16 Mar Art. 377 — Intralcio alla giustizia
alla persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all’autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale ovvero alla persona richiesta di rilasciare dichiarazioni al difensore nel corso dell’attività investigativa, o alla persona chiamata a svolgere attività di perito, consulente tecnico o interprete, per indurla a commettere i reati previsti dagli articoli 371bis, 371ter, 372 e 373, soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alle pene stabilite negli articoli medesimi ridotte dalla metà ai due terzi.
La stessa disposizione si applica qualora l’offerta o la promessa sia accettata, ma la falsità non sia commessa.
Chiunque usa violenza o minaccia ai fini indicati al primo comma, soggiace, qualora il fine non sia conseguito, alle pene stabilite in ordine ai reati di cui al medesimo primo comma, diminuite in misura non eccedente un terzo.
Le pene previste ai commi primo e terzo sono aumentate se concorrono le condizioni di cui all’articolo 339.
La condanna importa l’interdizione dai pubblici uffici [ 28 ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”12″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 51824/2014
Integra il delitto di intralcio alla giustizia previsto dall’art. 377 cod. pen. in relazione alle ipotesi di cui agli art. 371-bis o 372 cod. pen., secondo la fase procedimentale o processuale in cui viene posta in essere, la condotta di chi offre o nel promette denaro o altra utilità al consulente tecnico del pubblico ministero al fine di influire sul contenuto della consulenza, anche quando l’incarico a questi affidato implica la formulazione di giudizi di natura tecnico-scientifica.
Cass. pen. n. 6297/2010
È configurabile il delitto di subornazione anche con riferimento alle pressioni e alle minacce esercitate su colui che abbia reso dichiarazioni accusatorie nella fase delle indagini preliminari al fine di indurlo alla ritrattazione in vista dell’acquisizione, da parte sua, della qualità di testimone nel celebrando dibattimento. (Fattispecie relativa a condotta tenuta da membri di un’associazione di tipo mafioso nei confronti di persona vittima di estorsioni da parte del sodalizio criminale che aveva denunciato gli autori del fatto, consentendo, con le sue dichiarazioni, l’emissione di misure cautelari nei loro confronti).
Cass. pen. n. 1366/2007
L’elemento materiale del delitto previsto dall’art. 377 c.p. consiste nell’induzione a rendere davanti all’autorità giudiziaria dichiarazioni difformi non dalla realtà dei fatti, ma da quanto a conoscenza del dichiarante.
Cass. pen. n. 32633/2006
È configurabile il tentativo in relazione al reato di cui all’art. 377 bis c.p.
Cass. pen. n. 15789/2005
È configurabile il reato di subornazione di teste, aggravato dalla qualità di pubblico ufficiale, e non quello di tentata concussione, qualora il pubblico ufficiale, profittando della sua posizione, prospetti al teste il conseguimento di un vantaggio altrimenti non conseguibile o conseguibile con maggiore difficoltà (principio affermato, nella specie, con riguardo ad un caso in cui un assessore comunale, sottoposto a procedimento penale, aveva tentato di ottenere dalla persona offesa la promessa di una ritrattazione di quanto da essa già dichiarato al P.M., facendole intendere che in compenso egli si sarebbe subito attivato perché venisse soddisfatto con sollecitudine un credito, altrimenti di difficile esazione, vantato dalla stessa persona offesa nei confronti del Comune).
Cass. pen. n. 37503/2002
Ai fini della configurabilità del delitto di subornazione, nella fase del giudizio la qualità di «persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all’autorità giudiziaria» si assume nel momento dell’autorizzazione del giudice alla citazione della stessa in qualità di testimone, ai sensi dell’art. 468, comma 2, c.p.p.
Nel delitto di subornazione non è configurabile il tentativo.
Cass. pen. n. 35837/2001
Ai fini della configurabilità del reato di subornazione di testimone (art. 377 c.p.), è irrilevante che il soggetto nei cui confronti è stata posta in essere la condotta vietata dalla norma incriminatrice abbia già reso la propria deposizione, non derivando da ciò la cessazione della qualità di testimone, la quale, invece, permane fino al momento in cui il processo esaurisce definitivamente il suo corso.
Cass. pen. n. 4062/1999
Tra il reato di istigazione alla corruzione (propria) e quello di favoreggiamento personale non è configurabile il concorso formale di reati, rimanendo il secondo assorbito nel primo. Infatti, il delitto di istigazione alla corruzione propria postula per definizione il rifiuto del compimento dell’atto contrario ai doveri di ufficio, mentre quello di favoreggiamento richiede che in concreto sia prestato l’aiuto, di modo che questo rimane escluso proprio perché l’istigazione alla corruzione non viene accolta. (Nel caso si trattava di istigazione rivolta verso il consulente tecnico del pubblico ministero per aiutare un terzo a eludere le investigazioni).
Tra il reato di istigazione alla corruzione propria di cui all’art. 322, secondo comma, c.p. e quello di subornazione, previsto dall’art. 377 c.p., nel testo risultante dall’art. 11, sesto comma, del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella L. 7 agosto 1992, n. 356, qualora l’attività illecita dell’agente si rivolga nei confronti del consulente tecnico del pubblico ministero, intercorre un rapporto di specialità ai sensi dell’art. 15 c.p. in virtù del quale deve trovare applicazione solo l’art. 377 c.p., sia in relazione al profilo soggettivo, per la specificità della persona coinvolta (sempre che abbia già assunto la veste di testimone per effetto di citazione a comparire), sia al profilo oggettivo, per la specificità dell’atto contrario ai doveri di ufficio, mirante, in sostanza, alla manipolazione dell’accertamento tecnico.
Cass. pen. n. 2713/1997
Il delitto di subornazione (art. 377 c.p.) mira a tutelare la genuinità processuale di quanti sono chiamati a riferire sui fatti di causa davanti all’autorità giudiziaria, posizione che potrebbe venire inevitabilmente ed indebitamente condizionata e compromessa da pressioni esterne, rappresentate dall’offerta o anche dalla sola promessa di qualsivoglia utilità, anche non patrimonialmente apprezzabile, per indurre il soggetto subornato a commettere i reati di falsa testimonianza (art. 372 c.p.) e (dopo la novella del 7 agosto 1992 n. 356) di false informazioni al P.M. (art. 371 bis c.p.), oltre che di falsa perizia o interpretazione (art. 373 c.p.). Trattasi di reato di pericolo, il cui evento, di natura formale, si verifica con la semplice offerta o promessa, finalizzata alla falsità giudiziale e, per la sua configurabilità, richiede che il soggetto subornato abbia assunto la qualità di «persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all’autorità giudiziaria» (secondo la più vasta accezione del termine, come introdotto dalla novella 356/92, rispetto all’originaria, precedente qualifica di «testimone»).
Cass. pen. n. 2055/1997
Il delitto di subornazione – che è un reato di pericolo – richiede (secondo l’attuale formulazione della previsione incriminatrice) che la persona verso la quale si dirige l’opera del subornatore, al momento dell’offerta o della promessa del danaro o di altra utilità, sia stata «chiamata a rendere dichiarazioni davanti all’autorità giudiziaria». (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso con il quale l’imputato sosteneva che – tenuto conto delle modificazioni apportate al primo comma dell’art. 377 c.p. dal D.L. n. 306 del 1992 convertito nella legge n. 356 del 1992 – nella fase delle indagini preliminari non sarebbe «materialmente possibile commettere il reato di falsa testimonianza al P.M.», sicché non sarebbe configurabile il delitto di subornazione, poiché la persona offesa, dopo avere reso deposizione al P.M. come persona informata sui fatti, avrebbe «perduto ogni veste giuridica in attesa di assumere quella di teste al dibattimento», la Suprema Corte ha osservato che nel momento in cui l’imputato consegnò alla ragazza il danaro (promettendogliene altro in futuro), questa aveva già fornito informazioni al P.M. e, quale parte offesa, nella stessa fase delle indagini preliminari, poteva essere nuovamente sentita per iniziativa dell’autorità giudiziaria procedente così come poteva rendere a queste dichiarazioni spontanee e presentare memorie ex art. 90 c.p.p.; che anche dopo la deposizione già resa al P.M. ella non aveva certo perduto la qualità di parte offesa, cioè di persona informata sui fatti e – come tale – qualora avesse aderito agli allettamenti dell’imputato, ben avrebbe potuto commettere il reato di cui all’art. 371 bis c.p.).
Cass. pen. n. 616/1986
Il delitto di subornazione previsto dall’art. 377 c.p. è un reato di pericolo il cui evento, di natura formale, si verifica con la semplice offerta o promessa, finalizzate alla falsità giudiziale. La norma suddetta, sanzionando penalmente la sola istigazione alla falsità giudiziale eleva ad illecito penale il semplice attentato all’amministrazione della giustizia; non è, quindi, ravvisabile l’ipotesi del tentativo.
Cass. pen. n. 12016/1977
Perché si realizzi il reato di subornazione è necessario che il subornato assuma la qualità di testimone con la citazione, anche orale, dinanzi al giudice o al P.M. mentre non acquista tale qualità chi sia esaminato dagli organi di polizia giudiziaria di propria iniziativa e su delega del magistrato. Pertanto, le sollecitazioni a deporre il falso, rivolte a persone che possono essere chiamate a testimoniare davanti al magistrato, ma non ancora formalmente designate come testimoni, non sono punibili.
Cass. pen. n. 1360/1970
Il delitto di subornazione di testimone richiede che la persona verso la quale è diretta l’opera del subornatore abbia acquistato, al momento dell’offerta o della promessa del denaro, la qualità di testimone. Il testimone esercita una pubblica funzione, e va compreso fra i pubblici ufficiali ai sensi del n. 2 dell’art. 357 c.p. È però essenziale stabilire il momento in cui viene assunta detta qualità. È infatti in quel momento che si pone l’esigenza di tutelarne il prestigio, la libertà di deporre e la sincerità delle dichiarazioni. Nell’ipotesi di testimone penale la qualità di testimone viene acquistata con la notificazione dell’atto di citazione. Nel caso, invece, di testimone in giudizio civile la situazione è diversa, e diverse sono le conseguenze giuridiche che ne derivano. Per stabilire il momento in cui il testimone è legalmente investito di tale qualità è necessario tener presenti le disposizioni del codice di procedura civile. Attese, infatti, le disposizioni di cui agli artt. 244 e 245 del codice di rito civile, si evince che la qualità di teste nel diritto processuale civile la si acquista nel momento in cui il teste, dedotto dalla parte, viene con ordinanza del giudice istruttore ammesso a deporre. È in quel momento, in base al principio vigente del processo civile della acquisizione processuale, che il provvedimento di ammissione dei testimoni fa sorgere un diritto all’escussione. Pertanto, nel campo processuale civile, l’atto che investe la persona chiamata a testimoniare della qualità di teste non è l’intimazione a comparire, che può anche mancare, ma l’ordinanza del giudice, che ammette a deporre la persona indicata. Questo principio trova conferma nel fatto che il testimone può presentarsi al giudice civile anche spontaneamente, senza necessità di intimazione a mezzo di ufficiale giudiziario. Il generico invito a non presentarsi a deporre, accompagnato dall’offerta di somma di danaro, ma non dall’istigazione a commettere una falsità giudiziale, non costituisce il reato di subornazione.
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