17 Mar Articolo 389 Codice di procedura civile — Domande conseguenti alla cassazione
Le domande di restituzione o di riduzione in pristino e ogni altra conseguente alla sentenza di cassazione si propongono al giudice di rinvio e, in caso di cassazione senza rinvio, al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata [ disp. att. 144 ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”16″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 17374/2018
L’art. 389 c.p.c. è disposizione che riguarda sia l’esecuzione spontanea che quella coatta e comprende le domande di restituzione e di riduzione in pristino di ciò che è stato pagato in base a sentenza di appello cassata ed a sentenza di primo grado confermata in appello e poi cassata, ma non quelle presentate in appello dal soccombente in primo grado, in previsione dell’eventuale riforma del titolo di condanna. In particolare, la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione non è tenuta, in relazione alle prestazioni eseguite in forza della decisione d’appello annullata, a dimostrare un suo diritto preesistente alla sentenza cassata e da questa leso, poiché la predetta norma tende a ripristinare la situazione di fatto esistente prima di tale sentenza, illegittimamente modificata in virtù di un titolo rescindibile e la cui rescissione opera “ex tunc”, senza che vengano in rilievo valutazioni sulla buona o mala fede dell'”accipiens” rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva rigettato una domanda di restituzione perché ritenuta generica e non provata, nonostante il titolo di condanna fosse stato caducato e la sua avvenuta esecuzione non fosse contestata).
Cass. civ. n. 5391/2013
L’azione proposta a norma dell’art. 389 c.p.c. prescinde da ogni valutazione soggettiva circa il contegno dell'”accipiens”, sicché, per il semplice fatto che una sentenza esecutiva sia stata riformata all’esito del giudizio di cassazione, colui che abbia adempiuto una prestazione successivamente risultata non dovuta ha diritto di essere indennizzato dell’intera diminuzione patrimoniale subita, ovvero alla restituzione della somma versata comprensiva degli interessi legali a partire dal giorno del pagamento.
Cass. civ. n. 19153/2012
In ipotesi di cassazione con rinvio il giudizio di rinvio e quello avente ad oggetto la restituzione dei beni consegnati o delle somme pagate in virtù della sentenza cassata sono tra loro autonomi, onde possono essere celebrati separatamente e non v’è necessità di riunirli. Tuttavia, tale reciproca autonomia non è assoluta, in quanto viene meno nel caso in cui il giudizio di rinvio si concluda prima di quello sulle restituzioni, con una decisione identica a quella contenuta nella sentenza cassata: e, ricorrendo tale ipotesi, giudice delle restituzioni dovrà rigettare la domanda innanzi a lui proposta.
Cass. civ. n. 12218/2012
In sede di legittimità non è mai ammissibile una pronuncia di restituzione delle somme corrisposte sulla base della sentenza cassata, neanche nel caso in cui la Corte di cassazione, annullando la sentenza impugnata, decida la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., in quanto per tale domanda accessoria non opera, in mancanza di espressa previsione, l’eccezione al principio generale secondo cui alla Corte compete solo il giudizio rescindente, sicché la stessa, ove il pagamento sia avvenuto sulla base della sentenza annullata, va proposta al giudice che ha pronunciato quest’ultima, a norma dell’art. 389 c.p.c.
Cass. civ. n. 21699/2011
L’azione di restituzione e riduzione in pristino, che venga proposta, a norma dell’art. 389 c.p.c., dalla parte vittoriosa nel giudizio di cassazione, in relazione alle prestazioni eseguite in base alla sentenza d’appello poi annullata, non è riconducibile allo schema della ripetizione d’indebito, perchè si collega ad un’esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale anteriore a detta sentenza e prescinde dall’esistenza del rapporto sostanziale (ancora oggetto di contesa); né, in particolare, si presta a valutazioni sulla buona o mala fede dell'”accipiens”, non potendo venire in rilievo stati soggettivi rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti. Ne consegue che chi ha eseguito un pagamento non dovuto, per effetto di una sentenza provvisoriamente esecutiva successivamente riformata, ha diritto ad essere indennizzato dell’intera diminuzione patrimoniale subita, ovvero alla restituzione della somma con gli interessi legali a partire dal giorno del pagamento.
Cass. civ. n. 10174/2011
In tema di giurisdizione, sulle domande di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione di sentenza cassata per difetto di giurisdizione, con rimessione delle parti al giudice amministrativo, sussiste la giurisdizione di quest’ultimo, configurandosi la fattispecie della “cassazione con rinvio”, in relazione alla quale l’art. 389 c.p.c. prevede la competenza del giudice di rinvio a conoscerne. (Principio enunciato in una fattispecie di pagamento in esecuzione di un lodo arbitrale impugnato per nullità davanti alla corte d’appello la cui sentenza sul merito era stata cassata dalle S. U. per difetto di giurisdizione del giudice ordinario).
Cass. civ. n. 9480/2010
L’azione di restituzione che venga proposta, ai sensi dell’art. 389 c.p.c., dalla parte vittoriosa nel giudizio di cassazione, in relazione alle prestazioni eseguite in base alla sentenza d’appello poi annullata, non va ricondotta allo schema della “condictio indebiti”, ma si ricollega ad una specifica ed autonoma esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale anteriore alla decisione cassata, restando irrilevante la buona o mala fede dell'”accipiens”, che, di conseguenza, non è tenuto a sopportare il rischio dell’attuazione della tutela giurisdizionale invocata con riguardo alla decorrenza degli interessi applicabili. (Nel caso di specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, la quale aveva liquidato gli interessi dal giorno del pagamento, anziché da quello della pubblicazione della sentenza di cassazione con rinvio, la quale aveva accolto il ricorso, facendo applicazione dello “ius supervenius” costituito dall’art. 3, comma sessantacinquesimo, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che aveva mutato il quadro normativo di riferimento con efficacia retroattiva).
Cass. civ. n. 13461/2006
Le domande di restituzione o di riduzione in pristino, in caso di cassazione senza rinvio, rientrano, ex art. 389 c.p.c., nella competenza funzionale del giudice che ha pronunciato la sentenza cassata o che, come nella specie, si è pronunciato sul lodo arbitrale annullato dalla Suprema Corte.
Cass. civ. n. 10386/2005
In tema di giudizio di rinvio, la domanda di risarcimento del danno conseguente alla privazione del bene, dal cui godimento la parte è stata estromessa per effetto dell’esecuzione forzata o coattiva della sentenza cassata, si fonda sul criterio che, una volta annullato il titolo che ha causato la privazione del bene, colui che l’ha sofferta ha diritto di vedersi restituito nella medesima situazione nella quale egli si sarebbe trovato in mancanza di quella privazione, in quanto la parte che invoca la tutela giurisdizionale assume su di sé i rischi collegati all’attuazione di questa. Ne consegue che è irrilevante lo stato soggettivo di chi ha attuato il provvedimento giurisdizionale non ancora definitivo e che la misura del danno risarcibile deve coprire l’intero pregiudizio economico subito dal soggetto leso. (Nella specie, relativa ad azione per il ripristino di contratto di locazione, il conduttore era coattivamente rientrato nella detenzione dell’immobile in forza di sentenza poi cassata; la Corte di cassazione in applicazione del principio soprariportato ha respinto tutti i motivi di ricorso concernenti la quantificazione del risarcimento dovuto).
Cass. civ. n. 9229/2005
In tema di cassazione con rinvio, nel codice di rito non si rinviene alcun divieto o impedimento a promuovere separatamente avanti al giudice designato dalla S.C. ai sensi dell’art. 383 c.p.c. il giudizio di rinvio e quello per le restituzioni o la riduzione in pristino, essendo anzi tale possibilità desumibile dalla espressa previsione nell’art. 389 c.p.c. di un giudizio autonomo per la restituzione o la riduzione in pristino. Né, qualora i due giudizi promossi separatamente non vengano riuniti, sussiste violazione dell’art. 273 c.p.c. (o dell’art. 274 c.p.c.) e, a seguito della decisione separata, del principio del ne bis in idem giacché le causae petendi dei due giudizi sono diverse, in quanto in quello di restituzione o di riduzione in pristino il diritto oggetto del giudizio è solo quello a conseguire tali effetti, mentre nel giudizio di rinvio ha luogo, nei limiti della disposta cassazione, una nuova pronuncia sul thema decidendi della controversia.
Cass. civ. n. 2130/2005
La disposizione recata dall’art. 389 c.p.c., secondo cui in caso di cassazione senza rinvio la domanda di restituzione o di riduzione in pristino ed ogni altra conseguente alla sentenza di cassazione si propongono al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata, va interpretata nel senso di escludere che si sia voluto indicare il giudice che sarebbe stato, o sia divenuto successivamente, competente a pronunziare la sentenza; di conseguenza, la circostanza che, per effetto dell’introduzione del giudice unico, il giudice che ha pronunziato quale giudice di appello la sentenza cassata non abbia più funzioni di appello (salvo per gli appelli proposti prima del 31 dicembre 1999), bensì funzioni di giudice di primo grado, non ha alcun rilievo, posto che il giudizio per le restituzioni non è un giudizio di appello.
Cass. civ. n. 13736/2004
In caso di cassazione con rinvio della sentenza d’appello che abbia condannato la parte soccombente nel grado al pagamento delle spese processuali in favore della parte vittoriosa, la prima può proporre a norma dell’art. 389 c.p.c. la domanda di restituzione delle somme che ha versato in esecuzione della sentenza di condanna, salvo che non sia stata disposta la distrazione in favore del difensore dichiaratosi antistatario, nel qual caso è invece quest’ultimo obbligato alla restituzione.
In caso di cassazione con rinvio, competente a decidere sulla domanda di restituzione di quanto prestato in esecuzione della sentenza d’appello poi cassata, come su tutte le azioni conseguenti all’annullamento della pronunzia d’appello, è il giudice di rinvio, la cui pronuncia è ricorribile in cassazione e non appellabile; nè il regime di impugnazione muta qualora il giudice di rinvio abbia adottato prima una sentenza parziale e poi quella definitiva del giudizio.
Cass. civ. n. 12190/2004
Le domande di restituzione o di riduzione in pristino della parte che ha eseguito una prestazione in base ad una sentenza poi cassata (nella specie, sentenza del giudice ordinario di condanna al pagamento di somma di denaro) può essere proposta, oltre che nell’eventuale giudizio di rinvio (ove la cassazione della sentenza sia stata pronunciata con rinvio ad altro giudice), anche in separata sede (come nel caso, quale quello di specie, di cassazione senza rinvio della sentenza del G.O. per avere la S.C. ravvisato la giurisdizione del giudice amministrativo), atteso che le predette domande sono del tutto autonome da quelle dell’eventuale giudizio di rinvio, assolvendo all’esigenza di garantire all’interessato la possibilità di ottenere al più presto la restaurazione della situazione patrimoniale anteriore alla decisione cassata, a prescindere dal successivo sviluppo del giudizio (nella specie, da celebrarsi dinanzi al giudice amministrativo, e non a quello ordinario).
Cass. civ. n. 11490/2004
In caso di cassazione con rinvio, la domanda di restituzione di quanto prestato in esecuzione della sentenza d’appello poi cassata può essere proposta non solo introducendo con atto di citazione un nuovo, distinto giudizio ma anche in sede di atto di riassunzione con la comparsa di risposta con la quale la parte interessata si costituisce nel giudizio riassunto davanti al giudice di rinvio. Ne consegue che, anche nel regime anteriore alla novella del codice di procedura civile del 1990, è inammissibile la domanda formulata soltanto all’udienza di precisazione delle conclusioni, preclusa ai sensi dell’art. 184 c.p.c.
Cass. civ. n. 9917/2004
In caso di cassazione con rinvio la domanda di restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di appello, successivamente cassata, non costituisce domanda nuova in quanto la ripetizione — che non è inquadrabile nell’istituto della condictio indebiti — è diretta alla restaurazione della situazione patrimoniale precedente alla sentenza che, nel caducare il titolo del pagamento rendendolo indebito sin dall’origine, determina il sorgere dell’obbligazione e della pretesa restitutoria che non poteva essere esercitata se non a seguito e per effetto della sentenza rescindente.
Cass. civ. n. 88/2004
In tema di impugnazioni civili ed in ipotesi di giudizio di rinvio, la parte può proporre a norma dell’art. 389 c.p.c. la domanda di restituzione delle somme che ha versato in esecuzione della sentenza di condanna alle spese processuali poi annullata, anche nei confronti dell’avvocato distrattario, ma non può pretendere il rimborso delle spese che ha sopportato per la propria difesa a norma dell’art. 2043 c.c. e, quindi, a titolo di risarcimento del danno.
Cass. civ. n. 6579/2003
Il diritto alla restituzione delle somme pagate in esecuzione di una decisione successivamente cassata, ovvero di sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva, successivamente riformata in appello, sorge per il solo fatto della cassazione o della riforma della sentenza e può essere richiesto automaticamente, se del caso, anche con procedimento monitorio.
Cass. civ. n. 2480/2003
La domanda di restituzione o riduzione in pristino della parte che ha eseguito delle prestazioni in base a sentenza cassata, prevista dall’art. 389 c.p.c., può essere proposta nello stesso giudizio di rinvio oppure in separata sede, e, in tale seconda ipotesi, il giudice non è tenuto a riunire i due processi, perchè le domande di restituzione o riduzione in pristino sono del tutto autonome da quelle del giudizio di rinvio e prescindono completamente dalla fondatezza o meno di quest’ultima, assolvendo all’esigenza di garantire all’interessato la possibilità di ottenere al più presto la restaurazione della situazione patrimoniale anteriore alla decisione cassata, e la loro definizione non deve essere procrastinata dall’istruzione e risoluzione della lite principale; nè è tenuto a sospendere il giudizio sulle restituzioni, neanche in vista della possibile compensazione del credito vantato dall’attore con il controcredito invocato dal convenuto nella causa di rinvio o in altri processi da questi intentati contro l’avversario, perchè la compensazione giudiziale di cui all’art. 1243 c.c. presuppone che sia lo stesso giudice a procedere all’accertamento dei reciproci debiti e crediti, onde, non potendo la stessa operare nell’ipotesi di separati giudizi, deve in tal caso scartarsi ogni possibilità di applicazione degli artt. 295 o 337 c.p.c.
Cass. civ. n. 15031/2001
La cassazione della sentenza impugnata, per inammissibilità di una domanda nuova in appello integra un’ipotesi di cassazione senza rinvio e, pertanto, la competenza a conoscere delle domande di restituzione e di ogni altra conseguente alla cassazione della sentenza — come quella relativa al capo sulle spese in conseguenza dell’accoglimento in appello della domanda inammissibile — spetta al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata, a norma dell’art. 389 c.p.c.
Cass. civ. n. 11261/2000
La proposizione davanti al giudice di rinvio delle domande conseguenti alla sentenza di cassazione è prevista dall’art. 389 c.p.c. soltanto per il caso in cui il giudizio di rinvio sia stato validamente instaurato. La predetta norma non ha, peraltro, carattere cogente, potendo la parte interessata proporre le relative istanze in via autonoma dinanzi al giudice competente in sede ordinaria, con le modalità di introduzione del giudizio previste dall’art. 144 att. c.p.c.
Cass. civ. n. 1819/1999
La domanda di restituzione o di convalida di sequestro conservativo conseguente alla sentenza di cassazione, in pendenza del giudizio di rinvio, si propone al giudice del rinvio, la cui competenza funzionale persiste anche nella ipotesi in cui la domanda di cui si tratta pervenga alla sua cognizione successivamente all’esaurimento dello stesso giudizio di rinvio.
Cass. civ. n. 1210/1999
La pronuncia di restituzione della somma che una parte abbia pagato in forza di una sentenza poi cassata, può essere omessa dal giudice di rinvio quando questi, con la sentenza che conclude il relativo giudizio, ponga nuovamente in essere il titolo giustificativo di detto pagamento condannando la medesima parte al versamento di una somma pari o superiore.
Cass. civ. n. 49/1999
Anche quando la Corte di cassazione, annullando la sentenza impugnata, decide la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.p. così come modificato dalla L. n. 353 del 1990, non è ammissibile nella stessa sede di legittimità, la domanda di restituzione delle somme corrisposte sulla base delle sentenze di merito, dato che per tale domanda accessoria non opera, in mancanza di espressa previsione, l’eccezione al principio generale secondo cui alla Corte compete solo il giudizio rescindente e la stessa, ove il pagamento sia avvenuto sulla base della sentenza annullata, va proposta al giudice che ha pronunciato la medesima, a norma dell’art. 389 (la cassazione con pronuncia nel merito integrando una nuova ipotesi di cassazione senza rinvio), mentre, in caso di pagamento eseguito in forza della sentenza di primo grado, essa avrebbe potuto essere rivolta al giudice di appello.
Cass. civ. n. 12851/1998
Nei procedimenti endofallimentari di verifica ed accertamento dei crediti, l’azione prevista dall’art. 389 c.p.c. (domande conseguenti alla cassazione) non si sottrae al principio inderogabile ed operante ope legis della par condicio che domina i procedimenti concorsuali.
Cass. civ. n. 10393/1996
Qualora nel giudizio di rinvio debba essere ordinata la restituzione di somma corrisposta in base alla sentenza d’appello, a seguito dell’annullamento di tale pronuncia da parte della Corte di cassazione e del rigetto della domanda in questione da parte del giudice di rinvio, e il soggetto tenuto alla restituzione eccepisca in compensazione un credito riconosciuto in un capo confermato della sentenza di primo grado, il giudice di rinvio deve anche d’ufficio rilevare l’estinzione del debito nel caso in cui il suo pagamento risulti dalla documentazione ritualmente prodotta, sulla base del principio della rilevabilità d’ufficio (anche in appello) dell’avvenuto pagamento, fatto che spiega effetti giuridici a prescindere dalla proposizione della relativa eccezione (procedimento svoltosi con il rito del lavoro).
Cass. civ. n. 5265/1996
Ai sensi dell’art. 389 c.p.c., secondo cui, dopo l’annullamento di una sentenza in sede di legittimità, al giudice di rinvio possono essere rivolte le domande di restituzione e di riduzione in pristino nonché ogni altra conseguente alla sentenza di cassazione, a tale giudice possono essere proposte anche le domande di risarcimento del danno conseguente alla privazione del bene dal cui godimento la parte è stata estromessa per effetto dell’esecuzione forzata o coattiva della sentenza cassata, riconducibili al novero delle indicate domande di restituzione e ripristino.
Cass. civ. n. 11214/1994
In relazione all’art. 389 c.p.c., il principio secondo cui (in sede di rinvio) la risoluzione della lite principale non deve ritardare la pronuncia sulla domanda di restituzione di quanto versato in esecuzione della sentenza cassata va correlato alla previsione valida, in linea generale, nel processo civile ordinario ma non nel nuovo processo del lavoro (caratterizzato dalla normale trattazione della causa in un’unica udienza di discussione) — che la prolungata istruttoria relativa alla domanda principale comporti il ritardo del provvedimento di restituzione. Pertanto, correttamente il giudice del lavoro — esaminando congiuntamente la domanda di restituzione e quella principale — provvede negativamente in ordine ad entrambe, giacché le due pronunce sono in tal caso necessariamente interdipendenti, non essendo giustificato sul piano razionale ordinare la restituzione della somma pagata e contemporaneamente rinnovare l’edizione del titolo giustificativo del pagamento della stessa, per la riconosciuta infondatezza delle ragioni della parte condannata dalla sentenza cassata.
Cass. civ. n. 6077/1990
Il giudice di rinvio, il quale ritenga definitivamente soccombente la parte vittoriosa in cassazione, non può condannare la controparte alla restituzione delle somme riscosse a titolo di spesa, in forza della sentenza cassata, ma deve detrarre dall’ammontare complessivo delle spese liquidate a carico del soccombente l’importo dal medesimo in precedenza versato.
Cass. civ. n. 2841/1989
L’azione di restituzione o riduzione in ripristino, che venga proposta, a norma dell’art. 389 c.p.c., dalla parte vittoriosa nel giudizio di cassazione, in relazione alle prestazioni eseguite in base alla sentenza d’appello poi annullata, non è riconducibile nello schema della condictio indebiti, perché si collega ad un’esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale anteriore a detta sentenza e prescinde dall’esistenza o meno del rapporto sostanziale (ancora oggetto di contesta), né, in particolare, si presta a valutazioni sulla buona o mala fede dello accipiens, non potendo venire in rilievo stati soggettivi, rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti. Pertanto, ove si tratti di restituzione di somme, gli interessi legali, in applicazione delle regole generali sui crediti pecuniari, devono essere riconosciuti dal giorno del pagamento (non da quello della domanda), e, con pari decorrenza, vanno attribuiti gli eventuali ulteriori danni di cui all’art. 1224, secondo comma c.c.
Cass. civ. n. 2612/1989
Nel caso di riforma od annullamento della sentenza, costituente titolo esecutivo, di condanna al pagamento delle spese e degli onorari in favore del difensore della parte già vittoriosa, il quale abbia reso la dichiarazione di cui all’art. 83 c.p.c., tenuto alla restituzione delle somme pagate a detto titolo è lo stesso difensore distrattario, il quale, come titolare di un autonomo rapporto instauratosi direttamente con la parte già soccombente, è l’unico legittimato passivo rispetto all’azione di ripetizione d’indebito oggettivo proposto da tale parte, in favore della quale la restituzione di dette somme può essere disposta, oltre che in un giudizio autonomamente instaurato a tal fine, anche dal giudice dell’impugnazione o, in caso di cassazione, dal giudice di rinvio, ai sensi dell’art. 389 c.p.c.
Cass. civ. n. 4268/1986
La competenza funzionale del giudice di rinvio sulle domande di restituzione in pristino e di risarcimento danni conseguenti alla cassazione della sentenza viene meno quando il giudizio di rinvio si sia estinto per mancata riassunzione in termini, con la conseguenza che le dette domande vanno proposte al giudice competente secondo le norme ordinarie del codice di rito senza che sia necessario che quell’estinzione sia stata dichiarata dallo stesso giudice di rinvio potendo anche essere rilevata, ed accertata incidenter tantum, dal giudice successivamente investito della domanda di restituzione in base alle regole ordinarie di competenza.
Cass. civ. n. 6421/1984
La pronuncia di restituzione della somma, che una parte abbia pagato in forza della sentenza cassata, può essere omessa dal giudice di rinvio, quando, con la sentenza che conclude il relativo giudizio, ponga nuovamente in essere il titolo giustificativo di detto pagamento, condannando cioè la medesima parte al versamento di una somma pari o superiore.
Cass. civ. n. 7048/1982
La domanda di restituzione di somme pagate in forza di una sentenza d’appello cassata può proporsi davanti al giudice di rinvio, la cui competenza è stabilita dall’art. 389 c.p.c., e dinanzi al quale, pertanto, non può farsi questione né di mancanza del doppio grado di giurisdizione, né di novità della domanda, atteso che il diritto alla restituzione dipende direttamente dalla sentenza di cassazione che determina la caducazione del titolo per effetto del quale il pagamento è avvenuto.
Cass. civ. n. 4275/1980
Il giudizio che attiene alle domande di restituzione conseguenti alla sentenza di cassazione, e che va proposto al giudice di rinvio a norma dell’art. 389 c.p.c., non può essere espletato autonomamente e non deve essere necessariamente riunito al giudizio di merito in sede di rinvio, essendo una mera facoltà della parte interessata alle restituzioni chiedere le stesse nel giudizio di rinvio o in via autonoma, mentre costituisce una mera facoltà del giudice di rinvio operare la riunione delle due domande.
Cass. civ. n. 5766/1979
A norma dell’art. 389 c.p.c., la domanda di restituzione delle spese giudiziali pagate alla controparte in adempimento della sentenza d’appello successivamente cassata è, ancorché nuova, ammissibile in sede di rinvio; pertanto, il giudice di tale fase, qualora trascuri di esaminarla, incorre nel vizio di omessa pronuncia.
Cass. civ. n. 259/1970
Cassata con rinvio la sentenza del giudice di appello che, confermando quella di primo grado, aveva disposto il rilascio, successivamente eseguito, di un immobile a favore dell’attore, non può il giudice del rinvio omettere di ordinare la restituzione del bene sul rilievo che, in base ad altro titolo, l’attore potrebbe riottenere la consegna dello stesso.
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