Art. 85 – Codice penale – Capacità d’intendere e di volere
Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile.
È imputabile chi ha la capacità d'intendere e di volere.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 33657/2024
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento del Tribunale, che aveva ritenuto tardiva la contestazione suppletiva dell'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen.).
Cass. civ. n. 27181/2024
In tema di reati divenuti procedibili a querela per effetto della modifica di cui al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il giudice del dibattimento, ove sia spirato il termine previsto dall'art. 85 d.lgs. citato in assenza di proposizione della querela, a seguito dell'instaurazione del contraddittorio e dell'ammissione delle prove, è tenuto a pronunciare sentenza di improcedibilità ex art. 129 cod. proc. pen., essendo inefficace, in quanto indicativa di un abuso del processo da parte del pubblico ministero, la contestazione di un'aggravante finalizzata esclusivamente a rendere il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica).
Cass. civ. n. 26418/2024
In tema di giudizio di legittimità, è ammissibile il ricorso che pone, con un motivo unico o che si accompagna ad altri motivi inammissibili, la questione di improcedibilità, per difetto di querela, di reati per i quali il d.lgs 10 ottobre 2022, n. 150, successivamente alla sentenza impugnata e nelle more della presentazione del ricorso, ha introdotto tale forma di procedibilità. (Fattispecie in tema di furto commesso su cose esposte alla pubblica fede).
Cass. civ. n. 24577/2024
In tema di divieto di espulsione dello straniero che versi in gravi condizioni psicofisiche o gravi patologie, ai sensi dell'art.19, comma 2 lett. d-bis del d. lgs. n. 286 del 1998, nella versione conseguente alla modifica disposta dall'art. 1, comma 1, lett. e) del d. l. n. 130 del 2020, conv. con modif. con l. n. 173 del 2020, ratione temporis applicabile, il giudice è tenuto a verificare, ove dedotte, l'effettiva ricorrenza di tali condizioni, al momento dell'emissione del decreto di espulsione, e se le stesse siano tali da determinare un rilevante pregiudizio alla salute nel caso di rientro nel paese di origine o di provenienza, senza che assumano rilievo profili legati alla suitas ovvero alla imputabilità di precedenti condotte di reato, per le quali lo stesso straniero sia stato condannato.
Cass. civ. n. 23713/2024
In tema di sequestro preventivo, il terzo che assume di avere diritto alla restituzione del bene sequestrato non può contestare l'esistenza dei presupposti della misura cautelare, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene stesso e l'assenza di collegamento concorsuale con l'indagato. (Fattispecie relativa a sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309).
Cass. civ. n. 23711/2024
In tema di determinazione del reddito, la rinuncia del socio ad un credito da finanziamento nei confronti della società, ai sensi dell'art. 88, comma 4, del TUIR, ratione temporis vigente, non genera una ripresa reddituale, ma ha una evidenza patrimoniale quando la liberazione della società dall'obbligo di restituzione del finanziamento, per effetto della suddetta rinuncia, produce per la stessa società il medesimo effetto dell'apporto di capitale, alla stregua di conferimento atipico, il quale non può costituire reddito di impresa, al pari della remissione del debito da parte di un terzo.
Cass. civ. n. 23276/2024
La presenza in giudizio di più difensori per la stessa parte implica che, in caso di irreperibilità del primo, la notifica del ricorso per cassazione va effettuata nei confronti del secondo, senza che la necessità dell'adempimento venga meno per rinuncia al mandato da parte di quest'ultimo, in quanto, in assenza di specifiche indicazioni della parte rappresentata, opera l'ultrattività del mandato prevista dall'art. 85 c.p.c.
Cass. civ. n. 21065/2024
Ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, i "disturbi della personalità" possono rientrare nel concetto di "infermità", purché siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere o di volere, escludendola o scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale. (Fattispecie in tema di peculato, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di merito che aveva escluso nell'agente la compromissione della capacità di volere, in mancanza di specifici elementi dimostrativi dell'effetto cogente dell'impulso all'azione asseritamente indotto dalla ludopatia).
Cass. civ. n. 20650/2024
Nel caso in cui la parte sia assistita da due difensori, uno dei quali abbia rinunciato al mandato, la notifica eseguita nei confronti dell'avvocato non rinunciante, ma presso il domicilio dell'altro legale, non è affetta da inesistenza, bensì da nullità, trattandosi di un procedimento notificatorio che non è privo dei suoi elementi essenziali.
Cass. civ. n. 20093/2024
In tema di reati divenuti procedibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ove sia decorso il termine previsto dall'art. 85 d.lgs. citato senza che sia stata proposta la querela, il giudice è tenuto, ex art. 129 cod. proc. pen., a pronunciare sentenza di improcedibilità, non essendo consentito al pubblico ministero la modifica dell'imputazione ex art. 517 cod. proc. pen. mediante contestazione di un'aggravante che renda il reato procedibile d'ufficio. (La Corte in motivazione ha precisato che la contestazione suppletiva di circostanza aggravante è idonea a produrre effetti giuridici solo se intervenga prima del verificarsi di una delle cause di non punibilità previste dall'art. 129 cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 18608/2024
In tema di stupefacenti, il disposto dell'art. 85-bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, novellato dall'art. 4, comma 3-bis, d.l. 15 settembre 2023, n. 123, introdotto dalla legge di conversione 13 novembre 2023, n. 159, che ha incluso il delitto di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. citato nel novero di quelli costituenti presupposto della confisca per sproporzione ex art. 240-bis, cod. pen., richiede, laddove siano contestati traffici di modesta gravità, cui solitamente corrispondono sequestri di somme, beni o utilità di non rilevante importo, una motivazione a sostegno del requisito della sproporzione tra possidenze dell'imputato e redditi leciti tanto più rigorosa quanto più modeste siano le somme sequestrate. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto correttamente disposto la confisca della somma di euro 240,90 a carico di un imputato, già più volte condannato per reati in materia di droga, senza fissa dimora, privo di un'occupazione stabile, che aveva genericamente addotto la provenienza di una parte della somma in questione dall'attività di commerciante ambulante, senza tuttavia fornire indicazioni precise in merito alla stessa).
Cass. civ. n. 17697/2024
L'ordinanza di esclusione della parte civile, di regola non rientrante nel novero dei provvedimenti impugnabili, è suscettibile di ricorso per cassazione ove affetta da abnormità, perché caratterizzata da un contenuto di assoluta singolarità, tale da risultare "extra-vagante" rispetto al sistema processuale. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto abnorme l'ordinanza di esclusione della parte civile emessa in un processo la cui udienza preliminare si era conclusa nel maggio del 2022 e, quindi, anteriormente all'entrata in vigore del disposto dell'art. 79 cod. proc. pen., nella formulazione novellata dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, applicabile, in forza della disposizione transitoria di cui all'art. 85-bis d.lgs. cit., ai soli processi nei quali, alla data del 30 dicembre 2022, l'udienza preliminare era in corso e gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti non erano ancora ultimati).
Cass. civ. n. 17532/2024
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, è consentito al pubblico ministero di modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che renda il reato procedibile d'ufficio. (In motivazione la Corte ha precisato che non si è realizzato alcun effetto preclusivo definitivo che imponga al giudice una pronuncia "ora per allora", dato che, nel caso di declaratoria di improcedibilità, a differenza dell'ipotesi di estinzione del reato, anche i fatti sopravvenuti assumono rilievo e i requisiti della pronuncia vanno accertati nel momento in cui la stessa deve essere resa).
Cass. civ. n. 17455/2024
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento sul rilievo che il tribunale non aveva consentito al pubblico ministero di contestare, in via suppletiva, l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., già descritta nell'imputazione, che avrebbe reso il delitto, avente ad oggetto un bene funzionalmente destinato a pubblico servizio, procedibile d'ufficio).
Cass. civ. n. 15673/2024
In tema di sequestro preventivo, il terzo intestatario del bene aggredito è legittimato a contestare, oltre alla fittizietà dell'intestazione, anche l'oggettiva confiscabilità del bene in difetto del "fumus commissi delicti" e del "periculum in mora", potendo l'assenza dei presupposti della confisca avvalorare la tesi della natura non fittizia, ma reale dell'intestazione. (Fattispecie relativa a sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309).
Cass. civ. n. 15098/2024
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento sul rilievo che il tribunale, ritenendo tardiva la contestazione suppletiva dell'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., valevole a rendere il delitto procedibile d'ufficio, era incorso in una nullità assoluta di ordine generale, concernente l'esercizio dell'azione penale).
Cass. civ. n. 14890/2024
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento del Tribunale, che aveva ritenuto tardiva la contestazione suppletiva dell'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen.).
Cass. civ. n. 14710/2024
E' affetta da nullità assoluta di ordine generale, per violazione del principio del contraddittorio, la sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. per carenza della prescritta condizione di procedibilità del reato, alla luce del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nel caso in cui il giudice abbia consentito l'interlocuzione delle parti solo sulla questione della procedibilità, ritenendo irrilevante, poiché tardiva, la modifica dell'imputazione da parte del pubblico ministero, mediante la contestazione di un'aggravante idonea, in astratto, a rendere il reato procedibile d'ufficio. (In motivazione, la Corte ha precisato che, ai fini della pronuncia di proscioglimento, anche per ragioni di rito introdotte da modifiche normative intervenute nel corso del giudizio, il giudice deve tenere conto della contestazione suppletiva di un'aggravante che renda il reato procedibile di ufficio, nonché valutare le sopravvenienze istruttorie acquisite nel corso del giudizio, suscettibili di confortare la plausibilità della contestazione suppletiva medesima).
Cass. civ. n. 14095/2024
In tema di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, il disposto di cui all'art. 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, novellato dall'art. 4, comma 3-bis d.l. 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, in legge 13 novembre 2023, n. 159, che ha incluso il delitto di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 nel novero di quelli costituenti presupposto della confisca per sproporzione ex art. 240-bis. cod. pen., si applica retroattivamente entro i limiti previsti dall'art. 200, comma primo, cod. pen., sicché, per l'individuazione del regime applicabile, deve aversi riguardo alla legge vigente al momento in cui è stata emessa la sentenza di primo grado.
Cass. civ. n. 13776/2024
In tema di furto di energia elettrica aggravato dall'uso fraudolento, divenuto procedibile a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la contestazione dell'aggravante della destinazione a pubblico servizio, che rende il delitto procedibile d'ufficio, non rileva qualora la stessa sia stata formulata dopo la scadenza del termine per la presentazione della querela da parte della persona offesa.
Cass. civ. n. 13775/2024
In tema di reati divenuti procedibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ove sia decorso il termine previsto dall'art. 85 d.lgs. citato senza che sia stata proposta la querela, il giudice è tenuto, ex art. 129 cod. proc. pen., a pronunciare sentenza di improcedibilità, non essendo consentito al pubblico ministero la modifica dell'imputazione ex art. 517 cod. proc. pen. mediante contestazione di un'aggravante che renda il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di improcedibilità fondata sul rilievo che il contestato furto aggravato dal mezzo fraudolento e dall'aver cagionato alla persona offesa un danno patrimoniale di rilevante gravità era divenuto procedibile a querela).
Cass. civ. n. 3741/2024
In tema di reati divenuti procedibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ove sia decorso il termine previsto dall'art. 85 d.lgs. citato senza che sia stata proposta la querela, il giudice è tenuto, ex art. 129 cod. proc. pen., a pronunciare sentenza di improcedibilità, non essendo consentito al pubblico ministero la modifica dell'imputazione ex art. 517 cod. proc. pen. mediante contestazione di un'aggravante che renda il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di improcedibilità fondata sul rilievo che il contestato furto con violenza sulle cose era divenuto procedibile a querela).
Cass. civ. n. 2776/2024
Sopravvenuta procedibilità a querela del reato per effetto della novella di cui al d.lgs. n. 150 del 2022 (cd. riforma Cartabia) - Contestazione suppletiva dell'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7), cod. pen., comportante la procedibilità d'ufficio del delitto - Possibilità - Limiti - Indicazione. In tema di furto, nel caso in cui il delitto abbia ad oggetto energia elettrica e l'azione penale risulti esercitata antecedentemente al 30/03/2023, data di entrata in vigore delle modifiche introdotte, con riguardo alla procedibilità, dall'art. 2, comma 1, lett. i), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentita al pubblico ministero la contestazione suppletiva dell'aggravante della destinazione del bene sottratto a un pubblico servizio, di cui all'art. 625, comma primo, n. 7), cod. pen., comportante la procedibilità d'ufficio del delitto, entro la prima udienza dibattimentale.
Cass. civ. n. 2577/2024
È ammissibile il ricorso per cassazione dell'imputato avverso la sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, sussistendo l'interesse dello stesso alla più favorevole declaratoria d'improcedibilità dell'azione penale ex art. 129 cod. proc. pen. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato di cui all'art. 590-bis cod. pen. per esito positivo della messa alla prova, emessa in data successiva all'entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per carenza della condizione di procedibilità della querela, rilevabile d'ufficio per i processi pendenti a tale data).
Cass. civ. n. 1061/2024
In tema di successione di leggi, qualora, nel corso del giudizio, sia introdotto per il reato in contestazione il regime di procedibilità a querela, e ne venga poi ripristinata la perseguibilità di ufficio, deve darsi applicazione alla legge le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, ai sensi dell'art. 2, comma quarto, cod. pen., attesa la natura mista, sostanziale e processuale, della querela. (Fattispecie relativa al delitto di violenza privata aggravato ai sensi dell'art. 416-bis.1 cod. pen., commesso prima che il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 escludesse la procedibilità d'ufficio, e giudicato dopo la reintroduzione del previgente regime da parte della legge 24 maggio 2023, n. 60).
Cass. civ. n. 50258/2023
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento sul rilievo che il tribunale non aveva consentito al pubblico ministero di contestare, in via suppletiva, l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., già descritta nell'imputazione, che avrebbe reso il delitto, avente ad oggetto un bene funzionalmente destinato a pubblico servizio, procedibile d'ufficio).
Cass. civ. n. 48347/2023
E' affetta da nullità assoluta di ordine generale, per violazione del principio del contraddittorio, la sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. per carenza della prescritta condizione di procedibilità del reato, alla luce del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nel caso in cui il giudice abbia consentito l'interlocuzione delle parti solo sulla questione della procedibilità, ritenendo irrilevante la modifica dell'imputazione da parte del pubblico ministero mediante la contestazione di un'aggravante idonea, in astratto, a rendere il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa al furto di energia elettrica, in cui la Corte ha precisato che, ai fini della pronuncia di proscioglimento, anche per ragioni di rito introdotte da modifiche normative intervenute nel corso del giudizio, una volta formulata da parte del pubblico ministero la contestazione suppletiva di un'aggravante che avrebbe reso il reato procedibile di ufficio, il giudice non può esimersi dal valutare le acquisizioni istruttorie onde adottare la decisione più favorevole per l'imputato).
Cass. civ. n. 47769/2023
In tema di reati divenuti perseguibili a querela a seguito della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, laddove sia decorso il termine per la presentazione della condizione di procedibilità ex art. 85 d.lgs. citato, modificare l'imputazione in udienza mediante la contestazione di una circostanza aggravante che rende il reato procedibile di ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento oggetto d'impugnativa sul rilievo che il tribunale non avesse consentito al pubblico ministero di contestare in via suppletiva la circostanza aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., già descritta nel capo di imputazione, che avrebbe reso il delitto procedibile di ufficio).
Cass. civ. n. 43790/2023
E' affetta da abnormità strutturale e funzionale, in quanto adottata in carenza di potere ed idonea a determinare una situazione di incertezza in ordine alla regolare costituzione del contraddittorio, l'ordinanza con cui il giudice dell'udienza preliminare, dopo aver disposto il rinnovo della notifica dell'avviso di fissazione di tale udienza, in precedenza omesso, alle persone offese, così rimettendole in termine per la costituzione di parte civile, abbia rigettato, all'udienza preliminare nuovamente fissata, la richiesta delle stesse di restituzione nel temine per la costituzione, non riconoscendo loro la qualifica di parti lese.
Cass. civ. n. 43255/2023
In tema di reati divenuti perseguibili a querela a seguito della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nel caso di intervenuto decorso del termine previsto all'art. 85 del d.lgs. citato senza che sia stata proposta la querela, è consentito al pubblico ministero di modificare l'imputazione in udienza mediante la contestazione di una circostanza aggravante per effetto della quale il reato divenga procedibile di ufficio, essendo lo stesso investito, anche in difetto di sopravvenienze dibattimentali rilevanti a tale fine, del potere-dovere di esercitare l'azione penale per un reato correttamente circostanziato. (Fattispecie di furto, in relazione alla quale, per effetto della contestazione suppletiva dell'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7 cod. pen., il delitto era divenuto procedibile di ufficio).
Cass. civ. n. 39179/2023
Le prescrizioni alle quali può essere condizionata, ex art. 85 disp. att. cod. proc. pen., la restituzione di cose sottoposte a sequestro probatorio devono essere funzionali alla natura e al contenuto dello specifico sequestro cui ineriscono e logicamente orientate a realizzarne le medesime finalità. (Fattispecie in tema di sequestro probatorio, in cui la Corte ha censurato l'ordinanza applicativa della misura cautelare reale in quanto le prescrizioni impartite, richiamando il "periculum" attuale e concreto derivante dall'utilizzo del bene, ove non messo in sicurezza, rispondevano alle diverse finalità del sequestro preventivo).
Cass. civ. n. 38953/2023
Le misure cautelari personali in corso di esecuzione, ivi comprese quelle disposte nei confronti di soggetto dichiarato latitante a seguito dell'evasione dagli arresti domiciliari, se emesse per reati commessi antecedentemente all'entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 e per effetto dello stesso divenuti perseguibili a querela, conservano ultrattività ex art. 85 d.lgs. citato, in attesa della presentazione della querela, fino a venti giorni dall'entrata in vigore del decreto medesimo, e perdono efficacia decorso inutilmente tale termine.
Cass. civ. n. 27691/2023
In tema di amministrazione di sostegno, il beneficiario è pienamente capace in relazione agli atti per i quali non è prevista una specifica incapacità - differenziandosi in ciò la sua condizione giuridica da quella dell'interdetto - di talché non possono applicarsi a tale soggetto, in via interpretativa e, quindi, a prescindere da una specifica valutazione giudiziale, le limitazioni previste dalla legge per gli interdetti, quale quella di contrarre matrimonio che, tuttavia, se disposta dal giudice, non può essere oggetto di impugnazione da parte dell'aspirante nubenda, attesa la natura personalissima del diritto in esame e l'estraneità di quest'ultima al relativo procedimento.
Cass. civ. n. 22659/2023
In tema di imputabilità, l'assenza della capacità di volere può assumere rilevanza autonoma e decisiva, valorizzabile agli effetti del giudizio ex artt. 85 e 88 cod. pen., anche in presenza di accertata capacità di intendere (e di comprendere il disvalore sociale della azione delittuosa), ove sussistano due essenziali e concorrenti condizioni: a) gli impulsi all'azione che l'agente percepisce e riconosce come riprovevole (in quanto dotato di capacità di intendere) siano di tale ampiezza e consistenza da vanificare la capacità di apprezzarne le conseguenze; b) ricorra un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato da quello specifico disturbo mentale, che deve appunto essere ritenuto idoneo ad alterare non l'intendere, ma il solo volere dell'autore della condotta illecita. Ne deriva che l'esistenza di un impulso, o di uno stimolo all'azione illecita, non può essere di per sé considerata come causa da sola sufficiente a determinare un'azione incoerente con il sistema di valori di colui che la compia, essendo, invece, onere dell'interessato dimostrare il carattere cogente nel singolo caso dell'impulso stesso.
Cass. civ. n. 22658/2023
In caso di ricorso per cassazione proposto al fine di dedurre il difetto della condizione di procedibilità in relazione a reato divenuto procedibile a querela a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (nella specie, furto aggravato dalla esposizione dei beni alla fede pubblica), qualora il giudice di legittimità non riscontri la presenza di tale atto, deve annullare senza rinvio la sentenza impugnata. (In fattispecie in cui risultava decorso il termine per la proposizione della querela di cui all'art.85, comma 1 del citato d.lgs., la Corte ha evidenziato che, sussistendo in capo alla pubblica accusa l'onere di allegazione di atti sopravvenuti che valgano a documentare la persistenza della procedibilità dell'azione penale, in assenza di un puntuale percorso normativo, i modelli organizzativi predisposti dalla Corte di cassazione al fine di evitare ritardi nella trasmissione delle querele da parte delle procure della Repubblica rappresentano esclusivamente uno scrupolo istituzionale volto all'avanzamento della tutela garantita dall'ordinamento alle persone offese con riguardo alla facoltà di sporgere querela).
Cass. civ. n. 17541/2023
In tema di noleggio con conducente, per effetto della norma di interpretazione autentica di cui all'art. 9, comma 3, del d.l. n. 244 del 2016, il legislatore ha sospeso l'efficacia - posticipata al 31 dicembre 2016 (divenuto successivamente 31 dicembre 2017) - delle fattispecie introdotte dall'art. 29, comma 1-quater, d.l. n. 207 del 2008 (inserito dalla legge di conversione n. 14 del 2009), le quali non hanno abrogato le previgenti disposizioni di cui agli artt. 3 e 11 della legge quadro n. 21 del 1992, ma le hanno soltanto integrate, con la conseguenza che queste ultime devono ritenersi vigenti e applicabili durante il periodo della indicata sospensione.
Cass. civ. n. 14700/2023
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto delle modifiche introdotte dall'art. 2 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento sul rilievo che il tribunale non aveva consentito al pubblico ministero di contestare, in via suppletiva, l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., che avrebbe reso il delitto, avente ad oggetto un bene funzionalmente destinato a pubblico servizio, procedibile d'ufficio, omettendo di valutare le sopravvenienze istruttorie suscettibili di avvalorare la legittimità di tale contestazione suppletiva).
Cass. civ. n. 12218/2023
In materia di valutazione dei titoli delle società di comodo, ai fini del test di operatività di cui all'art. 30, comma 1, lett. a), della l. n. 724 del 1994 ("ratione temporis" applicabile), il 2 per cento del valore dei beni (anche se immobilizzazioni finanziarie) indicati nell'articolo 85, comma 1, lett. c), TUIR non deve essere aumentato del valore dei crediti che siano infruttiferi ed insuscettibili di generare componenti positivi di reddito.
Cass. civ. n. 5422/2023
In tema di determinazione del reddito d'impresa, secondo la disciplina dettata dall'art. 55 (oggi art. 88), comma 4, TUIR, nella formulazione, vigente "ratione temporis", come introdotta dal d.l. n. 557 del 1993, conv. con modif. dalla l. n. 133 del 1994, a partire dall'esercizio 1993, la rinuncia, da parte del socio, ai crediti nei confronti della società non va considerata sopravvenienza attiva ove sia operata in conto capitale, atteso che, in tale ipotesi, esprime la volontà di patrimonializzare la società e non può, pertanto, essere equiparata alla remissione del debito da parte di un soggetto estraneo alla compagine sociale.
Cass. civ. n. 213/2023
In tema di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, la modifica introdotta all'art. 85-bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 dall'art. 4, comma 3-bis del d.l. 15 settembre 2023, n. 123 (introdotto dalla legge di conversione 13 novembre 2023, n. 159), che ha incluso la fattispecie di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 fra i delitti presupposto della confisca per sproporzione ex art. 240-bis cod. pen., si applica retroattivamente entro i limiti dettati dall'art. 200, comma primo, cod. pen., sicché, ai fini della individuazione del regime applicabile, deve aversi riguardo alla legge in vigore al momento in cui è stata emessa la sentenza di primo grado.
Cass. pen. n. 1372/2021
Nel giudizio di appello, è ammissibile la richiesta di rinnovazione del dibattimento per disporre perizia psichiatrica sulla capacità di intendere e volere dell'imputato anche nel caso in cui la decisione di primo grado sul punto non abbia formato oggetto di specifico e tempestivo motivo di gravame, in quanto l'accertamento dell'idoneità intellettiva e volitiva dell'imputato non necessita di richiesta di parte, potendo essere compiuto anche d'ufficio dal giudice di merito allorquando ci siano elementi per dubitare dell'imputabilità.
Cass. pen. n. 14795/2020
In tema di elemento soggettivo del reato, l'accertamento del dolo va tenuto distinto da quello dell'imputabilità e deve avvenire con gli stessi criteri valevoli per il soggetto pienamente capace anche nei confronti del soggetto non imputabile.
Cass. pen. n. 13778/2019
L'accertamento dell'infermità di mente dell'imputato va compiuto in relazione al fatto concreto addebitatogli ed al tempo in cui è stato commesso, onde la perizia psichiatrica espletata in altro procedimento, relativo a diverso fatto, non è mai vincolante nel giudizio successivo, nel quale la valutazione della capacità di intendere e di volere dell'imputato è correttamente compiuta alla stregua di un accertamento peritale del tutto indipendente da quello eseguito in precedenza.
Cass. pen. n. 11897/2019
L'accertamento della capacità di intendere e di volere dell'imputato costituisce questione di fatto la cui valutazione compete al giudice di merito e si sottrae al sindacato di legittimità se esaurientemente motivata, anche con il solo richiamo alle valutazioni delle perizie, se immune da vizi logici e conforme ai criteri scientifici di tipo clinico e valutativo.
Cass. pen. n. 6818/2015
La parafilia, in cui rientra la pedofilia, se non accompagnata da un disturbo psichiatrico maggiore, rappresenta una semplice devianza sessuale, senza influenza alcuna sulle capacità intellettive e volitive della persona.
Cass. pen. n. 17701/2013
In tema di imputabilità, il sordomutismo non è uno stato necessariamente psicopatologico, ma richiede soltanto che tanto la capacità, quanto l'incapacità nel sordomuto formino oggetto di uno specifico accertamento che deve essere compiuto caso per caso, per cui è sufficiente che tale verifica sia stata compiuta e che il giudice abbia congruamente motivato sul punto. (Fattispecie nella quale la S.C. ha annullato la decisione del giudice di merito, che aveva omesso di disporre una perizia, ritenendo sufficiente la consulenza tecnica del pubblico ministero, le cui risultanze si ponevano in contrasto con l'elaborato prodotto dalla difesa).
Cass. pen. n. 13237/2008
L'accertamento peritale relativo allo stato di mente dell'imputato compiuto in un determinato procedimento non ha di per sé solo rilevanza cogente in altro procedimento a carico del medesimo imputato sia pure per fatti commessi nel medesimo periodo temporale.
Cass. pen. n. 31753/2003
Perchè un minore di età sia riconosciuto — ai sensi del combinato disposto degli artt. 85, 88, 89 e 90 c.p. — incapace di intendere e di volere al momento della commissione del reato, è necessario l'accertamento di un'infermità di natura ed intensità tali da compromettere, in tutto od in parte, i processi conoscitivi, valutativi e volitivi del soggetto, eliminando od attenuando grandemente la capacità di percepire il disvalore sociale del fatto e di autodeterminarsi autonomamente. Pertanto, specifiche condizioni socio-ambientali e familiari nelle quali il minore sia eventualmente vissuto, particolarmente dolorose e laceranti, se pure possono aver avuto influenza negativa sul soggetto, inficiando le potenzialità di valutazione critica della propria condotta e agevolando il processo psicologico di “autolegittimazione” del crimine, non hanno, per ciò solo, compromesso la capacità del minore di rendersi conto del significato delle proprie azioni e di volizione delle stesse e quindi non rappresentano una forma di patologia mentale legittimante un giudizio di non imputabilità.
Cass. pen. n. 24614/2003
In tema di imputabilità, le anomalie che influiscono sulla capacità di intendere e di volere sono le malattie mentali in senso stretto, cioè le insufficienze celebrali originarie e quelle derivanti da conseguenze stabilizzate di danni cerebrali di varia natura, nonché le psicosi acute o croniche, contraddistinte, queste ultime, da un complesso di fenomeni psichici che differiscono da quelli tipici di uno stato di normalità per qualità e non per quantità. Ne consegue che esula dalla nozione di infermità mentale il gruppo delle cosiddette abnormità psichiche, come le nevrosi e le psicopatie, che non sono indicative di uno stato morboso e si sostanziano in anomalie del carattere non rilevanti ai fini dell'applicabilità degli artt. 88 e 89 c.p., in quanto hanno natura transeunte, si riferiscono alla sfera psico-intellettiva e volitiva e costituiscono il naturale portato di stati emotivi e passionali.
Cass. pen. n. 22834/2003
In tema di imputabilità, le anomalie caratteriali e le disarmonie della personalità, le quali non sono conseguenti ad uno stato patologico ma si collegano ad uno sviluppo mentale non molto progredito, non eliminano, né diminuiscono la capacità di rappresentazione e di autodeterminazione e quindi non hanno alcuna incidenza sulla imputabilità.
Cass. pen. n. 16260/2003
L'imputabilità, quale capacità di intendere e di volere, e la colpevolezza, quale coscienza e volontà del fatto illecito, esprimono concetti diversi ed operano anche su piani diversi, sebbene la prima, quale componente naturalistica della responsabilità, debba essere accertata con priorità rispetto alla seconda (in applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza con la quale i giudici di merito avevano escluso la sussistenza dell'elemento psicologico del reato di calunnia, facendo riferimento a elementi che riguardavano l'imputabilità ed il vizio totale e parziale di mente).
Cass. pen. n. 1775/2003
Per escludere lo stato di imputabilità non è sufficiente la condizione generica di tossicodipendenza, ma accorre che l'intossicazione da sostanze stupefacenti sia cronica ed abbia prodotto un'alterazione psichica permanente, ossia una psicopatologia stabilizzata non strettamente correlata all'assunzione di sostanze psicotrope.
Cass. pen. n. 5275/2000
Il giudice può addivenire al proscioglimento dell'imputato per incapacità di intendere e di volere solo dopo aver accertato la configurabilità, in termini materiali e di colpevolezza, del reato attribuito all'imputato stesso. (Nella specie la Corte ha annullato la sentenza di merito la quale, pur ricordando che numerosi procedimenti originati dalle innumerevoli accuse calunniose dell'imputato erano stati archiviati, aveva mancato di riferire e di esaminare quali fatti storici l'imputato avesse rappresentato nelle denunce e in che senso essi fossero contrari al vero).
Cass. pen. n. 8038/1997
Non esiste incompatibilità logico-giuridica tra due sentenze, emesse nei confronti dello stesso imputato per fatti diversi commessi in tempi diversi, delle quali una lo ritenga incapace e l'altra, viceversa, capace di intendere e di volere (ovvero di capacità grandemente scemata), e ciò in quanto l'infermità mentale può non costituire uno stato permanente dell'individuo e l'accertamento delle condizioni mentali, ai fini dell'imputabilità, deve essere effettuato in relazione al momento in cui viene commesso il reato. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto corretta la decisione di secondo grado che aveva ritenuto la capacità di intendere e di volere dell'imputato sulla base della perizia effettuata nel giudizio di primo grado, rigettando la richiesta di rinnovazione dell'accertamento peritale basata sulle opposte conclusioni cui erano pervenute altre sentenze precedenti e successive).
Cass. pen. n. 5885/1997
In tema di imputabilità, il complesso normativo costituito dagli artt. 85, 88, 89 e 90 del codice penale richiede, ai fini della esclusione o della attenuazione di essa, una infermità (termine inteso in una accezione più lata di quello «malattia») di natura ed intensità tali da compromettere i processi conoscitivi, valutativi e volitivi della persona, eliminando o scemando la capacità di percepire il disvalore sociale del fatto e di autodeterminarsi autonomamente. Le cosiddette «abnormalità psichiche», quali le nevrosi o le psicopatie, non indicative di uno stato morboso a differenza delle psicosi acute o croniche, e che si concretano in anomalie del carattere o della sfera affettiva, non sono annoverabili tra le infermità mentali anzidette e non sono rilevanti ai fini dell'applicazione degli artt. 88 e 89 del codice penale. Quanto alle cosiddette «reazioni a corto circuito», anche se normalmente riferibili a stati emotivi e passionali non integranti una condizione patologica, possono tuttavia costituire, in determinate situazioni, manifestazioni di una vera e propria malattia che compromette la capacità di intendere e di volere, incidendo soprattutto sull'attitudine della persona a determinarsi in modo autonomo, con possibilità di optare per la condotta adatta al motivo più ragionevole e, quindi, di resistere agli stimoli degli avvenimenti esterni: tali situazioni devono essere peraltro individuate sulla base degli schemi logici, normativi e scientifici che valgono a distinguere lo stato emotivo e passionale dalla infermità mentale nel senso sopra specificato, e valutate di volta in volta, con riferimento sia al complessivo stato mentale dell'agente, sia al suo comportamento specifico a fronte dello stimolo rispetto al quale ha reagito.
Cass. pen. n. 3164/1997
Le condizioni di mente dell'imputato ai fini della imputabilità debbono essere accertate in relazione al tempo in cui è stato commesso il reato da giudicare, perché può ben darsi il caso che il vizio di mente, riscontrato in relazione ad un determinato reato, venga successivamente escluso in relazione ad altro reato.
Cass. pen. n. 5689/1996
In tema di giudizio abbreviato, la definibilità del processo «allo stato degli atti», che costituisce la condizione per l'accesso al rito semplificato ai sensi del comma 1 dell'art. 440 c.p.p., è data dalla non suscettibilità di modificazione del quadro probatorio nel corso del giudizio, intesa nel senso che gli elementi già acquisiti devono coprire per intero la res iudicanda, compresi gli aspetti relativi alle circostanze attenuanti ed, in genere, ai dati occorrenti per la commisurazione della pena, nonché all'imputabilità dell'agente; non è dunque consentito, a tal fine, distinguere tra atti di acquisizione probatoria «in senso stretto» (concernenti la responsabilità) ed atti di acquisizione probatoria «in senso lato» (concernenti l'imputabilità) per ammettere l'esperibilità del giudizio abbreviato nei casi in cui debba essere verificata la capacità di intendere e di volere dell'imputato, la quale, ai sensi dell'art. 187 comma 1, c.p.p., forma indiscutibilmente oggetto di prova ed il cui accertamento mediante perizia psichiatrica si pone pertanto come impeditivo del procedimento speciale. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato la sentenza di secondo grado che aveva applicato la diminuente «premiale» ritenendo che il giudizio si sarebbe potuto definire nell'udienza preliminare, nonostante risultasse la necessità di ulteriori accertamenti, effettivamente ed utilmente svolti nel dibattimento di primo grado, circa la capacità di intendere e di volere dell'imputato).
Cass. pen. n. 12774/1995
L'imputato che chiede il giudizio abbreviato sa che sarà giudicato alla stregua del compendio probatorio assemblato dal P.M. nel corso delle indagini preliminari, e quindi rinuncia all'acquisizione di ulteriori elementi di prova, concernenti la sussistenza del fatto e la responsabilità che ne deriva. Ma non rinuncia, né potrebbe rinunciare, all'accertamento della imputabilità, che è inderogabilmente affidato al giudice, il quale, ove sorga il problema della capacità di intendere e di volere del giudicabile - così come di quello della sua cosciente partecipazione al processo, cui fa riferimento l'art. 70 c.p.p. - può disporre i necessari accertamenti. Ed è evidente che nell'un caso, come nell'altro, l'atto da compiere lasci integro il compendio probatorio, che quindi consentirà il giudizio di colpevolezza alla stregua degli atti raccolti nelle indagini preliminari e, conseguentemente, l'adozione del rito abbreviato.
Cass. pen. n. 5924/1995
Anche nel giudizio abbreviato in fase di appello, l'accertamento dell'imputabilità, quale capacità di intendere e di volere del soggetto, costituisce una verifica doverosa per il giudice, riguardando un presupposto necessario in mancanza del quale nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, e non è, quindi, riconducibile al concetto di acquisizione di nuove prove, per cui esisterebbe la preclusione rappresentata dalla particolarità del rito prescelto, connotato dalla decisione allo stato degli atti. (Nella fattispecie l'imputato aveva sostenuto di essere stato, al momento del fatto, in stato di semiincoscienza dovuto all'etilismo cronico di cui era affetto).
Cass. pen. n. 3170/1995
In tema di imputabilità le c.d. «reazioni a corto circuito», anche se normalmente sono riferibili a stati emotivi e passionali non integranti una condizione patologica, possono tuttavia costituire, in determinate situazioni, manifestazioni di una vera e propria malattia che compromette la capacità di intendere e di volere, incidendo soprattutto sull'attitudine della persona a determinarsi in modo autonomo, con possibilità di optare per la condotta adatta al motivo più ragionevole e di resistere, quindi, agli stimoli degli avvenimenti esterni.
Cass. pen. n. 2584/1993
Spetta al giudice per le indagini preliminari verificare, in sede di convalida dell'arresto, sulla base della documentazione sanitaria in atti e del contenuto dell'interrogatorio svolto, se l'arrestato fosse capace di intendere e di volere al momento della commissione del fatto. (Fattispecie nella quale la Suprema Corte ha respinto il ricorso del P.M. contro l'ordinanza che non convalida l'arresto in flagranza, rilevando che l'eventuale incapacità di intendere o di volere non è agevolmente individuabile nel corso dell'attività di polizia giudiziaria).
Cass. pen. n. 5347/1993
Nel caso di soggetti che abbiano raggiunto la maggiore età, la capacità di intendere e di volere, siccome connaturale, secondo l'id quod plerumque accidit, a ciascun essere umano, è da considerare presunta, salvo che sussistano specifici e concreti elementi atti a far ragionevolmente ritenere che, nella singola fattispecie, detta presunzione possa essere superata da risultanze di segno contrario. In tema di omicidio, tuttavia, la sussistenza di siffatti elementi non è automaticamente riconoscibile per il solo fatto che il delitto sia caratterizzato da particolare efferatezza e brutalità, ovvero sia riconducibile ad una causale che appaia inadeguata. Tali caratteristiche, infatti, ben possono rapportarsi ad un'indole particolarmente crudele e malvagia del colpevole, o ad una sua peculiare reattività, senza alcuna implicazione di natura psicopatologica, tanto è vero che il legislatore ne ha previsto l'inquadrabilità fra le circostanze aggravanti (art. 61, nn. 1 e 4, c.p.).
Cass. pen. n. 4954/1993
In tema di imputabilità, la cosiddetta «reazione a corto circuito», quando non risulti dimostrato il suo collegamento ad uno stato patologico, risolvendosi in un turbamento di carattere transitorio, dovuto a forte eccitazione emotiva o a una condizione di passionalità, non incide sulla capacità di intendere e di volere.
Cass. pen. n. 3031/1993
L'epilessia non costituisce di per sé una malattia che comporti uno stato permanente di infermità mentale nel soggetto; la incapacità di intendere o volere è invece ravvisabile nel momento del raptus, vale a dire allorché il malato è colto da una crisi epilettica che, provocando movimenti e spasmi incontrollabili possa determinare movimenti degli arti e del corpo dei quali il malato, in quel momento, non può rendersi conto.
Cass. pen. n. 1895/1993
L'infermità psichica dell'imputato non può essere desunta da malattia precedentemente diagnosticata, né dall'indagine peritale espletata nel corso di altro procedimento, ma deve formare oggetto di accertamento in relazione al fatto addebitato ed al tempo in cui esso è stato commesso, a condizione che sia specificamente allegata. (La Suprema Corte ha disatteso la doglianza concernente la mancata esecuzione d'una perizia psichiatrica, rilevando che l'infermità non era stata dedotta coi motivi d'appello e non aveva formato oggetto di allegazione nel giudizio di primo grado da parte del difensore, che aveva così contravvenuto al relativo onere).
Cass. pen. n. 1298/1993
In tema di imputabilità, posto che la capacità di intendere e di volere dell'adulto (a differenza di quanto si verifica nel caso del minore ultraquattordicenne), forma oggetto di una vera e propria presunzione, sia pure iuris tantum, l'obbligo di motivazione sul punto, quando la detta capacità sia ritenuta sussistente, va posto in stretta correlazione con la prospettazione, da parte della difesa, di elementi specifici potenzialmente atti a vincere la detta presunzione; attitudine, questa, che può essere riconosciuta solo quando i detti elementi si appalesino idonei a dimostrare l'esistenza di una vera e propria «infermità» la quale, pur non dovendo necessariamente identificarsi in una infermità propriamente «psichica» (come è invece richiesto, non a caso, dagli artt. 219 e 222 c.p. ai fini dell'applicazione delle misure di sicurezza ivi previste), deve tuttavia essere caratterizzata (poiché altrimenti non si tratterebbe neppure di «infermità»), da inequivocabili connotazioni patologiche, obiettivamente rilevabili, indipendentemente dalla loro classificabilità o meno in una o in un'altra categoria nosologica.
Cass. pen. n. 382/1993
La capacità di intendere e di volere, con riguardo ai maggiori degli anni diciotto, è presunta fino a prova contraria. Tale presunzione non può dirsi vinta, a rigore, neppure dalla accertata esistenza di infermità psichiche, quando non risulti che queste, per la loro natura e gravità, siano effettivamente tali da poter escludere o scemare grandemente la detta capacità. A maggior ragione, quindi, è da escludere che la presunzione in questione possa venir meno quando, in un contesto caratterizzato da assoluta normalità di comportamenti, la sussistenza di alterazioni psicopatologiche venga data semplicemente come possibile, senza alcuna specificazione della natura e, soprattutto, della gravità che tali alterazioni potrebbero avere.
Cass. pen. n. 10207/1992
La «marginalità» e la «devianza sociale maggiore» non incidono sulla capacità di intendere e di volere, ove non si evidenzino nel quadro clinico significativi elementi patologici che, esulando dalle mere disarmonie comportamentali e da un alterato rapporto con la realtà, denotino turbe di carattere psichiatrico.
Cass. pen. n. 15224/1990
Nel reato colposo conseguente ad incidente stradale il malore improvviso del conducente di un veicolo va considerato sotto il profilo dell'imputabilità, e non del caso fortuito, poichè il fatto patologico sopprime la capacità di autodeterminazione, con la conseguenza che l'onere della prova non grava sull'imputato, spettando al giudice accertare l'esistenza del malore, in ordine al quale si dovrà tener conto degli elementi accertati e di quegli altri elementi specifici di valutazione che è tenuto ad allegare chi invoca la detta causa di esclusione della colpa.
Cass. pen. n. 12366/1990
Nel caso in cui le reazioni «a corto circuito» sono caratterizzate dal fatto che tra la rappresentazione nella coscienza del fattore motivante (stimolo) e la conseguente esecuzione trascorre un certo lasso di tempo durante il quale il soggetto, pur avendone la possibilità, non valuta tutti i contromotivi e le conseguenze della propria azione, è evidente che esse comprimono quella capacità di volere la cui presenza è necessaria perché si abbia imputabilità. Infatti anche se risulta integra la capacità di intendere viene in tali manifestazioni compromessa quella capacità di volere intesa come attitudine della persona a determinarsi in modo autonomo con possibilità di optare per la condotta adatta al motivo che appare più ragionevole e quindi di resistere agli stimoli degli avvenimenti esterni.
Cass. pen. n. 6234/1990
Per l'accertamento della capacità di intendere e di volere dell'imputato maggiore di età non è necessaria una specifica indagine tecnica, quando non risultino particolari stati patologici.
Cass. pen. n. 1945/1990
In tema di reati colposi connessi alla circolazione stradale, poichè il malore improvviso incide sull'imputabilità, non rientrando nella categoria giuridica del caso fortuito, deve essere accertato d'ufficio dal giudice e non provato dall'imputato. Costui, tuttavia, ha l'obbligo di allegazione e di indicazione degli elementi specifici di valutazione su cui l'assunto si fonda. Ne consegue, pertanto, che in caso di dubbio è consentita la pronuncia di una sentenza di assoluzione per insufficienza di prove.
Cass. pen. n. 10218/1989
Ai fini dell'imputabilità lo stato di tossicodipendenza può assumere rilevanza soltanto se sul medesimo si innesti e si sovrapponga uno stato patologico riguardante anche la capacità di intendere e di volere.
In tema di reati colposi connessi alla circolazione stradale, poichè il malore improvviso incide sull'imputabilità, non rientrando nella categoria giuridica del caso fortuito, deve essere accertato d'ufficio dal giudice e non provato dall'imputato. Costui, tuttavia, ha l'obbligo di allegazione e di indicazione degli elementi specifici di valutazione su cui l'assunto si fonda. Ne consegue, pertanto, che in caso di dubbio è consentita la pronuncia di una sentenza di assoluzione per insufficienza di prove.
Cass. pen. n. 485/1989
L'indagine sulla colpevolezza di un soggetto ad imputabilità diminuita va effettuata con gli stessi criteri adottabili nei riguardi del soggetto pienamente capace, nei casi contraddistinti da un dolo generico come l'omicidio, la rapina, il furto, le lesioni.
Cass. pen. n. 10828/1988
L'imputabilità attiene ad uno stato del oggetto agente e non al fatto e, pertanto, non è possibile inquadrare il tema della capacità psichica in quello della definizione giuridica del fatto. Da ciò consegue che il giudice di appello non può prendere in esame la richiesta di una nuova indagine sulla capacità di intendere e di volere, e disporre nuova perizia psichiatrica, nel caso in cui la decisione di primo grado sul punto non abbia formato oggetto di specifico motivo di gravame. Né, d'altra parte, tale questione, per la sua peculiare individualità, può formare oggetto di devoluzione implicita.
Cass. pen. n. 10264/1988
Il riconoscimento di un'infermità di mente contenuto in una sentenza non può vincolare il giudice di altro procedimento successivo a carico della stessa persona, poiché l'accertamento delle condizioni mentali dell'imputato deve essere fatto in relazione al tempo in cui è stato commesso il reato da giudicare; in tale nuovo accertamento il giudice del merito può anche discostarsi dalle affermazioni dei periti e desumere, direttamente, la capacità di intendere e di volere dell'imputato dalla sua personalità complessiva, dalla condotta posta in essere, oltreché dalle modalità e dalla natura dei fatti commessi.
Cass. pen. n. 4861/1988
Il grado d'incidenza della malattia sulla capacità d'intendere e di volere deve essere valutato in concreto e non con richiami a classificazioni scientifiche enunciate in astratto, poiché le malattie mentali hanno portata diversa sui singoli organismi e si ripercuotono, quindi, in modo più o meno grave sulle facoltà intellettive dei singoli soggetti. (Nella specie, relativa ad annullamento per vizio di motivazione, i giudici di merito si erano limitati ad un mero richiamo astratto agli effetti negativi dell'epilessia sulle facoltà mentali, senza conoscere nemmeno di quale forma di essa si trattasse, ed avevano fatto riferimento, per sorreggere la sanità mentale dell'imputato, all'esito della perizia psichiatrica espletata da altro giudice in altro procedimento, senza conoscere né una sola considerazione né la conclusione di tale accertamento).
Cass. pen. n. 2406/1985
L'accertamento dell'infermità di mente dell'imputato va compiuto in relazione al fatto concreto addebitatogli, perché quello eseguito in altro procedimento, relativo a diverso fatto non è mai vincolante nel giudizio successivo. L'indagine ai fini dell'imputabilità deve essere operata in relazione al tempo in cui è stato commesso il fatto da giudicare, poiché la malattia precedentemente rilevata può successivamente essere guarita, scemata o localizzata ad una determinata sfera di attività.
Cass. pen. n. 1407/1985
Nel caso in cui, per il tempo trascorso dal fatto e per l'età frattanto raggiunta dall'imputato, l'accertamento della capacità di intendere e di volere del minore infradiciottenne al momento del fatto non possa essere più effettuata utilmente o si riveli addirittura impossibile, l'imputato deve essere assolto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 85 e 98 c.p., quale persona non imputabile, senza aggiunte o specificazioni.
Cass. pen. n. 10440/1984
Colpevolezza e imputabilità agiscono su piani diversi, poichè la seconda costituisce il presupposto non solo logico e giuridico, ma anzitutto naturalistico della prima. Pertanto, i due concetti sono fra loro indipendenti, sicchè l'indagine sulla colpevolezza, presupponendo il superamento logico di quella sulla imputabilità, non può ulteriormente essere influenzata da quest'ultima, nemmeno nell'ipotesi di ridotta capacità di intendere e di volere. Infatti, nello status di imputabilità diminuita per vizio parziale di mente residua pur sempre — anche se scemata — la capacità di intendere e di volere, la cui diminuzione non postula un concetto di dolo diverso dall'art. 43 c.p. e può avere influenza nei reati qualificati da peculiare dolo specifico, ma non in quelli caratterizzati dalla sufficienza del dolo generico. (Nella specie il ricorrente, imputato di diserzione, aveva denunciato la violazione dell'art. 43 c.p., per difetto dell'elemento psicologico in quanto il proprio comportamento era stato determinato dalla volontà di sottrarsi, con la fuga, al suicidio. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenuto ininfluente il fine perseguito dall'imputato, poichè il reato in esame richiede il dolo generico ed è quindi sufficiente la sola coscienza e volontà della condotta, perciò non rilevando, ove sussistente, nemmeno il dolo alternativo).
Cass. pen. n. 4420/1984
Ai fini dell'accertamento della capacità di intendere e di volere, lo stato di intossicazione da stupefacenti deve essere riferito al momento della consumazione del reato, con la più ampia discrezionalità per il giudice di accertarne l'entità e gli effetti onde stabilire il grado di imputabilità dell'imputato.
Cass. pen. n. 1204/1984
L'imputabilità deve sussistere in tutti e tre i momenti in cui si sviluppano il reato e le sue conseguenze: quello attuativo, quello del suo accertamento, quello dell'esecuzione della relativa sanzione penale (detentiva). La sua mancanza produce conseguenze diverse a seconda del momento cui interviene. Se nel primo momento, si ha la non punibilità dell'autore per mancanza di imputabilità; se nel secondo, la sospensione del procedimento; se nel terzo, il differimento o la sospensione dell'esecuzione della pena.
Cass. pen. n. 7855/1982
L'imputabilità è una componente di carattere naturalistico della responsabilità penale dell'autore del reato e, come tale, è un dato esterno al fatto criminoso. L'antigiuridicità è la semplice valutazione del fatto tipico ed, in quanto tale, ad esso immanente. Ne consegue che la prova della prima va ricavata dalla completa dimostrazione che non sussistano le relative cause di esclusione o di limitazione, mentre la prova della seconda va desunta soltanto dalla mancanza di precisi elementi di fatto debitamente e compiutamente accertati (cause di giustificazione). La normalità psichica si verifica quando nel soggetto le tensioni determinate dai sentimenti, dai bisogni, dai desideri e dagli interessi si svolgano senza particolari conflitti psichici e si traducono in corrispondenti azioni, di cui costituiscono il motivo determinante.
Cass. pen. n. 7327/1982
Ai fini dell'imputabilità, l'espressione capacità di intendere indica l'idoneità del soggetto a valutare il significato e gli effetti della propria condotta, mentre quella di volere indica l'attitudine dello stesso ad autodeterminarsi in relazione ai normali impulsi che motivano l'azione.
Cass. pen. n. 12093/1980
L'improvviso malore da cui sia colpito il conducente di un autoveicolo non costituisce caso fortuito, ma è evento che incide, escludendole, sulla coscienza e volontarietà della condotta. Conseguentemente, grava sull'imputato soltanto un onere di allegazione ed è ammissibile l'assoluzione per insufficienza di prove.
Cass. pen. n. 6369/1980
La capacità d'intendere e di volere, intesa come l'attitudine del soggetto a rendersi conto del valore sociale dell'atto che compie ed a discernerne e valutarne le conseguenze e ad autodeterminarsi nella selezione dei molteplici motivi che esercitano nella sua coscienza una particolare attrattiva, può essere desunta, indipendentemente da un accertamento tecnico, dall'esame congiunto della condotta e della personalità dell'imputato, nonchè delle modalità e della natura dei fatti commessi.
Cass. pen. n. 10444/1979
L'incapacità di intendere e di volere presuppone un'incapacità del soggetto di rappresentarsi l'evento verso il quale la sua azione è diretta, a discenderne e a valutarne gli effetti, ad autodeterminarsi nelle selezione dei molteplici motivi che esercitano sulla sua coscienza una particolare attrattiva e quindi anche ad inibirsi paralizzando l'impulso di azione.