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Art. 1227 — Concorso del fatto colposo del creditore

Art. 1227 — Concorso del fatto colposo del creditore

Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate [ 2055 ].

Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza [ 1175, 2056 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 11258/2018

Una volta allegato, da parte del debitore inadempiente, il fatto colposo del creditore danneggiato, il giudice, ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., è tenuto a esaminare d’ufficio l’eventuale incidenza causale del comportamento colposo di quest’ultimo nella produzione dell’evento dannoso.

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Cass. civ. n. 7515/2018

Il concorso del danneggiato nella causazione o nell’aggravamento del danno, ai sensi dell’art. 1227, commi 1 e 2, c.c., sussiste solo quando la sua condotta sia stata colposa e, cioè, irrispettosa di precetti legali, di patti contrattuali o di regole di comune prudenza.

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Cass. civ. n. 2483/2018

In tema di responsabilità civile, se la vittima di un fatto illecito ha concorso, con la propria condotta, alla produzione del danno, l’obbligo risarcitorio del responsabile si riduce proporzionalmente ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., anche nel caso in cui la vittima (minore di età) sia incapace di intendere e di volere al tempo del fatto; ciò in quanto l’espressione “fatto colposo” che compare nel citato art. 1227 c.c. non va intesa come riferita all’elemento psicologico della colpa, che ha rilevanza esclusivamente ai fini di una affermazione di responsabilità, la quale presuppone l’imputabilità, ma deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta, stabilita da norme positive e/o dettata dalla comune prudenza. L’accertamento in ordine allo stato di capacità naturale della vittima e delle circostanze riguardanti la verificazione dell’evento, anche in ragione del comportamento dalla stessa vittima tenuto, costituisce “quaestio facti” riservata esclusivamente all’apprezzamento del giudice di merito.

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Cass. civ. n. 4208/2017

In materia di responsabilità civile, nell’ipotesi di concorso della condotta colposa della vittima di un illecito mortale nella produzione dell’evento dannoso, il risarcimento del danno, patito “iure proprio” dai congiunti della vittima, deve essere ridotto in misura corrispondente alla percentuale di contributo causale a quell’evento ascrivibile al comportamento colposo del deceduto, non potendosi al danneggiante fare carico di quella parte di danno che non è a lui causalmente imputabile secondo il paradigma della causalità del diritto civile, la quale conferisce rilevanza alla concausa umana colposa.

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Cass. civ. n. 1295/2017

Il fatto colposo del danneggiato, rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 1227, comma 1, c.c., deve connettersi causalmente all’evento dannoso, non potendo quest’ultimo essere pretermesso nella ricostruzione della serie causale giuridicamente rilevante, né potendosi collegare direttamente la condotta colposa del danneggiato con il danno da lui patito; ne consegue che non ogni esposizione a rischio da parte del danneggiato è idonea a determinarne un concorso giuridicamente rilevante, all’uopo occorrendo, al contrario, che tale condotta costituisca concreta concausa dell’evento dannoso.(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso il concorso colposo del danneggiato, deceduto in un sinistro stradale, per avere accettato di farsi trasportare su un’autovettura guidata da un conducente in stato di ebrezza, e ciò sul rilievo che la responsabilità causativa del sinistro era stata integralmente ascritta al conducente dell’altro veicolo in esso coinvolto, ma non senza sottolineare, peraltro, l’assenza di prova sia sull’effettivo superamento – da parte del guidatore trasportante – del tasso alcolico consentito, che sulla consapevolezza, in capo al trasportato, di tale circostanza, siccome notoriamente non percepibile, con immediatezza, da ogni persona di media attenzione e prudenza).

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Cass. civ. n. 272/2017

L’accertamento del concorso del fatto colposo del danneggiato nella produzione del danno, così come la determinazione del grado di efficienza causale di ciascuna colpa, rientrano nel potere di indagine del giudice del merito e sono incensurabili in sede di legittimità, quando siano sorretti da adeguata e logica motivazione. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile la censura con la quale l’appaltatore di un’opera pubblica argomentava la propria carenza di responsabilità per il concorso di colpa dell’ente appaltante, anche in ragione di una sentenza della Corte dei conti che aveva condannato per danno erariale progettista e direttore dei lavori e di cui il giudice di merito aveva, in ogni caso, tenuto conto).

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Cass. civ. n. 5679/2016

In tema di responsabilità per fatto illecito doloso, l’art. 1227 c.c., concernente la diminuzione della misura del risarcimento in caso di concorso del fatto colposo del danneggiato, non è applicabile nell’ipotesi di provocazione da parte della persona offesa del reato, in quanto la determinazione dell’autore del delitto, di tenere la condotta illecita che colpisce la persona offesa, costituisce causa autonoma del danno, non potendo ritenersi che la consecuzione del delitto al fatto della provocazione esprima una connessione rispondente ad un principio di regolarità causale. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la riduzione del risarcimento del danno conseguente a lesioni personali subite all’interno di una discoteca e consumate da “buttafuori”).

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Cass. civ. n. 11698/2014

L’esposizione volontaria ad un rischio, o, comunque, la consapevolezza di porsi in una situazione da cui consegua la probabilità che si produca a proprio danno un evento pregiudizievole, è idonea ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre, proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante, in quanto viene a costituire un antecedente causale necessario del verificarsi dell’evento, ai sensi dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., e, a livello costituzionale, risponde al principio di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost. avuto riguardo alle esigenze di allocazione dei rischi (riferibili, nella specie, all’ambito della circolazione stradale) secondo una finalità comune di prevenzione, nonché al correlato obbligo di ciascuno di essere responsabile delle conseguenze dei propri atti. (Nella specie, in applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto sussistente il concorso di colpa del danneggiato per aver partecipato come passeggero ad una gara automobilistica clandestina).

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Cass. civ. n. 470/2014

L’esercizio dell’azione giudiziaria costituisce una mera facoltà e non un obbligo del titolare, sicché il mancato ricorso all’autorità giudiziaria per la determinazione del prezzo ai sensi dell’art. 1474 cod. civ. non integra un concorso colposo del danneggiato e non giustifica una riduzione del risarcimento ex art. 1227, primo comma, cod. civ.

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Cass. civ. n. 9137/2013

In tema di esclusione, ai sensi dell’art. 1227, comma secondo, cod. civ., della risarcibilità di quei danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, grava sul debitore responsabile del danno l’onere di provare la violazione, da parte del danneggiato, del dovere di correttezza impostogli dal citato art. 1227 e l’evitabilità delle conseguenze dannose prodottesi, trattandosi di una circostanza impeditiva della pretesa risarcitoria, configurabile come eccezione in senso stretto.

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Cass. civ. n. 10526/2011

Qualora la messa in circolazione di un veicolo in condizioni di insicurezza (nella specie, un ciclomotore con a bordo tre persone, di cui uno minore d’età, in violazione dell’art. 170 cod. strada) sia ricollegabile all’azione o omissione non solo del conducente – il quale prima di iniziare o proseguire la marcia deve controllare che questa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza e sicurezza – ma anche del trasportato, il quale ha accettato i rischi della circolazione, si verifica un ipotesi di cooperazione colposa dei predetti nella condotta causativa del fatto evento dannoso. Pertanto, in caso di danni al trasportato medesimo, sebbene la condotta di quest’ultimo non sia idonea di per sé ad escludere la responsabilità del conducente, né a costituire valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili, essa può costituire un contributo colposo alla verificazione del danno, la cui quantificazione in misura percentuale è rimessa all’accertamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se correttamente motivato.

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Cass. civ. n. 7771/2011

L’obbligo di non aggravare il danno, imposto dall’art. 1227, comma secondo, c.c. a carico del danneggiato, impone a quest’ultimo di attivarsi per scegliere la condotta maggiormente idonea a contemperare il proprio interesse con quello del debitore alla limitazione del danno e deve ritenersi violato nel caso in cui il danneggiato trascuri di adottare tale condotta, pur potendolo fare senza sacrificio. (Nella specie, la S.C. ha confermato, sul punto, la sentenza impugnata, che aveva escluso la risarcibilità del danno patito dal committente per avere questi, sul presupposto di non poter disperdere la prova dell’inadempimento dell’appaltatore, atteso otto anni prima di eliminare i vizi da quest’ultimo causati nella realizzazione dell’immobile, senza attivarsi a richiedere un accertamento tecnico preventivo).

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Cass. civ. n. 12714/2010

In tema di risarcimento del danno, l’ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell’evento dannoso (di cui al primo comma dell’art. 1227 c.c.) va distinta da quella (disciplinata dal secondo comma della medesima norma) riferibile ad un contegno dello stesso danneggiato che abbia prodotto il solo aggravamento del danno senza contribuire alla sua causazione, giacché – mentre nel primo caso il giudice deve procedere d’ufficio all’indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente, sul piano causale, dello stesso – la seconda di tali situazioni forma oggetto di un’eccezione in senso stretto, in quanto il dedotto comportamento del creditore costituisce un autonomo dovere giuridico, posto a suo carico dalla legge quale espressione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede.

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Cass. civ. n. 10607/2010

In tema di responsabilità aquiliana, il nesso causale è regolato dai principi di cui agli artt. 40 e 41 c.p., per i quali un evento è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (cosiddetta teoria della “condicio sine qua non”), nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base della quale, all’interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiono – ad una valutazione “ex ante” – del tutto inverosimili; a tal fine il comportamento colposo del danneggiato, quando non sia da solo sufficiente ad interrompere il nesso causale, può tuttavia integrare, ai sensi dell’art. 1227, primo comma, c.c., un concorso di colpa che diminuisce la responsabilità del danneggiante. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistente una percentuale di responsabilità, a titolo di “culpa in eligendo”, a carico del committente del lavoro di abbattimento di un muro per averlo affidato ad un operaio che non aveva nessuna esperienza specifica come muratore, sicché dalla maldestra esecuzione del lavoro era derivata la morte dell’operaio stesso).

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Cass. civ. n. 9038/2010

In tema di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, l’istanza di rettifica costituisce una facoltà attribuita all’interessato dall’art. 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, ed avente la finalità di evitare che la pubblicazione offensiva dell’altrui prestigio e reputazione possa continuare a produrre effetti lesivi, ma non elimina i danni già realizzati; conseguentemente, il mancato esercizio di tale facoltà, mentre incide, ai sensi dell’art. 1227, primo comma c.c., sulla quantificazione del danno, ove si accerti che lo stesso avrebbe potuto essere attenuato con la rettifica, non rileva ai fini del secondo comma dello stesso art. 1227, atteso che la pubblicazione della rettifica non può escludere il carattere diffamatorio della dichiarazione, qualora l”‘eventus damni” si sia già realizzato con la pubblicazione delle dichiarazioni offensive.

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Cass. civ. n. 1002/2010

Ai fini della determinazione della riduzione del risarcimento del danno in caso di accertato concorso colposo tra danneggiante e danneggiato in materia di responsabilità extracontrattuale, occorre – ai sensi dell’art. 1227, comma primo, c.c. – porre riferimento sia alla gravità della colpa e che all’entità delle conseguenze che ne sono derivate. In particolare, la valutazione dell’elemento della gravità della colpa deve essere rapportata alla misura della diligenza violata e, solo se non sia possibile provare le diverse entità degli apporti causali tra danneggiante e danneggiato nella realizzazione dell’evento dannoso, il giudice può avvalersi del principio generale di cui all’art. 2055, ultimo comma, c.c., ossia della presunzione di pari concorso di colpa, rimanendo esclusa la possibilità di far ricorso al criterio equitativo (previsto dall’art. 1226 c.c. e richiamato dall’art. 2056 c.c.), il quale può essere adottato solo in sede di liquidazione del danno ma non per la determinazione delle singole colpe.

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Cass. civ. n. 14548/2009

Quando la vittima di un fatto illecito abbia concorso, con la propria condotta, alla produzione del danno, l’obbligo del responsabile di risarcire quest’ultimo si riduce proporzionalmente, ai sensi dell’art. 1227, comma primo, c.c., anche nel caso in cui la vittima fosse incapace di intendere e di volere, in quanto l’espressione “fatto colposo” che compare nell’art. 1227 c.c. deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta, e non quale sinonimo di comportamento colposo.

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Cass. civ. n. 24320/2008

Il concorso del fatto colposo del danneggiato, che ai sensi dell’art. 1227 cod. civ esclude o limita il diritto al risarcimento, non può essere invocato allorché la vittima del fatto illecito abbia omesso di rimuovere tempestivamente una situazione pericolosa creata dallo stesso danneggiante, dalla quale – col concorso di ulteriori elementi causali – sia derivato il pregiudizio del quale si chiede il risarcimento. (Nella specie l’impresa appaltatrice dei lavori di costruzione di una autostrada, omettendo di smaltire i materiali di risulta accumulatisi nel corso dei lavori, aveva determinato l’ostruzione dei canali di scolo delle acque reflue a protezione di una linea ferroviaria, con la conseguenza che l’acqua piovana, non trovando una via di deflusso, aveva provocato una frana sui binari e l’interruzione del traffico ferroviario. La S.C., affermando il principio di cui in massima, ha confermato la sentenza di merito la quale aveva escluso una corresponsabilità del gestore la rete ferroviaria, per non avere tempestivamente ripristinato i canali di scolo).

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Cass. civ. n. 24080/2008

In tema di risarcimento del danno, il fatto colposo del creditore che abbia contribuito al verificarsi dell’evento dannoso (ipotesi regolata dall’art. 1227, primo comma, c.c.) è rilevabile d’ufficio, per cui la sua prospettazione non richiede la proposizione di un’eccezione in senso proprio, costituendo mera difesa, a differenza dell’aggravamento del danno derivante dal comportamento colposo successivo del danneggiato, previsto dal secondo comma della medesima disposizione; ma quando, come nella specie, il debitore si sia limitato in primo grado ad una contestazione generale di ogni propria responsabilità, riferendo la causazione del danno interamente al danneggiato ed il giudice abbia accolto tale prospettazione, diviene onere della medesima parte, pur vittoriosa, di prospettare, a seguito dell’appello della controparte, la questione del predetto concorso, al fine di evitare che tale deduzione risulti preclusa nell’ulteriore corso del giudizio, essendo la rilevabilità d’ufficio pur sempre soggetta alle preclusioni processuali maturate.

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Cass. civ. n. 14853/2007

L’assicuratore il quale, avendo stipulato una polizza fideiussoria a garanzia dell’erario, ai sensi dell’art. 38 bis del D.P.R. n. 633 del 1972, effettui un pagamento non dovuto, non può essere ritenuto in colpa, ex art. 1227, comma 2, c.c., per avere omesso di domandare giudizialmente la restituzione di quanto pagato (sempre che la restituzione fosse giuridicamente possibile), in quanto l’onere di diligenza imposto al creditore dall’art. 1227, comma 2, c.c., non si spinge fino al punto di obbligare quest’ultimo a compiere una attività gravosa o rischiosa, quale la introduzione di un processo. L’eccezione di cui all’art. 1227, comma 2, c.c., non è rilevabile d’ufficio, e dev’essere puntualmente sollevata da chi vi abbia interesse in modo analitico e circostanziato.

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Cass. civ. n. 13242/2007

Il primo comma dell’art. 1227 c.c. concerne il concorso colposo del danneggiato nella produzione dell’evento che configura l’inadempimento, quindi la sua cooperazione attiva, mentre, nel secondo comma, il danno è eziologicamente imputabile al danneggiante, ma le conseguenze dannose dello stesso avrebbero potuto essere impedite o attenuate da un comportamento diligente del danneggiato. Consegue che, in tema di risarcimento del danno, nel caso di giudizio sull’
an separato da quello sul quantum le circostanze imputabili al danneggiato, idonee a determinare un suo concorso di colpa, vanno dedotte ed esaminate in sede di accertamento generico per quanto attiene sia alla loro esistenza, sia al grado della loro efficienza causale; pertanto, qualora in detto giudizio sia stato escluso il concorso di colpa del danneggiato, ogni questione sul punto non è più proponibile nel successivo giudizio.

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Cass. civ. n. 13180/2007

L’art. 1227, primo comma, c.c., che prevede la diminuzione del risarcimento nei confronti del danneggiato nel caso di concorso della colpa del danneggiato alla causazione del danno, si applica al solo rapporto tra danneggiante e danneggiato, ma non nei rapporti di rivalsa tra più danneggianti responsabili in solido, in quanto soltanto sul versante esterno l’obbligazione solidale comporta l’obbligo di eseguire la prestazione dovuta nella sua totalità, mentre sul versante interno agli obbligati essa si divide tra i diversi debitori e, per quanto riguarda l’obbligazione risarcitoria derivante da illecito, la prestazione si divide tra i corresponsabili, ai sensi dell’art. 2055 c.c., in proporzione alla gravità delle colpe e all’entità delle conseguenze dannose.

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Cass. civ. n. 4954/2007

In tema di concorso del fatto colposo del danneggiato nella produzione dell’evento dannoso, a norma dell’art. 1227 c.c. — applicabile, per l’espresso richiamo contenuto nell’art. 2056 c.c., anche nel campo della responsabilità extracontrattuale — la prova che il creditore-danneggiato avrebbe potuto evitare i danni dei quali chiede il risarcimento usando l’ordinaria diligenza deve essere fornita dal debitore-danneggiante che pretende di non risarcire, in tutto o in parte, il creditore. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in controversia relativa ai danni alla persona da sinistro stradale, aveva rilevato, sulla base del referto ospedaliero, la sussistenza del concorso colposo del danneggiato per mancato uso della cintura di sicurezza, senza che fosse stata sollevata eccezione sul punto, né formulato alcun rilievo d’ufficio, seguito da specifica indagine istruttoria). (Mass. redaz.).

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Cass. civ. n. 27123/2006

In tema di risarcimento del danno, l’ipotesi disciplinata dal secondo comma dell’art. 1227 c.c., laddove esclude il risarcimento del danno che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, costituisce oggetto di una eccezione in senso stretto, con la conseguenza che, ove il giudice d’appello l’abbia ritenuta nuova e inammissibile nel secondo grado di giudizio, in sede di legittimità il ricorrente, il quale sostenga che l’eccezione era stata sollevata nella comparsa di costituzione in primo grado, non può limitarsi a sollecitare una diversa interpretazione della suddetta comparsa, ma deve specificamente censurarla sotto il profilo della violazione delle norme ermeneutiche.

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Cass. civ. n. 5677/2006

Premesso che il fatto colposo del danneggiato, idoneo a diminuire l’entità del risarcimento secondo l’art. 1227 primo comma c.c., comprende qualsiasi condotta negligente od imprudente che costituisca causa concorrente dell’evento, e, quindi, non soltanto un comportamento coevo o successivo al fatto illecito, ma anche un comportamento antecedente, purché legato da nesso eziologico con l’evento medesimo, allorquando il fatto colposo del danneggiante è antecedente al fatto illecito – cioè all’inadempimento ed alle sue conseguenze dannose nella responsabilità contrattuale ed alla condotta integrante il fatto ingiusto di cui all’art. 2043 c.c. ed alle sue conseguenze nella responsabilità extracontrattuale – la sua efficacia di concausa del danno cagionato dall’illecito, se è indubbio che possa estrinsecarsi con riferimento al danno-conseguenza della condotta di inadempimento o della condotta realizzante il fatto ingiusto, può altrettanto indubbiamente estrinsecarsi anche direttamente rispetto alla condotta costituente l’illecito, cioè può giocare ed essere apprezzata come concausa della condotta di inadempimento stesso o di quella determinativa del fatto ingiusto, id est come concausa delle relative condotte illecite.

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Cass. civ. n. 27010/2005

Il primo comma dell’art. 1227 c.c. concerne il concorso colposo del danneggiato, configurabile solamente in caso di cooperazione attiva nel fatto colposo del danneggiante (Nell’affermare il suindicato principio la S.C. ha escluso la configurabilità di un concorso colposo del danneggiato nella mera accettazione, da parte del medesimo, del trasporto su autovettura con alla guida conducente in evidente stato di ebbrezza, non assurgendo tale condotta a comportamento materiale di cooperazione incidente nella determinazione dell’evento dannoso).

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Cass. civ. n. 19139/2005

In tema di responsabilità del conduttore per la ritardata restituzione del bene locato ex art. 1591 c.c., l’ordinaria diligenza richiesta al creditore dall’art. 1227, secondo comma, c.c., per evitare un suo concorso nella produzione del danno, non implica l’obbligo di compiere attività rischiose o gravose come la proposizione di un’azione di cognizione o esecutiva per ottenere il rilascio della cosa locata.

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Cass. civ. n. 9898/2005

In tema di risarcimento del danno cui è tenuto il datore di lavoro in conseguenza del licenziamento illegittimo e con riferimento alla limitazione dello stesso, ex art. 1227, secondo comma, c.c., in relazione alle conseguenze dannose discendenti dal tempo impiegato per la tutela giurisdizionale da parte del lavoratore, le stesse non sono imputabili al lavoratore tutte le volte che – sia che si tratti di inerzia endoprocessuale che di inerzia preprocessuale – le norme attribuiscano poteri paritetici al datore di lavoro per la tutela dei propri diritti e per la riduzione del danno. (In applicazione di tale principio la Corte Cass., confermando la sentenza di merito, ha riconosciuto l’esistenza di analoghi poteri del datore di lavoro in ordine al promovimento del tentativo di conciliazione).

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Cass. civ. n. 2855/2005

Il dovere del danneggiato di attivarsi per evitare il danno secondo l’ordinaria diligenza ex art. 1227, secondo comma, c.c., va inteso come sforzo di evitare il danno attraverso un’agevole attività personale, o mediante un sacrificio economico relativamente lieve, mentre non sono comprese nell’ambito dell’ordinaria diligenza quelle attività che siano gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici.

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Cass. civ. n. 2704/2005

Il principio di cui all’art. 1227 c.c. (riferibile anche alla materia del danno extracontrattuale per l’espresso richiamo contenuto nell’art. 2056 del codice) della riduzione proporzionale del danno in ragione dell’entità percentuale dell’efficienza causale del soggetto danneggiato si applica anche quando questi sia incapace di intendere o di volere per minore età o per altra causa, e tale riduzione deve essere operata non solo nei confronti del danneggiato, che reclama il risarcimento del pregiudizio direttamente patito al cui verificarsi ha contribuito la sua condotta, ma anche nei confronti dei congiunti che, in relazione agli effetti riflessi che l’evento di danno subito proietta su di essi, agiscono per ottenere il risarcimento dei danni iure proprio restando, peraltro, esclusa — ove essi avessero avuto sull’incapace un potere di vigilanza — la possibilità di far luogo ad una ulteriore riduzione del danno risarcibile sulla base di un loro concorso nella sua causazione per culpa in educando o in vigilando. (Nella specie, la Corte Cass. ha confermato la sentenza di merito che aveva proporzionalmente ridotto l’ammontare della somma da liquidare in favore dei genitori per il risarcimento del danno subito a causa della morte della figlia minore che, attraversando imprudentemente la strada, era stata investita da un’auto, tenendo conto del concorso di colpa della stessa minore, nell’accezione sopra indicata, nel provocare il danno).

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Cass. civ. n. 22503/2004

In tema di equa riparazione ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89 per violazione della durata ragionevole del processo, la negligenza della parte del processo dinanzi al tribunale amministrativo regionale nella presentazione della istanza di prelievo, strumento offerto dall’ordinamento processuale per pervenire alla più sollecita discussione del ricorso, trova la sua collocazione propria, non già nella sedes materiae della liquidazione del danno (art. 1227, secondo comma, c.c.), ma nello scrutinio di adeguatezza del comportamento della parte ex art. 2, comma secondo, legge cit., tra gli elementi costitutivi del fatto generatore dell’indennizzo, rilevando cioè come comportamento oggettivo, determinante la mancata attivazione dell’organo di giustizia amministrativa, valutabile come causa, o come concausa, della non ragionevolezza del tempo trascorso; ne deriva che soltanto con la proposizione di detta istanza, ed a partire da quella data, il decorrere del tempo diventa esclusivo parametro di valutazione del comportamento dell’organo di giustizia ai fini dello scrutinio della ragionevolezza della durata del processo.

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Cass. civ. n. 10133/2004

Il concorso del fatto colposo del creditore è inconciliabile con le situazioni nelle quali operi il principio dell’apparenza del diritto, atteso che quest’ultimo, riconducibile al più generale principio dell’affidamento incolpevole (che può essere invocato, in tema di rappresentanza, dal terzo che in buona fede sia stato tratto in inganno sulla qualità del rappresentante apparente, allorquando l’apparente rappresentato abbia tenuto un comportamento colposo) presuppone che risulti sempre accertata la buona fede del terzo non dipendente da errore colpevole, circostanza quest’ultima incompatibile con un comportamento concorrente colposo dello stesso terzo, che, ove esistente, fa venir meno la situazione di affidamento. (Nella specie, relativa all’azione risarcitoria promossa da una società di leasing che aveva concluso un contratto di locazione finanziaria relativo a una imbarcazione apparentemente di proprietà di una concessionaria di vendita, la società convenuta aveva consegnato alla propria concessionaria i documenti relativi al natante oggetto del contratto, inducendo nella società di leasing il ragionevole affidamento che la concessionaria fosse proprietaria del bene. La S.C., nel confermare la sentenza di accoglimento della domanda, ha enunziato il principio di cui alla massima, respingendo i motivi di ricorso fondati sulla pretesa cooperazione colposa del creditore).

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Cass. civ. n. 9709/2004

In tema di risarcimento del danno, il principio secondo cui la scelta del tipo di risarcimento (se in forma specifica o per equivalente) spetta al danneggiato non osta a che il danneggiante, secondo i principi generali in tema di obbligazione e fino a quando non intervenga la sentenza esecutiva, risarcisca spontaneamente il danno anche in forma diversa da quella scelta dal creditore, salva la possibilità per quest’ultimo di rifiuto, che, ove ingiustificato e determinante un aggravamento del danno, comporta tuttavia la riduzione del risarcimento dovuto, ai sensi dell’art. 1227, secondo comma, c.c

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Cass. civ. n. 2422/2004

Ai fini della concreta risarcibilità di danni subiti dal creditore — che pure sia in astratto sussistente, configurandosi i danni medesimi ai sensi dell’art. 1223 c.c., come conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento — l’art. 1227, secondo comma c.c., nel porre la condizione dell’inevitabilità, da parte del creditore, con l’uso dell’ordinaria diligenza, non si limita a richiedere a quest’ultimo la mera inerzia, di fronte all’altrui comportamento dannoso, o la semplice astensione dall’aggravare, con fatto proprio, il pregiudizio già verificatosi, ma, secondo i principi generali di correttezza e buona fede di cui all’art. 1175 c.c., gli impone altresì una condotta attiva o positiva diretta a limitare le conseguenze dannose di detto comportamento, intendendosi comprese nell’ambito dell’ordinaria diligenza, all’uopo richiesta, soltanto quelle attività che non siano gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici. La valutazione del comportamento del creditore è compito riservato al giudice del merito, ed è insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da idonea motivazione. (Nella specie, in applicazione del principio di cui alla massima, estensibile — in ragione dell’art. 2056 c.p.c. — anche alle ipotesi di illecito «aquiliano» la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale che, con riguardo alla impugnata sentenza di condanna in via solidale della conduttrice di un appartamento, e della persona cui la stessa lo aveva dato in comodato, conservandone la disponibilità, al risarcimento dei danni al sottostante negozio di abbigliamento causati da un allagamento dovuto ad un guasto alla lavatrice in uso alla comodataria, aveva elevato la misura del concorso della danneggiata, già affermato dal giudice di prime cure, osservando che non tutta la superficie del locale risultava allagata e che la danneggiata aveva lasciato nel negozio durante tutto l’inverno capi non bagnati o scarsamente bagnati, e pervenendo alla conclusione che, se la merce fosse stata asportata, il danno sarebbe stato notevolmente inferiore).

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Cass. civ. n. 18467/2003

In tema di responsabilità civile, il comportamento irregolare del danneggiato può considerarsi concausa dell’evento dannoso solo quando abbia svolto, rispetto a quest’ultimo, ruolo di antecedente causale.

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Cass. civ. n. 10995/2003

In materia di responsabilità contrattuale, l’art. 1227, secondo comma, c.c., laddove esclude il risarcimento del danno che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, pone a carico del creditore medesimo l’onere di non concorrere ad aggravare i danni derivanti dall’inadempimento con un comportamento contrario alla buona fede, nei limiti dell’ordinaria diligenza: tale obbligo di comportamento quindi non si spinge fino ad imporre al creditore di sostituirsi al debitore nell’adempimento dell’obbligazione; l’eccezione relativa al mancato adempimento di un tale onere del creditore costituisce eccezione in senso stretto, e come tale deve essere sollevata dal debitore, sul quale grava il relativo onere probatorio.

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Cass. civ. n. 5511/2003

In tema di risarcimento del danno, il primo comma dell’art. 1227 c.c. attiene all’ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell’evento dannoso, mentre il secondo comma ha riguardo a situazione in cui il danneggiato sia estraneo alla produzione dell’evento ma abbia omesso, dopo la relativa verificazione, di fare uso della normale diligenza per circoscriverne l’incidenza, l’accertamento dei presupposti per l’applicabilità della suindicata disciplina integra indagine di fatto, come tale riservata al giudice di merito e sottratta al sindacato di legittimità se assistita da motivazione congrua.

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Cass. civ. n. 2469/2003

In tema di concorso di colpa del creditore, l’art. 1227 c.c. ha riguardo al comportamento del creditore di un’obbligazione inadempiuta (o non ritualmente adempiuta), ma non concerne i rapporti tra coobbligati in solido né le rispettive responsabilità nell’inadempimento della comune obbligazione.

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Cass. civ. n. 14592/2001

La prova che il creditore avrebbe potuto evitare i danni dei quali chiede il risarcimento usando l’ordinaria diligenza deve essere fornita dal debitore che pretende di non risarcire in tutto o in parte; egli, infatti, deducendo un controdiritto idoneo a paralizzare l’azione risarcitoria del creditore, ha l’onere di prova imposto dall’art. 2697 c.c. (In base al suddetto principio la S.C. ha confermato la pronuncia del giudice del merito che non aveva ridotto l’entità del risarcimento del danno dovuto da un datore di lavoro per licenziamenti illegittimi, respingendo la contraria eccezione del datore di lavoro che si basava sull’assunto secondo cui i lavoratori non avevano fornito la prova di aver tentato di essere assunti da altri imprenditori, in particolare iscrivendosi nelle liste del collocamento).

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Cass. civ. n. 7025/2001

Con riguardo all’esimente da responsabilità, prevista dal secondo comma dell’art. 1227 c.c., il giudice del merito è tenuto a svolgere l’indagine in ordine all’omesso uso dell’ordinaria diligenza da parte del creditore, soltanto se vi sia un’espressa istanza del debitore, la cui richiesta integra gli estremi di una eccezione in senso proprio, con la conseguenza che non può essere rilevata dal giudice d’ufficio. (Nella specie la Corte ha cassato la sentenza con cui i giudici di merito hanno valutato d’ufficio, ai fini della riduzione dell’entità del danno derivante dalla diffamazione a mezzo stampa, il mancato esercizio del diritto di rettifica da parte del danneggiato).

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Cass. civ. n. 4799/2001

In tema di risarcimento del danno, l’ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell’evento dannoso (primo comma dell’art. 1227 c.c.) va distinta da quella (disciplinata dal secondo comma della medesima norma) riferibile ad un contegno dello stesso danneggiato che abbia prodotto il solo aggravamento del danno senza contribuire alla sua causazione, giacché, mentre nel primo caso il giudice deve proporsi d’ufficio l’indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente, sul piano causale, dello stesso, la seconda di tali situazioni costituisce oggetto di una eccezione in senso stretto, in quanto il dedotto comportamento del creditore costituisce un autonomo dovere giuridico, posto a suo carico dalla legge quale espressione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede; ne consegue che la relativa eccezione non può essere dedotta per la prima volta nel giudizio di cassazione.

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Cass. civ. n. 5883/2000

A norma dell’art. 1227 comma secondo c.c. ed al fine di escludere la risarcibilità dei danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, vanno presi in considerazione soltanto i comportamenti tenuti dal creditore-danneggiato successivamente all’inadempimento del debitore-danneggiante ed al verificarsi del danno, restando irrilevanti i comportamenti tenuti in epoca antecedente al verificarsi dell’inadempimento. In tema di esclusione, ai sensi dell’art. 1227 comma secondo c.c., della risarcibilità di quei danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, grava sul debitore responsabile del danno l’onere di provare la violazione, da parte del danneggiato, del dovere di correttezza impostogli dal citato art. 1227 e l’evitabilità delle conseguenze dannose prodottesi, trattandosi di una circostanza impeditiva della pretesa risarcitoria, configurabile come eccezione in senso stretto.

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Cass. civ. n. 1073/2000

L’ipotesi del concorso di colpa del danneggiato di cui all’art. 1227, primo comma c.c., non concretando un’eccezione in senso proprio ma una semplice difesa, dev’essere esaminata e verificata dal giudice anche d’ufficio, attraverso le opportune indagini sull’eventuale sussistenza della colpa del danneggiato e sulla quantificazione dell’incidenza causale dell’accertata negligenza nella produzione dell’evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste della parte.

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Cass. civ. n. 4633/1997

Soltanto se la condotta dell’incapace di intendere o volere, stante l’applicabilità anche in tal caso dell’art. 1227, primo comma c.c., ha contribuito a cagionare il danno dal medesimo subito, il responsabile che deve risarcirlo può eccepire il concorso di colpa del soggetto obbligato alla sorveglianza di quegli (art. 2047 c.c.).

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Cass. civ. n. 2763/1997

In tema di concorso del fatto del danneggiato nella produzione dell’evento dannoso, a norma dell’art. 1227 c.c. — applicabile, per l’espresso richiamo contenuto nell’art. 2056 c.c., anche nel campo della responsabilità extracontrattuale — il risarcimento del danno deve essere proporzionalmente ridotto in ragione dell’entità percentuale dell’efficienza causale del comportamento della vittima, atteso che il danno che taluno arreca a sé medesimo non può essere posto a carico dell’autore della causa concorrente, sia per il principio che il risarcimento va proporzionato all’entità della colpa di ciascun concorrente, sia per l’esigenza di evitare un indebito arricchimento.

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Cass. civ. n. 13023/1995

La norma di cui all’art. 1227, secondo comma, c.c., secondo la quale il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza non opera quando le parti abbiano preventivamente e convenzionalmente liquidato il danno causato dal ritardo.

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Cass. civ. n. 9209/1995

In tema di responsabilità per fatto illecito doloso, la norma dell’art. 1227 c.c. (richiamata dall’art. 2056, primo comma, stesso codice) — concernente la diminuzione della misura del risarcimento in caso di concorso del fatto colposo del danneggiato — non è applicabile nell’ipotesi di provocazione da parte della persona offesa del reato, in quanto la determinazione dell’autore del delitto, di tenere la condotta da cui deriva l’evento di danno che colpisce la persona offesa, va considerata causa autonoma di tale danno, non potendo ritenersi che la consecuzione del delitto al fatto della provocazione esprima una connessione rispondente ad un principio di regolarità casuale.

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Cass. civ. n. 10072/1994

In tema di risarcimento del danno nei rapporti obbligatori, nella nozione di ordinaria diligenza del creditore di cui all’art. 1227, comma 2, c.c., rientra anche il tempestivo esercizio del proprio diritto, ossia l’esercizio non differito fino al limite del termine di prescrizione, qualora il trascorrere del tempo possa determinare un incremento del danno. Ne consegue che, con riferimento alla disciplina del collocamento obbligatorio, il danno subito dall’invalido, o da altro soggetto appartenente alle categorie protette avviato al lavoro ai sensi della L. 2 aprile 1968, n. 482, a causa dell’ingiustificato rifiuto di assunzione opposto dall’imprenditore, e corrispondente alle retribuzioni non percepite, non è risarcibile, ai sensi dell’art. 1227, comma 2, c.c., nella misura in cui il danneggiato abbia trascurato di attivarsi per evitarlo, mostrando una negligenza di cui possono essere sintomi, complessivamente considerati, la mancata reiscrizione nelle liste di collocamento e l’aver lasciato trascorrere alcuni anni tra il suddetto rifiuto e l’azione giudiziaria intesa alla realizzazione del diritto all’assunzione ed al risarcimento; in tal caso la misura del danno risarcibile può essere determinata, eventualmente per sottrazione, in via equitativa ex art. 1226 c.c.

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Cass. civ. n. 5766/1994

Poiché il secondo comma dell’art. 1227 c.c., nell’escludere che il creditore possa avere diritto al risarcimento dei danni che lo stesso avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, e nel porre, quindi, sul suddetto creditore, il dovere di non aggravare con il fatto proprio e con la propria condotta il pregiudizio subito, fa esplicito riferimento all’elemento della colpa, il giudice deve prendere in considerazione non ogni comportamento che astrattamente possa aggravare il danno, ma solamente quel comportamento che eccede i limiti dell’ordinaria diligenza.

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Cass. civ. n. 4332/1994

Quando un soggetto incapace di intendere e di volere, per minore età o per altra causa, subisca un evento di danno, in conseguenza del fatto illecito altrui in concorso causale con il proprio fatto colposo, l’indagine deve essere limitata all’esistenza della causa concorrente alla produzione dell’evento dannoso, prescindendo dall’imputabilità del fatto all’incapace e dalla responsabilità di chi era tenuto a sorvegliarlo, ed il risarcimento al danneggiato incapace è dovuto dal terzo danneggiante solo nella misura in cui l’evento possa farsi risalire a colpa di lui, con l’esclusione della parte di danno ascrivibile al comportamento dello stesso danneggiato.

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Cass. civ. n. 3957/1994

L’art. 1227, primo comma, c.c., a norma del quale, quando vi è concorso di colpa del danneggiato, la responsabilità del danneggiante è diminuita secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate, si applica anche nei casi di responsabilità (presunta) del custode perché è espressione del principio che esclude la possibilità di considerare danno risarcibile quello che ciascuno procura a se stesso.

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Cass. civ. n. 7872/1991

Ai fini della liquidazione del danno derivante da licenziamento illegittimo, la misura del risarcimento dovuto ai sensi dell’art. 18, L. n. 300 del 1970 (commisurato alle retribuzioni non percepite dal lavoratore per il periodo successivo al licenziamento) non può essere ridotta, in applicazione del principio di cui all’art. 1227, secondo comma, c.c., con riguardo alle conseguenze dannose riferibili al tempo impiegato per la tutela giurisdizionale da parte del lavoratore, stante l’esistenza di norme che ne regolano l’
iter con la previsione di termini perentori e che consentono ad entrambe le parti in giudizio di interferire nell’attività processuale. (Nella specie, la Suprema Corte ha annullato la decisione del tribunale, adito in sede di rinvio dalla stessa corte, con cui il suddetto danno è stato liquidato in misura inferiore all’ammontare delle retribuzioni per l’intero periodo fino alla riassunzione, sul rilievo che il lavoratore aveva tutelato i propri diritti senza la dovuta tempestività in relazione ai tempi decorsi prima della impugnazione del provvedimento, della proposizione del ricorso per cassazione e della riassunzione della causa in sede di rinvio).

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Cass. civ. n. 5035/1991

Il dovere di correttezza imposto dall’art. 1227 c.c. al danneggiato presuppone un’attività dalla quale certamente il danno sarebbe stato evitato o ridotto, ma non implica l’obbligo di iniziare un’azione giudiziaria o un’azione esecutiva, in quanto il creditore non è tenuto ad un’attività gravosa o implicante rischi o spese, né a provvedere ad esecuzione forzata, anche se ciò rientra nelle sue facoltà.

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Cass. civ. n. 3101/1991

Il diritto del creditore di una somma di denaro al risarcimento del maggior danno subito durante la mora debendi, a norma dell’art. 1224, comma secondo, c.c., non può essere escluso o limitato, ai sensi dell’art. 1227, comma secondo, c.c., in relazione al tempo lasciato trascorrere dal creditore medesimo prima di esercitare l’azione giudiziaria, ed al conseguenziale aumento dell’entità del pregiudizio, trattandosi di effetti che spetta al debitore di evitare, adempiendo sollecitamente l’obbligazione.

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Cass. civ. n. 2410/1991

L’art. 1227, secondo comma c.c., il quale esclude il risarcimento dei maggiori danni che trovano la loro origine in un comportamento colposo del creditore, non può trovare applicazione in ordine alle maggiori somme che il debitore deve corrispondere per effetto della svalutazione monetaria. Pertanto nessuna influenza può avere, a fini limitativi di quest’ultima obbligazione, il fatto che il creditore abbia trascurato di chiedere tempestivamente il risarcimento o abbia condotto con lentezza l’azione giudiziaria.

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Cass. civ. n. 2384/1991

Con riguardo all’azione risarcitoria contro un medico, per lesioni personali che l’attore, all’epoca minorenne ed a carico dei genitori, abbia subito a causa di errori di diagnosi e cura commessi da detto convenuto, la configurabilità di un concorso di colpa del danneggiato, ai sensi ed agli effetti dell’art. 1227 c.c., in relazione al ritardo con cui sia stato sottoposto a nuovo ed appropriato intervento specialistico, va riscontrata esclusivamente in relazione alla colpevolezza del comportamento del minore e non di quello dei suoi genitori, tenuto conto della mancanza di autonomia decisionale del minore medesimo in ragione della dipendenza, anche economica, dai genitori obbligati a tutelare la sua salute ed a prendere le decisioni necessarie a tal fine.

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Cass. civ. n. 7987/1990

Nei contratti con prestazioni corrispettive, il contraente che abbia adempiuto la propria prestazione non è tenuto, nel caso di inadempimento totale o parziale dell’altro contraente, a svolgere attività per conseguire aliunde la controprestazione, dato che gli artt. 1175, 1227 e 1375, pur prevedendo per entrambi i contraenti un dovere di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, sono dettati allo scopo di vietare comportamenti vessatori ed ostruzionistici, ma non possono essere intesi nel senso di trasferire a carico del creditore le obbligazione specifiche del debitore, o le conseguenze dell’inadempimento a lui imputabile.

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Cass. civ. n. 6547/1990

Il dovere — imposto al creditore o al danneggiato dall’art. 1227, secondo comma, c.c. — di evitare, usando la normale diligenza, i danni che possono essere arrecati alla propria sfera giuridica dall’altrui comportamento illecito, sussiste anche se questo si protrae nel tempo, sempre che la sua osservanza non si riveli troppo onerosa e non incida in misura apprezzabile sulla propria libertà di azione; pertanto, non può esigersi che il creditore o il danneggiato, per non aggravare le conseguenze dannose che gli derivano dall’inadempimento o dal fatto illecito altrui si assoggetti ad un’attività abnorme e più onerosa di quel che comporti l’ordinaria diligenza, divenendo la sua inerzia rilevante solo quando essa sia ascrivibile a dolo o colpa.

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Cass. civ. n. 2589/1988

La norma dell’art. 1227 c.c., concernente il concorso del fatto colposo del creditore, si limita a fare applicazione concreta alla colpa del danneggiato del più generale principio di causalità, ma non implica l’affermazione di un dovere primario del danneggiato di ovviare all’inerzia del responsabile, accollandosi attività straordinarie e particolarmente onerose, per limitare gli effetti dannosi determinati dall’illecita condotta altrui.

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Cass. civ. n. 3408/1986

Mentre il concorso di colpa del creditore, previsto dal primo comma dell’art. 1227 c.c., può essere rilevato anche d’ufficio, nella diversa ipotesi dell’esimente contemplata dal secondo comma della stessa norma, il giudice è tenuto a svolgere l’indagine in ordine all’omesso uso dell’ordinaria diligenza da parte del creditore, soltanto se vi sia stata un’espressa istanza del debitore, in quanto in questo secondo caso la dedotta colpa del creditore costituisce inosservanza di un autonomo dovere giuridico posto dalla legge a suo carico, e la richiesta del debitore integra gli estremi di un’eccezione in senso sostanziale con cui viene fatto valere un controdiritto per paralizzare l’azione del creditore.

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Cass. civ. n. 809/1986

Il dovere del creditore di cooperare, se necessario, in relazione alla natura della prestazione, all’adempimento del debitore, non costituisce vera e propria obbligazione del creditore nei confronti di quest’ultimo, ma si configura, invece, come un mero dovere strumentale rispetto all’adempimento stesso, senza che per esonerarsi dalle conseguenze della violazione del suddetto dovere il creditore possa invocare l’impossibilità sopravvenuta per causa a lui non imputabile a norma dell’art. 1218 c.c.

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Cass. civ. n. 1061/1985

L’eventuale concorso del fatto colposo del creditore, idoneo — secondo la previsione dell’art. 1227 c.c. — a ridurre l’entità del risarcimento sino ad escluderlo per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, costituisce una circostanza impeditiva della pretesa risarcitoria, per cui, in base ai principi sull’onere della prova dettati dall’art. 2697 c.c., deve essere provato da chi intende avvalersi della relativa eccezione.

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Cass. civ. n. 2675/1984

In tema di risarcimento del danno il principio di irrisarcibilità dei danni evitabili con l’uso dell’ordinaria diligenza dal danneggiato trova limite nel divieto assoluto di intervento che, pur nel fine lecito di contenere l’
iter evolutivo dei danni, comporti alterazione di luoghi, opere o cose comunque connessi geneticamente all’inadempimento contrattuale.

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Cass. civ. n. 1594/1983

Il secondo comma dell’art. 1227 c.c., statuendo che il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, postula che il fatto del debitore sia la causa unica ed efficiente dell’evento dannoso e che il creditore, se non fosse rimasto inerte, avrebbe potuto eliminare o attenuare le conseguenze patrimoniali.

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Cass. civ. n. 4174/1982

L’osservanza degli obblighi di diligenza e di buona fede che fanno carico al creditore o al danneggiato impone a questi ultimi soltanto un comportamento corretto, rivolto a circoscrivere il pregiudizio subito e ad impedirne l’eventuale espansione, ma non anche il compimento d’attività gravose o straordinarie, come l’acquisto aliunde delle cose che avrebbero costituito l’oggetto della prestazione ineseguita, oppure l’intrapresa di iniziative tali da comportare apprezzabili sacrifici, come esborsi apprezzabili di danaro o assunzione di rischi di qualsiasi natura.

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Cass. civ. n. 2194/1977

In tema di inadempimento contrattuale, affinché il debitore possa invocare una riduzione del proprio obbligo risarcitorio, per concorso di colpa del creditore, ai sensi dell’art. 1227 primo comma c.c., è necessario che il creditore medesimo sia tenuto, per legge, per contratto, o per generico dovere di correttezza, ad adottare un determinato comportamento, inerente all’esecuzione del rapporto obbligatorio ed idoneo a ridurre gli effetti pregiudizievoli dell’inadempimento.

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Cass. civ. n. 1975/1977

Qualora un fatto illecito produca, in successione di tempo, due danni diversi, il risarcimento del primo ha lo scopo di ristorare per equivalente il danneggiato dal pregiudizio subito, ma non lo obbliga ad impiegare la relativa somma nell’eliminazione della possibilità del verificarsi di un ulteriore danno restando ciò a carico del danneggiante. Pertanto, la circostanza che il danneggiato non si sia adoperato a rimuovere quella causa non è di per sé ostativa alla risarcibilità del secondo danno, salva la configurabilità di un concorso di colpa del danneggiato medesimo, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1227 c.c.

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Cass. civ. n. 4291/1976

Il debitore, al fine di invocare una riduzione della propria obbligazione per fatto del creditore, ai sensi dell’art. 1227 c.c., deve dimostrare non solo la colpevolezza della condotta del creditore stesso, ma anche il nesso causale fra quella condotta e le conseguenze pregiudizievoli che si pretendono da essa derivate. Ne deriva che, ove detto comportamento colposo del creditore consista nel non essersi adeguatamente difeso, in un giudizio contro di lui promosso da terzi ed incidente sull’ammontare del credito, spetta al debitore, al fine indicato, di provare che tale negligenza abbia avuto influenza sull’esito del giudizio.

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Cass. civ. n. 3445/1975

In tema di concorso del fatto colposo del danneggiato, idoneo a giustificare una diminuzione del risarcimento secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze derivatene — art. 1227, richiamato dall’art. 2056 c.c. — occorre distinguere l’ipotesi della provocazione da quella dell’azione aggressiva. La prima è irrilevante ai fini indicati, non potendo il comportamento del provocatore essere considerato causa mediata del danno a lui successivamente cagionato dal provocato. Invece, il fatto dell’aggressore danneggiato si pone rispetto all’evento dannoso in rapporto di causalità efficiente, come fattore concorrente alla sua produzione, ed è, perciò, valutabile ai fini di una ragionevole diminuzione del risarcimento.

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Cass. civ. n. 1753/1973

Il comportamento del danneggiato, incapace di intendere e di volere, concorrente nella produzione del danno, può integrare il fatto colposo del creditore previsto dal primo comma dell’art. 1227 c.c., applicabile in tema di responsabilità extracontrattuale per l’esplicito richiamo contenuto nell’art. 2056. In conseguenza, in tema di eventi dannosi derivati dalla circolazione stradale, anche il fatto del minore danneggiato naturalmente incapace, che con il suo comportamento di circolazione abbia contribuito alla produzione del danno, è valutabile ai fini del principio della compensazione delle colpe e, quindi, della riduzione proporzionale del danno, consacrato nel predetto art. 1227, comma primo.

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Cass. civ. n. 1616/1973

L’art. 1227 c.c. il quale enunciando un principio di ordine generale deve ritenersi estensibile anche alla fattispecie prevista dall’art. 844 c.c., disciplina due ipotesi distinte: il primo comma concerne il rapporto fra causa ed evento, regolando il concorso di colpa del danneggiato nella produzione dell’evento, al fine di una riduzione proporzionale del risarcimento; il secondo comma concerne il rapporto fra evento e danno, ossia il contenuto dell’obbligazione di risarcimento, che può essere negato se il creditore avrebbe potuto evitare il danno usando l’ordinaria diligenza, ossia quando il processo produttivo dell’evento dannoso si sia esaurito e subentri una autonoma condotta colposa del danneggiato, il cui pregiudizio si presenti cosa come conseguenza ulteriore a lui esclusivamente addebitabile.

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Cass. civ. n. 1652/1971

La distinzione tra il creditore che agisce iure proprio ed il creditore che agisce iure hereditario è irrilevante per il debitore responsabile, posto che egli è tenuto a rispondere del danno soltanto nella misura in cui lo ha cagionato, non essendo danno indennizzabile quello risentito da una persona che vi ha dato causa.

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Cass. civ. n. 4080/1968

Poiché, nei confronti del danneggiato, tutti coloro che concorsero alla produzione dell’evento dannoso sono tenuti solidalmente al risarcimento, la questione del concorso di colpa del genitore del minore, danneggiato per fatto illecito, non ha alcuna rilevanza, quando il genitore agisca in giudizio, non per far valere un diritto proprio al risarcimento, ma il diritto del figlio minore, che detto risarcimento ha diritto ad ottenere integralmente da ciascuno degli autori dei vari comportamenti illeciti che concorsero alla produzione dell’evento.

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