17 Mar Articolo 383 Codice di procedura civile — Cassazione con rinvio
La Corte, quando accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli richiamati nell’articolo precedente, rinvia la causa ad altro giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza cassata [ disp. att. 125, 126, 129bis ].
Nel caso previsto nell’articolo 360 secondo comma, la causa può essere rinviata al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull’appello al quale le parti hanno rinunciato.
La Corte, se riscontra una nullità del giudizio di primo grado per la quale il giudice d’appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, rinvia la causa a quest’ultimo.
Nelle ipotesi di cui all’articolo 348 ter, commi terzo e quarto, la Corte, se accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli indicati dall’articolo 382, rinvia la causa al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull’appello e si applicano le disposizioni del libro secondo, titolo terzo, capo terzo, sezione terza.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”16″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 8600/2014
Qualora il giudice d’appello non abbia rimesso le parti dinanzi al giudice di primo grado, omettendo di rilevare l’errore da questi compiuto nel dichiarare l’estinzione del giudizio, con la cassazione della sentenza di appello deve essere disposto il rinvio al giudice di primo grado come previsto dall’art. 383 cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 25250/2013
Qualora il giudice di appello abbia illegittimamente rimesso al giudice di primo grado la causa per omessa integrazione del contraddittorio e la Corte di cassazione rilevi detto errore commesso dal giudice di secondo grado, la causa va cassata con rinvio al medesimo giudice di appello (rinvio di tipo restitutorio), che resta investito del potere di riesaminare il merito della causa, nell’ambito di un giudizio nel quale le parti, salvi i limiti dell’impugnazione a suo tempo proposta, hanno la facoltà di svolgere tutte le difese e le argomentazioni che risultino compatibili con il rito di secondo grado, o la cui proposizione sia ammissibile in sede di gravame.
Cass. civ. n. 8723/2012
Il principio dell’alterità del giudice di rinvio, sancito dall’art. 383 c.p.c., è rispettato sia quando, dopo la cassazione la causa venga rinviata ad altro ufficio giudiziario, sia quando il rinvio avvenga allo stesso ufficio in diversa composizione, ovvero ad altro giudice monocratico dello stesso ufficio, purché non sussista identità personale tra il giudice del rinvio e quello che pronunziò la sentenza cassata. È, pertanto, onere della parte che, ricorrendo per cassazione avverso la sentenza pronunciata in sede di rinvio, ne invochi la nullità per violazione dell’art. 383 c.p.c., allegare e provare che la pronuncia di rinvio sia stata decisa dalle stesse persone fisiche che pronunciarono la sentenza cassata con rinvio.
Cass. civ. n. 22944/2010
In tema di controversie agrarie deve essere sempre designata, come giudice di rinvio, la stessa sezione specializzata agraria che ha reso la sentenza cassata, stante l’assoluta inderogabilità delle sezioni agrarie non solo “ratione materiae”, ma anche “ratione loci”, la quale si giustifica con l’esigenza di assicurare alle parti un organo meglio adatto, per la sua composizione, a valutare la situazione agricola del luogo, in rapporto alla natura dei terreni e delle colture e alle consuetudini della zona.
Cass. civ. n. 21542/2008
La designazione del giudice di rinvio, operata dalla Corte di Cassazione a seguito dell’annullamento della sentenza impugnata, attribuisce al detto giudice una competenza funzionale ratione materiae che non può essere modificata dal giudice del rinvio. (Nella specie la S.C. ha ritenuto ininfluente, sebbene erroneo, che, a seguito di riassunzione del giudizio, dinanzi al Tribunale, quale giudice d’appello, la discussione della causa fosse stata assegnata al giudice monocratico del medesimo ufficio, anziché al collegio, e questi, investito della controversia, non avesse ritenuto di rimettere gli atti al presidente del Tribunale per la corretta designazione del giudice collegiale del medesimo ufficio, dichiarando, invece, con sentenza, l’inammissibilità del ricorso in riassunzione in quanto diretto ad un organo giudicante di primo grado, quale il Tribunale in composizione non collegiale ).
Cass. civ. n. 5087/2008
La sentenza che dispone il rinvio a norma dell’art. 383, primo comma, c.p.c. (cosiddetto rinvio proprio o prosecutorio ), contiene una statuizione di competenza funzionale nella parte in cui individua l’ufficio giudiziario davanti al quale dovrà svolgersi il giudizio rescissorio (che potrà essere lo stesso che ha emesso la pronuncia cassata o un ufficio territorialmente diverso, ma sempre di pari grado ) ed una statuizione sull’alterità del giudice rispetto ai magistrati persone fisiche che hanno pronunciato il provvedimento cassato. Ne consegue che, se il giudizio viene riassunto davanti all’ufficio giudiziario individuato nella sentenza della Corte di cassazione, indipendentemente dalla sezione o dai magistrati che lo trattano, non sussiste un vizio di competenza funzionale, che non può riguardare le competenze interne tra sezioni o le persone fisiche dei magistrati ; se, invece, il giudizio di rinvio si svolge davanti allo stesso magistrato persona fisica (in caso di giudizio monocratico ) o davanti ad un giudice collegiale del quale anche uno solo dei componenti aveva partecipato alla pronuncia del provvedimento cassato, essendo violata la statuizione sull’alterità, sussiste una nullità attinente alla costituzione del giudice, ai sensi dell’art. 158 c.p.c., senza che occorra fare ricorso alla ricusazione (art. 52 c.p.c. ), essendosi già pronunciata la sentenza cassatoria sull’alterità.
Cass. civ. n. 17457/2007
In tema di designazione da parte della Corte di cassazione del giudice di rinvio, la ragione della immodificabilità della stessa (al di fuori dell’ipotesi di un errore materiale, cui può sopperire il rimedio della correzione) e, quindi, anche della impossibilità di prospettare la non conformità a diritto di essa nel giudizio di cassazione conseguente allo svolgimento di quello di rinvio, non risiede tanto nel carattere funzionale ed inderogabile della competenza del giudice di rinvio, bensì nella circostanza che, non prevedendo il nostro ordinamento processuale civile l’impugnazione delle sentenze della Corte di cassazione, al di fuori dell’ipotesi di revocazione di cui all’art. 391 bis c.p.c. (ed ora – dopo il D.Lgs. n. 40 del 2006 – da quelle di revocazione ed opposizione di terzo di cui all’art. 391 ter, limitatamente alla cassazione con decisione nel merito), la designazione del giudice di rinvio, quale parte della statuizione della Cassazione, non è suscettibile di essere messa in discussione, perché su di essa, quale questione di rito, si forma nell’ambito del processo in cui è intervenuta, la cosa giudicata formale.
Cass. civ. n. 26832/2006
… Qualora il giudice d’appello, pur avendo rilevato il vizio di rito in cui sia incorso il primo giudice nel dichiarare estinto il giudizio, non gli abbia rimesso la causa, dichiarando esso stesso l’estinzione del giudizio, con la cassazione della sentenza di appello deve essere disposto il rinvio al giudice di primo grado come previsto dall’art. 383, ultimo comma, c.p.c. che disciplina virtualmente tutte le ipotesi cosiddette di rinvio improprio al giudice di primo grado, tra le quali non possono non rientrare quelle in cui si ravvisino violazioni degli strumenti destinati a dare attuazione al principio del contraddittorio, per omissione o nullità degli atti volti a provocare, anche nel corso del procedimento di primo grado, la costituzione di altre parti nei confronti delle quali deve essere pronunciata la decisione.
Cass. civ. n. 24972/2006
In tema di contenzioso tributario, qualora la commissione tributaria regionale, dopo aver accertato la mancata comunicazione dell’avviso di trattazione della controversia in primo grado, invece di disporre la rimessione della causa alla commissione tributaria provinciale, come previsto dall’art. 59, comma primo, lettera b), del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, abbia consentito al contribuente di produrre la documentazione posta a fondamento del ricorso, decidendo poi la causa nel merito, l’intervenuta regolarizzazione del contraddittorio nel giudizio di secondo grado, con possibilità per il contribuente di esplicitare tutte le proprie difese, non consente alla Corte di cassazione di annullare la sentenza di appello con riferimento all’iniziale vizio che inficiava la sentenza di primo grado, posto che la cassazione con rinvio, ai sensi dell’art. 383, primo comma, c.p.c., è prevista soltanto al fine di consentire una valutazione di merito, nella specie ampiamente espletata ed adeguatamente motivata.
Cass. civ. n. 16577/2005
La mancata segnalazione, da parte del giudice, di una questione sollevata d’ufficio che comporti nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, modificando il quadro fattuale, determina nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa delle parti, private dell’esercizio del contraddittorio, con le connesse facoltà di modificare domande ed eccezioni, allegare fatti nuovi e formulare richieste istruttorie sulla questione che ha condotto alla decisione solitaria. Qualora la violazione, nei termini suindicati, si sia verificata nel giudizio di appello, la sua deduzione in cassazione determina, se fondata, la cassazione della sentenza con rinvio, affinché in tale sede, in applicazione dell’art. 394, terzo comma, c.p.c., sia dato spazio alle attività processuali che la parte abbia lamentato di non aver potuto svolgere a causa della decisione solitariamente adottata dal giudice. (Sulla base di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, con cui il giudice di appello aveva rigettato l’azione revocatoria promossa da una banca nei confronti di un atto di disposizione patrimoniale posto in essere da un fideiussore, rilevando d’ufficio la nullità della fideiussione, ai sensi dell’art. 10 della legge 17 febbraio 1992, n. 154, senza rimettere la causa sul ruolo per consentire all’attrice di allegare e provare che il debito garantito derivava da operazioni bancarie poste in essere anteriormente all’entrata in vigore della predetta disposizione, non avente efficacia retroattiva).
Cass. civ. n. 8786/2005
La designazione del giudice di rinvio, individuata dalla S.C. a seguito dell’annullamento della sentenza impugnata in altra sezione della stessa Corte di appello, attribuisce al detto giudice una competenza funzionale ratione materiae che non può essere modificata né dal giudice del rinvio, né dalla S.C. Ne consegue che deve ritenersi emessa da giudice incompetente la sentenza pronunciata in sede di rinvio dalla stessa sezione della Corte di appello, anche se operante con due distinti collegi.
Cass. civ. n. 1462/2003
Allorquando si sia verificata violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata nè dal giudice di primo grado, che non ha disposto la integrazione del contraddittorio, nè da quello di appello che non ha provveduto a rimettere la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354, primo comma, c.p.c., resta viziato l’intero procedimento e si impone, in sede di giudizio per cassazione, l’annullamento, anche di ufficio, delle pronunce emesse e il rinvio della causa al giudice di prime cure a norma dell’art. 383, ultimo comma, c.p.c.
Cass. civ. n. 12143/2002
La cassazione della sentenza di appello, con rimessione della causa ad altro giudice di pari grado di quello che ha emesso la sentenza cassata non pone in nessun caso nel nulla la sentenza di primo grado, in quanto ciò si verifica solo se la Suprema Corte ravvisa l’esistenza di una nullità nel giudizio di primo grado per la quale il giudice d’appello avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ed in questo caso la Suprema Corte rinvia la causa ad un giudice di primo grado, e non a diversa sezione della Corte d’appello.
Cass. civ. n. 2016/2001
Il principio secondo cui, per il fatto che le decisioni della Corte di Cassazione non possono essere riformate, è inammissibile l’individuazione di un nuovo giudice in sostituzione di quello designato dalla precedente sentenza di annullamento della Cassazione, non opera nei casi in cui si sia di fronte all’ipotesi in cui la Suprema Corte abbia semplicemente disposto — ope legis — la remissione della causa al primo giudice, per il fatto del ricorso di una delle ipotesi di nullità considerate dall’ultimo comma dell’art. 383 c.p.c. e della conseguente esigenza che il processo si rinnovi ab imis. Più in particolare, nell’ipotesi in cui il rinvio sia avvenuto per l’integrazione del contraddittorio nel caso di litisconsorzio necessario, il giudizio è destinato a riprendere il suo corso nella pienezza — per le parti quali risultanti dalla integrazione del contraddittorio — di tutti i poteri processuali, in essi compresi anche la legittimazione di quelle pretermesse nella fase iniziale, ad eccepire ed a sollevare il problema della competenza territoriale, la quale dovrà essere determinata non più solo in relazione alle parti originarie, ma a tutti i litisconsorti necessari, senza — d’altronde — che, nell’ipotesi in cui il processo fosse stato originariamente instaurato sulla base del foro determinato ai sensi del comma secondo dell’art. 18 c.p.c. (foro del convenuto privo di residenza, domicilio o dimora nello Stato, o dimora sconosciuta) possa ritenersi applicabile l’art. 33 c.p.c. che, nell’ipotesi di cause contro più persone connesse per l’oggetto o per il titolo, consente l’instaurazione di un unico processo davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di uno dei convenuti. E ad un tal riguardo non potrà d’altra parte dispiegare alcun rilievo neppure il principio della cosiddetta perpetuatio iurisdictionis sancito dall’art. 5 c.p.c., presupponendo quest’ultimo pur sempre che la competenza si sia radicata correttamente, in relazione — perciò — a tutte le parti unite nell’eventuale litisconsorzio necessario sostanziale, e non potendo — d’altronde — la posizione del litisconsorte necessario originariamente pretermesso parificarsi a quella del chiamato in causa iussu iudicis, la quale ultima identifica — in realtà — un’ipotesi di litisconsorzio meramente processuale.
Cass. civ. n. 731/1999
Il principio dell’alterità del giudice di rinvio, sancito dall’art. 383 c.p.c. ed inteso a tutela dell’imparzialità del giudice e della funzionalità del giudizio, deve ritenersi rispettato non solo quando la causa venga rinviata dopo la cassazione ad altro ufficio giudiziario, ma anche quando il rinvio avvenga allo stesso ufficio in diversa composizione, ovvero ad altro giudice monocratico dello stesso ufficio, purché non vi sia identità personale tra il giudice del rinvio e quello che pronunziò la sentenza cassata; ne consegue che, in tema di procedimento disciplinare dei magistrati, deve ritenersi inammissibile per difetto di rilevanza l’eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 383 c.p.c. e 17 legge n. 195 del 1958 nella parte prevedente che la decisione della controversia in sede di rinvio avvenga ad opera della stessa sezione disciplinare autrice della sentenza cassata, qualora risulti che i componenti della sezione disciplinare in sede di rinvio non furono gli stessi che pronunciarono la decisione cassata.
Cass. civ. n. 628/1998
La designazione del giudice di rinvio a seguito dell’annullamento della sentenza impugnata, attribuendo a quest’ultimo una competenza funzionale ratione materiae come tale inderogabile, non può essere modificata né dal giudice designato con declinatoria di competenza né dalla stessa Corte di cassazione cui è soltanto consentito di intervenire sulla propria decisione in forma di ordinanza per la correzione di errori materiali sul tipo e sul luogo del giudice designato a conoscere della causa in sede di rinvio. Peraltro, la erronea designazione relativa al luogo del giudice, per essere questi lo stesso che ha pronunziato la sentenza impugnata, non comporta nullità insanabile della nuova sentenza, ex art. 158 c.p.c. per vizio di costituzione dell’organo giudicante, se la composizione personale di quest’ultimo risulti in concreto diversa rispetto alla composizione di quello che ha pronunziato la sentenza cassata, restando anche in tale caso soddisfatte le esigenze che stanno alla base del principio di alterità del giudice codificato nell’art. 383 c.p.c.
Cass. civ. n. 11505/1996
Il fatto che il collegio giudicante nella fase di rinvio sia stato presieduto da un magistrato autore di altre sentenze pronunciate in cause analoghe e parallele a quella oggetto di rinvio non viola il principio dell’alterità del giudice del rinvio sancito dall’art. 383 c.p.c., né integra una qualche ipotesi di incompatibilità funzionale e, in particolare, quella prevista come causa di astensione obbligatoria dall’art. 51, comma primo, n. 4, c.p.c. per il caso in cui il giudice abbia nella stessa causa «conosciuto come magistrato in altro grado del processo», né viola l’art. 37, lettera b) del nuovo codice di procedura penale, estensibile analogicamente al processo civile, sotto il diverso profilo della anticipata manifestazione del convincimento del giudice.
Cass. civ. n. 7436/1996
Nell’ipotesi in cui la cassazione della sentenza impugnata sia avvenuta, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per un errore che abbia precluso al giudice d’appello l’esame del merito della causa, di talché questi non abbia avuto modo di esprimere alcun convincimento sulla stessa, il rinvio assume carattere meramente restitutorio e giustifica pertanto la designazione, ai fini del nuovo esame della causa, dello stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, atteso che non è riconducibile alla fattispecie suddetta l’ipotesi di cui all’art. 383 c.p.c., nella parte in cui prevede la cassazione con rinvio della causa ad altro giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza cassata, norma la cui ratio è quella di consentire che il nuovo accertamento venga effettuato senza preconcetti o condizionamenti di sorta, anche soltanto indiretti, in una situazione di oggettività ed imparzialità.
Cass. civ. n. 8797/1995
La norma dell’art. 51, n. 4 c.p.c., relativa all’obbligo di astensione del giudice che della sua causa «ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo», non è applicabile nell’ipotesi di cassazione per error in procedendo con rinvio (cosiddetto restitutorio o improprio) al medesimo giudice che ha emesso la decisione cassata, atteso che tale giudizio di rinvio (diversamente da quanto accade nell’ipotesi di rinvio cosiddetto proprio a seguito di annullamento per i motivi di cui ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.) non si configura come un grado diverso ed autonomo da quello concluso dalla sentenza cassata.
Cass. civ. n. 6694/1995
Nel giudizio di rinvio il necessario carattere di alterità del giudice designato ex art. 383 c.p.c., rispetto al giudice autore della sentenza cassata, non comporta uno snaturamento della nozione di competenza, intesa come riparto dei compiti tra i diversi uffici giudiziari, e, nel caso di designazione di altra sezione dello stesso ufficio onde proviene la sentenza cassata, non connota tale sezione quale ufficio giudiziario diverso rispetto alle altre sezioni. Ne consegue che, non attenendo alla competenza, non è denunziabile ai sensi dell’art. 45 c.p.c. il conflitto fra due sezioni della medesima corte d’appello circa la investitura a conoscere di una concreta vertenza in sede di rinvio. (Nella specie, cassata con rinvio una sentenza non definitiva in tema di responsabilità contrattuale, con designazione di altra sezione della medesima corte d’appello quale giudice di rinvio, la sezione designata, dopo avere riaffermato, con altra pronunzia non definitiva, l’obbligo risarcitorio del convenuto, ha, per la liquidazione del danno, rimesso la causa, con ordinanza, alla sezione che aveva emanato la sentenza annullata, la quale, sul rilievo che la rimessione della causa al giudice del rinvio estende a questi anche la cognizione del quantum debeatur, ha sollevato d’ufficio conflitto di competenza, dichiarato inammissibile dalla S.C.).
Cass. civ. n. 2925/1990
Nel giudizio di appello disciplinato dal nuovo rito del lavoro e svoltosi in sede di rinvio, la mancanza, nella copia del decreto presidenziale, in calce a quella del ricorso in riassunzione, consegnata all’appellato in sede di notifica, delle indicazioni del nome del giudice relatore e della data dell’udienza di discussione, contenute invece nell’originale dell’atto stesso, determina una nullità che investe non il ricorso predetto (il quale conserva la sua validità ai fini della tempestività della riassunzione) ma solo la notifica del medesimo, non essendo tale notifica autonomamente idonea a far conoscere al destinatario il contenuto dell’atto notificato, e che comporta la cassazione della sentenza resa in contumacia di tale destinatario, con rinvio, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 383 c.p.c., allo stesso giudice che ha reso quella decisione, dovendo l’ipotesi (minore) della nullità del solo giudizio di secondo grado ritenersi compresa in quella (più ampia) della nullità del giudizio di primo grado espressamente contemplata dalla disposizione predetta.
Cass. civ. n. 4948/1986
Allorché la Corte di cassazione, rilevata la nullità assoluta ed insanabile della sentenza d’appello non sottoscritta da uno dei giudici e priva della menzione dell’impedimento del medesimo, abbia cassato detta pronuncia, rimettendo la causa allo stesso giudice di secondo grado a norma degli artt. 354, primo comma, 360 n. 4 e 383, ultimo comma, c.p.c., il giudice del rinvio è investito del potere-dovere di riesaminare il merito della causa e non deve invece limitarsi ad una formale rinnovazione della sentenza sulla base di quanto statuito nel dispositivo della sentenza cassata; tale principio trova applicazione anche nel caso in cui la sentenza sia stata resa in controversia soggetta al rito del lavoro, atteso che la nullità della sentenza per la mancata sottoscrizione di un giudice si comunica necessariamente anche al dispositivo letto nell’udienza pubblica.
Cass. civ. n. 690/1984
La cassazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., per un error in procedendo — comportante una errata decisione limitata al rito oppure la nullità di uno o più atti del processo, e conseguentemente della sentenza che abbia pronunciato sul merito, o direttamente di questa con il rinvio della causa ad altro giudice di secondo grado o al giudice di primo grado ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 383 c.p.c. — sostanzia un rinvio improprio onde il pregresso giudizio deve nuovamente e validamente svolgersi nello stesso grado di appello oppure in primo grado, con la correlativa applicazione delle norme che disciplinano l’uno o l’altro giudizio e la conseguenza, nella prima ipotesi, ove non sia effettuata l’integrazione del contraddittorio disposta ai sensi dell’art. 331 c.p.c., dell’inammissibilità dell’appello.
Cass. civ. n. 546/1984
Quando la Corte di cassazione annulla la sentenza impugnata per violazione delle norme sul litisconsorzio necessario sin dalla costituzione del rapporto processuale, rinviando la causa al giudice di primo grado a norma dell’art. 383, ultimo comma, c.p.c. (cosiddetto rinvio improprio), il giudizio deve cominciare ex novo, sicché le parti vengono a trovarsi nell’identica situazione dell’annullamento senza rinvio e il detto giudice del merito può liberamente riesaminare e valutare i fatti di causa, senza essere vincolato da pregresse statuizioni.
Cass. civ. n. 5736/1979
L’ultimo comma dell’art. 383 c.p.c. — secondo cui la Corte di cassazione, se riscontra una nullità del giudizio di primo grado per la quale il giudice d’appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, rinvia la causa a quest’ultimo — disciplina virtualmente tutte le ipotesi cosiddette di rinvio improprio al giudice di primo grado, tra le quali non possono non rientrare quelle in cui si ravvisino violazioni degli strumenti destinati a dare attuazione al principio del contraddittorio, per omissione o nullità degli atti volti a provocare, anche nel corso del procedimento di primo grado, la costituzione di altre parti nei confronti delle quali deve essere pronunciata la decisione. Ne consegue che, nell’ipotesi di annullamento della sentenza con la quale i giudici d’appello avevano confermato la pronuncia di estinzione del processo, resa direttamente dal collegio al di fuori dell’ipotesi prevista dall’art. 308 cpv. c.p.c., deve egualmente disporsi il rinvio della causa al giudice di primo grado. (Nella specie, in primo grado l’istruttore aveva concesso una proroga del termine fissato per l’integrazione del contraddittorio, ma il collegio, sull’assunto dell’improrogabilità dei termini perentori, aveva dichiarato l’estinzione del processo, con sentenza confermata in appello).
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