17 Mar Articolo 784 Codice di procedura civile — Litisconsorzio necessario
Le domande di divisione ereditaria o di scioglimento di qualsiasi altra comunione debbono proporsi in confronto di tutti gli eredi o condomini e dei creditori opponenti se vi sono [ 12 3, 22, 23, 102; c.c. 713 ss., 1111ss., 2646 ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”16″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 6785/2014
L’atto introduttivo del giudizio di divisione ereditaria non interrompe il decorso del tempo utile all’usucapione da parte del convenuto, tale atto non essendo rivolto alla contestazione diretta ed immediata del possesso “ad usucapionem”.
Cass. civ. n. 14654/2013
La qualità di litisconsorti necessari di tutti i condomini rispetto alla domanda di scioglimento della comunione, agli effetti dell’art. 784 c.p.c., permane in ogni grado del processo, indipendentemente dall’attività e dal comportamento di ciascuna parte; ne conseghe che, se, in fase di appello, l’appellante non abbia provveduto alla citazione di uno o più comunisti, il giudice di secondo grado deve ordinare l’integrazione del contraddittorio in forza dell’art. 331 c.p.c., ancorché in primo grado il giudice abbia accertato la proprietà esclusiva per intervenuta usucapione di alcuni beni di cui si richiedeva la divisione.
Cass. civ. n. 19529/2012
In tema di scioglimento della comunione, i creditori iscritti e gli aventi causa da un partecipante, pur avendo diritto ad intervenire nella divisione, ai sensi dell’art. 1113, primo comma, c.c., non sono parti in tale giudizio, al quale devono partecipare soltanto i titolari del rapporto di comunione, potendo i creditori iscritti e gli aventi causa intervenire in esso, al fine di vigilare sul corretto svolgimento del procedimento divisionale, ovvero proporre opposizione alla divisione non ancora eseguita a seguito di giudizio cui non abbiano partecipato, senza avere alcun potere dispositivo, in quanto non condividenti; ne consegue che la mancata evocazione dei creditori iscritti e degli aventi causa nel giudizio di scioglimento comporta che la divisione non abbia effetto nei loro confronti, come è espressamente previsto dall’art. 1113, terzo comma, c.c.
Cass. civ. n. 29372/2011
In tema di giudizio di divisione ereditaria, successivamente alla costituzione dei convenuti non può più essere chiesta una formazione delle quote diversa da quella cui il giudice debba attenersi in relazione al patrimonio del “de cuius” individuato dalle parti nei loro scritti difensivi iniziali. Ne consegue che la deduzione del fatto che un condividente sia tenuto alla collazione di un bene donato, costituendo eccezione in senso proprio, in quanto diretta a paralizzare la pretesa di tale condividente a partecipare alla divisione secondo quanto gli spetterebbe ove tale donazione non avesse avuto luogo, è soggetta alle preclusioni di cui all’art. 167, secondo comma, c.p.c..
Cass. civ. n. 15233/2011
Nell’azione di scioglimento di comunione ereditaria, secondo quanto stabilito nell’art. 50 della legge 31 maggio 1995, n. 218, la parziale collocazione dei beni immobili all’estero è idonea a precludere la giurisdizione del giudice italiano solo se essa si fondi unicamente sul criterio del domicilio o della residenza in Italia del convenuto o sulla accettazione, da parte di quest’ultimo della giurisdizione italiana. Al contrario, quando sia applicabile almeno uno dei criteri di collegamento stabiliti dal citato art. 50, quali la cittadinanza italiana del “de cuius” e l’apertura della successione in Italia, deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice italiano.
Cass. civ. n. 5266/2011
Nel giudizio di divisione della cosa comune, il risultato finale – della trasformazione dei diritti “pro quota” dei singoli partecipanti in altrettanti diritti individuali di proprietà esclusiva su concrete e determinate porzioni di beni comuni – si attua attraverso tre fasi fondamentali: la fase della c.d. assificazione, quella della formazione delle quote e quella della attribuzione. Tale sequenza ha carattere progressivo per cui non possono i condividenti chiedere direttamente l’attribuzione senza che il giudice abbia previamente disposto il progetto di formazione delle quote ed abbia precisato le modalità della divisione, dando disposizioni in merito all’estrazione a sorte dei lotti. Ne consegue che, ove al progetto divisionale non siano state sollevate contestazioni ed esso sia, conseguentemente, divenuto esecutivo, il giudice deve provvedere, con ordinanza non impugnabile, all’attuazione di tale progetto e dare disposizioni in merito all’estrazione a sorte dei lotti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la pronuncia di secondo grado che aveva ritenuto corretto il differimento delle operazioni divisionali, deciso dal giudice di primo grado, al passaggio in giudicato della pronuncia che doveva risolvere altre questioni dibattute dai condividenti, laddove, invece, la Corte di merito avrebbe dovuto procedere all’estrazione a sorte dei lotti, come richiesto nell’atto di gravame, non avendo il Tribunale svolto tale attività).
Cass. civ. n. 27412/2005
Qualora con la domanda di divisione si chieda lo scioglimento della comunione non ereditaria avente ad oggetto la contitolarità della nuda proprietà, l’usufruttuario pro quota dell’immobile non è parte necessaria del giudizio, atteso che l’usufrutto e la nuda proprietà, costituendo diritti reali diversi, danno luogo — ove spettino a più persone — a un concorso di iura in re aliena sul medesimo bene e non anche ad una comunione in senso proprio, configurabile in presenza della contitolarità del medesimo diritto reale (1100 c.c.) ed alla quale è correlato il giudizio di divisione, che è volto alla trasformazione del diritto ad una quota ideale (della proprietà o di altro diritto reale limitato) su beni individuali; né, d’altra parte, l’art. 784 c.c. prefigura la sussistenza di un litisconsorzio necessario nei confronti dell’usufruttuario pro quota, atteso che, nel giudizio di divisione, l’usufruttuario stesso, il quale abbia acquistato il diritto in base a un negozio trascritto in data anteriore alla trascrizione della domanda di divisione, può essere chiamato in giudizio, ai sensi dell’art. 1113, comma terzo, c.c. in relazione all’art. 106 c.p.c., perché la sentenza abbia effetto nei suoi confronti.
Cass. civ. n. 15358/2001
La qualità di litisconsorti necessari, ex art. 784 c.p.c., di tutti i condomini rispetto alla domanda di scioglimento della comunione permane in ogni grado del processo, indipendentemente dall’attività e dal comportamento di ciascuna parte. Ne consegue che, se, in fase di appello, l’appellante non provveda alla citazione di uno o più condomini, il giudice di secondo grado è obbligato a disporre l’integrazione del contraddittorio in ottemperanza al precetto dell’art. 331 c.p.c., ancorché, già disposta in primo grado la divisione ex art. 789 c.p.c., debba soltanto pronunciare sulle spese, in quanto la causa accessoria sulle spese condivide il carattere di inscindibilità della causa principale.
Cass. civ. n. 7785/2001
Nel caso di comproprietà di beni gravati da un diritto di usufrutto, la partecipazione dell’usufruttuario al giudizio di divisione si rende necessaria nella sola ipotesi di comunione ereditaria, e sempreché l’usufruttuario rivesta, altresì, la qualità di erede (art. 713 c.c.), ma non in caso di divisione convenzionale, dovendo ritenersi consentito ai comproprietari, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, di pattuire fra di essi lo scioglimento della comunione stessa (art. 784 c.p.c.), senza che, in tale giudizio, l’usufruttuario acquisti la veste di litisconsorte necessario.
Cass. civ. n. 648/2000
La divisione di un bene comune va annoverata tra gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Pertanto, ai sensi dell’art. 180, secondo comma, c.c., come sostituito dalla legge n. 151 del 1975 sulla riforma del diritto di famiglia, qualora del bene da dividere siano comproprietari, assieme ad altri, due coniugi in regime di comunione legale, la rappresentanza spetta congiuntamente ad entrambi, con la conseguenza che entrambi sono litisconsorti necessari, ex art. 784 c.p.c., nel giudizio divisionale da chiunque promosso.
Cass. civ. n. 4891/1993
Il giudizio di divisione ereditaria deve svolgersi necessariamente, a norma dell’art. 784 c.p.c., nei confronti di tutti coloro che partecipano alla comunione al momento della proposizione della domanda, mentre non ricorre la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dell’acquirente di uno dei beni controversi in pendenza di giudizio, non operando il trasferimento a titolo particolare del diritto controverso alcun effetto sul rapporto processuale (art. 111 c.p.c.). Pertanto, l’acquirente di un bene ereditario che siasi costituito in giudizio a seguito di chiamata iussu iudicis, sull’erroneo presupposto della necessaria estensibilità del litisconsorzio nei suoi confronti, riveste una posizione processuale analoga a quella dell’interveniente volontario, al quale non è dato opporre alcunché circa la validità e l’efficacia delle prove ritualmente ammesse ed espletate prima del suo intervento.
Cass. civ. n. 7876/1991
Nel giudizio di divisione ereditaria, allorquando si deduca che un determinato bene debba essere escluso dalla massa in quanto di proprietà di un terzo estraneo al giudizio, il contraddittorio deve essere integrato nei confronti di detto terzo, stante l’esigenza di prevenire l’opposizione rispetto all’emananda sentenza nonché gli effetti dell’evizione a norma degli artt. 755 e 759 c.c. A tal fine la parte che eccepisca la non integrità del contraddittorio ha l’onere di indicare le persone che debbono necessariamente essere chiamate a partecipare al giudizio e di specificare le ragioni di fatto e diritto dell’integrazione, le quali non debbono apparire prima facie pretestuose ed infondate, mentre la prova rigorosa dell’allegazione può, in determinate circostanze, connesse alla natura del diritto del terzo, essere data anche successivamente in contraddittorio degli stessi terzi.
Cass. civ. n. 7862/1990
La disposizione dell’art. 784 c.p.c., secondo cui la divisione ereditaria deve essere proposta in confronto di tutti gli eredi, va coordinata all’altra previsione, contenuta nello stesso articolo, secondo cui, nell’ipotesi di comunione ordinaria, la domanda deve essere proposta nei confronti di tutti i condomini, con la conseguenza che elemento caratterizzante ai fini del litisconsorzio è la partecipazione attuale alla comunione (contitolarità dei diritti comuni) con la conseguenza che, nell’ipotesi di cessione di quota ereditaria, litisconsorti necessari nel giudizio di divisione sono i cessionari della stessa e non gli eredi cedenti.
Cass. civ. n. 2231/1983
Qualora sussistano più comunioni, derivanti da titoli diversi, ciascuna di esse comporta il compimento di distinte operazioni divisionali in ordine alle quali non sussiste il litisconsorzio necessario tra i partecipanti alle diverse comunioni, essendo quello previsto dall’art. 784 c.p.c. limitato ai compartecipanti alla comunione derivante da un determinato titolo, senza possibilità di una sua estensione a soggetti che della relativa comunione non fanno parte.
Cass. civ. n. 3788/1982
La comunione ereditaria non si trasforma in comunione ordinaria per il fatto che essa comprenda un unico bene immobile, né per la circostanza che alcuni dei coeredi abbiano ceduto ad estranei le rispettive quote, con la conseguenza che, anche in tale ipotesi, la divisione deve aver luogo in conformità alle norme sulla divisione ereditaria. Nell’ipotesi di cessione di quote ereditarie, legittimi contraddittori, nelle operazioni divisionali, sono i cessionari e non i cedenti, i quali, pur conservando la qualità di eredi, sono usciti, in conseguenza dell’alienazione, dalla comunione ereditaria e, pertanto, sono rimasti privi di legittimazione in ordine alla divisione.
Cass. civ. n. 733/1982
Qualora il compartecipe alieni la sua quota della proprietà indivisa, l’acquirente subentra nella comunione al posto dell’alienante, ma se l’alienazione riguarda non la quota ma la parte determinata corrispondente alla quota e vi sia l’assenso di tutti gli altri compartecipi, si ha una vera e propria divisione o atto equiparato alla divisione, perché si realizza il risultato tipico della divisione. Pertanto, se chi chiede la divisione non contesta l’avvenuto scioglimento nei modi predetti, l’oggetto della pretesa si riduce ad un mero accertamento; ma se lo contesta e non risultano provati nelle forme idonee la divisione o i suoi surrogati, va disposta la divisione, ma il fatto storico rimane, con la conseguenza che ognuno deve imputare alla sua quota ciò che ha ricevuto, con le rivalutazioni del caso e con le responsabilità conseguenti, giacché la stima per la divisione è coeva alla sua attuazione.
Cass. civ. n. 234/1982
Nel giudizio di divisione dell’eredità litisconsorte necessario è colui che si è reso cessionario della quota ereditaria e non l’erede cedente, giacché quest’ultimo pur conservando la qualità di erede, è normalmente privo di uno specifico interesse alla divisione, non essendo più partecipe della comunione ereditaria.
Cass. civ. n. 4703/1981
Gli acquirenti di singoli beni già facenti parte della massa e che ne siano divenuti proprietari solitari, devono essere chiamati ad intervenire nel giudizio di divisione, a norma dell’art. 1113 c.c., se ed in quanto si voglia che la relativa decisione faccia stato anche nei loro confronti. Pertanto, ove tali acquirenti non siano stati chiamati a partecipare al giudizio divisionale, la relativa sentenza non è inutiliter data, essendo perfettamente eseguibile, ma è solamente non opponibile ai detti acquirenti.
Cass. civ. n. 3812/1981
Nel caso di cessione della quota ereditaria, la qualità di litisconsorte necessario nel giudizio di divisione spetta al cessionario, e non al cedente, atteso che tale qualità, a norma dell’art. 784 c.p.c., si ricollega alla veste di partecipante alla comunione ereditaria, non a quella di erede in sé considerata.
Cass. civ. n. 2364/1981
Qualora durante il giudizio di divisione relativo ad immobile non comodamente divisibile uno dei condividenti ceda ad un terzo la propria quota, si realizza la successione a titolo particolare nel diritto controverso ex art. 111 c.p.c., per cui il cessionario di detta quota, ove intervenga nel processo, sta in giudizio in nome proprio come attuale titolare del rapporto sostanziale controverso, in qualità di parte dotata di piena autonomia processuale, mentre il cedente, che non venga estromesso dal giudizio, assume la veste di sostituto processuale, munito, in quanto tale, di un potere dispositivo subordinato alla volontà del cessionario medesimo. Ne consegue che, in siffatta situazione, il potere di chiedere o meno l’attribuzione del bene ai sensi del’art. 720 c.c. spetta al cessionario della quota, e non al cedente.
Cass. civ. n. 5531/1980
La domanda proposta al fine di ottenere la declaratoria di nullità di una divisione ereditaria giudiziale, mirando a conseguire una pronunzia incidente sull’intero rapporto plurisoggettivo già oggetto del giudizio divisorio, dà vita ad una causa inscindibile per ragioni sostanziali, nella quale devono considerarsi litisconsorti necessari anche i coeredi che siano stati parti del giudizio divisorio e che abbiano alienato le proprie quote, poiché queste alienazioni non li privano della qualità di erede e, perciò, di parti necessarie ex art. 784 c.p.c.
Cass. civ. n. 1594/1980
Qualora in un giudizio di divisione ereditaria, nessuna delle parti abbia provveduto all’integrazione del contraddittorio nei confronti dei coeredi non convenuti in giudizio, l’estinzione del processo può essere dichiarata soltanto se la relativa eccezione sia stata tempestivamente sollevata dalla parte interessata prima di ogni altra difesa; pertanto, qualora l’eccezione sia stata tardivamente proposta, il processo non può che proseguire tra le parti originarie, salva l’eventuale inefficacia delle sentenze pronunciate nei diversi gradi del processo, a contraddittorio non integro. (Nella specie, nel giudizio difeso di primo grado, il convenuto aveva eccepito l’estinzione del processo nella comparsa conclusionale solo dopo essersi difeso nel merito chiedendo, in sede di precisazione delle conclusioni, il rigetto della domanda).
Cass. civ. n. 1680/1979
Nell’ipotesi in cui la notificazione dell’atto riassuntivo del giudizio di primo grado, vertente in materia divisoria, risulti affetta da nullità nei confronti di uno dei partecipanti alla comunione da sciogliere, rimasto assente in quella fase processuale, il giudice dell’appello non deve dichiarare l’estinzione del processo, ai sensi dell’art. 307 c.p.c., in quanto la riassunzione è già tempestivamente avvenuta con riguardo agli altri litisconsorzi necessari, ma, in applicazione dell’art. 354 c.p.c., è tenuto a rimettere la causa al primo giudice per la integrazione del contraddittorio nei confronti della parte pretermessa.
Cass. civ. n. 1596/1979
Nel giudizio di divisione sussiste il litisconsorzio necessario tra tutti i partecipanti alla comunione da sciogliere, ancorché il processo sia stato instaurato in via strumentale per il conseguimento della pretesa esecutiva dei creditori di uno dei comproprietari, verificandosi in tal caso una ipotesi di pregiudizialità necessaria, che non modifica la natura giuridica della causa pregiudiziale; sicché, qualora alcuni comproprietari siano deceduti prima della notifica della citazione, il giudizio di divisione è affetto da nullità per difetto di integrità del contraddittorio, rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del processo, salvo che sulla questione si sia formato il giudicato, e tale nullità va dichiarata, in ogni caso, indipendentemente dalla soluzione delle eventuali questioni vertenti sulla validità dell’accettazione della eredità dei comunisti defunti, da parte dei soggetti ad essa chiamati.
Cass. civ. n. 727/1973
Il giudizio di divisione ereditaria deve svolgersi in ogni grado con la partecipazione di tutti i coeredi, altrimenti la sentenza è inutiliter data, ma il ricorrente per cassazione non ha interesse a denunciare il difetto del contraddittorio nel grado d’appello per omessa citazione di alcuni partecipanti alla comunione, quando la sentenza risulti pronunciata anche nei confronti di costoro e quando, a tutti notificato il successivo ricorso per cassazione, coloro che si assume essere rimasti estranei alla precedente fase, non abbiano fatto valere, in sede di legittimità e secondo l’art. 327 comma 2 c.p.c., il vizio dell’impugnata sentenza, la quale ha così acquistato l’astratta possibilità di passare in giudicato anche per loro.
Cass. civ. n. 1466/1972
È inammissibile il ricorso per cassazione qualora il ricorrente non abbia provveduto, in esecuzione del provvedimento emesso dalla stessa corte, all’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi legittimi che siano stati parte del giudizio di merito avente ad oggetto le azioni di petitio hereditatis e di divisione ereditaria.
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