16 Mar Art. 371 bis — False informazioni al pubblico ministero o al procuratore della Corte penale internazionale
di fornire informazioni ai fini delle indagini, rende dichiarazioni false ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito, è punito con la reclusione fino a quattro anni.
Ferma l’immediata procedibilità nel caso di rifiuto di informazioni, il procedimento penale, negli altri casi, resta sospeso fino a quando nel procedimento nel corso del quale sono state assunte le informazioni sia stata pronunciata sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato anteriormente definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere.
Le disposizioni di cui ai commi primo e secondo si applicano, nell’ipotesi prevista dall’articolo 391 bis, comma 10, del codice di procedura penale, anche quando le informazioni ai fini delle indagini sono richieste dal difensore.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”12″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 8996/2015
Non è legittimato a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione il soggetto danneggiato che ha presentato denunzia per il delitto di false dichiarazioni al P.M., nel quale persona offesa è esclusivamente lo Stato-collettività.
Cass. pen. n. 16558/2011
Deve escludersi l’assorbimento del delitto di cui all’art. 371 “bis”, c.p., in quello di calunnia, quando le false informazioni rese al P.M. non si esauriscano nella mera reiterazione di precedenti dichiarazioni rilevanti come fatti di calunnia, ma ne rappresentino un’evoluzione innovativa, attraverso la falsa rappresentazione di fatti diversi in tempi diversi, realizzando in tal modo autonome e diverse fattispecie incriminatrici.
Cass. pen. n. 42904/2010
La disposizione di cui all’art. 371 bis, comma secondo, c.p.p., per cui il procedimento per il reato di false informazioni al pubblico ministero rimane sospeso fino a quando quello in cui sono state assunte le dichiarazioni non viene archiviato o definito in primo grado, è norma eccezionale e non è conseguentemente applicabile in via analogica nei procedimenti ad oggetto il diverso delitto di falsa testimonianza.
Cass. pen. n. 9137/2009
È configurabile la condotta materiale del reato di cui all’art. 371 bis c.p. anche nel caso in cui, al momento in cui sono rese le false dichiarazioni, le indagini condotte dal P.M. riguardino una notizia di reato non ancora delineata.
Cass. pen. n. 34749/2008
Ai fini dell’integrazione del reato di false informazioni al PM, è sufficiente il dolo generico, bastando la volontà, comunque determinatasi, di dire il falso.
Cass. pen. n. 26583/2008
Non è punibile per il reato di cui all’art. 371 bis c.p. la persona informata sui fatti che, dopo essersi accusata di un reato concorsuale, rifiuti di dichiarare al pubblico ministero i nominativi dei correi
Cass. pen. n. 22397/2004
Non commette il reato di false dichiarazioni al pubblico ministero (art. 371 bis c.p.) il giornalista che si astiene dal deporre opponendo il segreto professionale in ordine all’indicazione di informazioni (nella specie, le utenze telefoniche) che possono condurre all’identificazione di coloro che gli hanno fornito fiduciariamente le notizie.
Cass. pen. n. 35329/2003
L’elemento materiale del delitto di false dichiarazioni al pubblico ministero non consiste nella difformità tra le dichiarazioni rese dalla persona informata sui fatti e la realtà vera e propria, ma nella difformità tra quanto la persona dichiara e ciò che effettivamente conosce sui fatti in ordine ai quali è interrogata: durante il procedimento penale, la persona informata sui fatti è tenuta — al pari del testimone nel corso del processo — ad esporre fedelmente e lealmente al pubblico ministero ciò che conosce, per cognizione diretta od indiretta, sui fatti in merito ai quali viene ascoltata. Sotto questo aspetto, la fattispecie di cui all’art. 371 bis c.p. è analoga a quella dell’art. 372 c.p., che incrimina la falsa testimonianza.
Cass. pen. n. 26994/2003
In tema di reato di calunnia, la prospettazione di false accuse in sede di informazioni assunte dal pubblico ministero alla presenza di terzi (appartenenti alla polizia giudiziaria), quando si risolva nella mera reiterazione di precedenti dichiarazioni già rilevanti come fatti di calunnia, non determina una nuova ed autonoma violazione dell’art. 368 c.p., e neppure integra il delitto di false informazioni (art. 371 bis c.p.) o quello di diffamazione (art. 595 c.p.), posto che rispetto a tali fattispecie l’ipotesi della calunnia si pone in rapporto di specialità.
Cass. pen. n. 11874/2003
Non è punibile per il reato di cui all’art. 371 bis c.p. la persona informata sui fatti che abbia reso false dichiarazioni al pubblico ministero al fine di sottrarsi al pericolo di essere incriminata per reati in precedenza commessi e in ordine ai quali, al momento in cui è stata sentita, non vi erano indizi di colpevolezza a suo carico (nella specie, la Corte ha applicato ex officio, sulla base dell’art. 609 comma 2 c.p.p., la causa di non punibilità di cui all’art. 384 c.p. nei confronti dell’imputato che aveva reso false dichiarazioni al pubblico ministero nel procedimento originato da una sua denuncia, rivelatasi, successivamente, calunniosa).
Cass. pen. n. 5255/2000
La fattispecie criminosa di cui all’art. 371 bis c.p. è stata introdotta dal legislatore allo scopo di colmare la lacuna derivante dalla mancata previsione di sanzione penale nel caso in cui la falsità o la reticenza siano commesse dalla persona informata sui fatti in dichiarazioni rese al pubblico ministero. La norma è quindi del tutto analoga a quella dell’art. 372 c.p. che punisce la falsa testimonianza. Da ciò deriva che anche il reato di false informazioni al pubblico ministero costituisce una ipotesi delittuosa specifica rispetto al reato di favoreggiamento personale che prevede qualsiasi condotta idonea a frustrare le investigazioni o le ricerche dell’autorità, mentre l’art. 372 c.p. contempla la specifica condotta di colui che depone come testimone. (Nel caso di specie la Corte Suprema ha ritenuto l’esattezza della decisione secondo la quale era stata riconosciuta la sussistenza del favoreggiamento nel comportamento di più persone che si erano accordate per nascondere circostanze rilevanti idonee a favorire l’impunità di terzi e che poi avevano rese false dichiarazioni al pubblico ministero, escludendo, conseguentemente, la causa di non punibilità della ritrattazione, non prevista per il reato di favoreggiamento).
Cass. pen. n. 13398/1998
Fra il delitto previsto dall’art. 378 c.p. e quello di cui all’art. 371 bis dello stesso codice esiste un rapporto di specialità unilaterale per specificazione, che esclude il concorso giacché alla norma generale dettata dall’art. 378, che prevede una fattispecie a forma libera, se ne accosta un’altra che, tra le molteplici condotte potenzialmente idonee a pregiudicare il regolare svolgimento delle indagini, incrimina soltanto quella che si materializza in dichiarazioni false o reticenti rese al pubblico ministero. (Fattispecie nella quale la S.C., in applicazione di detto principio, ha ritenuto errata la condanna per il reato di favoreggiamento personale intervenuta in appello e corretta la decisione del primo giudice che, qualificato il fatto ai sensi dell’art. 371 bis c.p., aveva dichiarato l’imputata non punibile per la successiva ritrattazione).
Cass. pen. n. 3680/1997
È configurabile il concorso tra l’art. 378 c.p., che prevede il reato di favoreggiamento personale, e l’art. 371 bis c.p., riguardante il reato di false informazioni al pubblico ministero, attesa la diversità degli interessi coinvolti dalle due previsioni incriminatrici; condizione, però, perché si configuri tale concorso è che le false dichiarazioni su cui si fondano i rispettivi addebiti non siano esattamente sovrapponibili, risultando altrimenti chiamata in causa la speciale esimente contemplata dall’art. 384, primo comma, c.p.
Cass. pen. n. 2055/1997
Il delitto di subornazione – che è un reato di pericolo – richiede (secondo l’attuale formulazione della previsione incriminatrice) che la persona verso la quale si dirige l’opera del subornatore, al momento dell’offerta o della promessa del danaro o di altra utilità, sia stata «chiamata a rendere dichiarazioni davanti all’autorità giudiziaria». (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso con il quale l’imputato sosteneva che – tenuto conto delle modificazioni apportate al primo comma dell’art. 377 c.p. dal D.L. n. 306 del 1992 convertito nella legge n. 356 del 1992 – nella fase delle indagini preliminari non sarebbe «materialmente possibile commettere il reato di falsa testimonianza al P.M.», sicché non sarebbe configurabile il delitto di subornazione, poiché la persona offesa, dopo avere reso deposizione al P.M. come persona informata sui fatti, avrebbe «perduto ogni veste giuridica in attesa di assumere quella di teste al dibattimento», la Suprema Corte ha osservato che nel momento in cui l’imputato consegnò alla ragazza il danaro (promettendogliene altro in futuro), questa aveva già fornito informazioni al P.M. e, quale parte offesa, nella stessa fase delle indagini preliminari, poteva essere nuovamente sentita per iniziativa dell’autorità giudiziaria procedente così come poteva rendere a queste dichiarazioni spontanee e presentare memorie ex art. 90 c.p.p.; che anche dopo la deposizione già resa al P.M. ella non aveva certo perduto la qualità di parte offesa, cioè di persona informata sui fatti e – come tale – qualora avesse aderito agli allettamenti dell’imputato, ben avrebbe potuto commettere il reato di cui all’art. 371 bis c.p.).
Cass. pen. n. 2095/1994
Le false dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria non possono costituire l’oggetto materiale del reato di false informazioni al P.M.
Cass. pen. n. 1332/1994
Il P.M. non può disporre l’arresto in flagranza della persona informata sui fatti per il reato di cui all’art. 371 bis c.p., né l’arresto per tale reato può essere effettuato dalla polizia giudiziaria di propria iniziativa.
Cass. pen. n. 4641/1994
L’obbligo di avvertire a pena di nullità i prossimi congiunti dell’imputato, o dell’indagato, della facoltà di astenersi dal deporre (art. 199, comma 2, c.p.p.) si pone come principio generale che va osservato ogni volta in cui nei vari momenti procedimentali, non esclusi quelli di polizia giudiziaria (art. 351 c.p.p.), le dichiarazioni dei prossimi congiunti devono essere assunte per esigenze di ordine processuale e, quindi, si caratterizza al tempo stesso per l’autonomia delle singole scelte di volta in volta operate dal teste e per la reversibilità della scelta affermativa che eventualmente fosse stata fatta in una prima tornata: ciò pure perché ogni falsa dichiarazione (compresa quella assunta dal P.M. ai sensi del nuovo art. 371 bis c.p.), ancorché resa sul medesimo oggetto testimoniale nell’ambito del medesimo procedimento penale, dà luogo ad autonomi e distinti reati di falsa testimonianza.
Cass. pen. n. 2826/1994
Nel corso delle indagini preliminari ovvero all’udienza preliminare, spetta soltanto al pubblico ministero, titolare esclusivo dell’esercizio dell’azione penale, la possibilità di modificare la qualificazione giuridica del fatto, entro i limiti stabiliti dall’art. 423 c.p.p. Per contro, il codice di procedura penale non conferisce al giudice per le indagini preliminari un autonomo potere correttivo, analogo a quello che l’art. 521 primo comma attribuisce con la sentenza al giudice del dibattimento. Al giudice delle indagini preliminari, infatti, sono consentite due vie alternative di decisione; il decreto che dispone il giudizio secondo l’enunciazione del fatto, delle circostanze e degli articoli di legge indicati dal P.M. (art. 429 c.p.p.) ovvero la sentenza di non luogo a procedere. Tale sistema comporta il rischio per il P.M., che ha erroneamente formulata l’imputazione, che il giudice emetta sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, anche nel caso in cui il fatto può integrare diversa ipotesi criminosa. Tuttavia, entro i limiti del ne bis in idem (art. 649 secondo comma c.p.p.), il P.M. può promuovere una nuova azione penale. (Nella fattispecie la Corte, affermando il principio sopra massimato, ha rigettato il ricorso del P.M., che censurava la sentenza di non luogo a procedere in ordine al delitto di cui all’art. 371 bis c.p. per false dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria delegata dal P.M., per avere il Gip omesso di qualificare il fatto come favoreggiamento personale previsto dall’art. 378 c.p.).
Cass. pen. n. 1679/1993
Una volta che taluno abbia assunto veste di indagato per reato connesso o interprobatoriamente collegato ad altro per il quale siano in corso indagini preliminari, il pubblico ministero non può più, a sua discrezione, assumere ugualmente informazioni dal medesimo soggetto, ai sensi dell’art. 362 c.p.p., ostandovi il disposto di cui all’art. 197, lettera a) o lettera b) dello stesso codice, espressamente richiamato dal citato art. 362. È, pertanto, da considerare illegittimo l’arresto al quale, in detta ipotesi, venga sottoposto il soggetto in questione, nella ritenuta flagranza del reato di cui all’art. 371 bis c.p.
Cass. pen. n. 1868/1993
Durante le indagini preliminari nessuno assume la qualità di testimone: al pubblico ministero sono fornite solo informazioni o dichiarazioni (artt. 362 e 500 c.p.p.; art. 371 bis c.p.). Pertanto, non si applicano le regole stabilite dall’art. 499 c.p.p. (regole per l’esame testimoniale).
Cass. pen. n. 696/1993
Soggetto attivo del delitto di false informazioni al pubblico ministero può essere soltanto colui che sia stato richiesto personalmente dal pubblico ministero di fornire informazioni ai fini delle indagini. Non è quindi, punibile a norma dell’art. 371 bis, c.p. chi, richiesto dalla polizia giudiziaria — anche per delega del pubblico ministero — renda dichiarazioni false o reticenti.
Cass. pen. n. 349/1993
Non rientra nella fattispecie prevista dall’art. 371 bis c.p. (false informazioni al pubblico ministero), la condotta di chi — richiesto dalla polizia giudiziaria, sia nella attività di indagini svolte autonomamente sia in quelle svolte su delega del pubblico ministero — rende dichiarazioni false o reticenti.
Cass. pen. n. 4227/1993
Non è configurabile il reato di false informazioni al pubblico ministero di cui all’art. 371 bis, c.p., introdotto dall’art. 11, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, nella condotta di chi renda false dichiarazioni alla polizia giudiziaria, neanche se questa operi su delega del P.M., giacché, diversamente opinando, si opererebbe un’interpretazione di tipo analogico su norma penale.
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