14 Mag Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 6587 del 13 giugno 1991
Testo massima n. 1
Il delitto di cui all’art. 317 c.p., oltre che con la forma della «costrizione», si consuma anche con quella della «induzione» per effetto della quale il privato soggiace alla posizione di preminenza del pubblico ufficiale che, abusando della propria qualità o funzione [ «potere» secondo il testo dell’art. 317 c.p. novellato dall’art. 4 della L. n. 86 del 1990 ], faccia leva su di essa per suggestionarlo, persuaderlo, convincerlo, a dare o a promettere denaro o altra utilità per evitare un pregiudizio maggiore. [ Nella specie, sulla scorta del principio di cui in massima, la Cassazione ha ritenuto configurabile il delitto de quo nel comportamento di un’insegnante di scuola statale che indicando a taluni genitori di allievi l’insufficienza dei figli, esponendo la necessità di farli seguire da una persona esperta e segnalando la propria disponibilità, aveva indotto i suddetti genitori a corrisponderle compensi in denaro per lezioni private illegittimamente impartite in violazione dell’art. 89, comma primo, D.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 ].
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Testo massima n. 1
In tema di concussione, deve ritenersi ricorrere il requisito dell’«indebito» vantaggio in tutti i casi in cui una prestazione professionale, lungi dall’essere liberamente scelta dal privato in considerazione di particolari attitudini del professionista, sia da costui imposta con il metus publicae potestatis. Infatti, da una parte, il relativo contratto d’opera è nullo perché contrario all’ordine pubblico, e, dall’altra, il pubblico ufficiale si procura il beneficio, rilevante sul piano economico, di essere preferito ad altri, con il corrispondente danno per il privato, al quale viene preclusa la possibilità di affidarsi alla persona che ritenga più qualificata, e così di spendere meglio il proprio denaro.
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