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Art. 591 — Inammissibilità dell’impugnazione

Art. 591 — Inammissibilità dell’impugnazione

1. L’impugnazione è inammissibile:

  1. a] quando è proposta da chi non è legittimato [ 568 3] o non ha interesse [ 568 4];
  2. b] quando il provvedimento non è impugnabile [ 568 1];
  3. c] quando non sono osservate le disposizioni degli articoli 581, 582, 583, 585 e 586;
  4. d] quando vi è rinuncia all’impugnazione [ 589 ].

2. Il giudice dell’impugnazione, anche di ufficio, dichiara con ordinanza l’inammissibilità e dispone l’esecuzione del provvedimento impugnato [ 611 ] .

3. L’ordinanza è notificata a chi ha proposto l’impugnazione ed è soggetta a ricorso per cassazione. Se l’impugnazione è stata proposta personalmente dall’imputato [ 571 ], l’ordinanza è notificata anche al difensore.

4. L’inammissibilità, quando non è stata rilevata a norma del comma 2, può essere dichiarata in ogni stato e grado del procedimento [ 627 4].

  1. a] quando è proposta da chi non è legittimato [ 568 3] o non ha interesse [ 568 4];
  2. b] quando il provvedimento non è impugnabile [ 568 1];
  3. c] quando non sono osservate le disposizioni degli articoli 581, 582, 583, 585 e 586;
  4. d] quando vi è rinuncia all’impugnazione [ 589 ].
L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 41048/2018

In tema di impugnazioni, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 591, comma 2, e 609 cod. proc. pen., l’inammissibilità del gravame per carenza di interesse è rilevabile d’ufficio in ogni grado e stato del procedimento, anche in sede di giudizio di legittimità e pure quando in ordine ad essa il giudice a quo non si sia pronunciato, non determinandosi, in tal caso, alcuna preclusione processuale. [Fattispecie in cui l’indagato, ricorrente per cassazione avverso il rigetto della richiesta di riesame di un decreto di sequestro, aveva prospettato nel gravame che il bene oggetto del provvedimento apparteneva al proprio coniuge].

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Cass. pen. n. 24576/2018

È inammissibile il ricorso per cassazione che, pur contendo l’indicazione dei motivi, formuli richieste estranee alla fase di legittimità [nella specie richiesta di assoluzione e riduzione della pena], tra l’altro in violazione del “Protocollo d’intesa tra Corte di Cassazione e Consiglio Nazionale Forense sulle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia penale”, sottoscritto il 17 dicembre 2015, che va considerato quale strumento esplicativo del dato normativo dettato dall’art. 606, cod. proc. pen.

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Cass. pen. n. 3820/2018

In materia di impugnazioni, è inammissibile – alla stregua della lettera dell’art. 591, comma 1, lett. c], cod. proc. pen., con riferimento all’art. 582, comma 1, cod. proc. pen. – quella presentata da un soggetto di cui non vi sia l’indicazione onomastica, giusta formale attestazione di deposito estesa sull’originale dell’atto dal pubblico ufficiale addetto alla ricezione presso la cancelleria del giudice “a quo”. [Fattispecie relativa a ricorso per cassazione del pubblico ministero, depositato nella corrispondente segreteria e da questa trasmesso alla cancelleria della corte d’appello a mezzo di registro di passaggio].

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Cass. pen. n. 6903/2017

In caso di ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi più reati ascritti allo stesso imputato, l’autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l’ammissibilità dell’impugnazione per uno dei reati possa determinare l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, con la conseguenza che per tali reati, nei cui confronti si è formato il giudicato parziale, è preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello.

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Cass. pen. n. 47766/2015

In tema di giudicato formale, dalla lettura coordinata degli artt. 648, comma secondo, e 591, comma secondo, cod. proc. pen. si desume che la presentazione di un impugnativa tardiva non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza, la quale, pertanto, deve essere necessariamente eseguita a cura del pubblico ministero, anche prima della pronuncia dichiarativa dell’inammissibilità dell’impugnazione.

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Cass. pen. n. 7374/2015

In tema di revisione, non è necessario esternare la decisione di ammissibilità della richiesta mediante l’adozione di un’espressa ordinanza, stante l’assenza di una puntuale previsione di legge e di una distinzione tra la fase rescindente e la fase rescissoria.

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Cass. pen. n. 5185/2015

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione per una delle cause indicate dall’art. 591 cod. proc. pen. consegue la condanna in favore della cassa delle ammende, in quanto l’art. 616 cod. proc. pen. non distingue tra le varie cause di inammissibilità, né vi sono ragioni logiche idonee a giustificare una differenza di trattamento tra le ipotesi previste dall’art. 606, comma terzo, cod. proc., pen. e quelle contemplate dall’art. 591 cod. proc. pen. [Fattispecie relativa a ricorso dichiarato inammissibile per rinuncia].

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Cass. pen. n. 956/2015

Qualora l’appello sia stato dichiarato inammissibile per tardività della presentazione, la Corte di cassazione deve preliminarmente esaminare la regolare instaurazione del rapporto processuale in sede di appello e, ove accerti effettivamente la sussistenza della causa di inammissibilità del gravame, deve dichiarare l’inammissibilità sia dell’atto di appello che del ricorso per cassazione.

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Cass. pen. n. 18978/2014

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione per una delle cause indicate dall’art. 591 c.p.p. consegue la condanna in favore della cassa delle ammende, in quanto l’art. 616 c.p.p. non distingue tra le varie cause di inammissibilità, nè vi sono ragioni logiche idonee a giustificare una differenza di trattamento tra le ipotesi previste dall’art. 606, comma terzo, cod. proc., pen. e quelle contemplate dall’art. 591 c.p.p.. [Fattispecie relativa a ricorso dichiarato inammissibile per tardività].

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Cass. pen. n. 6624/2012

Nelle ipotesi in cui il ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di cassazione non può enunciare d’ufficio il principio di diritto nell’interesse della legge, anche quando tale pronuncia non abbia alcun effetto sul provvedimento del giudice di merito, poichè nel sistema processuale penale non è applicabile per analogia la disposizione di cui all’art. 363 c.p.c., che disciplina l’esercizio del corrispondente potere nell’ambito del processo civile.

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Cass. pen. n. 5607/2012

È inammissibile per difetto di legittimazione il ricorso per cassazione proposto dagli eredi dell’imputato deceduto successivamente al provvedimento impugnato.

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Cass. pen. n. 16035/2011

L’inammissibilità dell’impugnazione deve essere dichiarata dal giudice, anche d’ufficio, senza l’osservanza di particolari formalità nè obbligo di previa instaurazione del contraddittorio, essendo quest’ultimo posticipato all’eventuale procedimento instaurato mediante il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza.

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Cass. pen. n. 38033/2008

L’inammissibilità del ricorso per cassazione che non sia dovuta a mancanza di legittimazione o a proposizione tardiva non esime il giudice di legittimità dal dovere di valutare la conformità o meno, ai principi del diritto comunitario, della normativa nazionale e, in tale secondo caso, di procedere alla disapplicazione della stessa. [Fattispecie di annullamento senza rinvio per insussistenza del fatto derivante da ritenuta incompatibilità con il Trattato CE della disciplina interna in materia di attività organizzata per la raccolta di scommesse a fronte di ricorso corredato da motivi generici ].

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Cass. pen. n. 2021/2004

Alla luce di quanto stabilito dal secondo comma del novellato art. 111 Cost. deve ritenersi che anche le ordinanze dichiarative dell’inammissibilità delle impugnazioni debbano essere pronunciate non de plano ma nell’osservanza del principio del contraddittorio. [Nella specie, trattavasi di declaratoria di inammissibilità, per tardività, della richiesta di riesame avverso provvedimento di sequestro preventivo].

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Cass. pen. n. 29024/2003

Il provvedimento emesso ai sensi dell’art. 666, comma 7, c.p.p., non prevede alcuna formalità e, qualora non incida sulla libertà personale, non è impugnabile.

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Cass. pen. n. 19683/2003

Le dichiarazioni accusatorie rese da imputati dello stesso reato ovvero di reato connesso o interprobatoriamente collegato, per costituire prova, possono anche riscontrarsi reciprocamente, a condizione che siano dotate ciascuna di intrinseca attendibilità, soggettiva ed oggettiva, e [in assenza di specifici elementi atti a far ragionevolmente sospettare accordi fraudolenti o reciproche suggestioni], risultino concordanti sul nucleo essenziale del narrato, rimanendo quindi indifferenti eventuali divergenze o discrasie che investano soltanto elementi circostanziali del fatto, a meno che le loro caratteristiche siano tali da far necessariamente ritenere o che il dichiarante, contrariamente al suo assunto, non abbia in realtà partecipato alle vicende i cui particolari sono stati da lui riferiti, ovvero che egli tali particolari abbia dovuto inventare o alterare al riconoscibile fine di sostenere un’accusa che, altrimenti, sarebbe stata insostenibile. Ne deriva che, ove con la sentenza di merito sia stata affermata la responsabilità dell’imputato sulla base della ritenuta sussistenza di una prova del genere anzidetto, non può validamente prospettarsi, in sede di legittimità, come motivo di censura, il solo fatto che le dichiarazioni accusatorie ritenute concordanti presentino in realtà fra loro divergenze e discrasie, quando queste attengano ad elementi di natura circostanziale e non vengano indicate [salvo che siano rilevabili ictu oculi] le ragioni per le quali, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuta attribuire loro una specifica e decisiva rilevanza nel senso sopra illustrato. La mancanza di una tale indicazione rende, quindi, di per sé, inammissibile il ricorso per difetto dei necessari requisiti di specificità.

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Cass. pen. n. 37738/2002

In caso d’impugnazione tardiva la declaratoria d’inammissibilità spetta al giudice dell’impugnazione in base all’art. 591, comma 2, c.p.p., giacché anche in tale caso la decisione è di competenza esclusiva del predetto giudice. [Fattispecie in cui il tribunale aveva affermato la competenza del giudice dell’esecuzione, in sede di incidente, a decidere sulla tardività dell’impugnazione in base all’equiparazione dell’omessa proposizione dell’impugnazione con quella della tardività della medesima e della ritenuta coincidenza temporale, in tali casi, del perfezionamento della condizione d’irrevocabilità del provvedimento].

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Cass. pen. n. 30597/2001

In tema di impugnazioni, deve ritenersi inammissibile, in quanto non previsto dalla legge, il ricorso incidentale per cassazione, né è possibile desumere dall’espressa previsione dell’appello incidentale di cui all’art. 595 c.p.p., l’esistenza della più generale categoria dell’impugnazione incidentale, applicabile anche al ricorso in sede di legittimità.

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Cass. pen. n. 9/2000

Poiché, in sede di incidente di esecuzione, l’accertamento del giudice di merito è limitato al controllo dell’esistenza e della legittimità del titolo esecutivo e poiché, dunque, rimane preclusa, per la avvenuta formazione del giudicato, ogni indagine concernente vizi incidenti sul giudizio di cognizione, eventuali questioni poste dal condannato, relative a tale ultimo aspetto, devono essere dichiarate inammissibili dal giudice monocratico o dal presidente, con procedura de plano [e dunque senza il ricorso al contraddittorio nelle forme dell’udienza camerale]. Il provvedimento presidenziale può anche essere emesso dal collegio e, comunque qualificato, ha natura e valore di decreto, postulando, quanto al contenuto, la manifesta infondatezza della questione.

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Cass. pen. n. 1419/2000

È tardivo e perciò inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso un provvedimento reso, in qualità di giudice dell’esecuzione, dalla corte d’appello, che non sia presentato nelle forme di cui all’art. 123 c.p.p., ma venga presentato o spedito direttamente alla Corte di cassazione in violazione degli artt. 582 e 583 stesso codice e, da questa trasmesso alla cancelleria della stessa corte d’appello, vi pervenga oltre il termine di quindici giorni dalla notifica dell’avviso di deposito del provvedimento.

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Cass. pen. n. 2017/2000

In tema di presentazione dell’impugnazione, l’inammissibilità prevista dall’art. 591 per l’inosservanza delle formalità prescritte dall’art. 582 c.p.p. si configura solamente ove vi sia concreta incertezza sulla legittima provenienza del gravame dal soggetto titolare del relativo diritto e non anche quando l’identità della persona appaia desumibile dal complessivo esame del documento. L’inammissibilità, pertanto, può essere pronunciata soltanto se la violazione, che è addebitabile al pubblico ufficiale ricevente, assuma caratteristiche tali da far escludere anche la possibilità della presunzione [altrimenti doverosa] della legittima provenienza dell’atto, né, in proposito, alcun onere di controllo può essere ascritto a colui che lo presenta sull’operato della persona addetta a riceverlo. [In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto ammissibile l’appello cautelare — di cui il ricorrente lamentava la mancata indicazione del soggetto che lo aveva presentato e del pubblico ufficiale ricevente — proposte dal pubblico ministero con atto recante l’intestazione della procura della Repubblica, la firma del magistrato ed il timbro dell’ufficio, nonché il timbro dell’ufficio ricevente, con l’indicazione della data e la sottoscrizione del pubblico ufficiale addetto].

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Cass. pen. n. 1073/2000

Nei casi in cui l’inammissibilità del ricorso sia dovuta a cause originarie, il giudicato deve ritenersi precedente e risalente alla decisione inammissibilmente impugnata. In tali casi la dichiarazione di inammissibilità del giudice ad quem riveste valore meramente ricognitivo della già intervenuta irrevocabilità della precedente decisione. Conseguentemente il decorso del tempo successivo alla stessa è del tutto irrilevante agli effetti della prescrizione.

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Cass. pen. n. 7585/1999

Nel caso in cui il ricorso per cassazione sia affetto da causa di inammissibilità originaria, è preclusa la possibilità di sottoporre alla valutazione della Corte la sussistenza di causa di estinzione del reato, essendo, sotto tale aspetto, irrilevante il momento in cui detta estinzione si è verificata [prima o dopo la scadenza del termine per proporre impugnazione o, addirittura, prima della sentenza di merito, ancorché non rilevata dalla stessa]. Invero, proprio la natura originaria della causa di inammissibilità del ricorso, impedisce che lo stesso produca quegli effetti introduttivi del giudizio cui si ricollega la possibilità di emettere una pronuncia diversa dalla dichiarazione di inammissibilità. [Fattispecie in cui la tardività del ricorso per cassazione ha impedito alla Corte di pronunciarsi sulla prescrizione del reato].

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Cass. pen. n. 7184/1999

La semplice deduzione della prescrizione del reato verificatasi dopo la pronuncia della sentenza impugnata, non costituendo vizio per il quale è consentito il ricorso per cassazione, integra un caso di inammissibilità evidente prima facie e, quindi, originaria, del ricorso medesimo, atteso che la verifica di ammissibilità della impugnazione consiste nella semplice comparazione esteriore tra il contenuto del motivo dedotto ed il dettato della legge.

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Cass. pen. n. 992/1999

La notifica al difensore del provvedimento dichiarativo dell’inammissibilità è imposta — ex art. 591, comma terzo, c.p.p. — solo quando questo assume la forma dell’ordinanza camerale, non quando assume la forma della sentenza dibattimentale. In quest’ultimo caso, infatti, il difensore presente all’udienza ha avuto notizia dell’inammissibilità dalla pubblicazione del dispositivo ex art. 545 c.p.p. e comunque non ha diritto alla notifica, giacché ai sensi della lett. c] del secondo comma dell’art. 585 c.p.p. il termine per impugnare decorre per lui automaticamente dalla scadenza del termine stabilito dalla legge o dal giudice per il deposito della sentenza.

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Cass. pen. n. 38/1999

L’omessa notifica dell’atto di impugnazione non dà luogo a nullità di ordine generale e neppure a decadenza dell’impugnazione medesima, in quanto non è compresa tra le cause di inammissibilità previste tassativamente dall’art. 591 c.p.p. o da altre norme del codice di rito. Essa comporta soltanto la mancata decorrenza del termine per la proposizione da parte del soggetto interessato di eventuale appello incidentale o di ricorso per saltum, mentre negli altri casi nessun pregiudizio può derivare alla parte nei cui confronti viene esercitata la pretesa espressa nell’atto di gravame. Tuttavia, quando la parte possa proporre appello incidentale e non risulti che abbia avuto comunue conoscenza dell’atto di impugnazione, il giudice del gravame è tenuto a trasmettere gli atti alla cancelleria del giudice a quo perché si proceda alle dovute notificazioni.

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Cass. pen. n. 1331/1998

È inammissibile per carenza di interesse il ricorso per cassazione proposto dall’indagato avverso l’ordinanza del tribunale de libertate, emessa a seguito di richiesta di riesame di ordinanza di sequestro probatorio di documenti costituenti corpo del reato o comunque di cose ad esso pertinenti, se il tribunale abbia rigettato la richiesta di riesame, ma abbia contestualmente disposto l’acquisizione agli atti del procedimento della copia conforme dei documenti sequestrati [nel caso, decreti ingiuntivi emessi dall’autorità giudiziaria] e la restituzione all’indagato ricorrente degli originali degli stessi, essendo stato in tal modo già ottenuto il dissequestro, e dovendo individuarsi l’interesse al ricorso nella possibilità di ottenere tale dissequestro.

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Cass. pen. n. 6383/1998

L’atto di impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, i motivi con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Può, pertanto, essere rilevata nel giudizio di legittimità, a norma dell’art. 591 c.p.p., l’inammissibilità dell’appello, estensibile anche ai motivi nuovi, se l’atto di impugnazione contenga semplici richieste, senza nessuna enunciazione delle ragioni di fatto e di diritto atte a sorreggerle, non rilevata dal giudice di merito. [Nella specie la Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello, non rilevata dal giudice di merito, contenente la mera affermazione secondo la quale «La pena inflitta […] può essere ulteriormente ridotta nella misura dell’assoluto minimo edittale, applicando le attenuanti generiche nella loro massima estensione, nonché l’aumento minimo per la continuazione», annullando senza rinvio la decisione impugnata].

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Cass. pen. n. 4971/1998

È inammissibile per genericità l’impugnazione con cui si censura una sentenza la cui motivazione non è stata ancora depositata, in quanto il nostro ordinamento non consente che l’ammissibilità di un gravame possa essere valutata ex post, richiedendosi, invece, che i relativi requisiti siano apprezzabili in presenza del provvedimento gravato nel suo insieme costituito tanto dalla parte dispositiva che da quella motivazionale.

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Cass. pen. n. 256/1998

È inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c], all’inammissibilità.

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Cass. pen. n. 2400/1996

La presentazione dell’impugnazione prima del deposito della sentenza non è causa di inammissibilità del gravame qualora le censure dedotte si riferiscano ad aspetti della decisione inequivocabilmente evincibili dalla conoscenza del solo dispositivo, quale ad esempio la censura sul denegato accoglimento di questioni preliminari proposte dall’imputato ed oggetto di ordinanza emessa in dibattimento, impugnabile soltanto con la sentenza.

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Cass. pen. n. 2223/1996

In applicazione dei principi generali in materia di inammissibilità delle impugnazioni e, segnatamente, dell’art. 591, comma 2, c.p.p., il tribunale del riesame, qualora debba dichiarare l’inammissibilità di una richiesta avanzata ai sensi dell’art. 309, comma 1, c.p.p., non è tenuto ad osservare le formalità del procedimento in Camera di consiglio previste dall’art. 127 c.p.p.

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Cass. pen. n. 4122/1996

In assenza di tempestiva impugnazione dell’ordinanza di inammissibilità di gravame per omessa presentazione dei motivi, non può costituire valida ragione di restituzione in termini l’asserita effettuazione di ricerche volta a reperire i detti motivi, dopo l’avvenuta constatazione della loro mancanza dal fascicolo processuale in cui si sarebbero dovuti trovare.

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Cass. pen. n. 12003/1995

Il giudice dell’impugnazione deve verificare l’esistenza delle relative condizioni di ammissibilità, facendo luogo anche di propria iniziativa, a tutte le indagini [e alle inerenti valutazioni] occorrenti ai fini dell’accertamento richiesto, con il potere di esaminare gli atti e i documenti acquisiti al processo. [Fattispecie nella quale la Suprema Corte ha esaminato gli atti processuali dei precedenti gradi di giudizio recanti la firma della ricorrente, al fine di stabilire se fosse da attribuire a costei la firma illegibile apposta in calce al ricorso].

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Cass. pen. n. 11814/1995

In tema di impugnazioni, nell’ipotesi di inammissibilità dell’atto di impugnazione per una causa di inammissibilità classificabile come «sopravvenuta», detta inammissibilità non preclude l’applicazione di una causa estintiva del reato.

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Cass. pen. n. 9283/1995

L’inammissibilità dell’appello non dichiarata con ordinanza a norma dell’art. 591, ultimo comma, c.p.p., viene legittimamente dichiarata al momento della pronuncia della sentenza nel giudizio d’impugnazione.

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Cass. pen. n. 1299/1995

Il procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale non è competente a svolgere le sue funzioni davanti al magistrato di sorveglianza e, conseguentemente non ha alcuna legittimazione ad impugnare i provvedimenti da quest’ultimo emessi; e ciò non solo in applicazione del principio generale, per cui il pubblico ministero trae la sua competenza, di natura derivativa, da quella del giudice presso cui è costituito, ma anche, con riguardo al procedimento di sorveglianza, in applicazione della specifica disciplina di cui all’art. 678, comma terzo, c.p.p., secondo cui le funzioni di pubblico ministero sono esercitate, davanti al magistrato di sorveglianza, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale della sede dell’ufficio di sorveglianza.

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Cass. pen. n. 1601/1995

È inammissibile la dichiarazione di rinuncia al gravame trasmesso per telescrivente e, quindi, senza il rispetto delle forme imposte dall’art. 589, comma terzo, c.p.p., che mirano a garantire la provenienza dell’atto interessato. [Fattispecie relativa a ricorso per cassazione avverso provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca di misura coercitiva].

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Cass. pen. n. 1145/1995

La genericità dei motivi d’impugnazione dà luogo ad una causa di inammissibilità sopravvenuta di essa, con la conseguenza che il giudice dell’impugnazione deve dichiarare la causa di non punibilità frattanto intervenuta o erroneamente non rilevata dal giudice a quo. [Fattispecie relativa a condanna pronunciata erroneamente dal pretore per fatto non costituente reato ed in ordine alla quale il giudice di appello aveva dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione per genericità dei motivi, anziché rilevare la causa di non punibilità].

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Cass. pen. n. 3056/1995

L’omessa notificazione del ricorso per cassazione dell’imputato alle parti civili non dà luogo a nullità di ordine generale né a decadenza dell’impugnazione, trattandosi di circostanza non prevista dall’art. 591 c.p.p. quale causa di inammissibilità; l’omissione dell’incombente da parte del cancelliere può eventualmente risolversi in illecito disciplinare a carico del medesimo.

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Cass. pen. n. 21/1995

La mancanza, nell’atto di impugnazione, dei requisiti prescritti dall’art. 581 c.p.p., compreso quello della specificità dei motivi, rende l’atto medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre, quindi, quegli effetti cui si ricollega la possibilità di emettere una pronuncia diversa dalla dichiarazione di inammissibilità: in tali ipotesi si è in presenza di una causa di inammissibilità originaria del gravame, la quale impedisce di rilevare e dichiarare, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., eventuali cause di non punibilità; nel caso in cui, viceversa, l’atto contenga tutti i requisiti di legge, esso è idoneo a produrre l’impulso necessario per originare il giudizio di impugnazione, con la conseguenza che le ulteriori cause di inammissibilità ricollegabili alla manifesta infondatezza dei motivi ovvero all’enunciazione di motivi non consentiti o non dedotti in appello sono da considerare sopravvenute e quindi non ostative all’operatività della disposizione dell’art. 129 c.p.p. [Nella specie la Corte, rilevando che gli atti con i quali era stata censurata la sentenza impugnata contenevano tutti i requisiti indicati dall’art. 581 c.p.p., a fronte della richiesta del pubblico ministero di una pronuncia di inammissibilità per infondatezza dei motivi ha dichiarato l’intervenuta prescrizione del reato.

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Cass. pen. n. 12343/1994

In tema di impugnazioni, anche nel nuovo codice di procedura penale, va operata la distinzione tra cause di inammissibilità e cause sopravvenute. La sussistenza di una causa di inammissibilità originaria, come quella derivante dalla proposizione di ricorso avverso sentenza contumaciale da parte del difensore non munito di specifico mandato [art. 571 comma terzo c.p.p.], preclude l’applicazione della sospensione del procedimento stabilita dall’art. 44 legge n. 47/1985, richiamato dall’art. 1 D.L. n. 551/1994.

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Cass. pen. n. 4347/1993

Perché venga dichiarata l’inammissibilità dell’impugnazione, la legge non richiede che il procedimento debba svolgersi nelle forme previste dall’art. 127 c.p.p. E ciò in quanto la disciplina stabilita da tale precetto non è applicabile a tutti i casi nei quali il giudice delibera in camera di consiglio, operando, invece, solo per quelli in ordine ai quali sia espressamente prevista l’utilizzazione di simile procedura. E poiché essa non è richiamata dal disposto dell’art. 591 c.p.p., norma generale in tema di inammissibilità del gravame, deve dedursene la sua inoperatività ove non ricorrano i presupposti e le condizioni per quel tipo di impugnativa. Un principio riferibile anche, e a maggior ragione, ai procedimenti de libertate, nell’ambito dei quali l’applicazione delle forme contemplate dall’art. 309 e la conseguente rigorosa disciplina temporale che è propria di esse, non può certo farsi dipendere, con inevitabili riverberi sull’efficacia del provvedimento custodiale, dal tipo di gravame prescelto dall’interessato.

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Cass. pen. n. 5014/1993

Non esiste, nell’ordinamento processuale abrogato, come pure in quello vigente, alcuna norma in base alla quale possa affermarsi che la pronuncia di inammissibilità di un’impugnazione debba assumere necessariamente la forma dell’ordinanza e non quella della sentenza, dovendosi al contrario ritenere, sulla base tanto dell’art. 213 del codice di rito previgente quanto dell’art. 591, quarto comma, del codice attuale, che sia da adottarsi l’una o l’altra di dette forme a seconda dello stato processuale in cui la decisione è assunta. La pretesa illegittimità, comunque, della pronuncia in forma di sentenza anziché in quella di ordinanza non può essere dedotta nei confronti di inammissibilità dichiarata dalla Corte di cassazione, neppure allo scopo di ottenere la revoca di detta declaratoria, posto che, tra l’altro, quest’ultima, anche se rivestita nelle forme dell’ordinanza, sarebbe parimenti irrevocabile, così come è irrevocabile l’analoga ordinanza pronunciata dal giudice di merito, essendo nei confronti della stessa esperibili solo i mezzi di gravame previsti dalla legge.

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Cass. pen. n. 1048/1992

Appartiene alla competenza funzionale della Corte di cassazione la decisione in ordine alla sussistenza dei requisiti di ammissibilità dell’impugnazione, comunque qualificata dalla parte, proposta contro un provvedimento che sia unicamente ricorribile. [Fattispecie in cui la Suprema Corte ha annullato senza rinvio la decisione della corte d’appello che aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione avverso sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti].

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