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Art. 82 — Offesa di persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta

Art. 82 — Offesa di persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta

Quando, per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un’altra causa, è cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva offendere, salve, per quanto riguarda le circostanze aggravanti e attenuanti, le disposizioni dell’articolo 60.

Qualora, oltre alla persona diversa, sia offesa anche quella alla quale l’offesa era diretta , il colpevole soggiace alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino alla metà.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 30454/2011

L’aumento di pena previsto per l’ipotesi di reato aberrante plurilesivo trova un limite nella previsione, propria del concorso formale, secondo cui l’aumento per il reato meno grave non può, comunque, essere superiore a quanto edittalmente previsto per il fatto considerato nella sua autonomia.

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Cass. pen. n. 18378/2008

Non ricorre la fattispecie dell’aberratio ictus nel caso in cui l’esecutore materiale del delitto colpisca la persona contro cui aveva voluto sparare, seppure ritenendo che si trattasse di un altro soggetto, in quanto lo scambio di persona è irrilevante, stante il fondamentale principio dell’indifferenza dell’identità della persona oggetto dell’offesa.

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Cass. pen. n. 15990/2006

L’art. 82 c.p., che disciplina l’aberratio ictus prevede l’errore che cade sull’oggetto materiale (persona o cosa) del reato, nel senso che il reato, invece di offendere il bene-interesse cui l’offesa era diretta, lede lo stesso bene-interesse di altra persona. In rapporto alla persona offesa per errore sussiste ugualmente il dolo, perché, se questo era l’originario elemento soggettivo, l’offesa di una persona invece di un’altra (oppure l’offesa per errore anche di un’altra persona) non vale a mutare la direzione della volontà.

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Cass. pen. n. 38303/2005

L’aberratio ictus bioffensiva (art. 82, comma secondo, c.p.), che si realizza allorché l’autore abbia arrecato offesa alla persona diversa e anche a quella cui originariamente era diretta la sua azione, attribuisce la responsabilità per la parte di fatto non voluta a titolo di dolo mediante una traslazione normativa del dolo dal fatto per il quale vi è stata rappresentazione e volontà al fatto ulteriore non voluto né rappresentato, giacché il soggetto si è posto consapevolmente in una situazione di illiceità potenzialmente aperta a sviluppi diversi e ulteriori rispetto a quelli presi di mira. Ne consegue che l’accertamento del giudice deve essere volto a verificare che la condotta esecutiva si sia rivelata in concreto idonea a produrre il risultato offensivo perseguito e cioè integri gli estremi del tentativo del reato rappresentatosi.

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Cass. pen. n. 43234/2001

Le circostanze di reato attinenti all’intensità del dolo, tra le quali deve ricomprendersi la premeditazione prevista dall’art. 577, comma primo, n. 3, c.p., sono valutabili a carico dell’agente anche nel caso dell’aberratio ictus, di cui all’art. 82 c.p., non rientrando esse tra quelle riguardanti le condizioni o qualità della persona offesa o i rapporti tra offeso e colpevole che, ai sensi dell’art. 60, comma primo, c.p., richiamato dal citato art. 82 stesso codice, non sono poste a carico dell’agente in caso di errore di costui sulla persona dell’offesa.

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Cass. pen. n. 40513/2001

È configurabile la partecipazione, a titolo di concorso morale, nell’omicidio di persona diversa da quella cui l’aggressione era diretta (aberratio ictus), in quanto l’errore esecutivo non ha alcuna incidenza sull’elemento soggettivo del partecipe morale, essendosi comunque realizzata l’azione concordata con l’autore materiale, il cui esito aberrante è privo di ogni rilevanza ai fini della qualificazone del reato sotto il profilo oggettivo e soggettivo (nel caso di specie, l’imputato, appartenente ad una associazione criminale, era gravemente indiziato di essere il mandante dell’omicidio di una coppia di coniugi, sopravvissuti all’aggressione, nella quale, invece, aveva trovato la morte la figlia minorenne).

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Cass. pen. n. 35386/2001

La disciplina del c.d. «concorso anomalo», contenuta nell’art. 116 c.p., può trovare applicazione anche nel caso di delitti caratterizzati dall’offesa a persona diversa da quella cui l’aggressione era diretta (aberratio ictus), non incidendo la divergenza degli effetti della condotta illecita rispetto all’obiettivo originariamente determinato sul tessuto psicologico dell’azione, nella trama del quale si è strutturalmente inserito il contributo del partecipe, da riguardarsi quindi come responsabile – al pari dell’autore materiale – anche del delitto diverso da quello da entrambi originariamente concordato.

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Cass. pen. n. 2146/2000

Nel caso di uccisione di persona diversa da quella che si intendeva solo percuotere o ferire, si configura l’omicidio preterintenzionale. Ciò ai sensi dell’art. 82 c.p., poiché l’agente deve rispondere a titolo di dolo come se avesse commesso l’atto di lesioni in danno di persona diversa e quindi – in applicazione dell’art. 584 c.p. – è chiamato a rispondere dell’evento morte derivato dall’atto violento.

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Cass. pen. n. 7469/1994

In tema di aberratio ictus di cui all’art. 82 c.p., poiché l’evento diverso non deve essere voluto dall’agente né direttamente, né indirettamente, in quanto altrimenti si ricadrebbe nell’ipotesi del concorso di reati, l’accertamento del dolo deve essere effettuato positivamente con riguardo alla persona contro la quale l’offesa fu indirizzata, avendosi, poi, per fictio iuris la translatio del risultato ottenuto anche all’evento diverso.

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Cass. pen. n. 12556/1991

Quando l’agente mira a uccidere una persona e per errore ne ferisce un’altra senza arrecare alcuna offesa alla vittima designata, si ha un unico reato doloso, il tentato omicidio, che assorbe quello, meno grave, di lesioni ai danni del terzo. La legge considera, invero, indifferente, salvo che per la disciplina delle circostanze, l’errore incidente sullo sviluppo causale dell’azione e ritiene il colpevole responsabile come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva offendere. Il concetto di «offesa» nella lettura dell’art. 82 deve essere inteso nel senso di lesione materiale, sicché quando la vittima del tentativo, è rimasta illesa, mentre è stata offesa una terza persona, si verte in ipotesi di «aberratio» monolesiva secondo lo schema legale del primo comma dell’art. 82 c.p.

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Cass. pen. n. 12330/1990

Nel caso in cui la persona uccisa sia diversa da quella che si intendeva soltanto percuotere, o ferire, l’addebito di omicidio preterintenzionale trova ragione nel fatto che, ai sensi dell’art. 82 c.p., l’agente risponde a titolo di dolo come se avesse commesso l’atto di percosse-lesioni in danno della persona diversa e quindi, ai sensi dell’art. 584 c.p., della morte derivata da tale atto di violenza.

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Cass. pen. n. 17098/1989

La configurabilità della partecipazione a titolo di concorso anomalo non è esclusa nell’ipotesi di delitti caratterizzati dall’offesa di persona diversa da quella cui l’aggressione era diretta (aberratio ictus), stante che la divergenza degli effetti della violazione dall’obiettivo originariamente determinato, non incide sul tessuto psicologico dell’azione, nella trama del quale si è strutturalmente inserito il contributo del partecipe, responsabile — come l’autore materiale — pure del delitto diverso da quello da entrambi concordemente voluto.

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Cass. pen. n. 8505/1988

Nel caso di omicidio di una persona diversa e di ferimento di una persona contro la quale era diretta l’azione omicida deve, nell’offesa relativa a quest’ultima ravvisarsi una ipotesi di tentato omicidio e non già di lesione volontaria. Quando, invece, viene effettivamente uccisa la persona avuta di mira e ferita un’altra, in ordine a questa ultima offesa risulta integro il reato di lesione. Infatti, manca non solo il dolo del tentativo di omicidio, poichè la persona diversa non è neppure entrata nella sfera psichica dell’agente, ma anche e prima di tutto l’elemento materiale di questa figura delittuosa, in quanto il colpire per errore una persona, vicina a quella contro la quale sono stati esplosi i colpi, non è un atto univocamente diretto ad uccidere la persona vicina.

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Cass. pen. n. 7736/1988

Mentre la norma di cui all’art. 83 c.p. disciplina il caso della realizzazione di un evento di natura diversa da quello che l’agente si proponeva (aberratio delicti) l’art. 82, invece, prevede l’errore che cade sull’oggetto materiale (persona o cosa) del reato (aberratio ictus) sol che invece di offendere il bene interesse cui l’offesa sia diretta lede lo stesso bene interesse di altra persona. Pertanto, anche se v’è una discordanza di specie tra i due eventi pur essendo l’evento prodotto e quello voluto della stessa natura si dovrà rispondere del reato effettivamente commesso con la sola differenza che si considera come commesso in danno della persona che s’intendeva colpire. Infatti non si può ritenere che, in rapporto alla persona offesa per errore colui che ha commesso il fatto non si trovi in dolo perché se il titolo originario era il dolo, l’offesa di una persona invece di un’altra non vale a mutare la direzione della volontà. (Fattispecie di ferimento mediante colpi di arma da fuoco del soggetto preso di mira ed uccisione d’altro soggetto attinto per essersi improvvisamente spostato, fatto quest’ultimo ritenuto riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 83 c.p., mentre i giudici di merito avevano ritenuto la riconducibilità all’ipotesi in cui all’art. 82 stesso codice).

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Cass. pen. n. 5255/1988

La circostanza che, secondo il sistema originariamente delineato dal legislatore del 1939, delle due offese costituenti la struttura dell’aberratio ictus plurioffensiva, una — ossia quella risultata più grave, che però in ipotesi potrebbe essere anche quella non voluta — fosse imputata al suo autore a titolo di dolo, mentre la altra offesa gli era attribuita a titolo di responsabilità oggettiva sulla mera base di un adeguato rapporto di causalità ed indipendentemente da ogni accertamento in ordine all’elemento soggettivo, non significa che nel mutato contesto normativo in cui l’istituto è inserito (tenuto conto della riforma del trattamento sanzionatorio per il concorso formale dei reati), non si debba oggi considerare in relazione alle singole — e non tutte riconducibili ad unità — modalità del caso di specie, l’effettivo titolo di imputazione di ciascuna offesa, per farne scaturire conseguenze sicuramente oggi previste dalla legge. (Nella specie l’offesa voluta si era concretata nell’evento morte in danno di una persona, con addebito di omicidio volontario poichè alla realizzazione di quell’evento era consapevolmente diretta la volontà dell’imputato, il quale, dopo avere accuratamente preso la mira verso il bersaglio prescelto, esplose il colpo di fucile nella cui traiettoria venne ad inserirsi la testa di altra persona, che rimase colpita di striscio. La S.C. ha escluso che quest’ultima offesa, non voluta dall’agente neppure nella forma del dolo eventuale, potesse essere ritenuta tentato omicidio, ravvisando, invece, un’ipotesi di colpa cosciente, della quale, però, l’imputato doveva rispondere a titolo di dolo, avendo il legislatore valorizzato la particolare situazione illecita in cui versava lo stesso, con susseguente configurabilità, quindi, del delitto di lesioni volontarie).

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Cass. pen. n. 4754/1985

Nell’aberratio ictus i due eventi – il voluto e il non voluto – debbono essere caratterizzati dalla stessa natura del bene e interesse giuridico offeso; nell’aberratio delicti, invece, la detta uguaglianza tra i due eventi è esclusa, dovendo porsi a carico del reo un evento intrinsecamente diverso da quello voluto.

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Cass. pen. n. 4210/1985

L’offesa di persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta (aberratio ictus con pluralità di eventi lesivi) dà luogo ad una fattispecie criminosa autonoma e unitaria, con autonoma previsione di pena determinata con aumento per relationem rispetto a quella prevista per il reato più grave. Pertanto, tale aumento di pena, servendo esso stesso a determinare la pena edittale base ex art. 82 comma secondo, c.p., non rientra nel calcolo imposto del riconoscimento di combinazione o di circostanza aggravante.

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Cass. pen. n. 2637/1985

L’art. 82 c.p. prevede due ipotesi di condotta. Nella prima, si offende una persona diversa da quella che si voleva; nella seconda si offendono sia la prima cui era diretta l’offesa sia quella diversa. In entrambi i casi si tratta di errore che viene ad incidere sulla fase di esecuzione del reato e cioè quando vi è divergenza tra lo sviluppo dell’avvenimento preveduto e quello verificatosi nella realtà. Simile divergenza può essere dovuta, inoltre, non solo ad un errore nell’uso di mezzi di esecuzione del reato ma anche ad altre cause accidentali ed indipendenti dal fatto dell’agente, quali uno scivolamento, una spinta, un urto.

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Cass. pen. n. 2612/1985

L’aberratio ictus plurioffensiva costituisce sotto il profilo soggettivo, un minus rispetto alla corrispondente ipotesi di concorso formale di reati, presentando la caratteristica che delle due offese cagionate, una deve essere dal soggetto voluta, mentre l’altra tale non deve essere neppure nella forma estrema del dolo eventuale ai limiti della colpa con previsione dell’evento. Se, infatti, per quest’ultima offesa, dovesse, comunque versarsi in tema di dolo indiretto, si ricadrebbe inevitabilmente nell’ipotesi del concorso formale dei reati.
La possibilità della scissione della pena inflitta in regime di cumulo giuridico prevista dall’art. 7 del D.P.R. n. 413 del 1978 e dell’art. 8 del D.P.R. n. 744 del 1981 onde consentire l’applicazione dell’indulto sia in ordine al concorso formale dei reati che al reato continuato, è sicuramente estensibile – per applicazione analogica in bonam partem certamente consentita per essere la stessa la ratio degli istituti in questione tutti ispirati al favor rei – alla pena inflitta per l’aberratio ictus plurioffensiva.
Secondo il sistema originariamente delineato dal codice Rocco, la disciplina sanzionatoria del cumulo giuridico (pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino alla metà) prevista per l’aberratio ictus con offesa anche di persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta, era ispirata ad un minor rigore rispetto al trattamento sanzionatorio del cumulo materiale (tot crimina, tot poenae) adottato in via generale per ogni ipotesi di concorso formale di reati e trovava la sua base razionale nel rapporto di genere a specie esistente tra le corrispondenti fattispecie. Tale rapporto è stato sostanzialmente conservato dalla «novella» del 1974, che ha assoggettato al sistema del cumulo giuridico ogni ipotesi di concorso formale di reati, prevedendo l’aumento fino al triplo della pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave. La circostanza che, secondo il sistema originariamente delineato dal legislatore del 1930, delle due offese costituenti la struttura dell’aberratio ictus plurioffensiva, una — ossia quella risultata più grave, che, però, in ipotesi, potrebbe essere anche quella non voluta — fosse imputata al suo autore a titolo di dolo, mentre l’altra offesa gli era attribuita a titolo di responsabilità oggettiva sulla mera base di un adeguato rapporto di causalità ed indipendentemente da ogni accertamento in ordine all’elemento soggettivo, non significa che nel mutato contesto normativo in cui l’istituto è inserito, non si debba oggi considerare, in relazione alle singole — e non tutte riconducibili ad unità — modalità del caso di specie, l’effettivo titolo di imputazione di ciascuna offesa, per farne scaturire conseguenze sicuramente oggi previste dalla legge.

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Cass. pen. n. 6869/1984

Non si ha aberratio ictus, ma difetto di causalità, quando l’intervento di fattori sopravvenuti non comporti la sola deviazione dell’offesa verso altra persona, ma abbia reso possibile il prodursi di una offesa che al momento della condotta non era prevedibile come verosimile conseguenza, secondo la miglior scienza ed esperienza.

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Cass. pen. n. 5107/1984

La disciplina dell’aberratio ictus plurioffensiva di cui all’art. 82, comma secondo c.p., presuppone che una soltanto delle due offese sia imputabile a titolo di dolo. (Nella specie, sulla base dell’enunciato principio, si è esclusa l’operatività dell’art. 82, comma secondo, c.p., stante la diversa situazione di fatto, accertata dai giudici di merito, secondo i quali — alla luce delle risultanze probatorie — entrambe le offese si concretarono nel duplice tentato omicidio, volontariamente e coscientemente realizzato dall’imputato in danno del suo futuro genero e consuocero).

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Cass. pen. n. 8790/1983

In tema di aberratio ictus, qualora oltre alla persona diversa, sia offesa anche quella alla quale l’offesa era diretta, si configura un caso peculiare di concorso formale di reati, sia pure improprio, in cui cioè con una medesima azione si realizza un’offesa dolosa e una colposa a beni giuridici omogenei di due diversi soggetti passivi; offese che, pur essendo differenti sul piano ontologico, vengono peraltro parificate, sotto l’aspetto dell’elemento psicologico del reato, sul piano normativo. Ne consegue l’eventuale applicabilità dell’amnistia ai singoli reati che compongono la fattispecie, purché siano oggettivamente compresi nel provvedimento di clemenza e non vi siano condizioni ostative.

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Cass. pen. n. 9983/1982

La fattispecie prevista dall’art. 82 secondo comma c.p. dà luogo ad un reato unico sia sotto i profili degli elementi oggettivo e soggettivo che sotto quello del nesso di causalità materiale. Ne consegue che tale unicità rende applicabile l’esimente della legittima difesa, sempre che, naturalmente, ne ricorrano le condizioni. (Nella specie, si è trattata di una lite tra giovani per futili motivi, durante la quale l’uso dell’arma, con cui furono cagionate lesioni volontarie – ricostruite sotto la previsione dell’aberratio ictus – si presentò come fatto assolutamente sproporzionato alla natura dell’alterco, mentre il ricorrente ha invocato l’applicazione dell’esimente della legittima difesa).

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Cass. pen. n. 11169/1981

L’ipotesi prevista dall’art. 82 cpv. c.p.p. costituisce una figura criminosa assimilabile al concorso di reati e non già una circostanza aggravante dell’ipotesi contemplata nello stesso articolo al primo comma. (Nella specie, l’imputato si era doluto dell’omesso giudizio di comparazione tra le attenuanti comuni e l’aumento di pena ex art. 82 cpv. c.p.).

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Cass. pen. n. 470/1981

L’offesa a persona diversa, oltre quella alla quale era diretta l’offesa, rappresenta l’elemento consecutivo di un unico reato punibile unitariamente con la pena più grave aumentata fino alla metà: il reato meno grave, infatti, rimane assorbito nel più grave, venendo, così, a costituire una speciale figura di reato complesso. Da ciò consegue che l’offesa non voluta non può essere considerata come circostanza aggravante del reato più grave e che la disciplina sul concorso di circostanze aggravanti ed attenuanti è inapplicabile.

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Cass. pen. n. 10160/1979

Nell’ipotesi di aberratio ictus con offesa anche di persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta, come unitaria è la condotta che dà origine all’offesa voluta ed a quella involontaria, così unico è il nesso di causalità materiale che collega le diverse offese, ed unico è pure l’atto di volontà che sorregge la condotta criminosa collegando alla medesima, anche sotto il riflesso soggettivo, gli effetti realizzati. Si tratta, perciò, di un reato unico, di una figura autonoma di reato che non può essere disintegrato a nessun effetto. (Nella specie è stata esclusa l’applicabilità dell’amnistia concessa con D.P.R. n. 413 del 1978 in ordine al reato di lesioni personali lievi — astrattamente rientrante nei limiti di concessione del beneficio — costituente l’offesa di minore gravità dal momento che il predetto beneficio non poteva essere applicato al più grave reato di lesioni personali volontarie gravi).

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