Art. 112 – Codice di procedura civile – Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato
Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda di essa; e non può pronunciare d'ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 651/2022
L'omessa statuizione sulle spese di lite, integra una lesione del diritto costituzionale, di cui agli artt. 24 e 111 Cost., ad una tutela giurisdizionale effettiva e tendenzialmente completa che contenga una statuizione sulle spese di lite conseguente al "decisum". Infatti, gli artt. 91 -98 c.p.c., stabilendo un obbligo officioso del giudice di provvedere sulle spese del procedimento, hanno natura inderogabile e, in correlazione con l'art. 112 c.p.c., esprimono il principio, che costituisce un cardine della tutela processuale civile, della corrispondenza, necessaria e doverosamente completa, tra le domande delle parti e le statuizioni giudiziali.(Nella specie la S.C. ha ritenuto sussistente il vizio di omessa pronuncia della sentenza impugnata che, nell'accogliere integralmente la domanda di annullamento del decreto di espulsione, aveva omesso ogni statuizione sulle spese di lite). (Cassa con rinvio, GIUDICE DI PACE CHIETI, 15/07/2020).
Cass. civ. n. 48/2022
In tema di assorbimento cd. improprio, nel caso di rigetto di una domanda in base alla soluzione di una questione di carattere esaustivo che rende vano esaminare le altre, sul soccombente non grava l'onere di formulare sulla questione assorbita alcun motivo di impugnazione, ma è sufficiente, per evitare il giudicato interno, che censuri o la sola decisione sulla questione giudicata di carattere assorbente o la stessa statuizione di assorbimento, contestando i presupposti applicativi e la ricaduta sulla effettiva decisione della causa. (In applicazione del principio, la S.C. ha precisato che, a fronte di una decisione di primo grado che, decidendo sulla revocatoria di rimesse in conto corrente, ha rigettato la domanda per difetto di scientia decoctionis, senza nulla dire sulla revocabilità delle rimesse, l'appellante correttamente può limitarsi a sostenere, nel giudizio di impugnazione, che la banca fosse consapevole della situazione di decozione del correntista). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 12/03/2014).
Cass. civ. n. 40896/2021
In tema di contratto di collaborazione autonoma, la nullità per difetto di forma scritta non può essere dedotta per la prima volta nel giudizio di legittimità, in seno alla memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., ma occorre la tempestiva proposizione della questione nel giudizio di merito, a nulla rilevando che essa sia rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, atteso che il corrispondente potere del giudice incontra, da un lato, il limite della necessità di un accertamento di fatto e, dall'altro, dev'essere coordinato con il principio della domanda, fissato dagli artt. 99 e 112 c.p.c.. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO SALERNO, 07/07/2015).
Cass. civ. n. 39376/2021
Gli interessi "compensativi" (o risarcitori) sono dovuti dal debitore in caso di credito al risarcimento del danno extracontrattuale sulle somme liquidate a tale titolo, con decorrenza dalla maturazione del diritto - e cioè dal momento del fatto illecito - e fino al passaggio in giudicato della sentenza che decide sulla loro liquidazione, in funzione compensativa del pregiudizio subito dal creditore per il tardivo conseguimento della somma corrispondente all'equivalente pecuniario dei danni subiti, dei quali, quindi, costituiscono, al pari della rivalutazione monetaria, una componente, sicchè possono essere riconosciuti anche d'ufficio, senza che occorra alcuna specifica richiesta della parte interessata, comprendendo la domanda della parte creditrice relativa al capitale anche quella per gli interessi. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 16/06/2016).
Cass. civ. n. 36659/2021
In tema di obbligazioni pecuniarie, gli interessi - contrariamente a quanto avviene nell'ipotesi di somma di danaro dovuta a titolo di risarcimento del danno, di cui integrano una componente necessaria - hanno fondamento autonomo rispetto al debito cui accedono e, pertanto, corrispettivi, compensativi o moratori che siano, possono essere attribuiti, in applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., soltanto su espressa domanda della parte. Ove questa non specifichi, tuttavia, la natura degli accessori richiesti, si presumono domandati gli interessi corrispettivi - dovuti indipendentemente dalla mora e dall'inadempimento, essendo fondati su presupposti diversi da quelli che giustificano l'attribuzione degli interessi di mora - con conseguente tardività della domanda di attribuzione degli interessi moratori formulata solo in appello. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CAGLIARI, 27/03/2020).
Cass. civ. n. 36353/2021
Il rilievo d'ufficio di una nullità sostanziale è ammissibile esclusivamente se basato su fatti ritualmente introdotti, o comunque acquisiti in causa, secondo le regole che disciplinano, anche dal punto di vista temporale, il loro ingresso nel processo, non potendosi fondare su fatti di cui il giudice (o la parte, tardivamente rispetto ai propri oneri) possa ipotizzare solo in astratto la verificazione e la cui introduzione presupponga l'esercizio di un potere di allegazione ormai precluso in rito.(Nella specie, la S.C. ha escluso che, in tema di pubblico impiego privatizzato, potesse essere rilevata d'ufficio la nullità del licenziamento disciplinare, intimato da organo incompetente ex art. 55-bis, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001, tardivamente eccepita, non risultando acquisite le circostanze di fatto relative all'organizzazione interna dell'ente ed alle modalità con cui era stato adempiuto l'obbligo di previa individuazione dell'UPD). (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 18/07/2019).
Cass. civ. n. 30303/2021
L'eccezione di prescrizione è validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, ossia l'inerzia del titolare, senza che rilevi l'erronea individuazione del termine applicabile, ovvero del momento iniziale o finale di esso, trattandosi di questione di diritto sulla quale il giudice non è vincolato dalle allegazioni di parte. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO LECCE, 10/01/2014).
Cass. civ. n. 27169/2021
La domanda di accertamento della responsabilità del convenuto nella determinazione di un sinistro stradale comporta, "ex se", che il giudice possa applicare la previsione dell'art. 2054, comma 2, c.c., sempre che la parte, pur non avendo specificamente dedotto il titolo concorsuale di responsabilità, abbia ritualmente prospettato gli elementi di fatto da cui esso possa desumersi, e ciò in ragione del fatto che l'accertamento del concorso paritario costituisce un possibile esito (di accoglimento parziale) dell'originaria domanda. Qualora il giudice di primo grado non abbia rilevato d'ufficio il concorso di colpa, sul punto, senza che la domanda possa essere considerata nuova, la parte ha l'onere di proporre appello, in quanto la rilevabilità d'ufficio non comporta che essa possa farsi valere in ogni stato e grado del processo.
Cass. civ. n. 26118/2021
L'eccezione di intervenuta transazione non forma oggetto di un'eccezione in senso stretto sottratta al rilievo officioso, come quelle per le quali la legge richiede espressamente che sia soltanto la parte a rilevare i fatti impeditivi, estintivi o modificativi, e pertanto essa può essere rilevata dal giudice d'ufficio, anche in appello, non essendo il relativo rilievo subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte, purché i fatti risultino documentati "ex actis". (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che fosse ammissibile in appello l'eccezione di transazione intervenuta nel corso del giudizio, indipendentemente dalla sua natura novativa o non novativa). (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO MILANO, 03/10/2018).
Cass. civ. n. 20363/2021
L'omessa pronuncia, qualora abbia ad oggetto una domanda inammissibile, non costituisce vizio della sentenza e non rileva nemmeno come motivo di ricorso per cassazione, in quanto, alla proposizione di una tale domanda, non consegue l'obbligo del giudice di pronunciarsi nel merito. (Fattispecie in tema di accertamento sintetico del reddito in cui il contribuente lamentava, in sede di legittimità, l'omesso esame da parte della CTR del reale prezzo di acquisto del credito fondiario in contestazione senza aver precisato nel ricorso per cassazione come lo avesse provato, donde la rilevata aspecificità della critica). (Rigetta, COMM.TRIB.REG. ROMA, 18/12/2013).
Cass. civ. n. 17463/2021
L'eccezione di risoluzione del contratto per avveramento della condizione risolutiva, corrispondendo all'esercizio di un diritto potestativo, è un'eccezione in senso stretto, che il giudice non può rilevare d'ufficio, né la parte sollevare per la prima volta in appello. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 21/05/2019).
Cass. civ. n. 16608/2021
Il dovere imposto al giudice di non pronunciare oltre i limiti della domanda, né di pronunciare d'ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti, non comporta l'obbligo di attenersi all'interpretazione prospettata dalle parti in ordine ai fatti, agli atti ed ai negozi giuridici posti a base delle loro domande ed eccezioni, essendo la valutazione degli elementi documentali e processuali, necessaria per la decisione, pur sempre devoluta al giudice, indipendentemente dalle opinioni, ancorché concordi, espresse in proposito dai contendenti. Al riguardo non è configurabile un vizio di ultrapetizione, ravvisabile unicamente nel caso in cui il giudice attribuisca alla parte un bene non richiesto, o maggiore di quello richiesto. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 18/10/2019).
Cass. civ. n. 14410/2021
Nel caso in cui giudice di primo grado, dopo aver preso la causa in decisione, l'abbia rimessa sul ruolo al fine di esercitare il potere di cui all'art. 213 c.p.c. per acquisire d'ufficio atti o documenti che la parte era in condizione di produrre in giudizio, e successivamente, all'esito di ulteriore rimessione in istruttoria, abbia disposto una consulenza tecnica d'ufficio, il giudice d'appello, ove la questione risulti ritualmente sollevata con l'atto d'impugnazione, sul rilievo della inutilizzabilità della documentazione illegittimamente acquisita d'ufficio in prime cure, nonché della nullità derivata della disposta C.T.U., deve riportare il processo allo stato in cui si trovava al momento della prima rimessione sul ruolo, decidendo nel merito allo stato degli atti, o rimetterlo, a sua volta, in istruttoria, esercitando i poteri di cui all'art. 356 c.p.c., eventualmente disponendo nuova consulenza tecnica. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 11/01/2018).
Cass. civ. n. 12159/2021
Nel giudizio di risarcimento del danno derivante da fatto illecito, costituisce violazione della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di cui all'art. 112 c.p.c., il prescindere dalla specifica quantificazione formulata dalla parte in ordine a ciascuna delle voci di danno oggetto della domanda, salvo che tali indicazioni non siano da ritenere - in base ad apprezzamento di fatto concernente l'interpretazione della domanda e censurabile in sede di legittimità esclusivamente per vizio di motivazione - meramente indicative. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva ritenuto, all'esito delle risultanze peritali, come mera "emendatio" l'ampliamento dell'originaria domanda attrice, così trascurando di considerare la limitazione posta dalla stessa danneggiata alla propria domanda risarcitoria manifestata attraverso la quantificazione analitica di ogni singola voce di danno e il relativo ammontare espresso in una somma complessiva certa e determinata, tale da escludere un'ulteriore richiesta di liquidazione del danno secondo giustizia ed equità). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO PALERMO, 20/02/2018).
Cass. civ. n. 5832/2021
In materia di procedimento civile, l'applicazione del principio "iura novit curia", di cui all'art. 113, comma 1, c.p.c., importa la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonché all'azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, potendo porre a fondamento della sua decisione princìpi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. Tale principio deve essere posto in immediata correlazione con il divieto di ultra o extra-petizione, di cui all'art. 112 c.p.c., in applicazione del quale è invece precluso al giudice pronunziare oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, mutando i fatti costitutivi o quelli estintivi della pretesa, ovvero decidendo su questioni che non hanno formato oggetto del giudizio e non sono rilevabili d'ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che, rispetto all'originaria di domanda di applicazione della comunione tacita familiare di cui all'art. 2140 c.c. abrogato, costituisce inammissibile "mutatio libelli" e non già mera riqualificazione giuridica la pretesa volta a conseguire, in rapporto alla quantità e qualità del lavoro prestato, i diritti nascenti dall'impresa familiare ex art. 230-bis c.c. ancora dovuti al momento della cessazione del rapporto di collaborazione). (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 29/08/2017).
Cass. civ. n. 5257/2021
Se il giudice d'appello ometta di pronunciarsi sull'eccezione di tardività del gravame, la parte che intenda evitare sul punto la formazione del giudicato ha l'onere di impugnare per cassazione la sentenza d'appello invocando il vizio di omessa pronuncia, mentre non può limitarsi a riproporre puramente e semplicemente in sede di legittimità la questione della tardività dell'appello. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 06/09/2019).
Cass. civ. n. 4487/2021
Quando la causa viene trattenuta in decisione senza che il giudice istruttore si sia pronunciato espressamente sulle istanze istruttorie avanzate dalle parti, il solo fatto che la parte non abbia, nel precisare le conclusioni, reiterato le dette istanze istruttorie, non consente al decidente di ritenerle abbandonate, ove la volontà in tal senso non risulti in modo inequivoco. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in assenza di un provvedimento di rigetto sulle istanze istruttorie conseguenti alla querela di falso proposta in corso di causa, aveva ravvisato nel generico rinvio della parte alle "conclusioni di cui agli atti" una tacita rinuncia alle stesse). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 07/03/2017).
Cass. civ. n. 2830/2021
Nel caso in cui, pur in mancanza di espresso esame del motivo di impugnazione relativo alle spese di primo grado, l'appello sia stato interamente rigettato nel merito con condanna dell'appellante al pagamento integrale delle spese di lite anche del secondo grado, non ricorre l'ipotesi dell'omesso esame di un motivo di appello, né quella del difetto di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (cd. "minuspetizione"), atteso che la condanna alle spese del secondo grado implica necessariamente il giudizio sulla correttezza di quella pronunciata dal primo giudice, sicché il motivo di gravame relativo a tale condanna deve intendersi implicitamente respinto e assorbito dalla generale pronuncia di integrale rigetto dell'impugnazione e piena conferma della sentenza di primo grado. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 08/11/2017).
Cass. civ. n. 1616/2021
Il vizio di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all'art. 112 c.p.c., riguarda soltanto l'ambito oggettivo della pronuncia, e non anche le ragioni di diritto e di fatto assunte a sostegno della decisione. (La S.C., nell'enunciare il detto principio, ha escluso che ricorresse la violazione dell'art. 112 c.p.c. in un caso in cui il ricorrente si era lamentato che il giudice del merito, chiamato a decidere sull'osservanza dei termini previsti per l'azione di garanzia per i vizi, non aveva "fatto buon uso dei suoi poteri di indagine sui beni oggetto della compravendita"). (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 21/10/2015).
Cass. civ. n. 459/2021
In tema di giudizio di cassazione, integra violazione dell'art. 112 c.p.c. l'omessa pronuncia sul fatto avente effetto impeditivo, modificativo o estintivo, allegato dal convenuto in funzione di eccezione ai sensi dell'art. 2697, comma 2, c.c., mentre è suscettibile di determinare vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. la pretermissione da parte del giudice del fatto secondario, allegato in funzione di contestazione dell'esistenza storica del fatto principale dedotto dall'attore. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 11/09/2018).
Cass. civ. n. 29920/2020
L'eccezione di estinzione del credito per rinunzia al diritto e, in particolare, per remissione del debito rientra nel novero di quelle che possono essere proposte soltanto dalle parti non potendo il giudice rilevarle d'ufficio. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE TRANI, 30/04/2015).
Cass. civ. n. 27704/2020
In tema di esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti, il giudice di legittimità può ritenere fondata la questione sollevata nel ricorso per una ragione giuridica diversa da quella indicata dalla parte ed individuata d'ufficio, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito e senza confliggere con il principio di monopolio della parte nell'esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto, con la conseguenza che resta escluso che la S.C. possa rilevare l'efficacia giuridica di un fatto se ciò comporta la modifica della domanda per come definita nelle fasi di merito o l'integrazione di un'eccezione in in senso stretto. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANIA, 01/12/2016).
Cass. civ. n. 10069/2020
La domanda di demolizione di una costruzione per la generica violazione delle norme in tema di distanze legali non esclude che il giudice, investito della decisione, possa pronunciarsi sulla legittimità dell'opera avuto riguardo alle previste distanze non solo fra costruzioni, ma anche dal confine, nonché a quelle stabilite della normativa cosiddetta antisismica di cui alla legge 25 novembre 1962, n. 1684, senza per questo incorrere in violazione dell'art. 112 c.p.c. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 19/02/2016).
Cass. civ. n. 9692/2020
Nell'azione risarcitoria esperita nei confronti del proprietario di un'unità condominiale (nella specie, per danni conseguenti a perdite idriche provenienti da tubazioni), la successiva deduzione della qualità di condomino del convenuto costituisce una modificazione della domanda ammissibile ai sensi e nei limiti dell'art. 183, comma 6, c.p.c. e non incorre nel divieto di formulazione di nuove domande, in quanto l'elemento identificativo soggettivo delle "personae" è immutato e la domanda modificata, relativa alla stessa vicenda sostanziale dedotta in giudizio con l'atto introduttivo, non modifica le potenzialità difensive della controparte ed è connessa a quella originaria in termini di "alternatività". (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 30/12/2016).
Cass. civ. n. 8819/2020
Nei procedimenti in materia di protezione internazionale, i presupposti necessari al riconoscimento della protezione umanitaria devono essere individuati autonomamente rispetto a quelli previsti per le due protezioni maggiori, non essendo tra loro sovrapponibili, ma i fatti storici posti a fondamento della positiva valutazione della condizione di vulnerabilità ben possono essere gli stessi già allegati per ottenere il riconoscimento dello "status" di rifugiato o la concessione della protezione sussidiaria, spettando poi al giudice qualificare detti fatti ai fini della riconduzione all'una o all'altra forma di protezione. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE BOLOGNA, 16/08/2019).
Cass. civ. n. 4175/2020
La nullità della fideiussione posta a fondamento dell'azione revocatoria è rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità, ma non può essere accertata sulla base di una "nuda" eccezione, sollevata per la prima volta con il ricorso per cassazione, basata su contestazioni in fatto in precedenza mai effettuate, a fronte della quale l'intimato sarebbe costretto a subire il "vulnus" delle maturate preclusioni processuali. (Nella specie, un istituto di credito ha esercitato l'azione revocatoria nei confronti di alcuni fideiussori e questi ultimi hanno eccepito, solo davanti alla S.C., la nullità della garanzia da loro prestata perché conforme ad uno schema contrattuale elaborato dall'ABI, in tema di clausole da apporre alle fideiussioni, dichiarato illegittimo dall'Autorità competente in quanto conseguente ad un'intesa fra imprese restrittiva della concorrenza). (Rigetta, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 26/01/2018).
Cass. civ. n. 3968/2020
Il mancato regolamento delle spese di un procedimento contenzioso da parte del giudice - che, ai sensi dell'art. 91 c.p.c., avrebbe dovuto provvedervi in sentenza o in altro provvedimento decisorio emesso a definizione del procedimento - integra un vizio di omessa pronunzia riparabile solo con l'impugnazione, se il giudice non ha statuito sulle spese nemmeno in parte motiva. (Cassa con rinvio, COMM.TRIB.REG. ROMA, 13/03/2018).
Cass. civ. n. 3893/2020
Sebbene sia consentito al giudice d'appello qualificare il contratto oggetto del giudizio in modo diverso rispetto a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, tale attività gli è vietata se, per pervenire alla nuova qualificazione, debba prendere in esame fatti nuovi e non dedotti dalle parti, né rilevati dal giudice di primo grado. Pertanto, una volta che un contratto di garanzia sia stato qualificato come fideiussione tipica dal giudice di primo grado, è viziata da ultrapetizione la sentenza con la quale il giudice d'appello lo qualifichi come contratto autonomo di garanzia, facendo leva sul contenuto di alcune clausole contrattuali non considerate dal giudice di prime cure. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 24/07/2017).
Cass. civ. n. 2334/2020
In tema di provvedimenti del giudice, l'assorbimento in senso improprio - configurabile quando la decisione di una questione esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre - impedisce di ritenere sussistente il vizio di omessa pronuncia, il quale è ravvisabile solo quando una questione non sia stata, espressamente o implicitamente, ritenuta assorbita da altre statuizioni della sentenza. (Nella specie la S.C. ha escluso il vizio di omessa pronuncia nella sentenza del giudice di appello che confermando la statuizione di primo grado di inammissibilità dell'atto di intervento, ha ritenuto assorbite le questioni sulla legittimazione passiva e sulla integrità del contraddittorio sollevate dallo stesso interveniente appellante). (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 06/08/2018).
Cass. civ. n. 2153/2020
Non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la motivazione accolga una tesi incompatibile con quella prospettata, implicandone il rigetto, dovendosi considerare adeguata la motivazione che fornisce una spiegazione logica ed adeguata della decisione adottata, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse, senza che sia necessaria l'analitica confutazione delle tesi non accolte o la particolare disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto adeguata la motivazione di una sentenza della CTR, che, a fronte della specifica eccezione relativa all'applicazione della presunzione di cui all'art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell'art. 51 d.P.R. n. 633 del 1972 a tutti i movimenti bancari, si era limitata a richiamare l'orientamento della corte di cassazione secondo cui la presunzione legale di cui alle predette norme poteva essere vinta solo con una giustificazione analitica sui singoli movimenti, non con argomenti generici). (Rigetta, COMM.TRIB.REG. GENOVA, 23/07/2015).
Cass. civ. n. 34024/2019
L'azione intesa a far dichiarare la simulazione relativa è diversa da quella diretta a ottenere la declaratoria di simulazione assoluta, sia con riferimento al "petitum" che alla "causa petendi", comportando le due domande l'accertamento di fatti differenti e tendendo, soprattutto, al conseguimento di effetti diversi, secondo la differenziazione generale prevista nei primi due commi dell'art. 1414 c.c.; ne consegue che si configura la violazione dell'art. 112 c.p.c., in tema di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, qualora il giudice di merito abbia rilevato e ritenuto d'ufficio che fosse stata proposta una domanda di simulazione assoluta anziché relativa.
Cass. civ. n. 33926/2019
La nullità, quale forma più grave di invalidità, comprende, nell'ambito del "petitum", anche le ragioni dell'annullamento. Ne consegue che, nel caso in cui la domanda o l'eccezione di nullità dell'atto si fondi sui medesimi fatti che, più correttamente, dovrebbero condurre al suo annullamento, il giudice può dichiarare l'annullamento dell'atto, anziché la sua radicale nullità, senza per questo incorrere nel vizio di ultrapetizione. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso proposto sul presupposto che il giudice di merito fosse incorso in vizio di ultrapetizione, avendo dichiarato la nullità degli atti impositivi per incompetenza territoriale, benché tale vizio desse luogo alla loro mera annullabilità, non eccepita dal contribuente).
Cass. civ. n. 26764/2019
Nel caso in cui il giudice del merito abbia ritenuto, senza ulteriori precisazioni, che le circostanze dedotte per sorreggere una certa domanda (o eccezione) siano generiche ed inidonee a dimostrare l'esistenza dei fatti costitutivi del diritto stesso (o dell'eccezione), non può ritenersi sussistente né la violazione dell'art. 132 n. 4 c.p.c. per difetto assoluto di motivazione o motivazione apparente, né la violazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia, mentre, qualora si assuma che una tale pronuncia comporti la mancata valorizzazione di fatti che si ritengano essere stati affermati dalla parte con modalità sufficientemente specifiche, può ammettersi censura, da articolare nel rigoroso rispetto dei criteri di cui agli artt. 366 e 369 c.p.c., ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., qualora uno o più dei predetti fatti integrino direttamente elementi costitutivi della fattispecie astratta e dunque per violazione della norma sostanziale, oppure ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., per omesso esame di una o più di tali circostanze la cui considerazione avrebbe consentito, secondo parametri di elevata probabilità logica, una ricostruzione dell'accaduto idonea ad integrare gli estremi della fattispecie rivendicata.
Cass. civ. n. 25690/2019
Nel giudizio di risarcimento del danno derivante da fatto illecito, costituisce violazione della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di cui all'art. 112 c.p.c., il prescindere, travalicandole, dalle specifiche indicazioni quantitative della parte in ordine a ciascuna delle voci di danno elencate in domanda, salvo che tali indicazioni non siano da ritenere - in base ad apprezzamento di fatto concernente l'interpretazione della domanda e censurabile in sede di legittimità esclusivamente per vizio di motivazione - meramente indicative (come sarebbe lecito concludere allorché la parte, pur dopo l'indicazione, chieda comunque che il danno sia liquidato secondo giustizia ed equità). (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, nel risarcire il danno biologico occorso alla lavoratrice in conseguenza della ritardata reintegra nel posto di lavoro, lo aveva liquidato nella misura richiesta nell'appello incidentale, in mancanza della richiesta di liquidazione di somme anche maggiori eventualmente risultanti da un diverso accertamento).
Cass. civ. n. 17897/2019
Il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri uno degli elementi obiettivi di identificazione dell'azione ("petitum" e "causa petendi"), attribuendo o negando ad uno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nell'ambito della domanda o delle richieste delle parti: ne deriva che non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che esamini una questione non espressamente formulata, tutte le volte che questa debba ritenersi tacitamente proposta, in quanto in rapporto di necessaria connessione con quelle espressamente formulate.
Cass. civ. n. 7868/2019
La circostanza che l'attore abbia erroneamente qualificato il tipo di pregiudizio non patrimoniale di cui chiede il risarcimento non è ostativa all'accoglimento della domanda, se di quel pregiudizio, intrinsecamente connesso alla situazione data, abbia comunque allegato e provato gli elementi costitutivi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza del giudice di merito che, in un caso di risoluzione del contratto preliminare, ha risarcito il pregiudizio derivante dal mancato godimento dell'immobile anticipatamente consegnato ai promissari acquirenti, benché la parte avesse lamentato un danno da mancato adempimento).
Cass. civ. n. 6985/2019
Il giudice, decidendo su una questione che, benché logicamente pregiudiziale sulle altre, attiene al merito della causa, a differenza di quanto avviene qualora dichiari l'inammissibilità della domanda o il suo difetto di giurisdizione, o competenza, non si priva della "potestas iudicandi"in relazione alle ulteriori questioni di merito, sicché, ove si pronunci anche su di esse,le relative decisioni non configurano "obiter dicta", ma ulteriori "rationes decidendi", che la parte ha l'interesse e l'onere d'impugnare, in quanto da sole idonee a sostenere il "decisum".
Cass. civ. n. 5402/2019
Nell'interpretazione della domanda giudiziale il giudice del merito incontra un duplice ordine di limiti, consistente nel rispetto del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato e nel divieto di sostituire d'ufficio un'azione diversa da quella espressamente e formalmente proposta. Egli, pertanto, deve tenere conto dei limiti oggettivi della domanda, quali risultano non soltanto dal contenuto dell'atto introduttivo del giudizio, ma anche dalle conclusioni definitive precisate dopo la chiusura dell'istruzione, poste in relazione con la citazione e con le eventuali modifiche e trasformazioni delle conclusioni originarie, mentre non può desumere il concreto contenuto della domanda giudiziale dalla comparsa conclusionale la quale, ai sensi dell'art. 190 c.p.c., ha un carattere meramente illustrativo delle conclusioni già fissate davanti all'istruttore. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza della corte d'appello che, anziché interpretare la domanda alla luce del contenuto oggettivo della stessa, si era basata su un passaggio argomentativo della memoria di replica).
Cass. civ. n. 5153/2019
Il giudice ha il potere-dovere di qualificare giuridicamente i fatti posti a base della domanda o delle eccezioni e di individuare le norme di diritto conseguentemente applicabili, anche in difformità rispetto alle indicazioni delle parti, incorrendo nella violazione del divieto di ultrapetizione soltanto ove sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio dalle parti.
Cass. civ. n. 2060/2019
Incorre nel vizio di ultrapetizione la sentenza del giudice del merito che pronunci su una domanda sulla quale vi sia stata rinuncia, tanto se intervenuta nel giudizio di primo grado, quanto in quello d'appello.
Cass. civ. n. 33361/2018
Proposta dal convenuto domanda riconvenzionale subordinata all'accoglimento di quella principale dell'attore, è viziata da ultrapetizione la decisione con cui il giudice, respinta la domanda principale, pronunci anche sulla riconvenzionale, rigettandola.
Cass. civ. n. 27414/2018
La domanda giudiziale con cui la parte intenda fare accertare la nullità di un testamento, al fine di poterne disconoscere gli effetti, si pone, rispetto ad un'ipotetica domanda di annullamento di quel medesimo atto dipendente da un'invalidità meno grave, nei termini di maggiore a minore, sicché il giudice, in luogo della richiesta declaratoria di radicale nullità del testamento, può pronunciarne l'annullamento, ai sensi dell'art. 606, comma 2, c.c., ove quest'ultimo risulti fondato sugli stessi fatti, senza che la sentenza sia censurabile per il vizio di ultrapetizione; né rileva, al riguardo, il principio di conservazione delle ultime volontà del defunto, non ricorrendo, nel caso in esame, una questione di interpretazione del testamento, bensì di qualificazione della suddetta domanda di nullità.
Cass. civ. n. 27405/2018
In relazione all'opzione difensiva del convenuto consistente nel contrapporre alla pretesa attorea fatti ai quali la legge attribuisce autonoma idoneità modificativa, impeditiva o estintiva degli effetti del rapporto sul quale la predetta pretesa si fonda, occorre distinguere il potere di allegazione da quello di rilevazione. Infatti, mentre il primo compete esclusivamente alla parte e va esercitato nei tempi e nei modi previsti dal rito in concreto applicabile (pertanto, soggiacendo alle relative preclusioni e decadenze), il secondo spetta alla parte (ed è soggetto, perciò, alle preclusioni stabilite per le attività di parte) solo qualora la manifestazione della sua volontà sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nell'ipotesi di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un'azione costitutiva), ovvero quando singole disposizioni espressamente indichino come indispensabile l'iniziativa di parte; in ogni altro caso, si deve ritenere la rilevabilità d'ufficio dei fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito, senza che, peraltro, ciò comporti un superamento del divieto di scienza privata del giudice o delle preclusioni e decadenze imposte, atteso che il generale potere-dovere di rilievo d'ufficio delle eccezioni facente capo al giudice si traduce semplicemente nell'attribuzione di rilevanza, ai fini della decisione di merito, a determinati fatti, purché la richiesta della parte non sia strutturalmente necessaria o espressamente prevista, essendo, però, in entrambe le situazioni necessario che i predetti fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultino legittimamente acquisiti al processo e provati. (Nella specie, a fronte della richiesta attorea di risarcimento dei danni conseguenti ad occupazione illegittima di suoli privati, la S.C. ha ritenuto che non fosse preclusa l'eccezione con la quale il Comune convenuto aveva dedotto, nella comparsa conclusionale di primo grado, l'avvenuta destinazione ad uso pubblico dei terreni in esame per "dicatio ad patriam", trattandosi di eccezione in senso lato, fondata su fatti acquisiti regolarmente al processo e confermati dall'istruttoria, e non rilevando che, in origine, fosse stato piuttosto dedotta l'acquisizione dei terreni all'esito di un procedimento espropriativo per pubblica utilità).
Cass. civ. n. 26733/2018
Nel processo civile, è affetta da vizio di ultrapetizione la decisione che dichiari l'estinzione del giudizio per una "causa petendi" diversa da quella indicata dalle parti. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha ravvisato il vizio in questione nella pronuncia impugnata che aveva dichiarato cessata la materia del contendere, a fronte di un'istanza del contribuente di "rinuncia al proseguimento del contenzioso" non subordinata a quella dell'Amministrazione finanziaria al recupero del proprio credito nella misura dei due terzi conseguente al rigetto del ricorso di primo grado).
Cass. civ. n. 25933/2018
Se una sentenza di condanna al risarcimento del danno viene impugnata dal soccombente soltanto nella parte in cui se ne afferma sussistere la responsabilità, incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice del gravame il quale, senza modificare le statuizioni sulla responsabilità, modifichi la quantificazione del danno. (Nella specie la S.C. ha cassato senza rinvio la sentenza della corte d'appello che aveva riformato la statuizione avente ad oggetto l'entità del risarcimento del danno spettante al lavoratore per licenziamento illegittimo, nonostante il datore di lavoro non avesse, sul punto, formulato specifico motivo di gravame).
Cass. civ. n. 21335/2018
Nel caso in cui l'attore abbia formulato le sue domande precisando espressamente di limitarne il contenuto perché ritiene che ulteriori e maggiori pretese non potrebbero essere accolte, il giudizio sulle domande così formulate non può estendersi, neppure implicitamente, all'accertamento della fondatezza delle maggiori domande che quest'ultimo non ha proposto e sulle quali, quindi, il giudice non ha il potere di pronunciarsi.
Cass. civ. n. 20718/2018
Non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che le doglianze dell'appellante principale sulla ritenuta violazione delle distanze dei balconi aggettanti fossero state superate dall'accoglimento, nel merito, dell'appello incidentale riguardante la distanza dell'intero fabbricato).
L'interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che una certa domanda era stata avanzata ed era compresa nel "thema decidendum", tale statuizione, ancorché erronea, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione, atteso che, avendo comunque il giudice svolto una motivazione sul punto, dimostrando come una certa questione debba ritenersi ricompresa tra quelle da decidere, il difetto di ultrapetizione non è logicamente verificabile prima di avere accertato che quella medesima motivazione sia erronea. In tal caso, il dedotto errore del giudice non si configura come "error in procedendo", ma attiene al momento logico relativo all'accertamento in concreto della volontà della parte.
Cass. civ. n. 20707/2018
Quando l'attore, con l'atto introduttivo del giudizio, rivendichi, per lo stesso titolo, l'attribuzione di una somma determinata ovvero dell'importo, non quantificato, eventualmente maggiore, che sarà accertato all'esito del giudizio, non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che condanni il convenuto al pagamento di una somma maggiore di quella risultante dalla formale quantificazione inizialmente operata dall'istante, ma acclarata come a quest'ultimo spettante in base alle emergenze acquisite nel corso del processo.
Cass. civ. n. 16853/2018
La locuzione giurisprudenziale "minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno" individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall'effetto giuridico, con la conseguenza che la censura motivata anche in ordine ad uno solo di tali elementi riapre la cognizione sull'intera statuizione, perché, impedendo la formazione del giudicato interno, impone al giudice di verificare la norma applicabile e la sua corretta interpretazione. (Nella specie, la contestazione in ordine alla sussistenza dei presupposti di operatività dell'art. 19 del d.P.R. n. 509 del 1979, individuata dal giudice di primo grado come regolatrice della pretesa di rimborso delle spese legali sostenute nel processo penale, è stata ritenuta sufficiente a censurare la relativa statuizione, sulla quale, pertanto, non si era verificato alcun giudicato interno).
Cass. civ. n. 14077/2018
La modificazione, da parte del giudice di appello, della qualificazione giuridica della domanda operata dal primo giudice è illegittima - per violazione del giudicato interno formatosi in ragione dell'omessa impugnazione sul punto della parte interessata - solo se detta qualificazione abbia condizionato l'impostazione e la definizione dell'indagine di merito, sicché è consentita la riqualificazione in termini di ripetizione di indebito, ex art. 2033 c.c., della domanda originariamente qualificata come azione di ingiustificato arricchimento, ex art. 2041 c.c., quando i fatti dedotti in giudizio dalle parti siano rimasti pacificamente acclarati e non modificati.
Cass. civ. n. 11289/2018
La corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, che vincola il giudice ex art. 112 c.p.c., riguarda il "petitum" che va determinato con riferimento a quello che viene domandato nel contraddittorio sia in via principale che in via subordinata, in relazione al bene della vita che l'attore intende conseguire, ed alle eccezioni che, in proposito, siano state sollevate dal convenuto, ma non concerne le ipotesi in cui il giudice, espressamente o implicitamente, dia al rapporto controverso o ai fatti che siano stati allegati quali "causa petendi" dell'esperita azione, una qualificazione giuridica diversa da quella prospettata dalle parti.
Cass. civ. n. 1539/2018
La differenza fra l'omessa pronuncia di cui all'art. 112 c.p.c. e l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., applicabile "ratione temporis", si coglie nel senso che, mentre nella prima l'omesso esame concerne direttamente una domanda od un'eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d'appello, uno dei fatti costitutivi della "domanda" di appello), nella seconda ipotesi l'attività di esame del giudice, che si assume omessa, non concerne direttamente la domanda o l'eccezione, ma una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un'eccezione e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia.
Cass. civ. n. 906/2018
La violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, fissato dall’art. 112 c.p.c., sussiste quando il giudice attribuisca, o neghi, ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno virtualmente, nella domanda, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda; tale violazione, invece, non ricorre quando il giudice non interferisca nel potere dispositivo delle parti e non alteri nessuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione.
Cass. civ. n. 29733/2017
In tema di divisione ereditaria, la determinazione del conguaglio in denaro, ai sensi dell'art. 728 c.c., prescinde dalla domanda di parte poiché concerne l'attuazione del progetto divisionale che appartiene alla competenza del giudice il quale, pertanto, deve procedere d'ufficio alla relativa rivalutazione, purché vi sia stata un'apprezzabile lievitazione del prezzo di mercato del bene, tale da alterare la funzione di riequilibrio propria del suddetto conguaglio, gravando sulla parte interessata solo un onere di allegazione circa l'avvenuta verificazione della sproporzione eventualmente intervenuta.
Cass. civ. n. 28492/2017
Il principio di omnicomprensività della liquidazione del danno non patrimoniale alla persona comporta la valutazione complessiva dei pregiudizi subiti, con la conseguenza che il giudice d'appello, sollecitato a rivalutare l'adeguatezza della somma globalmente riconosciuta per l'assunta insufficienza della liquidazione di un determinato tipo di pregiudizio, può riconsiderare anche le ulteriori voci di cui il danno non patrimoniale si compone, in funzione della verifica della congruità della liquidazione complessiva operata dal giudice di primo grado, senza che il riequilibrio tra le varie voci di cui si compone il danno non patrimoniale implichi una "reformatio in peius" della sentenza, o un vizio di ultrapetizione.
Cass. civ. n. 1361/2017
Non incorre nella violazione dell'art. 112 c.p.c. il giudice che, a fronte della domanda di restituzione di beni oggetto di compravendita dissimulante una donazione, pronunci d'ufficio una condanna del convenuto al pagamento del loro valore, per il caso in cui essi siano già stati alienati, atteso che la reintegrazione per equivalente rappresenta un surrogato legale della reintegrazione in forma specifica, con la conseguenza che nella domanda diretta al trasferimento del bene può ritenersi implicita la richiesta volta all'acquisizione del suo equivalente pecuniario.
Cass. civ. n. 17300/2016
In tema di impugnativa di licenziamento, la pronuncia giudiziale che, a fronte di una richiesta di tutela reale ai sensi dell'art. 18 st.lav. per nullità del licenziamento e, in via subordinata, di tutela obbligatoria di cui all'art. 8 della l. n. 604 del 1966 per carenza di giusta causa o giustificato motivo, esclusa la nullità del recesso datoriale, ordini la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, incorre in violazione dell'art. 112 c.p.c., in quanto riconosce una tutela più ampia di quella richiesta dalla parte con il ricorso introduttivo.
Cass. civ. n. 12392/2016
In tema di danni cagionati da animali, la ricorrenza del caso fortuito, quale causa di esclusione della responsabilità del proprietario, attiene al profilo probatorio, sicché, non costituendo oggetto di eccezione in senso proprio, è rilevabile d'ufficio.
Cass. civ. n. 9241/2016
In materia di responsabilità da sinistro stradale, l'omesso uso del casco protettivo da parte di un motociclista vittima di incidente può essere fonte di corresponsabilità del medesimo, a condizione che tale infrazione abbia concretamente influito sulla eziologia del danno, circostanza che può essere accertata anche d'ufficio dal giudice, giacché riconducibile alla previsione di cui all'art. 1227, comma 1, c.c.
Cass. civ. n. 21524/2015
In tema di vizi della cosa venduta, l'ignoranza incolpevole del venditore, agli effetti dell'art. 1494 c.c., integra un'eccezione in senso lato, rilevabile d'ufficio, purché risultante "ex actis".
Cass. civ. n. 19502/2015
Non sussiste violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato allorché il giudice, qualificando giuridicamente in modo diverso rispetto alla prospettazione della parte i fatti da questa posti a fondamento della domanda, le attribuisca un bene della vita omogeneo, ma ridimensionato, rispetto a quello richiesto, sicché, proposta azione di risoluzione per inadempimento di contratto preliminare e di conseguente condanna del promittente venditore alla restituzione del doppio della caparra ricevuta, non pronunzia "ultra petita" il giudice che accerti la nullità del contratto e condanni il promittente venditore alla restituzione della caparra stessa, producendo, del resto, la risoluzione e la nullità effetti diversi quanto alle obbligazioni risarcitorie, ma identici quanto agli obblighi restitutori delle prestazioni.
Cass. civ. n. 18243/2015
Gli interessi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno da fatto illecito (nella specie, per irreversibile trasformazione di un'area da parte della P.A.), hanno fondamento e natura diversi da quelli moratori, regolati dall'art. 1224 c.c., in quanto sono rivolti a compensare il pregiudizio derivante al creditore dal ritardato conseguimento dell'equivalente pecuniario del danno subito, di cui costituiscono, quindi, una necessaria componente, al pari di quella rappresentata dalla somma attribuita a titolo di svalutazione monetaria, la quale non configura il risarcimento di un maggiore e diverso danno, ma soltanto una diversa espressione monetaria del danno medesimo (che, per rendere effettiva la reintegrazione patrimoniale del danneggiato, deve essere adeguata al mutato valore del denaro nel momento in cui è emanata la pronuncia giudiziale finale). Ne consegue che nella domanda di risarcimento del danno per fatto illecito è implicitamente inclusa la richiesta di riconoscimento sia degli interessi compensativi sia del danno da svalutazione monetaria - quali componenti indispensabili del risarcimento, tra loro concorrenti attesa la diversità delle rispettive funzioni - e che il giudice di merito deve attribuire gli uni e l'altro anche se non espressamente richiesti, pure in grado di appello, senza per ciò solo incorrere in ultrapetizione.
Cass. civ. n. 17956/2015
La decisione di accoglimento della domanda della parte comporta anche la reiezione dell'eccezione d'inammissibilità della domanda stessa, avanzata dalla controparte, senza che, in assenza di specifica argomentazioni, sia configurabile un vizio di omessa motivazione, dovendosi ritenere implicita la statuizione di rigetto ove la pretesa o l'eccezione (nella specie, di inammissibilità dell'impugnazione del lodo) non espressamente esaminata risulti incompatibile con l'impostazione logico-giuridica della pronuncia.
Cass. civ. n. 17899/2015
Il collegamento tra negozi, tutti già dedotti in giudizio, può essere individuato dal giudice di merito anche d'ufficio, rientrando nel suo potere di verifica e valutazione dei fatti costitutivi della pretesa attorea in base all'interpretazione degli atti negoziali sottoposti alla sua attenzione. Ne consegue che l'esistenza del collegamento negoziale non è oggetto di eccezione in senso stretto, ma di mera difesa, deducibile dalla parte convenuta anche con l'atto di appello.
Cass. civ. n. 14654/2015
L'eccezione di pagamento ha efficacia estintiva di un rapporto giuridico indipendentemente dal tramite di una manifestazione di volontà della parte, sicché integra un'eccezione in senso lato, rilevabile d'ufficio dal giudice sulla base degli elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti (nella specie, mediante le scritture contabili esibite e la consulenza tecnica d'ufficio disposta in ordine a quest'ultime), ancorché la questione non sia stata proposta dal convenuto ai sensi dell'art. 180, comma 2, cod. proc. civ., nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore alle modifiche di cui al d.l. n. 35 del 2005, convertito nella legge n. 80 del 2005.
Cass. civ. n. 13405/2015
Qualora l'appaltatore, in corso d'opera, chieda la risoluzione del contratto per inadempimento del committente ed il "pagamento del prezzo" dei lavori già eseguiti, la sentenza del giudice del merito, la quale, riconosciuta la fondatezza della prima domanda, accolga anche la seconda, pur rilevandone l'impropria formulazione in termini di versamento del corrispettivo, anziché, secondo i principi della risoluzione del contratto ad esecuzione continuata o periodica, in termini di "restitutio in integrum" a mezzo di equivalente pecuniario, non incorre in violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., trattandosi di mera qualificazione giuridica della domanda, fermi restando i fatti dedotti a suo fondamento.
Cass. civ. n. 12953/2015
In tema di rivendicazione, il giudice può riconoscere l'esistenza di una proprietà "pro quota" pure laddove si assuma esistere una proprietà esclusiva, senza con ciò trasmodare dai limiti della domanda, ricorrendo il vizio di ultrapetizione soltanto allorché dalla pronunzia derivino effetti giuridici più ampi di quelli richiesti dall'attore.
Cass. civ. n. 11377/2015
In tema di contratto stipulato da "falsus procurator", la deduzione del difetto o del superamento del potere rappresentativo e della conseguente inefficacia del contratto, da parte dello pseudo rappresentato, integra una mera difesa, atteso che la sussistenza del potere rappresentativo in capo a chi ha speso il nome altrui è un elemento costitutivo della pretesa del terzo nei confronti del rappresentato, sicché il giudice deve tener conto della sua assenza, risultante dagli atti, anche in mancanza di una specifica richiesta di parte.
Cass. civ. n. 8872/2015
Nel caso in cui il giudice di merito statuisca su una questione proposta dal ricorrente in primo grado in via incidentale, ritenendola, invece, quale domanda autonoma, sussiste violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., sicché la sentenza deve essere cassata per essere incorsa in vizio di ultrapetizione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che le richieste del direttore amministrativo di un conservatorio di condanna della P.A. a bandire una procedura concorsuale per la copertura del posto e, in via strumentale, di accertare e dichiarare l'illegittimità della già avvenuta nomina di un nuovo direttore amministrativo con contratto individuale, costituissero un'unica domanda).
Cass. civ. n. 3417/2015
L'omessa pronuncia, quale vizio della sentenza, può essere utilmente prospettata solo con riguardo alla mancanza di una decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che, ritualmente e incondizionatamente proposta, richiede una pronuncia di accoglimento o di rigetto. Tale vizio deve essere pertanto escluso in relazione a una questione esplicitamente o anche implicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza e che è, quindi, suscettibile di riesame nella successiva fase del giudizio, se riprospettata con specifica censura.
Cass. civ. n. 2687/2015
Integra violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., l'omessa pronuncia su un'eccezione di parte, ritualmente sollevata in giudizio, avente ad oggetto la tardiva introduzione, con l'atto di appello, di nuove allegazioni di fatto, che, alterando uno dei presupposti della domanda iniziale, inseriscano nel processo un nuovo tema d'indagine, sul quale non si sia formato in precedenza il contraddittorio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza d'appello che aveva valorizzato a fronte delle lacunose indicazioni, contenute nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado - ai fini dell'individuazione dei fatti determinativi dell'evento lesivo - nuove ed ulteriori circostanze, introdotte in sede di impugnazione, che non si erano risolte in una mera specificazione del "thema decidendum", ma in un suo sostanziale ampliamento).
Cass. civ. n. 19304/2014
Il principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, impedisce al giudice, che accolga la domanda principale di una parte, di esaminare e decidere la domanda che quest'ultima abbia proposto solo in via subordinata al mancato accoglimento della prima, a nulla rilevando che le due domande si trovino in rapporto di obiettiva compatibilità.
Cass. civ. n. 11371/2014
La domanda di annullamento del contratto per violenza morale non può essere riqualificata dal giudice come domanda di annullamento per dolo, egli incorrendo, altrimenti, in ultrapetizione per mutamento del fatto costitutivo.
Cass. civ. n. 7809/2014
In tema di violazione delle distanze legali, non incorre in ultrapetizione il giudice che, richiesto dell'ordine di demolizione della costruzione, ne ordini il semplice arretramento, essendo la decisione contenuta nei limiti della più ampia domanda di parte, senza esulare dalla "causa petendi", intesa come l'insieme delle circostanze di fatto poste a fondamento della pretesa.
Cass. civ. n. 6226/2014
In tema di interpretazione della domanda giudiziale, il giudice non è condizionato dalle formali parole utilizzate dalla parte, ma deve tener conto della situazione dedotta in causa e della volontà effettiva, nonché delle finalità che la parte intende perseguire.
Cass. civ. n. 5952/2014
Il potere del giudice di rilevare d'ufficio le nullità del contratto di assicurazione (nella specie, per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti) o delle singole clausole di esso va coordinato necessariamente con il principio dispositivo e con quello della corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Ne consegue che il contraente, laddove deduca la nullità di una clausola di delimitazione del rischio, è tenuto ad allegare ritualmente i fatti costitutivi dell'eccezione (ovvero l'esistenza della clausola, la sua inconoscibilità, il suo contenuto in tesi vessatorio) nella comparsa di risposta o con le memorie di cui all'art. 183 cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 5923/2014
Il potere del giudice di rilievo d'ufficio dell'eccezione non implica il superamento del divieto della scienza privata, occorrendo pur sempre che determinati fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultino acquisiti agli atti. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il rilievo del giudicato esterno si fondava su una circostanza - l'emissione di una precedente sentenza ormai incontestabile - non dedotta da alcuna delle parti e, quindi, verosimilmente introdotta in giudizio attraverso il ricorso alla scienza privata del giudice, essendo le due decisioni affidate allo stesso relatore).
Cass. civ. n. 4744/2014
Nel giudizio di responsabilità ex art. 1669 cod. civ., non incorre in ultrapetizione il giudice che, richiesto di condannare l'appaltatore al pagamento della somma necessaria per eliminare i vizi dell'opera, lo condanni a pagare la medesima somma a titolo di risarcimento del danno, non ricorrendo un titolo diverso da quello della domanda, poiché il costo dell'eliminazione dei difetti è parte del generico ed onnicomprensivo danno risarcibile.
Cass. civ. n. 4493/2014
In tema di risoluzione del contratto, incorre in ultrapetizione il giudice che, a fronte di una domanda di risoluzione per inadempimento, pronunci la risoluzione consensuale.
Cass. civ. n. 4205/2014
Mentre nell'interpretazione dei provvedimenti giurisdizionali si deve fare applicazione, in via analogica, dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 12 e seguenti delle preleggi, in ragione dell'ammissibilità di tali provvedimenti, per natura ed effetti, agli atti normativi, nell'interpretazione degli atti processuali delle parti occorre, fare riferimento ai criteri di ermeneutica di cui all'art. 1362 cod. civ., che valorizzano l'intenzione delle parti e che, pur essendo dettati in materia di contratti, hanno portata generale.
Cass. civ. n. 28663/2013
La figura dell'assorbimento in senso proprio ricorre quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, la quale con la pronuncia sulla domanda assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, mentre è in senso improprio quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande. Ne consegue che l'assorbimento non comporta un'omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell'assorbimento, per cui, ove si escluda, rispetto ad una certa questione proposta, la correttezza della valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l'unica motivazione della decisione assunta, ne risulta il vizio di motivazione del tutto omessa.
Cass. civ. n. 28660/2013
Nella domanda di condanna al pagamento di una determinata somma di danaro deve ritenersi sempre implicita la richiesta della condanna al pagamento di una somma minore, con la conseguenza che la pronuncia del giudice del merito di condanna ad una somma minore di quella richiesta non è viziata da extrapetizione.
Cass. civ. n. 25775/2013
L'obbligo di risarcimento del danno da fatto illecito, contrattuale o extracontrattuale, ha per oggetto l'integrale reintegrazione del patrimonio del danneggiato e, pertanto, nella domanda di risarcimento del danno deve ritenersi implicitamente inclusa la richiesta di compenso per il pregiudizio subito dal creditore a causa del ritardato conseguimento dell'equivalente monetario del danno, non incorrendo nel vizio di ultrapetizione il giudice che, in mancanza di espressa domanda, liquidi il conseguente danno da lucro cessante.
Cass. civ. n. 25608/2013
Spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllare l'attendibilità e la concludenza delle prove, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova. Conseguentemente, per potersi configurare il vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità.
Cass. civ. n. 25244/2013
L'azione reale di regolamento di confini contiene implicitamente quella personale di apposizione dei termini, quale pretesa accessoria e consequenziale, solo quando manchi un confine certo e determinato e difettino anche i segni esteriori dello stesso per cui, al di fuori di questa ipotesi, e in assenza di esplicita domanda incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che abbia condannato la parte soccombente ad installare sul confine una recinzione.
Cass. civ. n. 22083/2013
Il vizio di omissione di pronuncia non è configurabile su questioni processuali.
Cass. civ. n. 21397/2013
La liquidazione d'ufficio di un corrispettivo d'opera in misura inferiore a quella pretesa non richiede una specifica istanza dell'attore, non avendo le parti l'onere di sollecitare il giudice all'esercizio dei suoi poteri officiosi, qual è quello di accogliere la domanda per un importo inferiore rispetto al domandato, ed imponendo la mancanza di convenzione sul corrispettivo, al pari del difetto sulla relativa prova, non già il rigetto della domanda, ma l'accoglimento di questa per un importo minore del preteso, previa determinazione "officio iudicis" in base all'art. 2225 c.c..
Cass. civ. n. 18602/2013
Poiché nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell'eccezione corrisponde all'esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l'efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale), l'eccezione di interruzione della prescrizione integra un'eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d'ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, dovendosi escludere, altresì, che la rilevabilità ad istanza di parte possa giustificarsi in ragione della (normale) rilevabilità soltanto ad istanza di parte dell'eccezione di prescrizione, giacché non ha fondamento di diritto positivo assimilare al regime di rilevazione di una eccezione in senso stretto quello di una controeccezione, qual è l'interruzione della prescrizione.
Cass. civ. n. 12473/2013
Non incorre nel difetto di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, ai sensi dell'art. 112 cod. proc. civ., il giudice che, in presenza di una domanda che deduce l'invalidità di un testamento olografo sia per incapacità del testatore, sia per la falsità dell'atto, dichiari la nullità dello stesso, avendo accertato la mancanza dell'autografia ed avendo ritenuto assorbente tale causa di nullità rispetto a quella di annullamento per difetto di capacità, in quanto la nullità, quale forma più grave di invalidità, comprende, nell'ambito del "petitum", le ragioni dell'annullamento e la decisione della domanda assorbente, comportando una tutela più piena, che rende superflua la pronuncia sulla domanda assorbita, ormai non sorretta da alcun concreto interesse.
Cass. civ. n. 7220/2013
È affetta dal vizio di ultrapetizione, ex art. 112 c.p.c., la decisione resa all'esito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la quale - revocato parzialmente il provvedimento monitorio - ordini, in assenza di apposita domanda, la restituzione della somma versata in eccedenza in forza di esso, ritenuta la restituzione "necessaria conseguenza" della revoca parziale, atteso, invece, che la domanda di restituzione di una parte della somma compresa nel decreto ingiuntivo presenta una propria autonomia rispetto alla richiesta, sia pur implicita, di revoca parziale del decreto stesso, da rapportarsi alle ragioni su cui l'ingiunto ha fondato i motivi di opposizione.
Cass. civ. n. 2075/2013
La risoluzione del contratto pur comportando, per l'effetto retroattivo sancito dall'art. 1458 c.c., l'obbligo del contraente di restituire la prestazione ricevuta, non autorizza il giudice ad emettere il provvedimento restitutorio in assenza di domanda dell'altro contraente, atteso che rientra nell'autonomia delle parti disporre degli effetti della risoluzione, chiedendo, o meno, la restituzione della prestazione rimasta senza causa.
Cass. civ. n. 350/2013
La nullità delle clausole che prevedono un tasso d'interesse usurario è rilevabile anche di ufficio, non integrando gli estremi di un'eccezione in senso stretto, bensì una mera difesa, che può essere proposta anche in appello, nonché formulata in comparsa conclusionale, sempre che sia fondata su elementi già acquisiti al giudizio. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha respinto il corrispondente motivo di impugnazione in considerazione della tardività dell'allegazione, avvenuta solo nella comparsa conclusionale in sede di appello, degli elementi di fatto fondanti la invocata nullità della convenzione di interessi).
Cass. civ. n. 22893/2012
In tema di responsabilità civile obbligatoria derivante dalla circolazione dei veicoli o motore, è rilevabile d'ufficio l'incapienza del massimale minimo di legge, rispetto al danno patito dalla vittima di un sinistro stradale indennizzabile da parte dell'impresa designata per conto del fondo di garanzia vittime della strada.
Cass. civ. n. 22382/2012
Il giudice investito da una domanda di risarcimento del danno ambientale può condannare il responsabile al ripristino dello stato dei luoghi o al risarcimento in forma specifica anche d'ufficio, dovendosi considerare la richiesta di tutela reale, alla stregua delle modifiche della relativa disciplina introdotte dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, sempre insita nella domanda risarcitoria.
Cass. civ. n. 21463/2012
In tema di compravendita, il potere della parte di disporre delle eccezioni di prescrizione e decadenza dell'azione di garanzia si limita agli elementi costitutivi delle eccezioni stesse, ossia al decorso del tempo e alla volontà di profittare del conseguente effetto estintivo, mentre non concerne l'individuazione del tipo di garanzia applicabile, che è compito del giudice determinare, eventualmente riqualificando la fattispecie dedotta in giudizio (nella specie, garanzia di buon funzionamento, soggetta ai termini ex art. 1512 c.c., in luogo della garanzia edilizia, soggetta ai termini ex art. 1495 c.c.).
Cass. civ. n. 21245/2012
La domanda di risarcimento del danno da perdita delle chance di guarigione di un prossimo congiunto, in conseguenza d'una negligente condotta del medico che l'ebbe in cura, deve essere formulata esplicitamente, e non può ritenersi implicita nella richiesta generica di condanna del convenuto al risarcimento di "tutti i danni" causati dalla morte della vittima.
Cass. civ. n. 16450/2012
Nel giudizio di risarcimento del danno derivante da fatto illecito, costituisce violazione della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di cui all'art. 112 c.p.c., il prescindere, travalicandole, dalle specifiche indicazioni quantitative della parte in ordine a ciascuna delle voci di danno elencate in domanda, salvo che tali indicazioni non siano da ritenere - in base ad apprezzamento di fatto concernente l'interpretazione della domanda e censurabile in sede di legittimità esclusivamente per vizio di motivazione - meramente indicative (come sarebbe lecito concludere allorché la parte, pur dopo l'indicazione, chieda comunque che il danno sia liquidato secondo giustizia ed equità).
Cass. civ. n. 13945/2012
Il giudice ha il potere-dovere di qualificare giuridicamente l'azione e di attribuire al rapporto dedotto in giudizio un "nomen juris" diverso da quello indicato dalle parti, purché non sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio. Pertanto incorre nel vizio di ultrapetizione la decisione che, a fronte di una domanda di risoluzione della locazione per inadempimento del conduttore e di conseguente condanna al rilascio dell'immobile locato, accolga la domanda di rilascio ritenendo stipulato tra le parti un comodato senza determinazione di durata, atteso che tale decisione pone a suo fondamento un fatto estraneo alla materia del contendere, qual è la richiesta di restituzione del bene ex art. 1810 c.c., introducendo nel processo una "causa petendi" diversa da quella enunciata dalla parte a sostegno della domanda.
Cass. civ. n. 12218/2012
È viziata da extrapetizione la sentenza che, a fronte di una domanda di ristoro del danno patrimoniale, condanni il convenuto a risarcire anche quello non patrimoniale, a nulla rilevando che l'attore avesse domandato, in via subordinata, la condanna del convenuto al pagamento della "somma maggiore o minore che risulterà accertata in corso di causa".
Cass. civ. n. 9457/2012
Non incorre in extrapetizione il giudice che, adito da alcuni comproprietari per la condanna di un altro comproprietario a restituire loro il bene comune, da questo detenuto (nella specie, per effetto di transazione ex art. 46 della legge n. 203 del 1982), ordini la restituzione del bene "alla comunione", onde consentire alla comunione stessa di disporre del bene e, attraverso la maggioranza, di goderne, in modo diretto o indiretto.
Cass. civ. n. 8366/2012
La domanda giudiziale con cui la parte intenda far accertare la nullità di un testamento pubblico (nella specie, per la mancata indicazione dell'ora della sottoscrizione), al fine di poterne disconoscere gli effetti, si pone, rispetto ad un'ipotetica domanda di annullamento di quel medesimo atto dipendente da un'invalidità meno grave, nei termini di maggiore a minore, sicché il giudice, in luogo della richiesta declaratoria di radicale nullità del testamento, può pronunciarne l'annullamento, ai sensi dell'art, 606, secondo comma, c.c., ove quest'ultimo risulti fondato sui medesimi fatti, senza che la sentenza sia censurabile per il vizio di ultrapetizione; né rileva, al riguardo, il principio di conservazione delle ultime volontà del defunto, non ricorrendo, nel caso in esame, una questione di interpretazione del testamento, bensì una questione di qualificazione della domanda di nullità dello stesso.
Cass. civ. n. 7663/2012
La figura dell'assorbimento, che esclude il vizio di omessa pronuncia, ricorre, in senso proprio, quando la decisione sulla domanda cd. assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, che con la pronuncia sulla domanda cd. assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, e, in senso improprio, quando la decisione cd. assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande. Ne consegue che non rientra tra le ipotesi di assorbimento la situazione in cui la decisione adottata non esclude la necessità, né la possibilità di pronunciare sulle altre questioni prospettate dalla parte, la quale conserva interesse alla decisione sulle stesse. (Nella specie, la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza impugnata che, dopo aver ritenuto applicabile la disciplina in materia di recupero di aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune, aveva dichiarato assorbite le ulteriori questioni sulla correttezza del calcolo degli aiuti e degli interessi, sulla motivazione del provvedimento impugnato e sulla decadenza e prescrizione dell'azione di recupero).
Cass. civ. n. 7653/2012
Il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex art. 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l'attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all'attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto. (Nella specie, la S.C. ha escluso che la sentenza impugnata fosse incorsa nel vizio di omessa pronuncia laddove, a fronte della doglianza di illegittimità delle modalità di determinazione della percentuale di ricarico adottate dall'Amministrazione finanziaria per accertare la base imponibile, aveva espressamente affermato la legittimità di criteri seguiti).
Cass. civ. n. 7268/2012
Il rapporto tra le istanze delle parti e la pronuncia del giudice, agli effetti dell'art. 112 c.p.c., può dare luogo a due diversi tipi di vizi: se il giudice omette del tutto di pronunciarsi su una domanda od un'eccezione, ricorrerà un vizio di nullità della sentenza per "error in procedendo", censurabile in Cassazione ai sensi dell'art. 360, n. 4, c.p.c.; se, invece, il giudice si pronuncia sulla domanda o sull'eccezione, ma senza prendere in esame una o più delle questioni giuridiche sottoposte al suo esame nell'ambito di quella domanda o di quell'eccezione, ricorrerà un vizio di motivazione, censurabile in Cassazione ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c.. L'erronea sussunzione nell'uno piuttosto che nell'altro motivo di ricorso del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità, comporta l'inammissibilità del ricorso.
Cass. civ. n. 29849/2011
Non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che, richiesto di emanare sentenza costitutiva che tenga luogo di vendita immobiliare, integri la descrizione dell'immobile offerta dall'attore con i dati catastali evincibili dal preliminare o da altri atti di causa, giacchè egli è tenuto, al fine di garantire la piena corrispondenza della decisione alle sue finalità pratiche, alla specificazione, di significato e portata meramente formali, dei dati (confini ed elementi catastali) occorrenti per la trascrizione dello statuito trasferimento.
Cass. civ. n. 27648/2011
Non viola il disposto dell'art. 112 c.p.c. la qualificazione, da parte del giudice di merito, della domanda proposta dall'attore come di responsabilità precontrattuale, ancorché nella citazione il medesimo abbia chiesto il pagamento del compenso pattuito nel contratto poi non concluso, in quanto sussista la rappresentazione degli elementi in fatto, idonei a dimostrare la lesione della buona fede tenuta dalla parte istante nel corso della vicenda, e, quindi, la violazione dell'obbligo sancito dall'art. 1337 c.c., la cui fattispecie delinea quel particolare rapporto che, con le trattative, si instaura fra le parti.
Cass. civ. n. 22529/2011
Non incorre in violazione del principio della domanda, di cui all'art. 112 c.p.c., il giudice che, a fronte di una richiesta di condanna degli enti convenuti "ciascuno per quanto di sua spettanza", affermi la responsabilità diretta del Comune convenuto, trattandosi di locuzione con cui si rimette al giudice l'individuazione dei soggetti giuridicamente tenuti alla prestazione (nella specie, restituzione e riduzione in pristino di terreni occupati dalla P.A.).
Cass. civ. n. 20311/2011
Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un'espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l'impostazione logico-giuridica della pronuncia.
Cass. civ. n. 9395/2011
La rilevabilità d'ufficio della nullità del contratto in ogni stato e grado del processo opera solo se da parte dell'attore se ne richieda l'adempimento, essendo il giudice tenuto a verificare l'esistenza delle condizioni dell'azione e a rilevare d'ufficio le eccezioni che, senza ampliare l'oggetto della controversia, tendano al rigetto della domanda e possano configurarsi come mere difese del convenuto. Ne consegue che quando la domanda sia, invece, diretta a far valere l'invalidità del contratto o a pronunciarne la risoluzione per inadempimento, non può essere dedotta tardivamente un'eccezione di nullità diversa da quelle poste a fondamento della domanda, essendo il giudice, sulla base dell'interpretazione coordinata dell'art. 1421 c.c. e 112 c.p.c., tenuto al rispetto del principio dispositivo, anche alla luce dell'art. 111 Cost., che richiede di evitare, al di là di precise indicazioni normative, ampliamenti dei poteri d'iniziativa officiosa.
Cass. civ. n. 4288/2011
Nell'azione di regolamento di confini l'attore non è tenuto a proporre un'espressa domanda di rilascio della porzione di terreno indebitamente occupata dalla controparte, essendo tale domanda implicita nella proposizione dell'azione. Essa, pertanto, può essere specificata all'udienza di precisazione delle conclusioni, senza che ciò configuri la proposizione di una domanda nuova e, dunque, inammissibile, il cui accoglimento vizierebbe di ultrapetizione la pronuncia del giudice.
Cass. civ. n. 2956/2011
Il giudice può rilevare d'ufficio la nullità di un contratto, a norma dell'art. 1421 c.c., anche se sia stata proposta la domanda di annullamento (o di risoluzione o di rescissione del contratto, senza incorrere nel vizio di ultrapetizione, atteso che in ognuna di tali domande è implicitamente postulata l'assenza di ragioni che determinino la nullità del contratto medesimo; ne consegue che il rilievo di quest'ultima da parte dei giudice dà luogo a pronunzia non eccedente i limiti della causa, la cui efficacia resta commisurata nei limiti della domanda proposta, potendo quindi estendersi all'intero rapporto contrattuale se questa lo investa interamente.
Cass. civ. n. 455/2011
Il giudice di merito ha il potere-dovere di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione; tale potere incontra peraltro il limite del rispetto dell'ambito delle questioni proposte in modo che siano lasciati immutati il "petitum" e la "causa petendi", senza l'introduzione nel tema controverso di nuovi elementi di fatto. Pertanto, il vizio di ultrapetizione o extrapetizione ricorre quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell'azione ("petitum" e "causa petendi") e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto ("petitum" immediato), ovvero attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso ("petitum" mediato). Ne consegue che il vizio in questione si verifica quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori, attribuendo alla parte un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato. (Nella specie, la Corte di merito, investita della questione avente come presupposto la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato e la illegittimità del licenziamento disposto dalla società datoriale, con conseguente richiesta di reintegra nel posto di lavoro e condanna della società al pagamento delle retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento fino all'effettiva reintegra, pur ritenendo la interruzione di fatto del rapporto e la mancanza di prova in ordine al dedotto licenziamento, aveva condannato la società resistente al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede, argomentando dalla affermata continuità giuridica del rapporto lavorativo in questione. La S.C., in applicazione del riportato principio, ha cassato la sentenza impugnata ritenendo sussistente il lamentato vizio di ultrapetizione della stessa).
Cass. civ. n. 25516/2010
Sussiste violazione dell'art. 112 c.p.c. allorché il giudice, a fronte della domanda di nullità, proposta dal fideiussore opponente, di una clausola del contratto di fideiussione e di inefficacia dello stesso, abbia, invece, rilevato d'ufficio la mancanza di prova circa la forma scritta del contratto di conto corrente concluso dal debitore principale e la conseguente nullità del medesimo, ai sensi dell'art. 1421 c.c., posto che, essendo onere del convenuto (nel caso di decreto ingiuntivo, dell'opponente) quello di prendere posizione sui fatti posti a fondamento della domanda, dal mancato assolvimento di tale onere discende che i fatti non contestati devono ritenersi non controversi e non richiedenti specifiche dimostrazioni.
Cass. civ. n. 25140/2010
In materia di procedimento civile, sussiste vizio di "ultra" o "extra" petizione ex art. 112 c.p.c. quando il giudice pronunzia oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, ovvero su questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili d'ufficio attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato. Tale principio va peraltro posto in immediata correlazione con il principio "iura novit curia" di cui all'art. 113, primo comma, c.p.c., rimanendo pertanto sempre salva la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite nonché all'azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, e ponendo a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. (Nella specie, la S.C. ha escluso la sussistenza della lamentata violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato in presenza della qualificazione, operata del giudice del merito, del fatto storico dedotto, consistente nella pretesa violazione delle prescrizioni dell'art. 1 della legge 23 luglio 1991, n. 223, unitamente a quelle dell'art. 5 della legge 20 maggio 1975, n. 164, in tema di contenuto delle comunicazioni occorrenti al fine della messa in cassa integrazione dei lavoratori e di mancata indicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione).
Cass. civ. n. 24081/2010
Il rimborso forfettario delle spese generali ai sensi dell'art. 14 delle disposizioni generali della tariffa professionale forense, approvata con d.m. 8 aprile 2004, n. 127, non può essere liquidato d'ufficio nel procedimento speciale disciplinato dalla legge 13 giugno 1942, n. 794, occorrendo, in tale procedimento, apposita domanda con cui il professionista chieda, in applicazione dei principi previsti dagli artt. 99 e 112 c.p.c., la corresponsione in proprio favore del suddetto compenso.
Cass. civ. n. 23851/2010
I diritti reali, in quanto diritti assoluti, appartengono alla categoria dei diritti c.d. autodeterminati, che si identificano in base alla sola indicazione del loro contenuto e non per il titolo che ne costituisce la fonte. Pertanto, da un lato l'attore può mutare titolo della domanda senza incorrere nelle preclusioni della modifica della "causa petendi", dall'altro il giudice può accogliere il "petitum" in base ad un titolo diverso da quello dedotto senza violare il principio della domanda di cui all'art. 112 c.p.c..
Cass. civ. n. 16876/2010
Nello stesso giudizio possono essere proposte, in forma alternativa o subordinata, due diverse richieste tra loro incompatibili, senza che con ciò venga meno l'onere della domanda ed il dovere di chiarezza che l'attore è tenuto ad osservare nelle proprie allegazioni; ne consegue che non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che accolga una delle domande come sopra proposte, in quanto il rapporto di alternatività e di subordinazione tra esse esistente non esclude che ciascuna di esse rientri nel "petitum".
Cass. civ. n. 16152/2010
Il principio secondo il quale la portata precettiva di una pronunzia giurisdizionale va individuata tenendo conto non soltanto del dispositivo, ma anche della motivazione, trova applicazione soltanto quando il dispositivo contenga comunque una pronuncia di accertamento o di condanna e, in quanto di contenuto precettivo indeterminato o incompleto, si presti ad integrazione, ma non quando il dispositivo manchi del tutto, giacché in tal caso ricorre un irrimediabile vizio di omessa pronuncia su una domanda o un capo di domanda denunciabile ai sensi dell'art. 112 c.p.c., non potendo la relativa decisione, con il conseguente giudicato, desumersi da affermazioni contenute nella sola parte motiva. (Nella specie la S.C. ha ritenuto sussistente il vizio di omessa pronuncia della sentenza impugnata in relazione alla domanda di restituzione delle spese processuali corrisposte al procuratore distrattario in virtù della sentenza di primo grado, non essendovi alcuna statuizione sul punto nel dispositivo, e risultando irrilevante a tale fine l'affermazione, contenuta in motivazione, secondo la quale non si provvedeva al riguardo in mancanza di prova del relativo pagamento).
Cass. civ. n. 15397/2010
Il danneggiato da un sinistro stradale che intenda invocare la responsabilità ultramassimale dell'assicuratore della r.c.a. del responsabile incorso in c.d. "mala gestio" impropria non ha l'onere di formulare la relativa domanda in modo espresso, potendosi la stessa ritenere necessariamente ricompresa nella richiesta di condanna dell'assicuratore stesso all'integrale risarcimento del danno; al contrario, l'assicurato, il quale intenda invocare la responsabilità ultramassimale del proprio assicuratore della r.c.a., per c.d. "mala gestio" propria, ha l'onere di formulare in modo esplicito la relativa domanda.
Cass. civ. n. 15375/2010
Il mancato avveramento della condizione sospensiva concreta non un'eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa volta a contestare la sussistenza dei fatti costitutivi della domanda, che deve essere esaminata e verificata dal giudice anche d'ufficio, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste della parte.
Cass. civ. n. 5842/2010
La richiesta di rinvio alla Corte di giustizia CE su una questione pregiudiziale di interpretazione del diritto comunitario, in applicazione dell'art. 234 del Trattato CE, non è configurabile come autonoma domanda, rispetto alla quale, nel caso di omessa specifica pronuncia, possa farsi questione del rispetto del principio di cui all'art. 112 c.p.c., ponendo tale richiesta una questione di diritto preliminare alla decisione sulla domanda di merito proposta dalla parte. Ne consegue che la richiesta può essere prospettata per la prima volta nel grado di appello e nel ricorso per cassazione, e, solo nel giudizio di cassazione, stante la natura di giudice di ultimo grado, la facoltà di rinvio si trasforma - ricorrendone le condizioni di rilevanza e decisività - in un obbligo.
Cass. civ. n. 3593/2010
Nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno, qualora l'attore, dopo avere indicato analiticamente le voci di danno di cui chiede il ristoro ed il relativo ammontare, abbia dichiarato di rimettersi comunque "alla valutazione equitativa del giudice", il giudice non può pronunciare condanna per importi superiori a quelli richiesti dalla parte, giacché quella formula in difetto di una esplicita dichiarazione in tal senso, non può intendersi come una domanda di somme anche maggiori rispetto a quelle indicate, ma solo come richiesta al giudice di effettuare la valutazione equitativa del danno, ai sensi dell'art. 1126 c.c.
Cass. civ. n. 3012/2010
Il giudice di merito, nell'indagine diretta all'individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali le domande medesime risultino contenute, dovendo, per converso, aver riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, sì come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante, mentre incorre nel vizio di omesso esame ove limiti la sua pronuncia in relazione alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell'effettivo suo contenuto sostanziale. In particolare, il giudice non può prescindere dal considerare che anche un'istanza non espressa può ritenersi implicitamente formulata se in rapporto di connessione con il "petitum" e la "causa petendi". (Nella specie la S.C ha ritenuto, in relazione ad un giudizio per inadempimento contrattuale, che la domanda di risarcimento danni presupponesse quella di risoluzione del contratto, da ritenere proposta anche se non espressa con formula "sacramentale", perché nel contenuto della domanda originaria ad essa veniva fatto espresso riferimento).
Cass. civ. n. 26516/2009
La produzione e la vendita di tabacchi lavorati costituiscono attività pericolose ai sensi dell'art. 2050 c.c., poiché i tabacchi, avendo come unica destinazione il consumo mediante il fumo, contengono in sé una potenziale carica di nocività per la salute umana; ne consegue che, ove il danneggiato abbia proposto una domanda risarcitoria - ai sensi dell'art. 2043 c.c. - nei confronti del produttore-venditore di tabacco, viola l'art. 112 c.p.c. ed incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che sostituisca a tale domanda quella, nuova e diversa, di cui all'art. 2050 c.c., la quale integra un'ipotesi di responsabilità oggettiva. (Nella specie, l'originaria domanda risarcitoria era fondata sul carattere ingannevole delle diciture "Light" e "Extra Light" apposte sulla confezione di una marca di sigarette).
Cass. civ. n. 25055/2009
In tema di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, il giudice di merito che, a fronte di una domanda di simulazione assoluta di un contratto - nella specie vendita di azioni societarie -, ne dichiari invece la simulazione relativa, viola l'art. 112 c.p.c., giacchè quest'ultima azione, essendo diversa dalla prima per "petitum" e "causa petendi", comporta l'accertamento di fatti nuovi e differenti.
Cass. civ. n. 23734/2009
In tema di risarcimento del danno, il fatto colposo del creditore che abbia contribuito al verificarsi dell'evento dannoso - ipotesi regolata dall'art. 1227, primo comma, c.c. - è rilevabile d'ufficio, per cui la sua prospettazione non richiede la proposizione di un'eccezione in senso proprio, costituendo mera difesa, a differenza dell'aggravamento del danno derivante dal comportamento colposo successivo del danneggiato, previsto dal secondo comma della medesima disposizione.
Cass. civ. n. 23490/2009
Non sussiste violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato allorché il giudice, qualificando giuridicamente in modo diverso rispetto alla prospettazione della parte i fatti da questa posti a fondamento della domanda, le attribuisca un bene della vita omogeneo, ma ridimensionato, rispetto a quello richiesto. Ne consegue che, proposta in primo grado una domanda di risoluzione per inadempimento di contratto preliminare, e di conseguente condanna del promittente venditore alla restituzione del doppio della caparra ricevuta, non pronunzia "ultra petita" il giudice il quale ritenga che il contratto si sia risolto non già per inadempimento del convenuto, ma per impossibilità sopravvenuta di esecuzione derivante dalle scelte risolutorie di entrambe le parti (ex art. 1453, secondo comma, c.c.) e condanni il promittente venditore alla restituzione della sola caparra (la cui ritenzione è divenuta "sine titulo") e non del doppio di essa.
Cass. civ. n. 21930/2009
Non viola il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato il giudice di merito che a fronte della domanda di accertamento del diritto di proprietà su di un immobile, riconosca invece il diritto di superficie, costituendo questo un "minus" rispetto al primo, perché attiene a facoltà che sono normalmente comprese nella proprietà, dalla quale, per espressa previsione dell'art. 952 c.c., possono essere scorporate, con attribuzione ad un soggetto diverso dal proprietario di una parte soltanto delle facoltà dominicali. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto l'usucapione del diritto di superficie di un lastrico solare in favore della parte che aveva chiesto l'accertamento dell'usucapione del diritto di proprietà sulla medesima area).
Cass. civ. n. 10124/2009
Viola il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, di cui all'art. 112 c.p.c., il giudice di merito che, in una causa di risarcimento del danno per sinistro stradale, avendo l'attore chiesto affermarsi la responsabilità del convenuto, conducente della vettura antagonista, solo a titolo di colpa concorrente nella causazione del sinistro, abbia invece ritenuto la responsabilità esclusiva del convenuto medesimo.
Cass. civ. n. 8527/2009
La novazione non forma oggetto di un'eccezione in senso proprio, come si deduce dalla nozione e dalla disciplina quali delineate negli artt. 1230 - 1235 c.c., poste a raffronto con l'espressa previsione della non rilevabilità d'ufficio della compensazione (art. 1242 c.c.), e quindi il giudice può rilevare d'ufficio il fatto corrispondente, ove ritualmente introdotto nel processo. (Nella specie, la S.C., verificato, dalla sentenza impugnata e dai contenuti del motivo di ricorso, che gli elementi costitutivi della fattispecie novativa non erano stati ritualmente allegati e sottoposti all'accertamento del giudice, ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che, accertata la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato con il socio di una cooperativa, pacificamente non impedito dallo statuto della società, aveva escluso che detto rapporto dovesse ritenersi estinto per effetto della costituzione del rapporto sociale, stante l'ammissibile coesistenza dei due rapporti).
Cass. civ. n. 5131/2009
In tema di rivendicazione, il giudice di merito è tenuto innanzitutto a verificare l'esistenza, la validità e la rilevanza del titolo dedotto dall'attore a fondamento della pretesa, e ciò a prescindere da qualsiasi eccezione del convenuto,giacchè, investendo tale indagine uno degli elementi costitutivi della domanda, la relativa prova deve essere fornita dall'attore e l'eventuale insussistenza deve essere rilevata dal giudice anche d'ufficio. Per quanto attiene, in particolare, alla identità del bene domandato dall'attore con quello descritto nel titolo stesso, i dati catastali non hanno valore di prova ma di semplice indizio, costituendo le mappe catastali un sistema secondario e sussidiario rispetto all'insieme degli elementi raccolti in fase istruttoria. (Nella specie, la S.C. ha respinto il ricorso contro la sentenza di merito che - in un giudizio di rivendicazione di un immobile nel quale il convenuto aveva eccepito, fin dalla comparsa di risposta, una situazione possessoria fondata sul principio "possideo quia possideo" - aveva rigettato la domanda nella convinzione che, gravando sugli attori la "probatio diabolica", questa non fosse stata in concreto conseguita).
Cass. civ. n. 3357/2009
Il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all'art. 360, n. 4 dello stesso codice, si configura esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto, e non anche in relazione ad istanze istruttorie (come quella di ammissione di una c.t.u.) per le quali l'omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione.
Cass. civ. n. 2558/2009
In tema di luci e vedute, viola il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato il giudice di merito che, adito allo scopo di sentir dichiarare l'illegittimità di alcune vedute aperte in una costruzione eretta in sopraelevazione, ne abbia imposto la regolarizzazione invece come "luci". Diversi sono infatti, i presupposti per l'una e l'altra disciplina, riguardando l'art. 905 cod. civ. le aperture che consentono di "inspicere" e di "prospicere", cioè di vedere ed affacciarsi verso il fondo del vicino, ed invece gli artt. 901 e 902 cod. civ. il diritto di praticare aperture in direzione di quello per attingere luce ed aria; così come diversi sono i rimedi, poiché l'inosservanza delle distanze dettate dall'art. 905 cod. civ. può essere eliminata soltanto dall'arretramento o chiusura delle vedute, mentre le prescrizioni sulle luci possono farsi rispettare attraverso la loro semplice regolarizzazione.
Cass. civ. n. 1954/2009
Non sussiste il vizio di "extrapetizione" (art. 112 c.p.c.) se il giudice dell' opposizione a decreto ingiuntivo - giudizio di cognizione proposto non solo per accertare l'esistenza delle condizioni per l'emissione dell' ingiunzione, ma anche per esaminare la fondatezza della domanda del creditore in base a tutti gli elementi, offerti dal medesimo e contrastati dall'ingiunto - revoca il provvedimento monitorio ed emette una sentenza di condanna di questi per somma anche minore rispetto a quella ingiunta, dovendosi ritenere che nella originaria domanda di pagamento di un credito, contenuta nel ricorso per ingiunzione, e nella domanda di rigetto dell'opposizione (o dell'appello dell'opponente) sia ricompresa quella subordinata di accoglimento della pretesa per un importo minore.
Cass. civ. n. 1701/2009
Il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo nel caso di mancato esame, da parte della sentenza impugnata, di questioni di merito, e non già nel caso di mancato esame di eccezioni pregiudiziali di rito. Pertanto la sentenza che si assuma avere erroneamente rigettato l'eccezione di inammissibilità dell'appello non è censurabile in sede di legittimità per violazione dell'art. 112 c.p.c..
Cass. civ. n. 23670/2008
L'effettiva titolarità passiva del rapporto giuridico controverso, poiché attiene al merito della controversia, rientra nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata. Il suo difetto, pertanto, non può essere rilevato d'ufficio dal giudice, ma deve essere dedotto nei tempi e modi previsti per le eccezioni di parte e non può, quindi, essere sollevato per la prima volta in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 19693/2008
Il provvedimento di riunione di cause, che si adegua al principio dell'economia dei giudizi, costituisce espressione del potere ordinatorio del giudice che lo esercita incensurabilmente, e, pertanto, non è suscettibile di impugnazione dinanzi ad altri uffici giudiziari; conseguentemente, l'omessa riunione di procedimenti relativi alla stessa causa, che non risulta tra l'altro sanzionata da nullità, non può assolutamente essere configurata come uno dei capi della domanda sul quale manchi la decisione e per il quale può quindi configurarsi il vizio di omessa pronuncia ai sensi dell'art. 112 c.p.c..
Cass. civ. n. 16621/2008
Il potere del giudice di rilevare d'ufficio la nullità (o l'inesistenza ) di un contratto, in base all'art. 1421 c.c., va coordinato con il principio della domanda fissato dagli artt. 99 e 112 c.p.c., nel senso che solo se sia in contestazione l'applicazione o l'esecuzione di un atto la cui validità rappresenti un elemento costitutivo della domanda, il giudice può rilevare in qualsiasi stato e grado del giudizio, indipendentemente dall'attività assertiva delle parti, l'eventuale nullità dell'atto stesso, e che se, invece, la contestazione attenga direttamente alla illegittimità dell'atto, una diversa ragione di nullità non può essere rilevata d'ufficio, nè può esser dedotta per la prima volta in grado d'appello, trattandosi di domanda nuova e diversa da quella ab origine proposta dalla parte. Ne consegue che è consentito al giudice d'appello, senza per questo incorrere nel vizio di ultrapetizione, rilevare la nullità (o l'inesistenza ) del contratto in base ad una ragione diversa da quella prospettata dall'appellante che sia rimasto soccombente nel primo grado del giudizio contro di lui iniziato per l'esecuzione del contratto, nascendo il potere-dovere del giudice di verificare la sussistenza delle condizioni dell'azione, anteriormente alla eventuale eccezione di nullità del convenuto, anche se proposta con riconvenzionale o, successivamente, come motivo di gravame. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato inammissibile, perché nuova, la domanda, formulata per la prima volta in appello, volta alla declaratoria di nullità delle clausole di un contratto di affitto di fondo rustico nella parte in cui le stesse prevedevano anche un compenso correlato al ricavato della vendita del prodotto legnoso ottenuto dal taglio periodico del bosco, mai effettuato, e aveva riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni per la mancata esecuzione dei tagli ).
Cass. civ. n. 16017/2008
Mentre l'effetto estensivo della nullità della singola clausola o del singolo patto all'intero contratto, avendo carattere eccezionale rispetto alla regola della conservazione, non può essere dichiarato d'ufficio dal giudice con la conseguenza che incombe alla parte che assuma l'estensione l'onere di provare l'interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dal patto inficiato da nullità, non è vero il contrario, poiché mentre nel primo caso il giudice che pronunci la nullità dell'intero contratto senza essere stato investito della relativa domanda viola il principio della corrispondenza fra chiesto e pronunciato, nel secondo caso egli pronuncia pur sempre nei limiti della domanda della parte, accogliendola solo parzialmente.
Cass. civ. n. 11164/2008
Quando il giudice adito con la prospettazione della idoneità di determinati fatti ad integrare la fattispecie costitutiva di una domanda di tutela del possesso ritiene che essi integrerebbero invece, astrattamente, i fatti costitutivi di una domanda diversa e, anziché limitarsi a rigettare la domanda possessoria, si considera investito della diversa domanda che i fatti prospettati sarebbero stati idonei a integrare e si dichiara incompetente sulla medesima, la decisione così assunta deve ritenersi erroneamente dichiarativa di incompetenza, poiché quella che il giudice ha considerato come qualificazione della domanda non è tale, essendo egli chiamato a decidere solo sulla domanda possessoria. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha dichiarato la competenza del tribunale che, investito di una domanda possessoria, ritenendo che la medesima fosse fondata sull'esistenza di un titolo contrattuale agrario, aveva invece dichiarato la propria incompetenza per essere competente la sezione specializzata agraria ).
Cass. civ. n. 3863/2008
La domanda di accertamento del diritto del lavoratore ad essere inquadrato, anziché nella qualifica richiesta, in una qualifica diversa ed inferiore, ma pur sempre superiore alla qualifica attribuita dal datore di lavoro, può ritenersi domanda implicitamente inclusa in quella proposta, purché vi sia la corrispondente prospettazione degli elementi di fatto e, segnatamente, della declaratoria contrattuale che sorregga la qualifica intermedia. Pertanto, incorre nel vizio di omessa pronuncia il giudice di merito che abbia rigettato la domanda di inquadramento nella qualifica superiore, omettendo l'esame della domanda implicitamente proposta in relazione alla qualifica intermedia. Tale vizio deve essere specificamente denunciato in appello, potendo, il giudice di appello, pronunciare sul riconoscimento della qualifica intermedia solo ove ciò sia stato oggetto di uno specifico motivo di impugnazione ed incorrendo, invece, nella violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in caso di pronuncia sulla domanda non espressamente riproposta e da intendersi rinunciata ex art. 346 c.p.c.
Cass. civ. n. 2860/2008
I negozi posti in essere dal falsus procurator non sono nulli, bensì privi di efficacia e tale inefficacia non è rilevabile d'ufficio, ma solo su eccezione di parte, a sollevare la quale è legittimato soltanto lo pseudo rappresentato. Tuttavia, ove la parte, allegando la mancanza di potere rappresentativo, invochi la nullità del contratto concluso dal falsus procurator non incorre in vizio di ultrapetizione il giudice che ne dichiari la semplice inefficacia, posto che quest'ultima costituisce un minus rispetto alla nullità ed in essa può ritenersi virtualmente compresa.
Cass. civ. n. 837/2008
Poiché la giusta causa ed il giustificato motivo soggettivo di licenziamento costituiscono mere qualificazioni giuridiche, devolute al giudice, dei fatti che il datore di lavoro ha posto a base del recesso, la impugnazione della sentenza di primo grado che ha dichiarato la legittimità o illegittimità del licenziamento per sussistenza o insussistenza della giusta causa comprende la minor domanda relativa alla declaratoria della legittimità del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, ed abilita il giudice di appello a pronunciarsi in tal senso anche in mancanza di espressa richiesta della parte, senza che vi sia lesione dell'art. 112 c.p.c.
Cass. civ. n. 24655/2007
Non integra ultrapetizione, ai sensi dell'articolo 112 c.p.c., la fissazione d'ufficio di un termine per l'adempimento della controprestazione nella sentenza costitutiva degli effetti del contratto non concluso, giacché, non prevedendo l'articolo 2932, secondo comma, c.c., alcun termine per essa, lo stesso deve essere necessariamente stabilito dal giudice secondo la previsione dell'articolo 1183, primo comma, c.c.
Cass. civ. n. 23909/2007
Qualora il datore di lavoro chieda l'accertamento giudiziale della legittimità del licenziamento intimato al dipendente, la sentenza che in luogo del rigetto della domanda statuisca l'illegittimità del recesso non è affetta da vizio di ultrapetizione, atteso che il richiesto accertamento implica che sia verificata anche la difesa svolta dal convenuto, con la contestazione della fondatezza della pretesa dell'attore, e la adottata declaratoria di illegittimità riflette il risultato di quella verifica.
Cass. civ. n. 23819/2007
Nella domanda di risoluzione, o comunque di cessazione, del rapporto di locazione deve ritenersi implicita quella di rilascio dell'immobile; parimenti, nella sentenza di accoglimento della domanda di cessazione della locazione deve ritenersi implicito l'ordine di rilascio dell'immobile locato.
Cass. civ. n. 21484/2007
In riferimento al principio di necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato, pur dovendosi affermare che al giudice spetta il potere di dare qualificazione giuridica alle eccezioni proposte, tuttavia tale potere trova un limite in relazione agli effetti giuridici che la parte vuole conseguire deducendo un certo fatto, nel senso che la prospettazione di parte vincola il giudice a trarre dai fatti esposti l'effetto giuridico domandato. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito la quale — in relazione ad una domanda di arretramento di una costruzione fino al limite delle distanze legali —, avendo il convenuto eccepito che la costruzione era stata legittimamente eretta molto tempo prima, aveva qualificato tale eccezione come usucapione dello ius aedificandi a distanza inferiore da quella legale; la S.C. ha rilevato che una simile eccezione è da qualificare come eccezione in senso stretto, la cui rilevabilità d'ufficio è sottratta al giudice).
Cass. civ. n. 16993/2007
In tema di contratti, la clausola risolutiva espressa attribuisce al contraente il diritto potestativo di ottenere la risoluzione del contratto per l'inadempimento di controparte senza doverne provare l'importanza, sicché la risoluzione del contratto per il verificarsi del fatto considerato non può essere pronunziata d'ufficio, ma solo se la parte nel cui interesse la clausola è stata inserita nel contratto dichiara di volersene avvalere.
Cass. civ. n. 15981/2007
La domanda giudiziale con cui la parte intenda far accertare la nullità di un contratto, al fine di poterne disconoscere gli effetti, si pone, rispetto ad un'ipotetica domanda di annullamento di quel medesimo contratto dipendente da una invalidità meno grave, nei termini di maggiore a minore, sicché il giudice, in luogo della richiesta declaratoria di radicale nullità di un contratto, può pronunciarne l'annullamento, ove quest'ultimo risulti fondato sui medesimi fatti, senza che la sentenza sia censurabile per il vizio di ultrapetizione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata la quale, nell'escludere la sussistenza della nullità del contratto individuale di lavoro stipulato tra il presidente in carica della società datrice di lavoro ed un suo dirigente, aveva però omesso di indagare se, in forza delle allegazioni in fatto su cui si fondavano le difese della società in entrambi i gradi del giudizio, potesse invece ravvisarsi una ipotesi di annullabilità del medesimo contratto per conflitto d'interessi ex art. 1394 c.c.).
Cass. civ. n. 15756/2007
Il principio dell'automatica estensione delle domande (nella specie, di risarcimento) al terzo che il convenuto abbia chiamato in causa, indicandolo come effettivo e diretto obbligato, non opera quando il terzo non abbia partecipato al giudizio in tale veste, ma sia in esso intervenuto per far affermare la propria qualità di titolare, in luogo dell'attore, del diritto da questi fatto valere a fondamento della domanda di risarcimento del danno. Incorre, pertanto, nel vizio di ultrapetizione il giudice che condanni, in questo caso, il terzo intervenuto al risarcimento del danno in solido con il convenuto.
Cass. civ. n. 15496/2007
Il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato come il principio del tantum devolutum quantum appellatum che importano il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene della vita diverso da quello richiesto (petitum mediato) oppure di emettere una qualsiasi pronuncia su domanda nuova, non ostano a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, nonché in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi ed, in genere, all'applicazione di una norma giuridica diversa da quella invocata dalle parti. Non configurano una inammissibile domanda nuova le deduzioni di parte rese in appello, ove non comportino il mutamento del fatto costitutivo oppure del fatto impeditivo, estintivo o modificativo sul quale di fonda la domanda oppure l'eccezione, ma si limitino ad invocarne a sostegno norme giuridiche diverse. (Nella specie, un ente previdenziale aveva fondato la propria pretesa contributiva su norma giuridica diversa da quella invocata nel grado precedente del giudizio, senza che la S.C. ravvisasse mutamento dei fatti dedotti in giudizio).
Cass. civ. n. 14751/2007
L'interpretazione della domanda giudiziale costituisce operazione riservata al giudice del merito, il cui giudizio, risolvendosi in un accertamento di fatto, non è censurabile in sede di legittimità quando sia motivato in maniera congrua ed adeguata, avendo riguardo all'intero contesto dell'atto, senza che ne risulti alterato il senso letterale e tenendo conto della sua formulazione letterale nonché del contenuto sostanziale, in relazione alle finalità che la parte intende perseguire, senza essere condizionato al riguardo dalla formula adottata dalla parte stessa. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dell'enunciato principio, ha rigettato il ricorso e confermato l'impugnata sentenza, con la quale il giudice del merito aveva interpretato la domanda contenuta nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado come diretta a conseguire il risarcimento dei soli danni all'immagine dell'azienda con sviamento della clientela in conseguenza della condotta molestatrice del convenuto proprietario del locale e denunziata anche con querela in sede penale, indicando puntualmente e analiticamente le ragioni in virtù delle quali era pervenuto a tale qualificazione).
Cass. civ. n. 14581/2007
Le eccezioni in senso lato, ovvero rilevabili anche d'ufficio, qualora coinvolgano un interesse pubblico in campo processuale (quali le eccezioni di giudicato) possono essere rilevate addirittura in ogni stato e grado del processo, ma se sono relative ad un diritto di carattere sostanziale il cui esercizio in campo processuale non incide in alcun modo su interessi pubblici, quand'anche siano qualificabili come eccezioni in senso lato, hanno una rilevabilità condizionata al rispetto del principio dispositivo e del contraddittorio. Ne consegue che (fatti salvi casi particolari) è vietato al giudice porre alla base della propria decisione fatti che non rispondano ad una tempestiva allegazione delle parti, ovvero il giudice non può basare la propria decisione su un fatto, ritenuto estintivo, modificativo o impeditivo, che non sia mai stato dedotto o allegato dalla parte o comunque non sia risultante dagli atti di causa, e che tale allegazione non solo è necessaria ma deve essere tempestiva, ovvero deve avvenire al massimo entro il termine ultimo entro il quale nel processo di primo grado si determina definitivamente il thema decidendum ed il thema probandum ovvero entro il termine perentorio eventualmente fissato dal giudice ex art. 183, quinto comma, c.p.c. (Principio affermato dalla S.C. in relazione ad eccezione concernente l'entità del massimale assicurativo ed a questione di tardività della medesima).
Cass. civ. n. 13705/2007
Il vizio di omessa pronunzia non rientra fra quelli che determinano la regressione del processo dallo stadio di appello a quello precedente, ma comporta la necessità, per il giudice d'appello che dichiari il vizio, di porvi rimedio, trattenendo la causa e decidendola nel merito. Ne consegue che l'appellante ha l'onere non solo di denunciare e documentare l'esistenza del vizio che inficia la sentenza appellata, ma di indicare, altresì, le ragioni poste a fondamento della domanda non esaminata nel merito, risolvendosi altrimenti la sola prospettazione del vizio di rito in una causa di inammissibilità del gravame, non sussistendo le condizioni per emettere una pronuncia sulla domanda trascurata dal giudice di primo grado.
Cass. civ. n. 12402/2007
Al giudice compete soltanto il potere-dovere di qualificare giuridicamente l'azione e di attribuire, anche in difformità rispetto alla qualificazione della fattispecie operata dalle parti, il nomen iuris al rapporto dedotto in giudizio, con la conseguenza che il giudice stesso può interpretare il titolo su cui si fonda la controversia e anche applicare una norma di legge diversa da quella invocata dalla parte interessata, ma, onde evitare di incorrere nel vizio di ultrapetizione, deve lasciare inalterati sia il petitum che la causa petendi senza attribuire un bene diverso da quello domandato e senza introdurre nel tema controverso nuovi elementi di fatto. (In applicazione di questi principi, la Corte ha escluso che potesse qualificarsi come istanza di riduzione per lesione di legittima una domanda qualificata dalla parte come petizione di eredità e, in secondo grado, come rivendicazione, per il difetto, anche nelle deduzioni dell'attrice, dei presupposti essenziali di questa domanda, e cioè l'esistenza di una disposizione testamentaria o di una donazione e l'allegazione che, a causa di esse, il legittimario aveva subito una riduzione della sua quota di legittima spettantegli per legge).
Cass. civ. n. 12084/2007
La mancata statuizione — nel dispositivo della sentenza — in ordine ad un determinato capo della domanda configura il vizio di omessa pronuncia riguardo a quel capo, denunciabile ai sensi dell'articolo 112 c.p.c., non potendo la esistenza della relativa decisione desumersi da affermazioni contenute nella sola motivazione.
Cass. civ. n. 12075/2007
La risoluzione consensuale del contratto non costituisce materia di eccezione in senso stretto, ma è un fatto estintivo dei diritti nascenti dal contratto, che può essere accertato anche d'ufficio dal giudice. (Nella specie, essendo stato accertato il fatto estintivo dell'avvenuta risoluzione del contratto, il giudice ha ritenuto di non poter accogliere la domanda risarcitoria di una delle parti in quanto l'accordo sulla risoluzione del contratto aveva tolto ogni efficacia al fatto costitutivo del diritto al risarcimento).
Cass. civ. n. 11843/2007
L'eccezione di prescrizione è validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, e cioè l'inerzia del titolare, a nulla rilevando che chi la invochi abbia erroneamente individuato il termine applicabile, ovvero il momento iniziale o finale di esso: queste ultime infatti sono questioni di diritto, sulle quali il giudice non è vincolato dalle allegazioni di parte.
Cass. civ. n. 11837/2007
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 112 c.p.c., in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., nella parte in cui consente il rilievo d'ufficio della questione attinente alla legittimazione ad agire in ogni stato e grado del processo; infatti, la legitimatio ad causam non attiene al merito della causa ma alla regolare instaurazione del contraddittorio, la cui sussistenza può essere accertata dal giudice, sulla base della prospettazione offerta dall'attore, sino alla conclusione del processo, col solo limite del giudicato interno, e senza necessità d'impulso delle parti, senza che ciò arrechi un vulnus al diritto di difesa delle stesse.
Cass. civ. n. 11460/2007
Qualora l'attore abbia richiesto la condanna del convenuto al pagamento di una determinata somma a titolo di differenze non corrisposte di canoni di locazione, il giudice del merito non può emanare una condanna generica e rimettere la liquidazione eventuale del credito medesimo al calcolo affidato alle stesse parti in base a criteri parametrici neppure indicati, ma, nel rispetto del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, deve determinare il credito in base agli elementi acquisiti al processo, oppure rigettare la domanda per difetto di prova.
Cass. civ. n. 11108/2007
Posto, in generale, il principio secondo cui tutte le ragioni che possono condurre al rigetto della domanda per difetto delle sue condizioni di fondatezza, o per la successiva caducazione del diritto con essa fatto valere, possono essere rilevate anche d'ufficio, in base alle risultanze rite et recte acquisite al processo, nei limiti in cui tale rilievo non sia impedito o precluso in dipendenza di apposite regole processuali, con l'effetto che la verifica attribuita al giudice in ordine alla sussistenza del titolo — che rappresenta la funzione propria della sua giurisdizione — deve essere compiuta, di norma, ex officio in ogni stato e grado del processo, nell'ambito proprio di ognuna delle sue fasi, si deve affermare che detto principio trova il suo principale limite — in relazione al disposto dell'art. 112 c.p.c. — nell'inammissibilità della pronuncia d'ufficio sulle eccezioni, perciò denominate «proprie» e specificamente previste normativamente, che possono essere proposte soltanto dalle parti, ricadendo, in virtù di una scelta proveniente dalla legge sostanziale e giustificatesi in ragione della tutela di particolari interessi di merito, nella sola loro disponibilità, ed esse si identificano, nel processo del lavoro, con quelle richiamate negli artt. 416, comma secondo, e 437, comma secondo, c.p.c., rispettivamente per il giudizio di primo grado e per quello di appello. Peraltro, tale limitazione si estende anche a quelle ipotesi di eccezioni in cui l'iniziativa necessaria della parte, a prescindere dall'espressa previsione di legge, è richiesta «strutturalmente» perché il fatto integratore dell'eccezione corrisponde all'esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio, come si verifica con riguardo a tipiche azioni costitutive, nelle quali la scelta del debitore di eccepire o meno il fatto o la situazione giuridica impeditiva o estintiva discende dalla tutela di un interesse di merito dello stesso debitore di adempiere comunque alla pretesa attorea. Alla luce di ciò può asserirsi che non rientra nel novero delle eccezioni che sfuggono al rilievo d'ufficio quella inerente (come nella specie), nelle controversie di lavoro, alla deduzione di inapplicabilità della clausola contrattuale dedotta dal lavoratore, per la cui proposizione, quindi, non si prospetta configurabile la decadenza stabilita dai richiamati artt. 416 e 437 del codice di rito.
Cass. civ. n. 10825/2007
Nelle obbligazioni di valore, quale quella di risarcimento del danno determinato da un fatto illecito, gli interessi per il ritardo nel pagamento della somma dovuta costituiscono una componente implicita nella domanda risarcitoria e, come tali, non solo spettano di pieno diritto al danneggiato, anche in assenza di un'espressa richiesta, ma sono dovuti anche in mancanza di una prova rigorosa del mancato guadagno, potendo tale prova essere offerta dalla parte e riconosciuta dal giudice ricorrendo a criteri presuntivi ed equitativi, previa valutazione delle circostanze attinenti al caso specifico. (Nella fattispecie, relativa al risarcimento per le lesioni gravi riportate a causa di un incidente stradale, la S.C. ha escluso l'errore della corte di merito per avere questa liquidato, in favore della danneggiata, in mancanza di allegazione e prova, gli interessi per il ritardato pagamento del danno biologico e morale).
Cass. civ. n. 6945/2007
Il principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, la cui violazione determina il vizio di ultrapetizione, implica unicamente il divieto, per il giudice, di attribuire alla parte un bene non richiesto o, comunque, di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda, ma non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti di causa autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti. Tale principio deve quindi ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell'azione (petitum e causa petendi), attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, ovvero, pur mantenendosi nell'ambito del petitum rilevi d'ufficio un'eccezione in senso stretto che, essendo diretta ad impugnare il diritto fatto valere in giudizio dall'attore, può essere sollevata soltanto dall'interessato, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo (causa petendi) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda. (Nella fattispecie. la S.C. ha ritenuto che fosse incorsa nel vizio di ultrapetizione la corte di merito che - senza impugnazione sul punto - aveva corretto il metodo equitativo, utilizzato dal primo giudice, per la quantificazione del danno biologico, rideterminato sulla base dei parametri indicati nelle tabelle elaborate dal tribunale competente, «personalizzate» in relazione al caso concreto).
Cass. civ. n. 6361/2007
Perché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell'art. 112 c.p.c., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un'eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall'altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l'indicazione specifica, altresì, dell'atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l'una o l'altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primis la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi. Ove, infatti, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato art. 112 c.p.c., riconducibile alla prospettazione di un'ipotesi di error in procedendo per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del «fatto processuale» detto vizio, non essendo rilevabile d'ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all'adempimento da parte del ricorrente, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l'altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito, dell'onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca ma solo ad una verifica degli stessi.
Cass. civ. n. 5278/2007
Qualora la parte abbia richiesto gli interessi secondo il tasso bancario o comunque superiore, non è viziata da extrapetizione la pronuncia del giudice che li abbia liquidati nella misura legale, essendo una tale richiesta implicitamente contenuta in quella più ampia di pagamento degli interessi secondo un tasso più elevato.
Cass. civ. n. 4804/2007
L'eccezione di rinuncia alla prescrizione non integra un'eccezione in senso proprio e, pertanto, può essere presa in esame dal giudice, anche d'ufficio, senza bisogno di un'apposita iniziativa della parte interessata, purché i fatti sui quali essa si fonda, anche se non allegati dalle parti, siano stati ritualmente acquisiti al processo.