Art. 648 – Codice di procedura penale – Irrevocabilità delle sentenze e dei decreti penali
1. Sono irrevocabili le sentenze pronunciate in giudizio contro le quali non è ammessa impugnazione diversa dalla revisione [633-636].
2. Se l'impugnazione è ammessa, la sentenza è irrevocabile quando è inutilmente decorso il termine per proporla [585] o quello per impugnare l'ordinanza che la dichiara inammissibile [591]. Se vi è stato ricorso per cassazione [606], la sentenza è irrevocabile dal giorno in cui è pronunciata l'ordinanza o la sentenza che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso [616].
3. Il decreto penale di condanna [459 ss.] è irrevocabile quando è inutilmente decorso il termine per proporre opposizione o quello per impugnare l'ordinanza che la dichiara inammissibile [461].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. pen. n. 23766/2021
Nel caso in cui un reato autonomamente contestato sia erroneamente ritenuto assorbito in una circostanza aggravante di altro reato contestato (nella specie il delitto di minaccia in quello di danneggiamento commesso con minaccia), in difetto di impugnazione deve ritenersi formato il giudicato sulla non punibilità per il reato ritenuto assorbito, con la conseguenza che il proscioglimento dal reato "complesso", impedisce la automatica sussistenza del reato assorbito, in applicazione del principio del divieto di "reformatio in peius". (In motivazione la Corte precisato che, diversamente, nell'ipotesi di assorbimento conseguente ad una progressione criminosa, che presuppone comunque l'accertamento del reato meno grave della "progressione criminosa", anche in difetto di impugnazione non si verifica la formazione del giudicato sulla non punibilità del reato assorbito). (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO ROMA, 20/09/2018).
Cass. pen. n. 3423/2020
In caso di annullamento parziale di una sentenza di condanna in relazione ad uno o più capi per i quali sia stata ravvisata la continuazione con quello, o con quelli, che, ai sensi dell'art. 624 cod. proc. pen., hanno acquistato autorità di cosa giudicata, la pena inflitta in relazione al capo, o ai capi, divenuti irrevocabili può essere posta in esecuzione solo a condizione che in esso sia stato irrevocabilmente individuato il reato più grave, anche in relazione alle circostanze, e la pena stessa presenti i caratteri della completezza, essendo insuscettibile di modifiche nel giudizio di rinvio, e della certezza, in quanto individuabile sulla base delle sentenze rese nel giudizio di cognizione e non attraverso ragionamenti ipotetici. (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO LECCE, 16/11/2019).
Cass. pen. n. 6189/2019
Il principio secondo cui la sentenza di condanna per la parte divenuta irrevocabile deve essere posta in esecuzione anche in caso di rinvio parziale disposto dalla Corte di cassazione per ipotesi di reato in continuazione con quelle non attinte dall'annullamento, ricollegabile alla regola della formazione progressiva del giudicato, trova applicazione solo se la pena minima da espiare sia stata indicata in modo specifico dalla sentenza di merito divenuta parzialmente irrevocabile, non essendo sufficiente che detta pena sia solo determinabile, anche mediante ragionamenti logici o normativi che conducono a risultati certi, ed il giudizio di rinvio non possa portare ad uno stravolgimento delle indicazioni di pena in esito ad una rivisitazione della struttura del reato continuato, con diversa qualificazione del reato più grave all'interno della sequela criminosa. (Conf. Sez. 1, n. 6190/2020). (Rigetta, CORTE APPELLO PALERMO, 09/01/2019).
Cass. pen. n. 36370/2019
In tema di impugnazione, la mancata deduzione di motivi sulla ritenuta responsabilità dell'imputato determina una preclusione su tale punto, ma non è idonea a far acquistare alla relativa statuizione l'autorità di cosa giudicata qualora per lo stesso capo d'imputazione siano stati articolati motivi di gravame sulla sussistenza di circostanze o sulla quantificazione della pena.(In motivazione la Corte ha precisato che la nozione di "capo di sentenza" va riferita ad ogni decisione emessa relativamente ad uno dei reati attribuiti all'imputato, mentre il concetto di "punto della decisione" ha una portata più ristretta, in quanto riguarda tutte le statuizioni suscettibili di autonoma considerazione necessarie per ottenere una decisione completa su un capo). (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO NAPOLI, 21/12/2017).
Cass. pen. n. 47233/2016
Il principio del "ne bis in idem" è applicabile anche nel procedimento di prevenzione, ma la preclusione del giudicato opera "rebus sic stantibus" e, pertanto, non impedisce la rivalutazione della pericolosità ai fini dell'applicazione della misura, precedentemente rigettata, a condizione che si acquisiscano nuovi elementi di fatto, che possono consistere in dati di conoscenza nuovi e sopravvenuti ovvero in risultanze preesistenti al giudicato, ma mai apprezzate nei provvedimenti già emessi. (In applicazione del principio la Corte ha escluso che possa considerarsi elemento nuovo un elaborato peritale contenente una diversa valutazione tecnico-scientifica di dati precedentemente acquisiti e valutati). (Annulla con rinvio, App. Palermo, 20/04/2015).
Cass. pen. n. 12955/2016
Il mutamento di giurisprudenza, intervenuto con decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, integra un nuovo elemento di diritto idoneo a legittimare la riproposizione, in sede esecutiva, della richiesta di rideterminazione della pena basata sui medesimi presupposti di fatto, in precedenza rigettata. (Fattispecie relativa alla richiesta di rimodulazione della pena inflitta per violazione dell'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 riguardante droghe leggere, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014). (Annulla con rinvio, G.i.p. Trib. Pesaro, 09/05/2015).
Cass. pen. n. 12602/2015
La rinnovazione dell'istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell'istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti. (Dichiara inammissibile, App. Lecce s.d. Taranto, 14/07/2014).
Cass. pen. n. 47042/2015
Il mutamento giurisprudenziale intervenuto con decisione delle Sezioni Unite o anche di una delle Sezioni della Corte di cassazione nel normale esercizio della funzione nomofilattica, purchè connotato da caratteristiche di stabilità ed univocità, integra un "nuovo elemento" di diritto, idoneo a legittimare la riproposizione di richiesta di revoca o modifica di misura cautelare personale non più suscettibile di gravame. (Rigetta, Trib. lib. Messina, 15/06/2015).
Cass. pen. n. 47766/2015
In tema di giudicato formale, dalla lettura coordinata degli artt. 648, comma secondo, e 591, comma secondo, cod. proc. pen. si desume che la presentazione di un impugnativa tardiva non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza, la quale, pertanto, deve essere necessariamente eseguita a cura del pubblico ministero, anche prima della pronuncia dichiarativa dell'inammissibilità dell'impugnazione.
Cass. pen. n. 24963/2015
Il principio del "ne bis in idem" cautelare non è ostativo alla reiterazione del sequestro preventivo su beni in relazione ai quali il vincolo reale sia stato già disposto, allorquando il nuovo decreto si fondi su una esigenza cautelare diversa da quella inizialmente ipotizzata oppure quando l'autorità procedente sia chiamata a valutare elementi precedentemente non esaminati. (Fattispecie di decreto di sequestro riemesso, a misura cautelare in atto per effetto di precedente provvedimento di vincolo, sulla base di nuova "notitia criminis" e in ragione della confiscabilità del bene, esigenza ulteriore rispetto al pericolo di aggravamento delle conseguenze derivanti dal reato). (Dichiara inammissibile, Trib. lib. S. M. Capua Vetere, 27/06/2013).
Cass. pen. n. 18781/2015
In tema di misure cautelari, è illegittima la decisione con cui il giudice della cautela reale ritenga preclusa la questione della sussistenza dell'aggravante della transnazionalità perché non dedotta in sede di riesame della misura cautelare personale, in quanto il giudicato cautelare non può operare in un diverso procedimento. (Annulla con rinvio, Trib. lib. Milano, 08/07/2014).
Cass. pen. n. 943/2014
In tema di misure cautelari, l'effetto preclusivo "endoprocessuale" per ulteriori iniziative sul medesimo addebito si produce solo all'esito dell'esaurimento di eventuali procedimenti incidentali di impugnazione, ma non opera qualora sia intervenuto un provvedimento di archiviazione relativamente ad un precedente procedimento nel corso del quale è stata rigettata una richiesta di adozione di provvedimento coercitivo o interdittivo. (Dichiara inammissibile, Trib. Messina, 01/08/2014).
Cass. pen. n. 50310/2014
La mancata tempestiva proposizione di appello avverso il provvedimento di revoca di sequestro preventivo non osta alla proposizione, da parte del Pubblico Ministero, di nuova istanza di misura ex art. 321 cod. proc. pen. (In motivazione, la Corte ha osservato che l'effetto preclusivo del cosiddetto "giudicato cautelare" è determinato solo dall'esistenza di un provvedimento decisorio non più impugnabile e non anche nelle ipotesi di mancata attivazione degli strumenti processuali di controllo). (Rigetta, Trib. lib. Varese, 02/04/2014).
Cass. pen. n. 27702/2014
Il mutamento di giurisprudenza intervenuto con decisione delle Sezioni Unite o anche di una delle Sezioni della Corte di cassazione, purché connotato da caratteristiche di stabilità e univocità, integra un "nuovo elemento" di diritto, che rende ammissibile la riproposizione in sede esecutiva della richiesta di revoca della confisca in precedenza rigettata. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto ammissibile la riproposizione dell'istanza di revoca della confisca degli immobili abusivamente lottizzati, presentata dai terzi acquirenti in buona fede, i quali avevano invocato l'applicazione del sopravvenuto mutamento giurisprudenziale che aveva recepito i principi della Corte EDU riguardanti i limiti di applicazione della misura ablatoria nei confronti dei soggetti estranei al reato).
Cass. pen. n. 15949/2013
Atteso il principio di formazione progressiva del giudicato, la sentenza di condanna deve essere immediatamente posta in esecuzione quando essa sia irrevocabile in relazione all'affermazione di responsabilità dell'imputato per alcune delle fattispecie contestate e contenga già l'indicazione della pena da applicare per le stesse, anche se la Corte di cassazione abbia disposto l'annullamento con rinvio per altre ipotesi di reato che il giudice di merito aveva ritenuto unificate alle prime dal vincolo della continuazione. (Dichiara inammissibile, App. Lecce s.d. Taranto, 18/04/2012).
Cass. pen. n. 41941/2012
La sentenza divenuta irrevocabile in relazione all'affermazione di responsabilità dell'imputato e contenente l'indicazione della pena che il condannato deve espiare va posta in esecuzione, a nulla rilevando l'annullamento con rinvio operato dalla S.C. e limitato alla sussistenza di una circostanza aggravante. (Fattispecie relativa a condanna per il delitto di spaccio di stupefacenti, annullata limitatamente alla sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 80 del d.P.R. n. 309 del 1990). (Rigetta, App. Catania, 04/10/2011).
Cass. pen. n. 34472/2012
Il giudice, chiamato ad applicare una legge di interpretazione autentica, non può qualificarla come innovativa e circoscriverne temporalmente, in contrasto con la sua "ratio" ispiratrice, l'area operativa, perchè finirebbe in tal modo per disapplicarla, mentre l'autorità imperativa e generale della legge gli impone di adeguarvisi, il che delinea il confine in presenza del quale ogni diversa operazione ermeneutica deve cedere il passo al sindacato di legittimità costituzionale. (In applicazione del principio la S.C. ha dichiarato d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 7 e 8 del D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito dalla legge 19 gennaio 2001, n. 4, in riferimento agli articoli 3 e 117, comma primo, della Costituzione - quest'ultimo in relazione all'articolo 7 della Convenzione EDU-, «nella parte in cui le disposizioni interne operano retroattivamente, e, più specificamente, in relazione alla posizione di coloro che, pur avendo formulato richiesta di giudizio abbreviato nella vigenza della sola legge n. 479 del 1999, sono stati giudicati successivamente, quando cioè, a far data dal pomeriggio del 24 novembre 2000 - pubblicazione della Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell'art. 2 r.d. n. 1252 del 7 giugno 1923 -, era entrato in vigore il citato D.L., con conseguente applicazione del più sfavorevole trattamento sanzionatorio previsto dal medesimo decreto», ritenendo impraticabile un'interpretazione della predetta normativa interna conforme all'articolo 7 Convenzione EDU, nell'interpretazione datane dalla Corte di Strasburgo). (Annulla senza rinvio, Trib. Spoleto, 13/09/2011).
Cass. pen. n. 45603/2010
Non può dirsi inesistente la sentenza di condanna pronunciata dal tribunale ordinario per fatti commessi da un soggetto all'epoca degli stessi minorenne, perché la sentenza è inesistente quando è emessa da un soggetto estraneo all'ordinamento giudiziario. (Rigetta, Trib. Teramo, sez.dist.Giulianova, 08 luglio 2009).
Cass. pen. n. 18680/2010
La remissione di querela, intervenuta nel corso del giudizio di cassazione e ritualmente accettata, determina l'estinzione del reato anche in presenza di eventuali cause di inammissibilità del ricorso. (Annulla senza rinvio, App. Firenze, 31 ottobre 2008).
Cass. pen. n. 600/2009
Il principio del "ne bis in idem" è applicabile anche nel procedimento di prevenzione, ma la preclusione del giudicato opera "rebus sic stantibus" e, pertanto, non impedisce la rivalutazione della pericolosità ai fini dell'applicazione di una nuova o più grave misura ove si acquisiscano ulteriori elementi, precedenti o successivi al giudicato, ma non valutati, che comportino un giudizio di maggiore gravità della pericolosità stessa e di inadeguatezza delle misure precedentemente adottate. (Rigetta, App. Napoli, 31 marzo 2008).
Cass. pen. n. 42994/2008
La remissione di querela estingue il reato anche se intervenuta nel giudizio di rinvio celebrato a seguito d'annullamento della Corte di cassazione intervenuto solo in punto di determinazione della pena.
Cass. pen. n. 11358/2008
Il decreto penale di condanna è assimilato alla sentenza di condanna ed è pertanto ammissibile avverso lo stesso il ricorso per cassazione del pubblico ministero, purché al momento della presentazione dell'impugnazione il suddetto decreto non sia già divenuto irrevocabile ovvero sia stato opposto dall'imputato. (Fattispecie in tema di ricorso presentato per l'omessa applicazione con il decreto della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente).
Cass. pen. n. 37788/2006
Il principio del ne bis idem è applicabile anche nel procedimento di prevenzione, ma la preclusione del giudicato opera rebus sic stantibus e non preclude l'esame di nuove e diverse circostanze, siano esse sopravvenute, anteriori o emerse successivamente, essendo consentita l'irrogazione di una nuova misura di prevenzione quando ancora sia in atto quella precedentemente disposta, con il solo limite che tale nuova misura venga adottata con riferimento a nuovi elementi accertati successivamente alla prima e con la previsione che essa avrà effettivo inizio al momento dell'esaurimento della misura già in atto.
Cass. pen. n. 10011/2005
L'ipotesi prevista dal comma 2 dell'articolo 648 del c.p. costituisce una circostanza attenuante speciale del reato di ricettazione e non una fattispecie autonoma di reato; onde di questa deve tenersi conto nel giudizio di comparazione con le altre circostanze (articolo 69 del c.p.); con la conseguenza, esemplificando, che se il giudizio di comparazione tra detta attenuante e una aggravante contestata fosse quello di equivalenza si dovrebbe avere riguardo, per la determinazione della pena, al trattamento sanzionatorio previsto per l'ipotesi base prevista dal comma 1 dell'articolo 648 del c.p. (Nella specie, è stata quindi annullata senza rinvio, per l'illegalità della pena, la sentenza di patteggiamento dove il giudicante, riconosciuta l'ipotesi della ricettazione di «particolare tenuità», di cui al comma 2 dell'articolo 648, le aveva attribuito una considerazione autonoma e separata nella determinazione della pena, omettendo di procedere alla comparazione con la contestata recidiva e con le contestualmente riconosciute attenuanti generiche).
Cass. pen. n. 37738/2002
In tema di cosa giudicata, dalla lettura coordinata degli artt. 648, comma 2 e 591, comma 2 c.p.p. emerge che, al di fuori dell'ipotesi della revisione, la sentenza diventa automaticamente irrevocabile soltanto nel caso in cui non sia stata affatto proposta impugnazione; invece, in presenza di una impugnazione, anche tardiva, il passaggio in giudicato si realizza soltanto allorché sia divenuto definitivo il provvedimento che ne dichiari l'inammissibilità.
Cass. pen. n. 10637/2002
La remissione di querela intervenuta nel corso del giudizio di cassazione opera come causa di estinzione del reato anche in presenza di ritenuta inammissibilità del ricorso, atteso che essa è validamente effettuabile sino a quando non sia intervenuta una sentenza irrevocabile di condanna e quindi sino a quando, ai sensi dell'art. 648, comma 2, c.p.p., non sia stata «pronunciata l'ordinanza o la sentenza che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso».
Cass. pen. n. 5649/2002
In tema di misure di prevenzione, il principio di intangibilità del giudicato, che pure caratterizza i provvedimenti definitivamente assunti, opera limitatamente alle situazioni di fatto valutate di volta in volta per la deliberazione dei provvedimenti stessi, e dunque non preclude l'apertura di un nuovo procedimento, e l'eventuale applicazione di una misura di prevenzione, a fronte di circostanze nuove, o di circostanze antecedenti e solo successivamente emerse.
Cass. pen. n. 1/2000
Poiché la cosa giudicata si forma sui capi della sentenza (nel senso che la decisione acquista il carattere dell'irrevocabilità soltanto quando sono divenute irretrattabili tutte le questioni necessarie per il proscioglimento o per la condanna dell'imputato rispetto a uno dei reati attribuitigli), e non sui punti di essa, che possono essere unicamente oggetto della preclusione correlata all'effetto devolutivo del gravame e al principio della disponibilità del processo nella fase delle impugnazioni, in caso di condanna la mancata impugnazione della ritenuta responsabilità dell'imputato fa sorgere la preclusione su tale punto, ma non basta a far acquistare alla relativa statuizione l'autorità di cosa giudicata, quando per quello stesso capo l'impugnante abbia devoluto al giudice l'indagine riguardante la sussistenza di circostanze e la quantificazione della pena, sicché la res iudicata si forma solo quando tali punti siano stati definiti e le relative decisioni non siano censurate con ulteriori mezzi di gravame. Ne consegue che l'eventuale causa di estinzione del reato deve essere rilevata finché il giudizio non sia esaurito integralmente in ordine al capo di sentenza concernente la definizione del reato al quale la causa stessa si riferisce. (Fattispecie relativa a prescrizione del reato).
Cass. pen. n. 1441/2000
Nell'ipotesi di indulto sottoposto alla condizione risolutiva della commissione di un nuovo reato, il termine di prescrizione della pena deve farsi decorrere dal momento in cui, verificatasi la decadenza dal beneficio, la pena può essere concretamente posta in esecuzione. Tale momento non coincide temporalmente con la data del passaggio in giudicato della sentenza di condanna comportante la perdita del beneficio anteriormente concesso, bensì con la data in cui, disposta la revoca del condono, il relativo provvedimento è divenuto irrevocabile.
Cass. pen. n. 5099/1999
Allorché il provvedimento del giudice, emesso in forma di ordinanza, non decide su questioni contingenti o temporanee, sia di rito, sia di merito, ma statuisce su determinate situazioni giuridiche con carattere di definitività ed è soggetto a impugnazione, il provvedimento stesso deve ritenersi, al pari delle sentenze, irrevocabile, con la conseguenza che, essendosi esaurita con la sua emanazione la potestà decisoria, è sottratta, immediatamente o successivamente, all'organo della giurisdizione la possibilità di tornare sulla decisione assunta, salva la possibilità che la questione venga riproposta sulla base di elementi nuovi. (Fattispecie relativa a procedimento di sorveglianza, in cui, in costanza di provvisoria sospensione della revoca di affidamento in prova terapeutico, il magistrato di sorveglianza aveva reinvestito il tribunale di sorveglianza di altro provvedimento di revoca, basato sulle stesse ragioni del precedente).
Cass. pen. n. 13665/1998
L'obbligo del giudice di dichiarare l'esistenza di una causa di non punibilità permane fino al momento in cui la sentenza diviene irrevocabile ai sensi dell'art. 648 c.p.p., non potendosi sino a tale momento considerare concluso il processo. Ne discende che soltanto in presenza di una causa di inammissibilità originaria dell'impugnazione che si verifica allorché essa colpisce l'impugnazione nel suo momento iniziale, con la conseguenza che non si instaura il rapporto processuale di impugnazione, al giudice di questa è preclusa la declaratoria della causa di non punibilità. (Fattispecie relativa ad annullamento senza rinvio in ordine a reato per il quale la S.C., investita di rituale impugnazione, aveva rilevato la tardività della querela, pur non dedotta in grado di appello).
Cass. pen. n. 2290/1998
Al principio della c.d. formazione progressiva del giudicato, operante in caso di annullamento parziale con rinvio che investa solo punti della sentenza di condanna diversi da quello concernente l'affermazione della responsabilità, con conseguente inoperatività di eventuali cause sopravvenute di estinzione del reato, non può validamente opporsi che esso finirebbe paradossalmente per lasciar sussistere la detta affermazione di responsabilità anche in caso di sopravvenuta morte dell'imputato, poiché un tale evento, prima ancora che sulla «vitalità» del reato, incide sullo stesso rapporto processuale, impedendone la prosecuzione e travolgendo quindi ogni valutazione di merito.
Cass. pen. n. 1192/1997
La preclusione di natura endoprocessuale che si forma a seguito delle impugnazioni in materia di misure cautelari ha una portata più modesta rispetto a quella propria della «res iudicata», sia perché è operante soltanto allo stato degli atti, sia perché non copre anche le questioni deducibili, ma unicamente le questioni dedotte, implicitamente o esplicitamente, nei pregressi procedimenti di impugnazione, intendendosi queste ultime come le questioni che, quantunque non enunciate in modo specifico, integrano il presupposto logico di quelle espressamente dedotte. (In motivazione, la Suprema Corte ha precisato che legittimamente il giudice, in ogni stato e grado del procedimento, verifica la permanenza delle ragioni giustificative del provvedimento coercitivo, alla stregua di fatti sopravvenuti e delle eventuali modifiche della situazione processuale, nonché degli stessi fatti originari e coevi all'ordinanza impositiva, salvo che — in quest'ultimo caso — il relativo esame non sia precluso dalle decisioni pronunciate in procedimenti incidentali de libertate).
Cass. pen. n. 19/1996
Il principio della definitività delle sentenze della Corte di cassazione preclude — salvo i rimedi straordinari — l'ulteriore riesame di ogni questione di merito e di rito. (In applicazione di detto principio la Corte ha dichiarato l'inammissibilità dell'istanza di correzione dell'errore materiale con la quale, rappresentando come motivo di correzione la pretesa contraddittorietà logica e giuridica di una sentenza di legittimità, se ne intendeva provocare la modificazione sostanziale).
Cass. pen. n. 3036/1996
Il giudicato implicito sta a significare che l'efficacia vincolante del decisum si estende oltreché ai fatti di cui è stata specificatamente accertata la presenza o la mancanza, anche a quegli altri fatti la cui esistenza o inesistenza funge da postulato «necessario» rispetto alle conclusioni in esso recepite. La preclusione del giudicato, in sostanza, investe tutta quella parte che, pur non avendo formato materia di espressa pronuncia del giudice, tuttavia con l'adottata decisione è intimamente collegata. (Nella specie, relativa ad inammissibilità di ricorso avverso rigetto, da parte del giudice dell'esecuzione, d'istanza volta ad ottenere la declaratoria di estinzione, per amnistia impropria, del reato di cui all'art. 20 lett. c, legge 28 febbraio 1985, n. 47 la Suprema Corte ha ritenuto che l'indulto fosse stato applicato, non avendo il pretore ravvisato sussistente il requisito della limitata entità volumetrica del manufatto condizionante l'operatività della invocata causa estintiva).
Cass. pen. n. 18/1996
Nel procedimento di prevenzione la preclusione derivante dal giudicato opera sempre rebus sic stantibus e, pertanto, non impedisce la rivalutazione della pericolosità qualificata ove sopravvengono nuovi elementi indiziari - non precedentemente noti - che comportino una valutazione di maggior gravità della pericolosità stessa e un giudizio di inadeguatezza delle misure in precedenza adottate. In tali casi, conseguentemente, può darsi luogo a un aggravamento delle misure e, occorrendo, all'eventuale irrogazione di altre di tipo diverso.
Cass. pen. n. 4675/1996
In caso di annullamento parziale da parte della Corte di cassazione che abbia ad oggetto statuizioni diverse ed autonome rispetto al riconoscimento dell'esistenza del fatto-reato e della responsabilità dell'imputato, non può più essere dichiarata la prescrizione del reato quando la causa estintiva sia sopravvenuta alla sentenza di annullamento parziale. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Corte ha escluso la possibilità di dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione quando il relativo termine sia scaduto successivamente alla sentenza con la quale la stessa Corte aveva annullato il giudicato d'appello limitatamente al giudizio di comparazione tra le circostanze del reato).
Cass. pen. n. 4077/1995
La sentenza non passa mai in giudicato per quanto concerne le misure di sicurezza, data la natura sostanzialmente amministrativa di queste, la loro modificabilità e revocabilità, e l'applicabilità ex officio persino dopo la sentenza nei casi indicati dall'art. 205 c.p.
Cass. pen. n. 9/1995
Il fenomeno processuale dell'estensione dell'impugnazione in favore del coimputato non impugnante (o l'impugnazione del quale sia stata dichiarata inammissibile), di cui all'art. 587 c.p.p., opera di diritto come rimedio straordinario che, al verificarsi dell'evento consistente nel riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo sul gravame, del motivo non esclusivamente personale dedotto dall'imputato diligente, è idoneo a revocare il giudicato in favore del non impugnante, rendendo questi partecipe del beneficio conseguito dal coimputato; ne deriva conseguentemente che, fino a quando non si sia verificato tale effetto risolutivo, il predetto fenomeno processuale non spiega influenza alcuna sulla esecutorietà della sentenza relativa al rapporto processuale concernente il non impugnante o equiparato.
Poiché, nel processo plurisoggettivo, la valida impugnazione proposta dal coimputato — ancorché sostenuta da motivo non esclusivamente personale — non impedisce che diventi irrevocabile la sentenza relativamente al rapporto concernente l'imputato non impugnante (o l'impugnazione del quale sia stata dichiarata inammissibile), rimane ferma l'esecutorietà delle statuizioni ivi contenute e non può sospendersi il relativo procedimento esecutivo nell'attesa del verificarsi dell'eventuale effetto risolutivo straordinario di cui all'art. 587 c.p.p., in mancanza di disposizioni che attribuiscano un simile potere al giudice dell'esecuzione, né potendosene altrimenti trarne l'esistenza dal sistema penale.
Cass. pen. n. 11206/1994
L'espressione condanna è usata per qualificare l'intero provvedimento giurisdizionale, che comprende il riconoscimento della responsabilità dell'imputato in ordine ad un determinato reato e l'applicazione della pena relativa al medesimo. Ne consegue che non si è in presenza di una condanna allorché è stata accertata soltanto la responsabilità dell'imputato, ma non è stata ancora applicata la pena relativa a ipotesi che normalmente si verifica nel caso di annullamento di sentenza del giudice di merito su punti diversi da quello concernente l'affermazione di responsabilità dell'imputato. In tale ipotesi è preclusa soltanto la discussione sulla responsabilità dell'imputato ma non si è in presenza di una condanna, in quanto la decisione, per non essere completa nei suoi necessari elementi di affermazione di responsabilità e di applicazione di pena non può essere posta in esecuzione, non presentando i requisiti dell'irrevocabilità di cui all'art. 648 c.p.p. Corollario di tale principio è che la remissione di querela è idonea ad estinguere il reato perseguibile a querela di parte, per il quale non è stata ancora pronunciata condanna e, quindi, non si è ancora formato il giudicato, avendo soltanto autorità di giudicato la sola affermazione di responsabilità dell'imputato ed essendo ancora attuale, per la mancanza di pronuncia irrevocabile, l'obbligo del giudice di rilevare di ufficio l'esistenza di una causa estintiva del reato. (Nella specie l'imputato era stato condannato per i reati di lesioni, ingiuria e minaccia aggravata riuniti dal vincolo della continuazione e la S.C. aveva annullato la sentenza limitatamente alla condanna per lesioni, reato ritenuto insussistente, rigettando nel resto il ricorso dell'imputato, pur essendo intervenuta remissione di querela in ordine al delitto d'ingiuria prima del suo annullamento con rinvio. La corte di rinvio, investita della rideterminazione della pena, non aveva dichiarato l'estinzione, per remissione di querela, della ingiuria, sul rilievo che la causa estintiva preesisteva al giudizio di cassazione e che non era stata dichiarata in tale sede, onde si era formata la res iudicata. Su ricorso dell'imputato, la S.C. ha annullato senza rinvio sul punto relativo alla mancata declaratoria di estinzione dell'ingiuria per remissione di querela, enunciando il principio di cui in massima).
Cass. pen. n. 10291/1994
L'irrevocabilità della sentenza di condanna (art. 648 c.p.p.) riguarda tutte le statuizioni di cui questa si compone e, quindi, non solo quelle concernenti l'esistenza del reato contestato e la responsabilità dell'imputato, ma anche quelle concernenti la pena, la cui determinazione costituisce un elemento essenziale della decisione, in quanto pronuncia di condanna — a nulla rilevando — la possibilità di formazione di un giudicato parziale prevista, nel caso di annullamento con rinvio, dall'art. 624, comma 1, c.p.p., giacché in tale ipotesi si tratta di irrevocabilità connessa allo sviluppo del rapporto processuale e comunque limitata ad una o più istituzioni — ancorché attinenti ad un singolo capo d'imputazione — che abbiano un'autonomia giuridica-concettuale e non incidano negativamente sulla concreta attuazione della pretesa punitiva dello Stato, la quale richieda pur sempre la formazione di un giudicato di condanna, che non può dirsi realizzato quando sia rimasta in sospeso la sanzione da applicare.
Cass. pen. n. 575/1993
L'irrevocabilità e la conseguente esecutività della sentenza penale di condanna, ai sensi del combinato disposto degli artt. 648 e 650 c.p.p., debbono necessariamente riguardare il capo d'imputazione nella sua interezza, nulla rilevando in contrario la possibilità di formazione di un giudicato parziale prevista, nel caso di annullamento con rinvio, dall'art. 624 comma primo c.p.p., giacché, in tale ultima ipotesi, si tratta di una irrevocabilità connessa allo sviluppo del rapporto processuale e limitata ad una o più statuizioni aventi un'autonomia giuridico-concettuale anche nell'ambito di un singolo capo d'imputazione, senza che però ciò incida sulla concreta realizzabilità della pretesa punitiva dello Stato, richiedendo questa pur sempre la formazione di un giudicato di condanna che non può dirsi realizzato finché il soggetto rivesta comunque la qualifica di imputato. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha escluso che potesse darsi esecuzione, sia pur limitatamente alla parte di pena che sarebbe residuata in caso di applicazione nella massima possibile estensione delle attenuanti generiche, ad una sentenza di condanna che era stata annullata con rinvio unicamente sul punto attinente la concedibilità o meno di dette attenuanti).
Cass. pen. n. 1996/1993
La preclusione determinata dal giudicato interno copre il dedotto e il deducibile. (Applicazione in tema di riproposizione, avverso la sentenza di rinvio, di questione già decisa in senso negativo, dalla sentenza di annullamento della Corte di cassazione).