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Art. 474 — Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi

Art. 474 — Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi

Fuori dei casi di concorso [ 110 ] nei delitti preveduti dall’articolo 473, chiunque introduce nel territorio dello Stato [ 4 2 ], al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 3.500 a euro 35.000.

Fuori dei cassi di concorso nella contraffazione, alterazione, introduzione nel territorio dello Stato, chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione, al fine di trarne profitto, i prodotti di cui al primo comma è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fin a euro 20.000.

I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 36139/2017

Ai fini della sussistenza del delitto previsto dall’art. 474 cod. pen, allorchè si tratti di marchio di larghissimo uso e di incontestata utilizzazione da parte delle relative società produttrici, non è richiesta la prova della sua registrazione, gravando in tal caso l’onere di provare la insussistenza dei presupposti per la sua protezione su chi tale insussistenza deduce.

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Cass. pen. n. 27376/2017

Integra il delitto di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi, di cui all’art. 474 cod. pen., e non il delitto di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, di cui all’art. 517 cod. pen., la condotta di acquisto per la rivendita al pubblico di beni con marchi o segni distintivi falsificati se vi è sostanziale identità del “logo”riprodotto rispetto a quello originale, in quanto il primo delitto si riferisce a prodotti recanti marchi – e, quindi, segni distintivi delle ditte produttrici – contraffatti, mentre il secondo, posto a tutela dell’ordine economico, punisce la messa in circolazione di prodotti dell’ingegno od opere industriali recanti marchi o segni distintivi atti ad ingannare il compratore su origine, provenienza o qualità della merce.

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Cass. pen. n. 18641/2017

Nel delitto di detenzione per la vendita di prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati, la cui previsione è rimasta identica pur a seguito della riforma dell’art. 474 cod. pen. ad opera della legge 23 luglio 2009, n. 99, l’elemento soggettivo è costituito dal dolo specifico, atteso che la destinazione del prodotto alla vendita rappresenta la finalità che caratterizza la condotta di detenzione e non soltanto la connotazione oggettiva della stessa, rispondendo all’esigenza di selezionare i fatti ritenuti effettivamente offensivi del bene giuridico a fronte di una significativa anticipazione della sua tutela.

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Cass. pen. n. 37451/2014

Integra il delitto di commercio di prodotti con marchio contraffatto colui che ponga in vendita accessori e ricambi per aspirapolvere sui quali sia stato riprodotto il marchio dell’impresa produttrice dei componenti originali; né ha rilievo al riguardo l’art. 241 del D.Lgs. n. 30 del 2005 in virtù del quale non può vietarsi la fabbricazione e la messa in commercio di parti di ricambio di un prodotto complesso coperto da privativa, in quanto resta, comunque, vietata ex art. 473 e 474 cod. pen. la contraffazione del marchio apposto dal titolare di esso sui componenti originali.

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Cass. pen. n. 5215/2014

Ai fini della sussistenza del delitto previsto dall’art. 474 cod. pen, allorchè si tratti di marchio di larghissimo uso e di incontestata utilizzazione da parte delle relative società produttrici, non è richiesta la prova della sua registrazione, gravando in tal caso l’onere di provare la insussistenza dei presupposti per la sua protezione su chi tale insussistenza deduce. (Fattispecie relativa ai marchi “Armani”, “Dior”, “Lacoste”, “Richmond”).

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Cass. pen. n. 42446/2012

In tema di introduzione nello Stato di prodotti con segni falsi, deve escludersi la consapevolezza dell’agente in ordine alla “esistenza del titolo di proprietà industriale”, che costituisce un presupposto del reato, quando la merce sia stata ordinata in epoca precedente alla avvenuta registrazione del marchio che si assume contraffatto. (In motivazione, la Corte ha osservato che ha rilievo, ai fini del difetto dell’elemento soggettivo, la presenza di differenti orientamenti giurisprudenziali sull’identificazione del momento iniziale della tutela del marchio).

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Cass. pen. n. 20944/2012

Integra il delitto di cui all’art. 474 c.p. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto; né, a tal fine, ha rilievo la configurabilità della cosiddetta contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 c.p. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la pubblica fede, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno e nemmeno ricorre l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno.

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Cass. pen. n. 142/2012

L’affermazione di responsabilità per il caso di mera detenzione di prodotti con marchi contraffatti, implica che la finalità di vendita sia provata, sulla base dei più disparati indizi, purché essi siano univocamente conducenti alla conclusione che il possesso sia diretto alla attività del successivo commercio o messa in circolazione del corpo di reato.

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Cass. pen. n. 47081/2011

Non integra il delitto di commercio di prodotti con segni falsi colui che ponga in vendita ricambi per auto non originali sui quali sia stato riprodotto, quale elemento estetico presente sul componente originale, il marchio del costruttore del veicolo. (Fattispecie relativa alla pubblicizzazione e commercializzazione su siti internet di copricerchioni provenienti da produttori indipendenti).

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Cass. pen. n. 40170/2009

Ai fini della configurabilità del reato di commercio di prodotti con segni falsi è sufficiente e necessaria l’idoneità della falsificazione a ingenerare confusione, con riferimento non solo al momento dell’acquisto, bensì alla loro successiva utilizzazione, a nulla rilevando che il marchio, se notorio, risulti, o non, registrato, data l’illiceità dell’uso senza giusto motivo di un marchio identico o simile ad altro notorio anteriore utilizzato per prodotti o servizi sia omogenei o identici, sia diversi, allorché al primo derivi un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del secondo. (Fattispecie relativa a sequestro di magliette riportanti al centro una dicitura di grandi dimensioni di un celebre marchio e sul collo un’altra, di piccole dimensioni, riferita a un altro produttore).

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Cass. pen. n. 9261/2009

Integra il reato di cui all’art. 474 c.p. la condotta di commercializzazione di prodotti recanti il marchio “vera pelle”o “vero cuoio”contraffatto.

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Cass. pen. n. 7064/2009

Integra il reato previsto dall’art. 474 c.p. l’introduzione di prodotti con segni falsi nelle acque territoriali italiane, anche se non risulti superata la barriera doganale.

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Cass. pen. n. 36016/2008

Integra il delitto di cui all’art. 474 c.p. la detenzione per la vendita di magliette riproducenti emblemi, marchi e logo di società di calcio contraffatti, in quanto l’apposizione dei marchi registrati sull’abbigliamento sportivo ufficiale risponde all’esigenza di distinzione di un prodotto, collegata allo sfruttamento commerciale della riconoscibilità di quell’abbigliamento come utilizzato dalla squadra nelle sue prestazioni sportive e all’incremento della commercializzazione in dipendenza della notorietà acquisita da tali prodotti proprio perché usati nell’esercizio dell’attività tipica della società sportiva.

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Cass. pen. n. 16821/2008

In tema di commercio di prodotti con segni falsi, perchè il falso possa essere considerato innocuo e grossolano, e dunque, perchè il reato possa essere ritenuto impossibile, occorre che le caratteristiche intrinseche del prodotto e del marchio che con esso si identifica siano tali da escludere immediatamente la possibilità che una persona di comune avvedutezza e discernimento possa essere tratta in inganno: tale giudizio va formulato con criteri che consentano una valutazione « ex ante» della riconoscibilità « ictu oculi» della grossolanità della falsificazione.

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Cass. pen. n. 31482/2007

Il reato di cui all’art. 474 c.p. (Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) ha per oggetto la tutela della fede pubblica e richiede la contraffazione o l’alterazione del marchio e/o del segno distintivo della merce, laddove il reato di cui all’art. 517 c.p. (vendita di prodotti industriali con segni mendaci) ha per oggetto la tutela dell’ordine economico e richiede la semplice imitazione del marchio, non necessariamente registrato o riconosciuto, purchè detta imitazione sia idonea a trarre in inganno gli acquirenti.

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Cass. pen. n. 33543/2006

Integra il delitto di cui all’art. 474 c.p. (Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) la vendita di prodotti falsamente contrassegnati ed esposti insieme a quelli originali; né, a tal fine, ha rilievo la circostanza che gli acquirenti possano avere consapevolezza della falsità del marchio, considerato che le norme penali sul falso tutelano l’affidabilità di alcune forme di comunicazione e di rappresentazione della realtà, prescindendo, di regola, dalla lesione di ulteriori interessi patrimoniali, con la conseguenza che ciò che rileva non è una generica idoneità all’inganno della condotta ma solo l’idoneità di un documento o di un marchio ad assumere un significato descrittivo non corrispondente ai fatti e, quindi, nella specie, non rileva che il singolo acquirente sia effettivamente ingannato o addirittura consapevole della falsità, ma solo che il marchio contraffatto sia idoneo a fare falsamente apparire il prodotto come proveniente da un determinato produttore.

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Cass. pen. n. 44297/2005

La grossolanità dei marchi contraffatti, tale da renderli inidonei a trarre in inganno una persona di media esperienza e diligenza circa la provenienza degli oggetti in commercio, non comporta l’impossibilità di configurare il reato di cui all’art. 474 c.p. per asserita inidoneità dell’azione, posto che il reato tutela la fede pubblica, intesa come affidamento della collettività nei marchi e segni distintivi, e quindi l’interesse non solo dello specifico compratore occasionale, ma della generalità dei possibili destinatari dei prodotti, oltre che delle imprese titolari dei marchi e dei segni contraffatti a mantenere certa la funzione distintiva e la garanzia di provenienza dei beni in commercio.

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Cass. pen. n. 34652/2005

La norma che incrimina l’introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi tutela il bene della pubblica fede, intesa come affidamento collettivo nei marchi o segni distintivi, sicché la realizzazione di un inganno nel singolo acquisto non è elemento integrativo della fattispecie. È pertanto da escludersi la configurazione del reato impossibile in caso di grossolanità della contraffazione e di condizioni di vendita tali da impedire l’errore degli acquirenti, dal momento che occorre avere riguardo alla potenzialità lesiva del marchio connaturata all’azione di diffusione in riferimento a un numero indeterminato e indeterminabile di consociati nel corso della loro successiva utilizzazione e circolazione.

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Cass. pen. n. 33068/2005

La tutela penale di cui all’art. 474 c.p. (introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) riguarda segni distintivi regolarmente registrati ed in genere indicativi della riferibilità del bene abusivamente riprodotto ad una data impresa industriale o commerciale; ne deriva che ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 474 c.p. non è sufficiente accertare la sussistenza della violazione del diritto d’autore, costituita dalla riproduzione di un personaggio di fantasia senza autorizzazione, ma è necessario verificare se il personaggio di fantasia suddetto costituisca oggetto di un marchio registrato.

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Cass. pen. n. 25147/2005

In tema di commercio di prodotti con segni falsi, la riproduzione del personaggio di fantasia tutelato dal marchio registrato — ancorché non fedele ma espressiva di una forte similitudine — integra il reato quando, con giudizio di fatto demandato al giudice di merito e insindacabile se rispondente ai criteri della completezza e logicità, sia apprezzata una oggettiva e inequivocabile possibilità di confusione delle immagini, tale da indurre il pubblico ad identificare erroneamente la merce come proveniente da un determinato produttore. (Fattispecie relativa alla riproduzione dell’immagine del canarino «Titti», che la Corte ha ritenuto integrare reato nonostante la mancanza, accanto alla immagine stessa, del nome dell’animale, oggetto del marchio unitamente alla raffigurazione del personaggio. La Corte ha osservato che, nell’insieme figurativo del marchio, l’elemento di maggior richiamo visivo era la immagine, mentre il nome, elemento secondario, non era determinante).

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Cass. pen. n. 40835/2004

Il reato di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi, previsto dall’art. 474 c.p., è volto a tutelare, non la libera determinazione dell’acquirente, ma la pubblica fede, intesa come affidamento dei consumatori nei marchi, quali segni distintivi della particolare qualità e originalità dei prodotti messi in circolazione. Ne consegue che non incide sul perfezionamento del reato (nè in relazione a esso può parlarsi di reato impossibile) il solo fatto che la grossolanità della contraffazione sia riconoscibile dall’acquirente in ragione delle modalità della vendita, in quanto la tutela della buona fede apprestata dalla norma non si rivolge al solo compratore occasionale ma alla generalità dei soggetti possibili destinatari dei prodotti provenienti dalle imprese titolari dei marchi, e anche alle imprese medesime che hanno interesse a mantenere certa la funzione del marchio.

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Cass. pen. n. 27032/2004

Non può dirsi estranea alla previsione di reato di cui all’art. 474 c.p. la condotta consistente nella produzione e messa in commercio di prodotti seriali riproducenti, ancorché in modo imperfetto e senza indicazione della sua denominazione, un personaggio di fantasia protetto da registrazione. (Nella specie, trattavasi di giocattoli gonfiabili riproducenti il pulcino «Calimero»).

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Cass. pen. n. 5237/2004

Ai fini della configurazione del reato di cui all’art. 474 c.p. (Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi), nell’ipotesi dell’immissione in circolazione di prodotti contrassegnati da falsi marchi di provenienza, non rileva che il singolo acquirente sia stato effettivamente ingannato o fosse addirittura consapevole della falsità, bensì rileva solo che il marchio contraffatto sia idoneo a fare falsamente apparire quel dato prodotto come proveniente da un determinato produttore.

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Cass. pen. n. 48648/2003

È ammissibile e rituale il sequestro probatorio (art. 253 c.p.p.) — avente per oggetto prodotti recanti marchi ritenuti contraffatti disposto in pendenza di giudizi civili, preordinati ad accertare la titolarità del marchio e la legittimità dell’uso dello stesso, una volta ritenuta l’astratta sussumibilità del fatto nell’ipotesi criminosa ex art. 474 c.p., ovvero il fumus commissi delicti, in relazione al quale le cose sequestrate ricevono la qualifica di corpo del reato.

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Cass. pen. n. 23427/2001

Il delitto di ricettazione (art. 648 c.p.) e quello di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.) possono concorrere, atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità, e che non risulta dal sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore.

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Cass. pen. n. 13031/2000

La fattispecie di cui all’art. 474 c.p., che si pone a tutela della pubblica fede, si realizza con la messa in circolazione di un prodotto con marchio contraffatto senza che possa assumere rilievo, nel senso di escludere la sussistenza del reato per falso c.d. grossolano, il fatto che le condizioni di vendita non siano tali da trarre in inganno il cliente sulla genuinità della merce.

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Cass. pen. n. 3336/2000

In tema di commercio di prodotti aventi marchi o segni distintivi contraffatti o alterati, (art. 474 c.p.) il reato è configurabile, qualora la falsificazione, anche imperfetta e parziale sia idonea a trarre in inganno i terzi, ingenerando errore circa l’origine e la provenienza del prodotto e, quindi, la confusione tra contrassegno e prodotto originali, e quelli non autentici. La contraffazione grossolana non punibile è soltanto quella che è riconoscibile ictu oculi, senza necessità di particolari indagini, e che, si concreta in una imitazione così ostentata e macroscopica per il grado di incompiutezza, da non poter ingannare nessuno.

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Cass. pen. n. 2119/2000

Un marchio contraffatto può trarre in inganno un compratore, così da integrare, in caso di vendita della merce, il reato ex art. 474 c.p., solo se la provenienza prestigiosa del prodotto costituisce l’unico elemento qualificatore o comunque quello prevalente per determinare nell’acquirente di media esperienza la volontà di acquistare il prodotto stesso. Qualora viceversa altri elementi del prodotto, quali la evidente scarsità qualitativa del medesimo o il suo prezzo eccessivamente basso rispetto al prezzo comune di mercato, siano rivelatori agli occhi di un acquirente di media esperienza del fatto che il prodotto non può provenire dalla ditta di cui reca il marchio, la contraffazione di quest’ultimo cessa di rappresentare un fattore sviante della libera determinazione del compratore. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto che la grossolanità della contraffazione era evidente per la diversità del colore dei marchi, i loro contorni, la loro collocazione sul prodotto, le cuciture, la grafica stessa, il materiale usato (cartone anziché pelle).

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Cass. pen. n. 3028/1999

Il reato di cui all’art. 474 c.p. sussiste ogni volta che venga accertato che si è svolto il commercio di prodotti con marchio contraffatto, non essendo necessaria una situazione tale da indurre in inganno il cliente sulla genuinità della merce. (Fattispecie in cui è stato ravvisato il reato in relazione a magliette che portavano il marchio contraffatto “Chanel”, ritenendosi irrilevante che, sia per la sussistenza anche di un’altra dicitura non riconducibile alla predetta casa, sia per essere poste in vendita in una bancarella di mercato, l’acquirente potesse essere stato messo sull’avviso che si trattava di merce non genuina).

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Cass. pen. n. 925/1999

Il reato di cui all’art. 474 c.p. (introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi), è punito a titolo di dolo generico poiché lo scopo del reo è indifferente per la nozione del delitto. Ai fini dell’integrazione dell’elemento soggettivo è richiesto nell’agente soltanto la coscienza e volontà di detenere le cose contraffatte destinate alla vendita e, quindi, la consapevolezza della contraffazione del marchio altrui.

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Cass. pen. n. 5535/1998

In materia di detenzione per il commercio di merci portanti marchi contraffatti (art. 474 c.p.), la motivazione che evidenzi l’apparente anomalia dei segni distintivi rispetto alla merce originale ed il basso prezzo di vendita, a sostegno dell’esigenza di accertamenti probatori, non è illogica. Con riferimento al sequestro probatorio, le apparenti anomalie di marchi su capi di abbigliamento comportano la qualificazione di “corpo di reato” degli oggetti portanti i segni distintivi “sospetti” e giustificano l’approfondimento delle indagini, anche in presenza di documentazione formalmente ineccepibile.

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Cass. pen. n. 2098/1997

Colui il quale acquista o riceve prodotti con il marchio contraffatto e le detiene per la vendita, risponde in concorso materiale sia del reato di cui all’art. 474 c.p. sia del reato di cui all’art. 648 c.p. Infatti, mentre nel reato di cui all’art. 474 c.p. la soggettività si identifica nella volontà cosciente di detenere per vendere opere o prodotti industriali con marchio contraffatto, nel reato di cui all’art. 648 c.p. essa si identifica nella volontà cosciente e libera di ricevere o detenere, al fine di conseguire per sé o per altri un profitto, cose o denaro provenienti da un qualsiasi delitto. Inoltre, diversa è l’oggettività giuridica dei due delitti, rappresentata nel primo dalla tutela della fede pubblica e, nell’altro, del patrimonio, mentre distinti sono anche gli scopi, essendo l’art. 648 c.p. volto ad impedire la generica circolazione di cose provenienti da delitto e l’art. 474 c.p. ad offrire una protezione della pubblica fede commerciale.

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Cass. pen. n. 4265/1996

In tema di contraffazione di prodotti industriali, se è vero che la tutela penale è riservata esclusivamente ai marchi registrati ai sensi delle vigenti disposizioni del codice civile e dei trattati internazionali, tuttavia, quando si tratta di marchio di larghissimo uso e di incontestata utilizzazione da parte di una determinata società produttrice, l’onere di provare la insussistenza dei presupposti per la sua protezione grava su chi tale insussistenza deduce. (Nella specie la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del gravame con il quale il ricorrente, imputato del reato di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi, di cui all’art. 474 c.p., aveva dedotto che non vi era alcuna prova in atti sulla circostanza che il marchio «Timberland», di origine straniera, fosse stato registrato in Italia o all’estero e fosse, quindi degno di tutela giuridica).

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Cass. pen. n. 10874/1990

Acquistare oggetti con marchi contraffatti, avendo coscienza della contraffazione, integra gli estremi della ricettazione, in quanto oggetto e marchio non sono scindibili neppure concettualmente, sicché, essendo l’oggetto con marchio contraffatto il risultato di un reato, lo stesso non può essere acquistato o ricevuto a fine di profitto. La messa in vendita è un’attività aggiuntiva, autonomamente sanzionata dall’art. 474 e con diversa obiettività giuridica. Tra i due reati (artt. 474 e 648 c.p.) non è quindi ravvisabile rapporto di specialità.

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Cass. pen. n. 7107/1989

Nel caso di vendita di prodotti industriali con il marchio contraffatto — nella specie cinture Armani — trova applicazione l’ipotesi di reato di cui all’art. 474 c.p. (introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) e non quella dell’art. 517 stesso codice (vendita di prodotti industriali con segni mendaci), che è definita espressamente come sussidiaria.

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Cass. pen. n. 3040/1987

Il reato previsto dall’art. 474 c.p. («introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi») ha per oggetto la tutela della pubblica fede e richiede la contraffazione o alterazione del marchio o segno distintivo della merce, che sia protetto e riconosciuto dallo Stato o all’estero. Il reato di cui all’art. 517 c.p. («vendita di prodotti industriali con segni mendaci» – sussidiario rispetto al primo – ha invece per oggetto la tutela dell’ordine economico e richiede la semplice imitazione del marchio o del segno distintivo, non necessariamente registrato o riconosciuto, purché esso sia idoneo a trarre in inganno l’acquirente. Ne deriva che mentre per la configurabilità del primo reato occorre un’effettiva contraffazione o alterazione del marchio o del segno distintivo così che questo possa confondersi con quello vero; per l’altro è sufficiente invece una semplice somiglianza di nomi, marchi o segni distintivi.

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Cass. pen. n. 2897/1986

La configurazione giuridica del fatto commesso da commercianti consistente nel detenere per vendere e nel porre in vendita merce con marchi contraffatti di società o produttori, i cui prodotti sono protetti da brevetto, è quella del reato previsto dall’art. 474 c.p., il quale richiede nell’agente solo la coscienza e volontà di detenere cose contraffatte destinate alla vendita senza che sia necessaria la dimostrazione di concrete trattative per la vendita stessa.

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Cass. pen. n. 387/1973

Il reato previsto dall’art. 474 c.p. può essere commesso soltanto con il porre in commercio o con il detenere per la vendita prodotti industriali con marchi o segni distintivi contraffatti o alterati, mentre il reato previsto dall’art. 517 c.p. può essere commesso con mezzi vari ed anche con la contraffazione e l’alterazione dei marchi e dei segni distintivi.

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