del pubblico ufficiale, sia costretto o indotto alla prestazione indebita, e ciò anche qualora il privato acconsenta alla richiesta non per timore del pubblico ufficiale ma, ad esempio, esclusivamente per evitare maggiori danni o per non avere noie.

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Cass. pen. n. 2303/1998

In materia di concussione non è possibile una tipizzazione delle condotte concussive, potendosi manifestare sia la posizione di preminenza del pubblico ufficiale che quella di soccombenza del privato attraverso qualsiasi atteggiamento, anche implicito. Risponde perciò di concussione il ministro che utilizzi abitualmente l’aereo privato di un imprenditore che abbia in corso rapporti di affari con il ministero rappresentato dal primo e, soprattutto, che abbia l’aspettativa di ulteriori commesse, quando dalle modalità dei fatti emerga la soggiacenza dell’imprenditore alle pretese del ministro.

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Cass. pen. n. 1306/1998

Nel reato di concussione il soggetto passivo è individuabile anche in persone investite di mansioni di interesse pubblico di qualsiasi specie, che, in virtù del metus publicae potestatis esercitato nei loro confronti, siano state costrette o indotte a compiere — in modo abnorme, illegittimo o strumentale — atti riferibili alle mansioni suddette; con la conseguenza ulteriore che quando il vizio di volontà della persona fisica viene a ripercuotere i suoi effetti sull’atto o sul comportamento riferibili alla pubblica amministrazione — dei quali determina la derivata invalidità per incompetenza, violazione di legge o eccesso di potere — l’indubbio pregiudizio, che da ciò si verifica per il soggetto pubblico cui appartiene la persona fisica concussa, costituisce danno solo riflesso del delitto di concussione, non direttamente ed immediatamente protetto quale interesse specifico del soggetto offeso nella previsione di cui all’art. 317 c.p. e suscettibile, come tale, per l’attribuzione al predetto soggetto pubblico della diversa qualificazione di semplice danneggiato.

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Cass. pen. n. 545/1998

Integra il delitto di concussione l’abuso della qualità pubblica, indipendentemente dall’ufficio proprio dell’agente e quindi anche in rapporto ad atti non rientranti nella sua competenza funzionale. (Ha precisato la Corte che a maggior ragione il reato è configurabile nel caso in cui gli atti da porre in essere per assecondare il disegno concussorio rientrano nella competenza funzionale del P.U., sebbene non siano esercitabili in via formale per condizioni giuridiche ostative — avvenuta sostituzione del funzionario — potendo l’agente sempre farne presumere un esercizio informale o di fatto).

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Cass. pen. n. 544/1998

Il delitto di concussione è configurabile anche quando sia il privato ad offrire al pubblico ufficiale denaro od altra utilità, quando il comportamento del privato, volto a recare vantaggio all’agente, rappresenti non già l’atto iniziale, ma costituisca la mera conseguenza di una situazione coartatrice della volontà del privato, gradatamente formatasi attraverso allusioni o maliziose prospettazioni di favoritismi o di pregiudizi futuri, a causa dei quali il privato si determina ad aderire alla richiesta implicita del Pubblico Ufficiale. (Ha inoltre precisato la Corte che, quanto all’elemento psicologico integrativo del delitto non solo non è ipotizzata dalla fattispecie legale la necessarietà del c.d. dolo specifico, ma l’elemento soggettivo si deve ritenere incentrato — come condizione sufficiente e necessaria — nella consapevole rappresentazione del metus da parte dell’agente; il che ricorre tutte le volte che questi, consapevole della propria posizione di supremazia, abbia agito deliberatamente, oppure anche a costo di determinare quella situazione di soggezione o di condizionamento, che pone il privato di fronte all’alternativa di aderire alla richiesta ovvero di subire una conseguenza a lui comunque sfavorevole, e contraria alla legale gestione dell’ufficio o servizio pubblico).

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Cass. pen. n. 11480/1997

Ai fini della configurabilità del reato di concussione, ha la qualità di incaricato di pubblico servizio l’imprenditore cui venga concesso il diritto di superficie su aree comunali per la realizzazione di una piano di edilizia economica e popolare (art. 35 e segg. della L. 22 ottobre 1971, n. 865) atteso che il rapporto tra il Comune e l’impresa viene definito mediante concessione per atto pubblico, il cui contenuto è prestabilito per legge, che hanno carattere pubblico le risorse finanziarie impiegate per la preparazione e l’attuazione dei programmi e, soprattutto, che l’attività di costruzione di case di tipo economico e popolare e dei relativi servizi urbani costituisce servizio di tipico interesse della collettività, diretto ad assicurare beni di primario rilievo e di norma eseguibile direttamente dall’autorità competente.

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Cass. pen. n. 3621/1997

Ai fini della sussistenza del reato di concussione, non costituisce costrizione l’emanazione di una circolare interpretativa di una legge, quando si tratti di uno strumento legittimo destinato a disciplinare l’attività degli uffici cui è indirizzato, e pertanto inidoneo a determinare uno stato di soggezione nelle persone che in concreto vi danno attuazione. (Fattispecie di rigetto della richiesta di sequestro preventivo delle pratiche Inps relative a cittadini della ex Jugoslavia vantanti il diritto a pensione sulla base del servizio militare svolto in Italia, in relazione ai reati di concussione e di abuso di ufficio contestati sulla base di una circolare del 18 novembre 1976, interpretativa della L. 30 aprile 1969, n. 153 sulla Revisione degli ordinamenti pensionistici, emanata da uno degli imputati mentre era Sottosegretario al Ministero del Lavoro, circolare che avrebbe indotto i presidenti pro tempore dell’Inps a corrispondere tali pensioni allo scopo di compiacere politici e sindacati).

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Cass. pen. n. 3403/1997

Gli enti fieristici hanno una base ordinamentale espressa da normative dello Stato e delle regioni, da regolamenti, da provvedimenti generali nonché da provvedimenti di autorizzazione e di controllo; d’altro canto svolgono attività contrassegnate dalla presenza di fini sociali, che impongono per l’ente una sottrazione della libera disponibilità dei fini operativi e l’imposizione di obiettivi che vanno oltre l’ambito degli interessi di apprezzamento privatistico. L’amministratore di un siffatto ente è pertanto incaricato di un pubblico servizio e la condotta del medesimo il quale si avvalga nella sua qualità, derivante dal suo inserimento nell’organizzazione, o dei suoi poteri, attinenti alla base ordinamentale del suo ufficio, per condizionare la volontà del privato ad accettare le sue pretese, configura il reato di concussione. (Fattispecie relative all’Ente Fiera di Vicenza).

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Cass. pen. n. 1894/1997

Nel reato di concussione il soggetto passivo è individuabile in un altro pubblico ufficiale il quale può venirsi a trovare rispetto all’agente in posizione di inferiorità psichica soprattutto se si verte nell’ambito di un rapporto gerarchico; logicamente è necessario che il soggetto attivo operi per fini estranei alla pubblica amministrazione e, abusando della propria posizione di supremazia, persegua scopo di carattere personale, sia diretto che indiretto.

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Cass. pen. n. 1122/1997

Se il danno non costituisce condizione perché il reato di concussione venga consumato, deve peraltro affermarsi che solo quando dall’abuso del pubblico ufficiale discenda un pericolo di pregiudizio per il privato è ipotizzabile il delitto suddetto. Invero se il privato effettua la dazione o la promessa allo scopo di trarre vantaggio dall’abuso del soggetto pubblico, viene meno quella situazione di timore che sola esclude l’instaurazione di un rapporto paritetico, così da farne un vero e proprio correo nella corruzione.

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Cass. pen. n. 5508/1997

La concessionaria pubblica per la trasmissione via radio e televisione in ambito nazionale svolge un pubblico servizio ed incaricati di pubblico servizio devono essere considerati i presentatori-conduttori delle trasmissioni. Poiché il rapporto di concessione non comprende solo le attività accessorie ed autonome rispetto a quelle connesse alla messa in onda dei programmi, come l’attività editoriale, di produzione di videocassette e quella di vendita dei programmi, deve ritenersi che anche le telepromozioni messe in onda nel corso dei programmi, che sono a questi collegate da una stretta relazione dal punto di vista gestionale, organizzativo e tecnico, rientrino nell’attività di esplicazione del servizio pubblico. È perciò configurabile il reato di concussione quando un conduttore che non abbia mere funzioni esecutive e d’ordine esiga dalla ditta che stipula il contratto per le telepromozioni compensi extra corrisposti in nero condizionando ad essi l’assunzione di un atteggiamento convincente e accattivante nella messa in scena della telepromozione e paventando in caso contrario un comportamento sciatto e dimesso. (Nell’affermare il principio di cui in massima la Corte di cassazione ha confermato il provvedimento con cui il tribunale del riesame aveva rigettato l’impugnazione avverso una misura cautelare personale nella quale il ricorrente sosteneva la illegittimità della misura quale conseguenza della impossibilità di ricondurre la condotta ipotizzata alla fattispecie della concussione).

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Cass. pen. n. 10851/1996

In tema di concussione o corruzione, così come il reato, pur potendosi consumare con la sola promessa di danaro o altra utilità da parte del privato nei confronti del soggetto pubblico, rimane unico quando alla promessa segua poi l’effettiva dazione, con spostamento in avanti del momento consumativo, in coincidenza con la dazione medesima, allo stesso modo deve ritenersi che rimanga unico il reato, con spostamento, anche in questo caso, in avanti del momento consumativo, quando ad una prima promessa, in luogo della dazione, seguano altre promesse aventi sempre il medesimo oggetto.
In tema di distinzione fra concussione e corruzione, premesso che la prima di dette figure di reato è caratterizzata dal metus publicae potestatis, per cui, di regola, il concusso certat de damno vitando mentre, nella corruzione, il corruttore certat de lucro captando, deve ritenersi che sussista il reato di concussione ogni qual volta vi sia, da parte del soggetto investito di qualifica pubblicistica, la prospettazione di un danno ingiusto, evitabile soltanto con l’indebita dazione o promessa di danaro o altra utilità da parte del privato, nulla rilevando che anche quest’ultimo possa, a sua volta, sperare di trarre da ciò un vantaggio, sempre che, tuttavia, si tratti di un vantaggio costituito da utilità alle quali il privato avrebbe potuto legittimamente aspirare anche prima dell’intervento del soggetto pubblico, ed al quale sarebbe altrimenti costretto a rinunciare, costituendo proprio tale forzata rinuncia l’oggetto della prospettazione di danno ingiusto da parte del concussore. Per converso, se il lucrum captandum da parte del privato non sia soltanto l’effetto naturale della mancata realizzazione del danno ingiusto, ma costituisca la finalità esclusiva o prevalente del favore offerto dal soggetto pubblico o a lui richiesto, ponendosi l’accordo fra le parti in termini di sinallagmaticità e, quindi, di libera contrattazione, con esclusione di ogni soggezione del privato nei confronti del soggetto pubblico, il reato configurabile risulta quello di corruzione.

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Cass. pen. n. 6385/1996

Ai fini della configurabilità del reato di concussione nella forma dell’induzione, in caso di minaccia implicita da parte del pubblico ufficiale devono valutarsi esclusivamente gli effetti dell’intimidazione nei confronti del destinatario senza considerare altresì se sussista l’ulteriore requisito della idoneità potenziale degli stessi effetti nei confronti di qualsiasi altro soggetto, cui la medesima minaccia fosse rivolta in termini consimili.

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Cass. pen. n. 6140/1996

In tema di concussione, l’entità del vantaggio patrimoniale che sia conseguito dal colpevole per effetto della sua condotta di costrizione o di induzione, non ha influenza ai fini della configurabilità del delitto, ma solo a quelli dell’applicabilità dell’attenuante del danno di particolare tenuità o dell’aggravante del danno di rilevante gravità.

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Cass. pen. n. 5346/1996

Il delitto di concussione si distingue da quello di truffa aggravata dall’abuso dei poteri o dalla violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione in quanto nel primo reato l’abuso si atteggia, con riguardo alla determinazione della volontà del soggetto passivo, come causa esclusiva di essa, mentre nel secondo ha valore accessorio o di mera occasione. Inoltre nella truffa il timore del danno è provocato dall’induzione in errore del soggetto passivo; nella concussione, invece, detto timore è causato dalle minacce del pubblico ufficiale.

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Cass. pen. n. 3546/1996

La distinzione tra il reato di concussione per induzione e quello di truffa aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale sta nelle modalità dell’azione attuata da quest’ultimo. Pertanto, deve ravvisarsi concussione tutte le volte che l’abuso della qualità o della funzione assume preminente importanza prevaricatrice che induce il soggetto passivo all’ingiusta dazione, che egli sa non dovuta; deve, invece, ravvisarsi truffa aggravata quando le qualità o la funzione del pubblico ufficiale concorrono in via accessoria alla determinazione della volontà del soggetto passivo, che viene convinto con artifizi o raggiri ad una prestazione che egli crede dovuta. (Fattispecie di truffa, nella quale l’imputato, dipendente di una Usl, addetto alla consegna dei referti medici, aveva indotto un assistito esente da ticket, fingendo anche di compiere una telefonata informativa, a versargli la somma di lire ventimila).

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Cass. pen. n. 3022/1996

Con riguardo al criterio di distinzione tra il reato di concussione e quello di corruzione, occorre fare riferimento al programma prospettato dal pubblico ufficiale ed al contenuto dell’assetto di interessi delineato nella richiesta, il tutto anche a prescindere dal verificarsi o no del danno per il privato, e ciò in quanto il distinguo è determinato dalla causa della dazione o della promessa dalla quale deriva — solo nei casi in cui questa costituisca il mezzo per evitare un pericolo di danno in conseguenza dell’atto decisivo — quel rapporto di soggezione che contrassegna il reato di cui all’art. 317 c.p. Pertanto, qualora venga in considerazione il tentativo di concussione le esigenze teleologiche alla base dell’intervento repressivo devono incentrarsi esclusivamente sulla condotta del pubblico ufficiale, senza che assuma rilievo il fatto che tale soggetto abbia concretamente creato uno stato di timore nel privato, occorrendo solo verificare l’oggettiva efficacia intimidatoria del comportamento del soggetto attivo.
In tema di concussione i connotati della condotta di «induzione» sfuggono alla possibilità di una rigorosa delimitazione in chiave descrittiva attraverso predeterminate regole semantiche, potendo essi enuclearsi tanto a mezzo di simboli quanto a mezzo di segnali, entrambi idonei a creare quel timore nel soggetto passivo in grado di indurlo all’atto di disposizione. In tale ottica può ravvisarsi il delitto di concussione anche se è stata la stessa vittima ad offrire l’utilità al pubblico ufficiale ed anche se, pur mancando una esplicita minaccia, il privato si sia determinato a tenere un comportamento, che liberamente non avrebbe assunto, per il timore di subire un danno.

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Cass. pen. n. 652/1996

Anche se il danno non costituisce condizione perché il reato di cui all’art. 317 c.p. venga consumato, è certo che solo quando dall’abuso discenda un pericolo di pregiudizio per il privato è ipotizzabile il delitto di concussione, perché se il privato effettui la dazione o la promessa allo scopo di trarre vantaggio dall’abuso del pubblico ufficiale, viene meno quella situazione di timore, quel vizio della sua volontà, che sola esclude l’instaurazione di un rapporto paritetico, così da farne un vero e proprio correo nella corruzione.

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Cass. pen. n. 8034/1995

Ai fini della configurabilità del reato di concussione non è necessario che il pubblico ufficiale abbia in effetti i poteri che si attribuisce, essendo sufficiente che la sua qualifica soggettiva avvalori e renda credibile l’intimidazione; la circostanza che quanto minacciato o promesso si riveli a posteriori irrealizzabile vale anzi ad evidenziare particolare determinazione del soggetto attivo nell’azione delittuosa intrapresa.
In tema di concussione, la circostanza che il privato tenti di ricevere il minor danno che comunque dovrebbe subire per effetto della minacce del pubblico ufficiale e pertanto discuta sulla contropartita a quanto da quest’ultimo richiesto, non vale ad escludere la configurabilità del reato suddetto. Invero la prospettazione effettuata dal soggetto pubblico di determinati danni in caso di mancata ottemperanza alle sue richieste od invece di vantaggi in caso di adesione, non consente di ravvisare posizione di parità essendo tale rappresentazione atta a determinare una pressione psichica sul privato onde spingerlo ad un comportamento esulante dalla sua libera scelta; d’altro canto lo stato di soggezione del soggetto passivo non deve concretarsi in una eliminazione totale della sua volontà essendo sufficiente che questa sia comunque condizionata dal metus pubblicae potestatis.

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Cass. pen. n. 6169/1995

Il reato di concussione non è escluso dal fatto che il p.u. sia solo un componente di un organo collegiale, poiché anche la partecipazione alle risoluzioni collegiali è esercizio di attività di pubblico ufficiale.
In tema di concussione, nell’irrilevanza dell’iniziativa della vittima, la condotta concussiva può essere realizzata anche attraverso comportamenti surrettizi, concretizzantisi in suggestione tacita, ammissioni o silenzi, anche se la vittima ha la convinzione di adeguarsi ad una prassi ineluttabile, purché confermata dal suddetto comportamento del p.u.

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Cass. pen. n. 5809/1995

Poiché le persone malate ed i loro familiari si trovano particolarmente indifesi di fronte al medico preposto al pubblico servizio sanitario, dalle cui prestazioni dipende la conservazione di beni fondamentali, quali la salute e, in determinati casi la stessa vita della persona, anche la sola richiesta di compensi indebiti da parte di detto medico acquista, in tale situazione quell’efficacia quantomeno induttiva sufficiente ai sensi dell’art. 317 c.p. per la sussistenza del reato di concussione.

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Cass. pen. n. 4169/1995

Ai fini di stabilire l’esatta qualificazione giuridica tra concussione e corruzione non è di per sé decisivo l’eventuale vantaggio che arriva al privato dell’accettazione della illiceità proposta del pubblico ufficiale: ciò che conta è sempre e soltanto l’esistenza o meno di una situazione idonea a determinare uno stato di soggezione del privato nei confronti del pubblico ufficiale.

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Cass. pen. n. 4161/1995

In tema di concussione, qualora sia contestato l’abuso della qualità di pubblico ufficiale, non è necessario ai fini della configurabilità del reato che l’atto intimidatorio rifletta la specifica competenza del soggetto attivo essendo, sufficiente che la qualità soggettiva del pubblico ufficiale lo agevoli e lo renda credibile ed idoneo a costringere il soggetto passivo all’indebita promessa od alla dazione di denaro o di altra utilità.

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Cass. pen. n. 2813/1995

In tema di concussione, l’art. 317 c.p. per l’abuso «dei poteri» ha inteso far riferimento alle ipotesi di condotte rientranti nella competenza tipica del soggetto (pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio) quali manifestazioni delle sue potestà funzionali per scopo diverso da quello per il quale sia stato investito; per l’abuso delle «qualità» ha inteso invece riferirsi alle ipotesi di condotte che, indipendentemente dalle competenze proprie del soggetto, consentano una strumentalizzazione della posizione di preminenza ricoperta dal medesimo rispetto al privato.
La semplice promessa di pagamento sotto la pressione del metus publicae potestatis è sufficiente ad integrare gli estremi del reato consumato di concussione, costituendo il pagamento dell’indebito un post factum che serve solo alla realizzazione dell’illecito profitto, ma che è ininfluente sul già avvenuto perfezionamento del reato.

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Cass. pen. n. 2787/1995

In materia di concussione, nel concetto di induzione previsto dalla norma rientra sia l’attività di persuasione che quella che comporti un inganno del soggetto passivo, l’inganno infatti non è necessario, ma non è neanche in contrasto con la natura e la struttura della concussione sempre che la induzione si sia essenzialmente svolta attraverso l’abuso della qualità o della pubblica funzione. (La Corte ha confermato la sentenza della Corte di appello di Genova che aveva ritenuto che avesse commesso concussione e non truffa aggravata il maresciallo della guardia di finanza che aveva falsamente prospettato ai responsabili di un’impresa la possibilità di una verifica fiscale da parte del suo ufficio a seguito di una inesistente richiesta proveniente da un’autorità straniera e si era fatto dare una somma di denaro asseritamente destinata a impedire che la verifica fosse avviata).

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Cass. pen. n. 429/1995

È legittimo il sequestro preventivo di una somma di danaro quando sussiste un concreto fumus del reato di concussione e fondati indizi di pertinenza al reato della predetta somma, potendo il giudice disporre il sequestro di somme, anche se depositate su libretto bancario intestato al coniuge, perché rientranti nell’effettiva disponibilità dell’indagato nei limiti di quella che, secondo l’accusa, lo stesso ha percepito a titolo di concussione. Considerata la fungibilità del danaro e la sua funzione di mezzo di pagamento, il sequestro non deve necessariamente colpire le medesime specie monetarie illegalmente percepite, bensì una somma corrispondente al loro valore nominale ovunque sia stata rinvenuta, purché sia attribuibile all’indagato.

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Cass. pen. n. 2334/1995

Il discrimine tra la corruzione e la concussione è dato dal modo con il quale si determina la volontà del privato, ossia liberamente o per effetto del metus pubblicae potestatis. Pertanto, non rileva che il privato stesso abbia predisposto fondi occulti, per corrompere poi i pubblici ufficiali, se vi sia stata coartizione della sua volontà. (Fattispecie in cui è stato ravvisato il delitto di concussione, benché il privato avesse costituito fondi «neri» di importo ingente, onde procedere ad una capillare opera di corruzione).
Ricorre il delitto di concussione, oltre al caso in cui il pubblico ufficiale costringa mediante minaccia, anche implicita, il privato a corrispondergli denaro o altra utilità, anche nell’ipotesi in cui lo induca, strumentalizzando la propria qualifica soggettiva, a tenere un comportamento per lui pregiudizievole, che questi non avrebbe liberamente assunto e che si traduce in una utilità per il pubblico ufficiale. (Nel caso di specie, applicando i predetti principi la Corte ha escluso la configurabilità della corruzione impropria susseguente riconducendo il fatto nell’ambito della concussione putativa per induzione).

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Cass. pen. n. 829/1995

In tema di distinzione tra concussione e corruzione, ciò che conta è che il pubblico ufficiale, avvalendosi del proprio potere, determini la libera volontà del privato attraverso un comportamento costringente o inducente, operando così una pressione psichica sul soggetto passivo. Il reato sussiste, come tentativo, se il privato non accolga la richiesta, come concussione consumata, se la promessa o la elargizione della utilità sia effettuata. La pressione psichica costringente, anche se in modo non assoluto, sussiste tutte le volte in cui al privato il pubblico ufficiale fa comprendere — o attraverso una esplicita specificazione o anche implicitamente attraverso comportamenti inequivoci — che nell’attività di ufficio esso pubblico ufficiale sarà determinato non dagli interessi generali della pubblica amministrazione, ma dal fatto che il privato si assoggetti all’illegittima pretesa di corrispondere l’utilità richiesta, per cui la minaccia di orientare la propria decisione esclusivamente in funzione di ottenere la predetta utilità pone il privato in condizione di soggezione, ne coarta la libera volontà e costituisce, da un lato, il presupposto del reato e, dall’altro, l’elemento discriminatore di esso da quello di corruzione.

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Cass. pen. n. 2729/1994

In tema di concussione, i connotati della condotta di induzione sfuggono alla possibilità di una rigorosa delimitazione in chiave descrittiva attraverso predeterminate regole semantiche, potendo esse enuclearsi tanto a mezzo di simboli quanto a mezzo di segnali, entrambi idonei a creare quel timore nel soggetto passivo in grado di indurlo all’atto di disposizione.
In tema di concussione, il metus publicae potestatis rappresenta una condizione soggettiva che, dal punto di vista della vittima, coincide in entrambe le forme di concussione con una sorta di vis compulsiva da cui discende che pure nei casi in cui l’iniziativa di un accordo provenga dal privato non per ciò solo debba escludersi la concussione purché si ravvisi nella richiesta del privato una volontà comunque viziata dal timore di un danno derivante da qualsiasi contegno (commissivo od omissivo) del pubblico ufficiale che, esprimendo abuso della qualità o dei poteri, costituisca il presupposto per il determinarsi di una volizione (che si traduce nella dazione o nella promessa).
In tema di concussione, la condotta di «induzione» resta designata come contegno di per sé idoneo ad incutere timore nella sfera del soggetto passivo, mentre, il suo profilo soggettivo rimane incentrato — come condizione necessaria e sufficiente — nella mera rappresentazione del metus, quando l’agente, consapevole della sua posizione di supremazia, agisca a costo di determinare quella situazione di soggezione che ponga il soggetto di fronte all’alternativa di aderire alla richiesta ovvero di subire una conseguenza per lui sfavorevole.
Pure se il danno non costituisce condizione perché il reato di cui all’art. 317 c.p. venga consumato, è certo che solo quando dall’abuso discenda un pericolo di pregiudizio per il privato è ipotizzabile il delitto di concussione, perché se il privato effettui la dazione o la promessa allo scopo di trarre vantaggio dall’abuso del pubblico ufficiale, viene meno quella situazione di timore, quel vizio della sua volontà, che sola esclude l’instaurazione di un rapporto paritetico, così da farne un vero e proprio correo nella corruzione.

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Cass. pen. n. 9929/1994

L’induzione, come elemento materiale del reato di concussione, ricorre indipendentemente dall’uso di artifici o raggiri e dalla consapevolezza o meno nella vittima dell’illegittimità della richiesta, ben potendo il privato determinarsi a tenere un comportamento, che liberamente non avrebbe assunto, dal timore di subire un danno ove non si pieghi alla volontà del pubblico ufficiale.

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Cass. pen. n. 9892/1994

Ai fini della configurabilità del reato di concussione il metus publicae potestatis è ravvisabile, oltre che nei casi in cui la volontà del privato sia coartata dall’esplicita minaccia di un danno ovvero sia fuorviata dall’inganno, anche quando sia repressa dalla posizione di preminenza del pubblico ufficiale, il quale, pure senza avanzare esplicite ed aperte pretese, di fatto agisca in modo da ingenerare nel soggetto privato la fondata convinzione di dovere sottostare alle decisioni del pubblico ufficiale, per evitare il pericolo di subire un pregiudizio, inducendolo così a dare o promettere danaro od altra utilità.

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Cass. pen. n. 9389/1994

In tema di tentativo di concussione, è necessario valutare la adeguatezza della condotta attraverso la cosiddetta prognosi postuma, che impone al giudice di collocarsi idealmente nel momento in cui è stata realizzata la condotta per accertare se l’azione del pubblico ufficiale si presentava in concreto adeguata rispetto al fine, in ciò tenendo conto non solo delle caratteristiche dell’azione, ma anche considerando l’effetto di essa nel soggetto passivo, costituito dallo stato di soggezione, che non è ancora evento del reato (occorrendo la promessa o la dazione), ma che può essere almeno prova della idoneità degli atti.
Per la sussistenza del delitto di concussione è necessario che nel soggetto passivo si determini uno stato d’animo tale da porlo in posizione non paritaria con il pubblico ufficiale e, per ciò solo, di soggezione nei suoi confronti. Tale condizione, nel processo causale del reato, si pone come conseguenza dell’abuso del pubblico ufficiale e come premessa dell’atto dispositivo, costituito dalla dazione o dalla promessa del concusso. Nei casi in cui tale stato d’animo viene a mancare, la condotta abusiva potrà integrare altro reato comune o contro la pubblica amministrazione, ma non certo quello di concussione.

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Cass. pen. n. 1319/1994

Nella concussione posta in essere mediante l’intermediazione di un privato, occorre che la vittima abbia la consapevolezza che il denaro od altra utilità è voluto effettivamente dal pubblico ufficiale, attraverso l’intermediazione del correo, fattosi portatore della richieste del funzionario. Ne consegue che il pubblico ufficiale deve essere esattamente individuato, benché non nominativamente, poiché a lui va riferito lo stato di soggezione e coartazione venutosi a determinare nella persona offesa. (Affermando siffatto principio la Cassazione ha annullato con rinvio per difetto di motivazione un’ordinanza del tribunale del riesame confermativa di provvedimento col quale era stata applicata la custodia cautelare in carcere a soggetti privati indagati per concussione in concorso con pubblici ufficiali senza che nessuna indicazione fosse fornita circa questi ultimi: la Suprema Corte ha al proposito osservato che in tal modo diveniva problematica la qualificazione giuridica dei fatti come riferiti nei capi d’imputazione).

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Cass. pen. n. 6113/1994

Al fine di stabilire l’esatta qualificazione giuridica tra concussione e corruzione, non è di per sé decisivo l’eventuale vantaggio che deriva al privato dalla accettazione della illecita proposta del pubblico ufficiale: ciò che conta è sempre e soltanto la esistenza o meno di una situazione idonea a determinare uno stato di soggezione del privato nei confronti del pubblico ufficiale. In una tale situazione di oggettiva disparità e di soggezione si trova il contribuente di fronte ad un funzionario dell’ufficio imposte o dell’ufficio del registro, giacché il rifiuto della illecita proposta del pubblico ufficiale tesa ad una favorevole definizione della somma d’imposta da pagare in corrispettivo di una dazione di denaro, non lascia il privato nella identica situazione debitoria verso la pubblica amministrazione in cui sarebbe stato in mancanza di tale proposta. In caso di rifiuto della illecita proposta, il privato è infatti potenzialmente esposto alle condotte ritorsive del funzionario, tanto più in presenza di attività parzialmente discrezionali, che possono determinare il timore di possibili danni, potendo di fatto il funzionario impedire una definizione celere della pratica con adesione da parte del contribuente, che si troverebbe così costretto ad intraprendere la lunga e complessa via contenziosa, foriera di aggravi di spese e di perdite di tempo.
La situazione di oggettiva disparità idonea a determinare uno stato di soggezione del privato nei confronti del pubblico ufficiale sussiste allo stato latente nei rapporti con talune pubbliche amministrazioni aventi una rilevante incidenza nella vita dei privati. Quando essa viene resa attuale dalla richiesta illecita formulata dal pubblico ufficiale, si configura il reato di concussione (art. 317 c.p.). (Fattispecie in tema di concussione, in cui un funzionario dell’ufficio del registro aveva condizionato la favorevole definizione della somma d’imposta da pagare alla dazione illecita di una somma di denaro).
Per la configurabilità del tentativo di concussione è sufficiente che siano stati posti in essere atti idonei a costringere o indurre taluno a dare o promettere danaro o altre utilità, indipendentemente dal verificarsi dello stato di soggezione della vittima per effetto del metus publicae potestatis. La refrattarietà del soggetto passivo ad intimorirsi, la sua mancanza di soggezione e perfino la sua decisione di denunziare subito il tentativo subito all’autorità giudiziaria, non escludono la sussistenza del reato. È sufficiente che la condotta del pubblico ufficiale abbia determinato una situazione idonea in astratto a generare quel timore per integrare l’ipotesi del tentativo di concussione. Non può quindi parlarsi di desistenza o inidoneità degli atti nel caso in cui non si verifichi la consumazione del reato per la resistenza della parte offesa.

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Cass. pen. n. 6091/1994

In tema di concussione, non è sufficiente ad escludere il metus publicae potestatis la sola circostanza che la persona offesa si sia rivolta alle forze di polizia per sottrarsi alle pretese dell’autore del reato, perché, nulla disponendo la legge sull’intensità del metus, non è possibile considerare tale solo quello estremo, cui il soggetto passivo finisce per soccombere, senza neppure avere l’animo di chiedere soccorso. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, è stata ritenuta infondata la tesi del tentativo o del reato impossibile).

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Cass. pen. n. 2809/1994

Il delitto di concussione è configurabile anche nel caso in cui il pubblico ufficiale si attribuisca poteri che esulano dalla sua competenza. L’abuso è infatti riferibile sia alla qualità di pubblico ufficiale indipendentemente dall’ufficio suo proprio e quindi anche in rapporto ad atti non rientranti nella sua competenza funzionale, sia all’estrinsecazione oggettiva della funzione della quale egli è investito in maniera determinata. È quindi sufficiente che la qualità soggettiva dell’agente avvalori o renda credibile, anche in relazione alla personalità ed al livello intellettivo della persona offesa, la sussistenza di una specifica competenza, che è invece di mero fatto.

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Cass. pen. n. 2725/1994

In materia di concussione, anche la richiesta di favori vale a concretizzare la condotta prevista dall’art. 317 c.p. quando sia fondata sulla preminenza del soggetto attivo. Cosicché il ruolo trainante dell’abuso rispetto all’induzione vale esso stesso a delineare lo stretto legame eziologico riscontrabile, appunto, tra il primo e la seconda, quali componenti in grado di influenzare il deceptus, determinando quel metus publicae potestatis da cui deriva l’atto di disposizione o la promessa di esso quale effetto non di una libera scelta della persona richiesta ma esclusivamente dell’incidenza prevaricatrice della volontà del concussore.

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Cass. pen. n. 1944/1994

Il reato di truffa aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale e quello di concussione, nella forma della induzione (per frode o per persuasione), si distinguono per le modalità dell’azione dell’agente nel senso che nella prima è necessario che l’induzione in errore avvenga con artifici o raggiri diretti ad ingenerare nel soggetto passivo la credenza di essere tenuto alla prestazione richiesta, mentre nella seconda l’induzione si ricollega essenzialmente all’abuso della qualità di pubblico ufficiale (o dei relativi poteri) e non è necessario che il consenso del privato sia carpito con inganno, bastando che il privato stesso, a causa del prepotere del pubblico ufficiale, si pieghi a dare (o a promettere).

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Cass. pen. n. 2986/1994

Ai fini della individuazione della condotta di concussione per «induzione», con l’espressione «induce», viene descritto non soltanto il comportamento del soggetto attivo del reato ma anche il suo effetto, cioè l’atteggiamento psicologico in cui viene a trovarsi la vittima la cui volontà viene ad essere viziata, senza che necessariamente tale vizio coincida con l’inganno del concussore. E ciò perché, se è pur vero che anche l’inganno è persuasione, non si richiede che la condotta di induzione debba provocare (come, invece, avviene relativamente alla truffa), l’errore nel soggetto passivo.
In tema di concussione, il metus publicae potestatis, da ritenere sempre presente ai fini della configurabilità di tale reato, si atteggia in modo diverso a seconda che il soggetto passivo soggiaccia alla costrizione oppure all’induzione. Nel primo caso, il metus consiste nel timore di un danno minacciato dal pubblico ufficiale, nel secondo si risolve nella soggezione alla posizione di preminenza del pubblico ufficiale medesimo, il quale, abusando della propria qualità o funzione, faccia leva su di essa, per suggestionare, persuadere o convincere a dare o promettere qualcosa allo scopo di evitare un male peggiore. In tale ipotesi, la volontà del privato è repressa dalla posizione di preminenza del pubblico ufficiale il quale, sia pure senza avanzare aperte ed esplicite pretese, operi di fatto in modo da ingenerare nel soggetto privato la fondata persuasione di dover sottostare alle decisioni del pubblico ufficiale per evitare il pericolo di subire un pregiudizio eventualmente maggiore (induzione per persuasione).

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Cass. pen. n. 2985/1993

La norma di cui all’art. 317 c.p. non richiede che la datio avvenga prima che il pubblico ufficiale (o l’incaricato di pubblico servizio) esaurisca i suoi poteri, essendo sufficiente ad integrare il reato anche la semplice induzione alla promissio, dovendo solo quest’ultima intervenire allorché l’agente abusa dei suoi poteri. Infatti il reato di concussione si perfeziona con la promessa che normalmente precede il compimento dell’atto. Il tempo in cui avviene il pagamento del denaro o la dazione di utilità non ha quindi alcun valore sintomatico; anzi il fatto che l’agente accetti che la concreta realizzazione del suo disegno sia posticipata rispetto al compimento dell’atto, dimostra che vi è un’assoluta sicurezza della completa soggezione psicologica del soggetto passivo piuttosto che una situazione paritaria, in cui liberamente si dà e si riceve.
Nella concussione per «induzione» la condotta incriminata non è vincolata a forme predeterminate e tassative, essendo sufficiente che essa sia in concreto idonea ad influenzare l’intelletto e la volontà della vittima convincendola, anche solo con frasi indirette e persino con il mero sintomatico atteggiamento, dell’opportunità di provvedere alla immediata o differita esecuzione dell’ingiusta dazione per evitare conseguenze dannose. La condotta di «induzione», quindi, nell’irrilevanza della circostanza che il soggetto attivo sia stato contattato ad iniziativa della vittima, può essere realizzata anche attraverso comportamenti surrettizi, concretizzantisi in suggestione tacita, ammissioni o silenzi, ed anche se la vittima ha la convinzione di adeguarsi ad una prassi ineluttabile, confermata dal comportamento del pubblico ufficiale. (Fattispecie in cui ad un sanitario in servizio presso il reparto di ginecologia di un ospedale civile era stato contestato il reato di cui agli artt. 81 cpv. e 317 c.p. per aver indotto alcune pazienti, abusando della suddetta qualità, a dargli indebitamente somme di denaro per l’assistenza al parto nella struttura ospedaliera; la Cassazione ha ritenuto sussistere l’elemento materiale del reato in questione, sul rilievo che le pazienti si sentivano obbligate a versare le somme al sanitario, sia pur dopo il parto, in quanto dal comportamento del medesimo la gestione dell’assistenza pubblica veniva prospettata secondo criteri privatistici, nel senso che la accorta e diligente assistenza dello stesso — suo dovere inderogabile — meritava adeguata ricompensa sull’ovvio presupposto che diversamente ci si esponeva al pericolo di incurie e disattenzione).

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Cass. pen. n. 8651/1993

In tema di concussione la promessa dell’utilità può mancare di precisi contorni (perché, ad esempio, il pubblico ufficiale non ha precisato la propria richiesta o il privato non ha una chiara visione delle proprie attuali disponibilità); ciò che importa è che il concusso si dichiari formalmente deciso a trasferire in caso al funzionario infedele una qualche somma o una qualche utilità.
In tema di concussione, la circostanza che l’atto, oggetto del mercimonio, del pubblico ufficiale sia illegittimo e contrario ai doveri di ufficio non comporta automaticamente la degradazione del titolo del reato in corruzione, neppure quando il soggetto passivo versi già in illecito e sia consapevole dell’illegittimità dell’atto, ben potendo verificarsi il caso che si mantenga inalterata la posizione di preminenza prevaricatrice del pubblico ufficiale sull’intimorita volizione della vittima.
Nella concussione il privato versa in stato di soggezione (metus publicae potestatis) di fronte alla condotta del pubblico ufficiale, mentre nella corruzione i due soggetti vengono a trovarsi in posizione di sostanziale parità. Peraltro, l’eventuale insorgere di trattative tra il pubblico ufficiale ed il privato non comporta necessariamente il configurarsi del delitto di corruzione, quando la volontà del privato stesso sia coartata e non sia libera di determinarsi; né vale ad escludere la concussione il fatto che l’iniziativa sia stata presa dal privato e non dal pubblico ufficiale, allorché il primo abbia agito nel timore del danno minacciatogli dal secondo o per evitare maggiori danni e molestie.
Può aversi concussione anche se dall’accettazione della pretesa del pubblico ufficiale il privato abbia avuto, con accertamento a posteriori, un vantaggio economico, dato che l’intento del privato di conseguirlo non esclude la condotta concussoria.

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