Art. 605 – Codice penale – Sequestro di persona

Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni.

La pena è della reclusione da uno a dieci anni, se il fatto è commesso:
1) in danno di un ascendente, di un discendente, o del coniuge;
2) da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni.

Se il fatto di cui al primo comma è commesso in danno di un minore, si applica la pena della reclusione da tre a dodici anni. Se il fatto è commesso in presenza di taluna delle circostanze di cui al secondo comma, ovvero in danno di minore di anni quattordici o se il minore sequestrato è condotto o trattenuto all’estero, si applica la pena della reclusione da tre a quindici anni.

Se il colpevole cagiona la morte del minore sequestrato si applica la pena dell’ergastolo.

Le pene previste dal terzo comma sono altresì diminuite fino alla metà nei confronti dell’imputato che si adopera concretamente:
1) affinché il minore riacquisti la propria libertà;
2) per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura di uno o più autori di reati;
3) per evitare la commissione di ulteriori fatti di sequestro di minore.

Nell'ipotesi prevista dal primo comma, il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che il fatto sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità.

Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 33865/2023

L'incapacità per infermità della persona offesa, che costituisce presupposto normativo per la procedibilità d'ufficio del reato di sequestro di persona, delinea tutte quelle situazioni in cui, anche transitoriamente, e non necessariamente a causa di una malattia o disturbo psichiatrico o neurologico, il soggetto passivo presenti una riduzione della sua sfera cognitiva e/o volitiva, pur non risultando radicalmente compromesse o grandemente scemate nel loro complesso le sue capacità intellettive.

Cass. pen. n. 18913/2022

Il reato di sequestro di persona è assorbito in quello di rapina aggravata di cui all'art. 628, comma terzo, n. 2 cod. pen. solo quando la violenza usata per il sequestro si identifica e si esaurisce col mezzo immediato di esecuzione della rapina stessa, non quando invece ne preceda l'attuazione con carattere di reato assolutamente autonomo, anche se finalisticamente collegato alla rapina ancora da porre in esecuzione o ne segua l'attuazione per un tempo non strettamente necessario alla consumazione.

Cass. pen. n. 20213/2022

In tema di sequestro di persona, ai fini della limitazione della libertà di locomozione della vittima, non è necessario che quest'ultima sia fin dall'inizio contraria ad accompagnarsi con i futuri aggressori, ma è sufficiente che, ad un certo momento, si determini un evidente conflitto tra la sua volontà e il comportamento obiettivo dei suoi accompagnatori che, con qualsiasi forma di violenza, anche passiva, le impediscano di compiere atti di affrancamento dalla loro sfera di arbitrio e che tale conflitto perduri per un certo tempo.

Cass. pen. n. 1729/2021

Il delitto di sequestro di persona è assorbito in quello di tortura, nonostante la diversa oggettività giuridica, nella misura in cui la condotta di privazione della libertà personale della vittima connoti parte della condotta torturante, agevolando la realizzazione del fine ultimo, perseguito dall'agente, di inflizione alla medesima di un supplizio, mentre si configura il concorso tra i due reati nel caso in cui la privazione della libertà personale si protragga oltre il tempo necessario al compimento degli atti di tortura.

Cass. pen. n. 21708/2021

In tema di sequestro di persona, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante dell'essersi adoperato concretamente affinché il minore riacquisti la propria libertà, è necessario che il rilascio dello stesso sia stato determinato non da fattori esterni ma da un comportamento oggettivamente rilevante dell'agente volto a far protrarre il meno possibile la privazione della libertà, non potendo coincidere la liberazione della persona offesa con il mero esaurimento della condotta criminosa. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso l'attenuante perché il rilascio dell'ostaggio era stato indotto dal timore del sopraggiungere delle forze dell'ordine).

Cass. pen. n. 21729/2021

In tema di sequestro di persona in danno di minori, può essere concessa la circostanza attenuante dell'essersi adoperato concretamente affinché il minore riacquisti la propria libertà, di cui all'art. 605, comma quarto, n. 1, cod. pen., solo qualora venga accertato che il rilascio della vittima sia stato determinato da un comportamento oggettivamente rilevante e non da fattori esterni al sequestrante, non potendo coincidere la liberazione della persona offesa con il mero esaurimento della condotta criminosa. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva escluso l'attenuante in favore dell'imputato che aveva rilasciato i minori sequestrati solo perché intimorito dal sopraggiungere delle forze dell'ordine).

Cass. pen. n. 34504/2020

È configurabile il concorso tra i reati di maltrattamenti in famiglia e sequestro di persona quando la condotta di sopraffazione che privi la vittima della libertà personale non si esaurisce nella abituale coercizione fisica e psicologica, ma ne costituisce un picco esponenziale dotato di autonoma valenza e carico di ulteriore disvalore, idoneo a produrre, per un tempo apprezzabile, un'arbitraria compressione, pur non assoluta, della libertà di movimento della persona offesa. (Fattispecie in cui, in un regime familiare improntato alla costante e continua prevaricazione e violenza del marito nei confronti della moglie, questa veniva bloccata a letto per alcune ore con le manette ai polsi).

Cass. pen. n. 4634/2020

II delitto di sequestro di persona concorre con quelli di violenza sessuale o di rapina, nel caso in cui la privazione della libertà personale si protrae, quanto al delitto di cui all'art. 609-bis cod. pen., nel tempo anteriore o successivo alla costrizione necessaria a compiere gli atti sessuali e, quanto al delitto di cui all'art. 628 cod. pen., anche dopo l'avvenuto impossessamento della "res", ma per un tempo apprezzabile e senza necessità ai fini della consumazione della rapina.

Cass. pen. n. 11634/2019

Il delitto di sequestro di persona non implica necessariamente che la condizione limitativa imposta alla libertà di movimento sia obiettivamente insuperabile, essendo sufficiente che l'attività anche meramente intimidatoria o l'apprestamento di misure dirette ad impedire o scoraggiare l'allontanamento dai luoghi ove si intende trattenere la vittima, se non attraverso iniziative imprudenti e pericolose per la propria persona, siano idonei a determinare la privazione della libertà fisica di quest'ultima, con riguardo, eventualmente, alle sue specifiche capacità di reazione. (Fattispecie in cui la vittima, dopo aver forzato con una sbarra di ferro, casualmente rinvenuta, la serratura della porta del locale nel quale era stata rinchiusa nel corso di una rapina, si dava alla fuga solo dopo essersi accertata dell'allontanamento dei rapinatori).

Cass. pen. n. 50497/2018

In tema di responsabilità medica, la contenzione del paziente psichiatrico non costituisce una pratica terapeutica o diagnostica legittimata ai sensi dell'art. 32 Cost., ma è un mero presidio cautelare utilizzabile in via eccezionale qualora ricorra lo stato di necessità di cui all'art. 54 cod. pen., ossia il pericolo di un danno grave alla persona, che si presenti come attuale ed imminente, non altrimenti evitabile, sulla base di fatti oggettivamente riscontrati che il sanitario è tenuto ad indicare nella cartella clinica. (In motivazione la Corte ha precisato che l'uso della contenzione in assenza dei presupposti di cui all'art. 54 cod. pen. costituisce un'illegittima privazione della libertà personale ed integra gli estremi del delitto di cui all'art. 605 cod. pen.).

Cass. pen. n. 34469/2018

Configura il reato di sequestro di persona la condotta di chi chiude a chiave (o dispone di chiudere a chiave) i propri dipendenti all'interno del locale aziendale ove si svolge l'attività lavorativa, segregandoli per l'intera giornata di lavoro.

Cass. pen. n. 46566/2017

Ai fini della configurabilità dell'elemento materiale del delitto di sequestro di persona, non è necessario che la costrizione si estrinsechi con mezzi fisici, dovendosi ritenere sufficiente anche una condotta che comporti una coazione di tipo psicologico, tale, in relazione alle particolari circostanze del caso, da privare la vittima della capacità di determinarsi ed agire secondo la propria autonoma ed indipendente volontà.

Cass. pen. n. 39197/2015

In tema di sequestro di persona, è ammissibile la rinuncia ad una certa sfera della propria libertà personale per motivi religiosi, nonostante la natura di bene costituzionalmente protetto, solo quando, tra l'altro, il consenso della persona non sia viziato da errore, violenza o minaccia. (Nella specie, la S.C. ha escluso che la persona offesa - figlia dell'imputato - avesse prestato liberamente il proprio consenso, in quanto la privazione della libertà personale si inseriva in un contesto vessatorio volto ad esercitare sulla vittima una indebita pressione psicologica).

Cass. pen. n. 45931/2013

Il delitto di sequestro di persona presuppone, per la sua configurabilità, un accertamento rigoroso dell'elemento della costrizione che, pur potendosi estrinsecare con mezzi diversi da quelli fisici, deve però essere tale da incidere sulle determinazioni della vittima relative alla sua libertà di locomozione. (Fattispecie in cui la Corte ha censurato la motivazione del giudice di merito che aveva incentrato la dimostrazione della responsabilità per il delitto di sequestro di una donna - vittima altresì di atti persecutori e violenza sessuale - sulla debolezza psicologica della stessa e su atteggiamenti violenti dell'imputato orientati alla privazione della libertà sessuale, senza dar conto della coartazione della libertà di locomozione della donna che aveva raggiunto volontariamente l'imputato in una stanza d'albergo, mai chiusa a chiave, e non era stata privata del telefono).

Cass. pen. n. 23937/2013

Integra il delitto di cui all'art. 605 c.p. e non quello di cui all'art. 630 c.p. la condotta di chi prende in ostaggio una persona, cui toglie la libertà per mantenere il profitto già conseguito con la commissione di altro reato. (Fattispecie relativa a sequestro di persona commesso a seguito di una rapina in banca, per agevolare la fuga).

Cass. pen. n. 4986/2012

Integra il reato di sequestro di persona (art. 605 c.p.) la condotta di colui che, conseguito lo scopo della rapina, protrae lo stato di soggezione della persona offesa, impedendole la libertà di movimento, sia pure allo scopo di garantirsi la fuga.

Cass. pen. n. 36823/2011

Il delitto di sequestro di persona non presuppone necessariamente l'interclusione della vittima, ma può consistere in limitazioni della libertà personale che derivino da costrizione psichica o dalla creazione di condizioni di sostanziale impossibilità alla locomozione, quali, ad esempio, l'esposizione ad un pericolo per l'incolumità personale. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto integrato il reato nel caso di avvenuto abbandono, in luogo di pubblico transito, di una donna privata degli abiti e del telefono cellulare, in tal modo limitata nella libertà di movimento ed esposta ad un apprezzabile pericolo per la propria incolumità).

Cass. pen. n. 23215/2011

Non è configurabile, in virtù del principio di specialità (art. 15 c.p.) il delitto di violenza privata, qualora la violenza fisica o morale sia usata direttamente ed esclusivamente per il fine previsto dal reato di sequestro di persona, e cioè per privare la vittima della libertà. (Nella specie la parte offesa fu picchiata, spogliata dei cellulari e "caricata" su un auto in cui ebbe inizio la privazione della sua libertà).

Cass. pen. n. 409/2005

Integra gli estremi del delitto di sequestro di persona la condotta del titolare e gestore di un presidio per anziani autosufficienti, il quale, al di fuori di qualsiasi potere-dovere di custodia e di sorveglianza e di un'azione repressiva della libertà di movimento imposta ed attuata nei limiti strettamente indispensabili allo scopo nell'esercizio di «potestà disciplinari» (quali, ad esempio, attività di custodia di alienati, assistenza di interdetti per incapacità di intendere o di volere affidata ai tutori, vigilanza di infermi soggetti ad imprevedibili reazioni o movimenti), leghi per diverse ore della giornata alle poltrone e alle sedie e alle sbarre del letto alcuni pazienti non autosufficienti.

Cass. pen. n. 37880/2004

Il delitto di sequestro di persona concorre con quelli di violenza sessuale o di rapina nel caso in cui la privazione della libertà personale non si esaurisce nel tempo occorrente a commettere i delitti stessi: per la precisione, relativamente al delitto contro la libertà sessuale, quando detta privazione si è protratta prima o dopo la costrizione necessaria a compiere gli atti sessuali e relativamente al delitto di rapina, quando la privazione stessa si sia protratta anche dopo l'avvenuto impossessamento della res ma per un tempo apprezzabile e senza necessità ai fini della consumazione della rapina.

Cass. pen. n. 962/2004

La condotta criminosa consistente nella privazione della libertà di una persona finalizzata a conseguire come prezzo della liberazione una prestazione patrimoniale, pretesa in esecuzione di un precedente rapporto illecito, integra il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione di cui all'art. 630 c.p. e non il concorso del delitto di sequestro di persona (art. 605) con quello di estorsione, consumata o tentata (artt. 629 e 56 stesso codice).

Cass. pen. n. 3421/2003

L'esercizio di poteri da parte delle forze di polizia, sia di natura preventiva che preprocessuale, invasivi della libertà personale al di fuori dell'ambito di “eccezionali” fattispecie procedimentali — i cui parametri di eccezionalità ed urgenza, che ne giustificano la compatibilità con l'art. 13 della Costituzione, ne impongono una ristretta e rigorosa applicazione — è astrattamente inquadrabile nel reato di sequestro di persona e non in diverse norme incriminatrici quali quelle racchiuse negli artt. 606 o 609 c.p. che postulano l'esistenza di un legittimo intervento degli organi di polizia attuato, però, con modalità abusive e non conformi alle disposizioni che li prevedono.

Cass. pen. n. 1808/2003

Il reato di sequestro di persona richiede, sotto il profilo soggettivo, la consapevolezza di infliggere alla vittima una illegittima privazione della libertà personale. Ne consegue che deve escludersi la configurabilità del suddetto reato allorché la privazione della libertà costituisca il risultato di una condotta che, sebbene oggettivamente illegittima, sia contrassegnata soggettivamente dalla finalità di realizzare l'esercizio di un potere del quale l'agente sia legittimamente investito e non si caratterizzi come comportamento privo di ogni legame con l'attività istituzionale.

Cass. pen. n. 43713/2002

Per la sussistenza dell'elemento materiale del delitto di sequestro di persona previsto dall'art. 605 c.p. è sufficiente che vi sia stata in concreto una limitazione della libertà fisica della persona, tale da privarlo della capacità di spostarsi da un luogo all'altro, a nulla rilevando la durata dello stato di privazione della libertà, che può essere limitato ad un tempo anche breve. (La Corte ha escluso che nel caso di specie, in cui la vittima, che era stata legata, era riuscita a liberarsi da sola in pochi minuti, fosse configurabile il delitto di violenza privata, ritenendo che nel breve periodo di privazione della libertà si fosse consumata la tipica condotta del delitto di sequestro di persona).

Cass. pen. n. 11638/2001

In tema di sequestro di persona, la norma incriminatrice sanziona qualsiasi condotta che produca l'effetto di escludere o limitare la libertà di movimento della persona offesa, anche se tale evento costrittivo sia solo indirettamente voluto. Ne deriva che si ravvisa anche il delitto di cui all'art. 605 c.p. nel caso in cui l'agente contestualmente commetta con violenza e minaccia anche un altro reato che rappresenta lo scopo della privazione della libertà altrui, purché questa duri più del tempo occorrente alla sua commissione. (Nel caso esaminato la Corte ha ritenuto che fosse configurabile il concorso fra il reato di sequestro di persona e le lesioni personali nella condotta del soggetto che aveva fatto salire sulla vettura l'offeso con l'inganno impedendogli poi di allontanarsi al fine di percuoterlo in luogo appartato, sottolineando che la privazione della libertà era iniziata prima del tempo strettamente necessario a cagionargli le lesioni).

Cass. pen. n. 12394/2000

La condotta consistente nella privazione della libertà di una persona finalizzata a conseguire un ingiusto profitto come prezzo della liberazione integra il delitto previsto dall'art. 630 c.p. solo allorché manchi un preesistente rapporto, quantunque illecito, con la vittima del reato, che abbia dato causa a quella privazione, mentre, quando quel rapporto sussista e ad esso siano collegabili il sequestro e il conseguimento del profitto, ricorre un'ipotesi di concorso tra il reato previsto dall'art. 605 c.p. e quello di estorsione. (Nella specie, in riferimento a un'associazione criminale dedita a favorire l'immigrazione clandestina nel nostro Paese, la S.C. ha ritenuto corretto l'operato del giudice di merito, che aveva qualificato come sequestro di persona ex art. 630 c.p. la privazione della libertà di un immigrato finalizzata al recupero della perdita economica sofferta dall'associazione a causa della fuga di altri suoi compagni, mentre aveva ritenuto la sussistenza del concorso tra sequestro di persona ex art. 605 c.p. ed estorsione la privazione della libertà di immigrati mirante ad ottenere da questi il prezzo dell'illecito loro ingresso nel territorio dello Stato.

Cass. pen. n. 9387/2000

La privazione della libertà personale costituisce ipotesi aggravata del delitto di rapina (e rimane in esso assorbita) solo quando la stessa si trovi in rapporto funzionale con la esecuzione della rapina medesima, mentre, nell'ipotesi in cui la privazione della libertà non abbia una durata limitata al tempo strettamente necessario alla consumazione della rapina, ma ne preceda o ne segua l'attuazione, in ogni caso protraendosi oltre il suddetto limite temporale, il reato di sequestro di persona concorre con quello di rapina.

Cass. pen. n. 5443/2000

Ai fini della configurabilità del reato di sequestro di persona, non ha alcuna rilevanza lo scopo perseguito dall'agente, con la conseguenza che il fine di esercitare un preteso diritto non esclude l'elemento soggettivo del sequestro di persona che, peraltro, ricorrendone i presupposti, può concorrere con quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
L'elemento materiale del reato di sequestro di persona consiste nella limitazione della libertà fisica e di locomozione. Non si richiede una privazione assoluta, essendo sufficiente anche una relativa impossibilità di recuperare la propria libertà di scelta e di movimento, né alcun rilievo assume, da una parte, la maggior o minore durata della limitazione, purché questa si protragga per un tempo giuridicamente apprezzabile, e, dall'altra parte, la circostanza che il sequestrato non faccia alcun tentativo per riacquistare la propria libertà di movimento, non recuperabile con immediatezza, agevolmente e senza rischi. Il reato, infatti, è configurabile anche quando il soggetto passivo riesca a riappropriarsi della propria libertà, dopo una privazione giuridicamente apprezzabile che segna il momento consumativo del sequestro.

Cass. pen. n. 8048/1997

Nel sequestro di persona a scopo di estorsione, la cui tipicità è data dal dolo specifico, la persona è mercificata, come risulta dalla stretta correlazione posta tra il fine del sequestro, che è il profitto ingiusto, e il suo titolo, cioè il prezzo della liberazione. La persona è strumentalizzata in tutte le sue dimensioni, anche affettive e patrimoniali, rispetto al fine dell'agente, e la sua liberazione potrà dirsi attuata quando sia fisicamente libera da interventi coattivi “sul corpo” che impediscano o limitino tutte quelle espressioni che costituiscono il contenuto della libertà personale, che non è solo quella di locomozione, ma comprende tutte le sue possibili estrinsecazioni, quali, ad esempio, le relazioni interpersonali. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che correttamente la Corte di merito aveva escluso che gli imputati volessero considerare gli introiti della prostituzione come prezzo della liberazione, perché non avevano l'intenzione di liberare la donna nel senso precisato, ma di asservirla alla propria organizzazione, sicché, mancando il dolo specifico dell'ingiusto profitto come prezzo della liberazione, correttamente il fatto era stato qualificato sequestro di persona comune).

Cass. pen. n. 4265/1997

Se il sequestro di persona viene eseguito per ottenere l'adempimento di una pretesa legittima, deve essere esclusa la sussistenza del reato previsto dall'art. 630 c.p., ossia del sequestro a scopo di estorsione, mentre si pone l'alternativa tra la configurabilità del solo esercizio arbitrario delle proprie ragioni di cui all'art. 393 c.p. ovvero del concorso di detto reato con il sequestro di persona previsto dall'art. 605 c.p. Se, per contro, il profitto perseguito è ingiusto, deve escludersi la sussistenza del reato di cui all'art. 393 c.p., che si applica ai casi in cui l'agente potrebbe ricorrere al giudice, e sussiste solo il reato di cui all'art. 630 c.p.

Cass. pen. n. 7445/1996

Tra i reati abrogati dall'art. 1 della legge 15 febbraio 1996, n. 66 (Norme contro la violenza sessuale) vi è quello di cui all'art. 523 c.p. — ratto a fine di libidine: tale abrogazione, però, è solo apparente dato che le ipotesi abrogate si riferivano ad una condotta tipica del delitto di sequestro di persona, di cui all'art. 605 c.p., qualificata dal fine di libidine, sicché, continuando a restare penalmente illecita la condotta, alla stessa dovrà darsi la diversa qualificazione giuridica di sequestro di persona commesso per il fine di libidine. (Nella specie la Suprema Corte ha annullato la sentenza con rinvio, ritenendo che «rimane soltanto la necessità di rideterminare la pena, che i giudici di merito hanno irrogato nella misura minima edittale prevista dall'art. 523 c.p., superiore a quella minima prevista dall'art. 605 c.p.»).

Cass. pen. n. 1841/1994

Il reato di sequestro di persona previsto dall'art. 605 c.p. tutela il bene giuridico della libertà personale, costituzionalmente garantito, che viene leso da qualsiasi apprezzabile limitazione della libertà, intesa quale possibilità di movimento privo di costrizioni. La qualità di incapace non può escludere tale tutela, diretta anzitutto a preservare il bene della libertà di ogni soggetto; è configurabile pertanto la violazione dell'art. 605, e non quella dell'art. 574 c.p. (sottrazione d'incapace), anche ai danni di un minore, quale che sia la sua età (nella specie trattavasi di bambino di trenta mesi).

Cass. pen. n. 7762/1993

Il bene giuridico della libertà personale è leso da qualunque apprezzabile limitazione della libertà fisica intesa quale possibilità di movimento nello spazio secondo la libera scelta di ciascuno, a nulla rilevando la circostanza che la vittima non faccia alcun tentativo per recuperare la propria libertà di movimento quando a tal fine deve porre in essere mezzi straordinari che comportino anche un rischio presunto. (Fattispecie in tema di sequestro di persona).

Cass. pen. n. 2429/1993

Per aversi esercizio arbitrario delle proprie ragioni è necessario che il soggetto agisca per esercitare un preteso diritto soggettivo e non per esercitare una potestà pubblica. Ne deriva che risponde di sequestro di persona, e non già del delitto ipotizzato dall'art. 393 c.p., colui il quale, anziché denunciare all'autorità chi sospetta autore di un furto, lo abbia privato della libertà personale per indurlo alla confessione o alla rivelazione del luogo dove ha nascosto la refurtiva.

Cass. pen. n. 6143/1992

La circostanza aggravante di cui al secondo comma, n. 2 dell'art. 605 c.p., ossia l'esser stato il sequestro di persona commesso da un pubblico ufficiale con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni, è di natura soggettiva, ma rientrando tra quelle concernenti «le qualità personali del colpevole» e non tra quelle «inerenti alla persona del colpevole» (tassativamente indicate nel secondo comma dell'art. 70 c.p.), non è soggetta al regime dell'art. 118 c.p., bensì a quello di cui all'art. 59, secondo comma, stesso codice, onde si comunica al correo se dallo stesso conosciuta o ignorata per colpa.

Cass. pen. n. 1479/1992

Trattenere a bordo di un veicolo una persona che voglia scendere, proseguendo la marcia in modo che essa non possa abbandonare il veicolo senza rischiare una lesione della propria integrità fisica, integra il reato di sequestro di persona.

Cass. pen. n. 7390/1991

Il sequestro di persona, inteso nel senso di una limitazione della libertà di movimento, può essere assunto quale circostanza aggravante della rapina quando la privazione della libertà è limitata allo stretto necessario per la consumazione del delitto di rapina, ma se si protrae dopo tale consumazione al fine di consentire ai rapinatori un allontanamento più agevole, si ha concorso dei due reati.

Cass. pen. n. 16094/1990

Per la sussistenza dell'elemento materiale del delitto di sequestro di persona previsto dall'art. 605 c.p. è sufficiente che vi sia stata in concreto una limitazione della libertà fisica della persona e cioè della libertà di scelta del luogo ove restare o muoversi nello spazio, a nulla rilevando la durata della privazione della libertà che può essere limitata ad un tempo anche breve. (Nella fattispecie è stato altresì ritenuto che: a) quando l'agente non solo priva il soggetto passivo della sua libertà personale ma gli impone di fare, tollerare o omettere qualcosa, il reato di sequestro di persona può concorrere con quello di violenza privata, essendo diversi i beni giuridici offesi e realizzandosi conseguentemente due diversi eventi; b) ove con la limitazione della libertà di locomozione si tenda a far valere arbitrariamente le proprie ragioni, si ha concorso dei due reati di sequestro di persona e di ragion fattasi).

Cass. pen. n. 10788/1990

Il delitto di sequestro di persona concorre con quello di rapina quando la privazione della libertà personale della vittima di quest'ultimo reato si sia protratta anche dopo l'avvenuto impossessamento, ma per un tempo apprezzabile e senza necessità ai fini della consumazione del delitto di rapina.

Cass. pen. n. 1454/1990

Il reato di sequestro di persona non richiede un dolo specifico, ma è sufficiente il dolo generico consistente nella consapevolezza di infliggere alla vittima la illegittima restrizione della sua libertà fisica intesa come libertà di locomozione.

Cass. pen. n. 3979/1989

Per la realizzazione del reato di sequestro di persona, non occorre che la privazione della libertà sia attuata in modo da rendere assolutamente impossibile il recupero della libertà della vittima mediante autoliberazione: è sufficiente invero, che il soggetto passivo, non possa, anche in considerazione delle sue limitate capacità di reazione, superare con immediatezza, da sé medesimo, l'ostacolo posto alla sua libertà di movimento.

Cass. pen. n. 6677/1988

Tra il reato di ragion fattasi con violenza alle persone e quello di sequestro di persona non corre alcun rapporto di specialità, in quanto la privazione della libertà personale, contemplata sotto l'aspetto costitutivo del delitto previsto dall'art. 605 c.p., è requisito estraneo e comunque non indispensabile alla realizzazione del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni nella previsione di cui all'art. 393 c.p., tant'è che le anzidette ipotesi delittuose possono tra loro concorrere.

Cass. pen. n. 5550/1988

In tema di rapina aggravata ai sensi dell'art. 628, secondo capoverso, n. 2, c.p., il sequestro di persona costituisce una semplice modalità di esecuzione di essa quando la privazione della libertà personale dell'offeso è limitata al tempo strettamente necessario per la sua esecuzione. Qualora invece si protragga per un tempo apprezzabile dopo la consumazione, così da non risultare più necessaria al dinamismo causativo del reato, costituisce reato autonomo di sequestro di persona in concorso materiale con la rapina (nella specie i rapinatori avevano protratto la privazione della libertà della persona trascinandola fino all'uscita del locale onde potersi più agevolmente allontanare).

Cass. pen. n. 1371/1987

Ai fini della sussistenza del delitto di sequestro di persona, di cui all'art. 605 c.p., il mezzo adoperato per privare la vittima della libertà personale può consistere anche in minacce atte a creare una persistente situazione di annullamento della volontà di autodeterminarsi nella scelta del luogo ove restare o andare. Ciò può accadere nell'ipotesi in cui, pur venendo materialmente allentata la diretta vigilanza impiegata per privare taluno della libertà personale, tuttavia la vittima senta la presenza costrittiva dell'agente e l'impossibilità di sottrarvisi senza pericolo alcuno, a causa della manifestata volontà di costui di impedirle, con minaccia o con altri mezzi coercitivi, la libertà di locomozione. (Nella specie, relativa a ritenuta sussistenza del reato, l'imputato aveva chiuso in casa la propria moglie, che aveva costretta a lasciare il posto di lavoro, a non attendere alle proprie relazioni sociali, privandola del telefono, picchiandola e minacciandola continuamente di morte, pure allontanandosi l'imputato medesimo sporadicamente durante il periodo di oltre due mesi in cui la vittima era rimasta in tale stato).

Cass. pen. n. 1342/1987

Ai fini della configurabilità del reato di sequestro di persona, deve prescindersi dall'esistenza nell'offeso di una capacità volitiva di movimento e istintiva di percezione della privazione della libertà per cui tale delitto è ipotizzabile anche nei confronti di infermi di mente o di paralitici. Se, però, l'azione repressiva della libertà di movimento viene imposta e attuata, nei limiti strettamente indispensabili allo scopo, nell'esercizio di «potestà disciplinari», esplicate principalmente nell'ambito della convivenza familiare, quali, ad esempio, l'attività di custodia di alienati, oggi delegata ai familiari, l'assistenza di interdetti per incapacità di intendere e di volere affidati alla assistenza e sorveglianza dei tutori, vigilanza di anormali, di infermi soggetti ad imprevedibili reazioni o movimenti, ecc... rimane esclusa la punibilità dell'ipotesi delittuosa in esame, o comunque viene a mancare l'intenzionalità del compimento di un attentato all'altrui libertà. Tale punibilità è esclusa anche in presenza di modalità di attuazione del potere-dovere di custodia e sorveglianza, che introducano ingiustificati trattamenti trasmodanti il legittimo esercizio di esso, le quali non possono trasferire, di per sé, il riprovevole comportamento sotto lo schema delittuoso del sequestro di persona, ma, qualora tale comportamento sia integrativo di una ipotesi di reato — nella specie maltrattamenti in famiglia — sarà eventualmente punibile sotto tale diverso titolo.

Cass. pen. n. 6193/1986

Il delitto di sequestro di persona è necessariamente assorbito in quello di dirottamento aereo, nonostante l'innegabile diversa obiettività giuridica dei due reati; ne deriva che non è applicabile, in caso di dirottamento di automobile, la disciplina di cui al primo comma dell'art. 81 c.p.

Cass. pen. n. 5642/1986

L'elemento oggettivo del reato di sequestro di persona, che consiste nella privazione della libertà personale intesa come libertà di muoversi nello spazio, non è escluso dal fatto che il sequestro sia stato posto in opera di giorno, ed in luogo ove vi era movimento di persone. Infatti, perché l'elemento oggettivo si realizzi, è sufficiente l'esistenza di un qualsiasi ostacolo o impedimento che il soggetto passivo non sia in grado di vincere per riacquistare la sua piena libertà, a prescindere dalla maggiore o minore durata della privazione.

Cass. pen. n. 4717/1986

Si configura il delitto di sequestro di persona nel comportamento minaccioso dell'imputato, il quale, detenuto, consegua, in virtù di tale comportamento, l'effetto di privare un altro detenuto della libertà personale, intesa come libera scelta del luogo ove restare, al punto che la vittima lo segua rassegnata nella sua cella per essere sottoposto a vessazioni fisiche e morali. Infatti, l'elemento psicologico del delitto in esame consiste nella coscienza e volontà di infliggere alla vittima un'illegittima restrizione della sua libertà di muoversi nello spazio, anche se delimitato, e non viene richiesto alcun dolo specifico, essendo irrilevante il motivo o il fine ultimo dell'agente.

Cass. pen. n. 2350/1986

Il reato di sequestro di persona è configurabile ogniqualvolta dalle modalità con le quali il soggetto passivo è trattenuto nella disponibilità fisica dell'agente possa dedursi un dissenso presunto dello stesso alla limitazione della sfera della sua libertà personale indipendentemente dalla possibilità fisica che egli abbia di esprimere tale dissenso. Ne deriva che il delitto è realizzabile in danno sia dell'individuo sano, cosciente e capace di esprimere il proprio aperto dissenso, come dell'infante e del demente, del comatoso, del delirante, del dormiente e del paralitico, i quali, in quanto persone umane, devono vedere sempre e comunque garantita la libertà da misure coercitive sul corpo, indipendentemente dalla consapevolezza che possono avere di tali misure.

Cass. pen. n. 10985/1985

L'elemento soggettivo del reato di sequestro di persona, di cui all'art. 605 c.p., è costituito dalla coscienza e volontà di privare illegittimamente una persona della propria libertà di locomozione. Pertanto, il motivo che determina tale privazione è irrilevante ai fini della sussistenza dell'elemento psicologico, a meno che non consista in una causa di giustificazione del reato.

Cass. pen. n. 7455/1985

I delitti di sequestro di persona e di violenza privata o a pubblico ufficiale, pur avendo in comune l'elemento materiale della costrizione, si differenziano tra loro per la diversa incidenza della violenza o minaccia sulla libertà del soggetto passivo: nella violenza la coazione dell'agente lede soltanto la libertà psichica limitatamente a un singolo atto del processo di autodeterminazione della parte lesa, nel sequestro di persona la coazione si risolve nella restrizione della sua libertà fisica, intesa come libertà di movimento o di scelta del luogo in cui stare. Quanto all'elemento psichico, nel sequestro di persona l'agente ha il fine immediato di menomare la libertà cinetica, impedendo alla parte lesa di muoversi, mentre nei reati di violenza privata od a pubblico ufficiale l'elemento soggettivo si concreta nella coscienza e volontà di usare violenza o minaccia per indurre taluno a fare od omettere qualcosa. Se la violenza o minaccia usata per porre in essere la coercizione determina la privazione della libertà di locomozione ricorre sempre il delitto di sequestro di persona, indipendentemente dal fine ultimo proposto dall'agente che non ha alcuna rilevanza negativa sulla sussistenza del dolo generico.

Cass. pen. n. 3718/1985

La distinzione tra il reato di sequestro di persona e quello di violenza privata consiste nel fatto che, mentre nella violenza privata la lesione della libertà concerne il costringere taluno a fare, tollerare od omettere qualcosa limitatamente ad un singolo e generico atto di autodeterminazione, nel sequestro di persona la limitazione alla libertà di agire si concreta nella privazione della libertà di locomozione o di movimento nello spazio o di libera scelta del luogo dove trattenersi.

Cass. pen. n. 8440/1984

Il bene giuridico tutelato dall'art. 605 c.p. è la libertà personale ed in particolare la libertà di agire. Tale bene viene leso da qualsiasi limitazione della libertà fisica, intesa come possibilità di movimento, senza che la durata eventualmente minima, ma pur sempre apprezzabile, della privazione della libertà di locomozione possa escludere la configurabilità del reato. Parimenti irrilevante è lo scopo per il quale detta limitazione sia stata operata, qualora essa non sia fine a sé stessa, ma sia rivolta al conseguimento di altro risultato. (Nella specie taluni detenuti avevano sequestrato un agente di custodia per impedirgli di aprire un cancello ed evitare così che potessero sopraggiungere rinforzi in soccorso del medesimo).

Cass. pen. n. 4228/1984

Il sequestro di persona è reato permanente a consumazione anticipata, e quindi si deve ritenere commesso non già quando è cessata la permanenza, ma quando siano stati realizzati gli elementi costitutivi del reato stesso, cioè nel momento in cui la vittima viene privata della sua libertà di locomozione, attenendo la fase successiva all'esecuzione del reato. Pertanto, è ipotizzabile il favoreggiamento personale anche se l'attività favoreggiatrice viene posta in essere durante la fase esecutiva del delitto di sequestro di persona.
Per distinguere tra favoreggiamento e concorso nel reato principale, quando questo sia permanente (nella specie, sequestro di persona), occorre far riferimento all'elemento psicologico, cioè alla direzione e al contenuto della volontà dell'agente, al di là di un potenziale rapporto di causalità materiale tra la sua azione e la prosecuzione del reato principale. Invero, la consapevolezza dell'attuale coinvolgimento del favorito nell'esecuzione di un reato permanente, attiene al dolo proprio del reato di favoreggiamento, e, trattandosi di reato permanente a consumazione anticipata, quale è il sequestro di persona, detta consapevolezza non implica, di per sé sola, la partecipazione al reato stesso, se non è accompagnata dall'animus socii, che deve risultare da un comportamento positivo dell'agente.

Cass. pen. n. 9437/1983

Mentre nel delitto di violenza privata la costrizione viene esercitata sulla libertà di autodeterminazione del soggetto passivo in relazione ad un singolo atto, nel delitto di sequestro di persona viene lesa la libertà di locomozione dell'individuo, che è considerata come species rispetto al genus della libertà individuale interiore o psichica. Con la conseguenza che, avendo il primo reato carattere sussidiario o generico rispetto al secondo, quando la violenza viene usata per privare taluno della libertà di locomozione, il fatto rientra nella previsione specifica di cui all'art. 605 c.p.

Cass. pen. n. 9075/1983

In tema di sequestro di persona, qualora la violenza fisica esercitata dall'agente sulla persona offesa rappresenti un elemento strumentalmente diretto ad attuare il fine che egli si sia prefisso (la privazione della libertà personale della vittima), il reato di violenza privata costituisce un elemento del delitto punito dall'art. 605 c.p., che rimane l'unico giuridicamente operante.
Nell'ipotesi di uso di violenza fisica e di privazione della libertà personale esercitati dall'agente nei confronti di un coabitante nello stesso stabile condominiale, autore di rumori molesti, al fine di determinarne la cessazione, sono ravvisabili le ipotesi delittuose di cui agli artt. 605 e 610 c.p. e non il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. (Nella specie è stato ritenuto che la violenza privata fosse elemento costitutivo del delitto di sequestro di persona).

Cass. pen. n. 6573/1983

La privazione della libertà personale della vittima, attuata da rapinatori dopo l'impossessamento violento non al fine dello stesso, ma per potersi allontanare più agevolmente dal luogo del delitto, integra gli estremi di un autonomo reato di sequestro di persona aggravato dal nesso teleologico.

Cass. pen. n. 4133/1983

Il delitto di sequestro di persona è punibile a titolo di dolo, il quale, pur essendo generico, richiede pur sempre la coscienza e volontà di privare illegittimamente taluno della libertà personale; se la privazione dell'altrui libertà personale è colposa il fatto non è punibile.

Cass. pen. n. 10625/1982

Il delitto di sequestro di persona concorre con quello di violenza privata quando l'agente non solo privi il soggetto passivo della sua libertà personale, ma gli imponga di fare, tollerare od omettere qualcosa. Diversi infatti sono i beni giuridici offesi e si realizzano, conseguentemente, due diversi eventi.

Cass. pen. n. 8341/1982

Si configura l'ipotesi di cui agli artt. 56 e 605 c.p. e non già una di quella prevista dagli artt. 610 e 393 c.p. nell'attività posta in essere da colui, che, con la forza, cerca di far entrare in un'auto la vittima, la quale non oppone una forte resistenza e grida aiuto. (Nella specie, i ricorrenti avevano dedotto il vizio dell'erronea qualificazione giuridica dei fatti che, secondo il loro assunto avrebbero dovuto integrare o il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone o il reato di violenza privata).

Cass. pen. n. 6151/1982

I reati di violenza privata e sequestro di persona, pur avendo in comune l'evento materiale della costrizione, si differenziano tra loro per la diversa incidenza della violenza o minaccia sulla libertà del soggetto passivo. Nella violenza privata l'agente, sia pure mediante l'esplicazione di un'energia fisica o di una violenza morale, esercita una coazione tale da limitare esclusivamente la libertà psichica dell'offeso. Per contro, nel sequestro di persona la coazione si rivolve nella retribuzione della libertà fisica di azione o di locomozione della vittima, in una misura e per un tempo apprezzabili. (La Corte ha ritenuto la sussistenza del sequestro di persona nel fatto del soggetto passivo costretto, sotto la minaccia di una pistola, a salire su un'autovettura e a restarvi per un lungo percorso autostradale sino all'intervento liberatorio dei carabinieri).

Cass. pen. n. 2019/1981

L'azione di violenza o minaccia, tendente a realizzare il sequestro di persona che non raggiunga il risultato per difetto di apprezzabilità di durata temporale della privazione della libertà fisica del soggetto passivo, può far ravvisare il delitto di violenza privata di natura istantanea e con effetti solo eventualmente permanenti. Ovvero, la libertà personale, bene che l'art. 605 c.p., intende proteggere, è comprensiva della libertà morale, oggetto di tutela dell'art. 610 c.p., onde il tentativo di ledere la prima, se non coronato da pieno successo, può conseguire il risultato di ledere la seconda. (Nella specie l'imputato, nell'intento di conseguire una riconciliazione amorosa, aveva posto in essere atti di violenza diretti a spingere la donna nell'autovettura).

Cass. pen. n. 10506/1980

Non esiste rapporto di specialità fra la norma di cui all'art. 393 c.p. e quella di cui all'art. 605, stesso codice, poiché la privazione della libertà personale, sotto il particolare profilo della libertà di locomozione, elemento costitutivo del delitto di sequestro di persona, è estranea alla configurazione giuridica del delitto di ragion fattasi. Pertanto i due reati possono eventualmente concorrere. (Nella specie, la parte offesa era stata fatta salire su un'autovettura con la forza, perché confessasse quanto sapeva del furto di un camion, patito dal sequestratore).

Cass. pen. n. 2465/1980

Il bene giuridico della libertà personale, tutelato in via esclusiva dalla norma concernente il sequestro di persona, è leso da qualsiasi apprezzabile limitazione della libertà fisica intesa quale possibilità di movimento nello spazio secondo la libera scelta di ciascuno. E non ha nessun rilievo la circostanza che la vittima riesca successivamente a liberarsi o non faccia alcun tentativo per recuperare la propria libertà di movimento, quando a tal fine deve porre in essere mezzi straordinari e non prontamente attuabili. La nozione del reato non esige, infatti, che il soggetto passivo sia stato posto nell'impossibilità assoluta di recuperare la libertà di movimento, essendo sufficiente che tale impossibilità sia anche soltanto relativa. (Nella specie i soggetti passivi, tra cui tre vecchi ed una bambina di tre anni, erano stati, per circa dieci minuti, rinchiusi in un vano munito di finestra distante dal suolo circa tre metri ed è stata ritenuta la sussistenza del reato).

Cass. pen. n. 12231/1978

Il delitto di sequestro di persona e quello di rapina aggravata concorrono quando una persona sia stata sequestrata esclusivamente per conseguire una somma di denaro come prezzo di liberazione e, in occasione del sequestro, siano state sottratte alla vittima, con violenza o minaccia, cose mobili da essa possedute. (Nella specie era stata sottratta con violenza l'autovettura ed il sequestrato era stato trasportato con la stessa propria auto fino al luogo della prima prigionia. È stato ritenuto il concorso di rapina aggravata e sequestro di persona).

Cass. pen. n. 6408/1978

Il delitto di violenza privata è rispetto a quello di sequestro di persona generico e sussidiario, cosicché pur avendo, o potendo avere, i due reati in comune l'uso della violenza, quando però la violenza è usata come mezzo per ottenere la privazione della libertà di locomozione di un soggetto, deve ritenersi la sussistenza del secondo e non del primo delitto.

Cass. pen. n. 157/1974

Per il delitto di sequestro di persona non si richiede uno specifico dolo, ma è sufficiente il dolo generico consistente nella consapevolezza di infliggere alla vittima illegittime restrizioni della sua libertà fisica, intesa come possibilità di attuare liberamente ogni determinazione circa il modo di vivere nel cosiddetto «spazio vitale» di ognuno: libertà di movimento soprattutto, per la soddisfazione delle normali esigenze della vita quotidiana, per prendere aria, luce, contatto col mondo esterno e con le persone che possono interessare anche per semplice bisogno di comunicazione sociale.