Art. 2082 – Codice civile – Imprenditore

È imprenditore [1330, 1368, 1655, 1722, 1824, 2139, 2710] chi esercita professionalmente [2070] un'attività economica [2062, 2069] organizzata [1655, 2195, 2238, 2247] al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi [230 bis, 320, 371, 397, 425, 1339, 1368, 1722, n. 4, 1824, 2085, 2135, 2195, 2202, 2214, 2221, 2555, 2597].

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Massime correlate

Cass. civ. n. 1466/2019

In tema di fallibilità dell'impresa individuale di mediatore professionale, gli elementi identificativi dell'impresa commerciale di cui all'art. 2082 c.c. sono costituiti dalla professionalità e dall'organizzazione, intesa come svolgimento abituale e continuo dell'attività nonchè sistematica aggregazione di mezzi materiali e immateriali, al di là della scarsezza dei beni predisposti, tanto più quando l'attività non necessiti di mezzi materiali e personali rilevanti.

Cass. civ. n. 19735/2014

L'impresa individuale non ha soggettività distinta da quella della persona fisica dell'imprenditore, sicché quest'ultimo è legittimato ad agire e resistere in giudizio per conto dell'impresa anche nell'ipotesi in cui non ne specifichi la qualità.

Cass. civ. n. 16612/2008

La nozione di imprenditore, ai sensi dell'art. 2082 c.c., va intesa in senso oggettivo, dovendosi riconoscere il carattere imprenditoriale all'attività economica organizzata che sia ricollegabile ad un dato obiettivo inerente all'attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, che riguarda il movente soggettivo che induce l'imprenditore ad esercitare la sua attività e dovendo essere, invece, escluso il suddetto carattere imprenditoriale dell'attività nel caso in cui essa sia svolta in modo del tutto gratuito, dato che non può essere considerata imprenditoriale l'erogazione gratuita dei beni o servizi prodotti. Peraltro, ai fini dell'industrialità dell'attività svolta (art. 2195, primo comma, c.c.), per integrare il fine di lucro è sufficiente l'idoneità, almeno tendenziale, dei ricavi a perseguire il pareggio di bilancio; né ad escludere tale finalità è sufficiente la qualità di congregazione religiosa dell'ente.

Cass. civ. n. 12757/2007

All'impressa individuale non può essere riconosciuta alcuna soggettività, o autonoma imputabilità, diversa da quella del suo imprenditore, in quanto essa si identifica con il suo titolare tanto sotto l'aspetto sostanziale che processuale. Ne consegue che, non essendo giuridicamente concepibile alcun rapporto obbligatorio fra l'imprenditore e la sua impresa, non è neppure possibile ipotizzare «debiti» di quest'ultima verso il titolare, né crediti «per utili» di questo verso quella.

Cass. civ. n. 3052/2006

La domanda proposta nei confronti di una ditta individuale deve ritenersi intentata, ai fini della legittimazione passiva, contro la persona fisica del suo titolare, in quanto la ditta non ha soggettività giuridica distinta ma si identifica con il titolare sotto l'aspetto sia sostanziale che processuale. In particolare, nell'ambito di un rapporto di lavoro intercorso con un'impresa individuale, nei confronti del lavoratore il soggetto datoriale è, ai sensi dell'art. 2094 c.c., colui alle cui dipendenze e sotto la cui direzione la prestazione è svolta.

Cass. civ. n. 15769/2004

Ai fini della determinazione del momento in cui inizia l'effettivo esercizio dell'attività di impresa - e dunque, in base all'art. 2082 c.c., l'autore acquista la qualità di imprenditore commerciale - fondamentale è il ruolo svolto dal dato dell'organizzazione, poiché in presenza di ún'esteriore apparato aziendale la qualità di imprenditore commerciale si acquista anche con il compimento di un singolo atto riconducibile a quella organizzazione ("atto dell'organizzazione"); quando, invece, manca un siffatto apparato esteriore, perchè l'attività viene svolta con mezzi anche rudimentali, sufficienti comunque ad integrare il requisito dell'organizzazione, soltanto la reiterazione di atti, oggettivamente suscettibili di essere qualificati come atti d'impresa - i quali possono aversi anche prima che si siano instaurati rapporti con i terzi destinatari del prodotto dell'impresa stessa, allorché siano stati posti in essere atti economici preparatori che permettano di individuare l'oggetto dell'attività ed il suo carattere commerciale - rende manifesto che non si tratta di operazioni isolate, ma di attività professionalmente esercitata. (Nella fattispecie, la S.C. ha confermato la sentenza di appello, la quale aveva riconosciuto la qualità di imprenditore commerciale ad un mercante d'arte in presenza di una rudimentale organizzazione aziendale e dell'acquisito, per la rivendita, di numerose opere d'arte, nonché dello svolgimento di attività promozionali).

Cass. civ. n. 9102/2003

Gli elementi identificativi dell'impresa commerciale, ai sensi dell'art. 2082 c.c., sono la professionalità e l'organizzazione, intese come svolgimento abituale e continuo dell'attività e sistematica aggregazione di mezzi materiali e immateriali, al di là della scarsezza dei beni predisposti, tanto più quando l'attività, come quella dell'agente di commercio, non necessiti di mezzi materiali e personali rilevanti.

Cass. civ. n. 2321/1997

Al fine di attribuire la qualifica di imprenditore commerciale all'esercente di un'impresa individuale edile, è necessario che concorrano i tre requisiti, consistenti: nell'organizzazione, intesa come coordinamento e predisposizione di tutti i fattori necessari per la costruzione e la commercializzazione delle opere realizzate (richiesta di concessione edilizia, reperimento dei capitali attraverso finanziamenti vari, affidamento della progettazione e dell'appalto dei lavori, ecc.); nella professionalità, intesa come sistematicità ed abitualità nello svolgimento dell'impresa economica, ma non come esclusività e preminenza dell'impresa stessa rispetto ad altre; nel fine di lucro, inteso come finalità di commercializzazione e vendita dei beni prodotti.

Cass. civ. n. 5766/1994

In presenza degli altri requisiti fissati dall'art. 2082 c.c., ha carattere imprenditoriale l'attività economica, organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi ed esercitata in via esclusiva o prevalente, che sia ricollegabile ad un dato obiettivo inerente all'attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, che riguarda il movente soggettivo che induce l'imprenditore ad esercitare la sua attività; deve essere, invece, escluso il suddetto carattere imprenditoriale dell'attività nel caso in cui essa sia svolta in modo del tutto gratuito, dato che non può essere considerata imprenditoriale l'erogazione gratuita dei beni o servizi prodotti. (Nella specie la sentenza impugnala, confermata dalla Suprema Corte, aveva ritenuto il carattere imprenditoriale dell'attività svolta dall'Ospedale del Bambino Gesù e la conseguente applicabilità degli artt. 35 e 18 della L. 20 maggio 1970, n. 300, nel testo precedente l'entrata in vigore della L. 11 maggio 1990, n. 108, avendo attribuito rilievo non tanto all'eventuale destinazione a fini benefici dell'utile conseguito, ovvero all'assenza di un utile dopo la copertura dei costi, quanto all'obiettiva economicità dell'attività stessa, desumibile in particolare dal fatto che l'ospedale percepisce, come corrispettivo del servizio reso, gli introiti della diaria versata dalla regione — che copre, fra l'altro, tutti i costi derivanti dall'assistenza ospedaliera, ivi comprese le spese di ammortamento degli impianti e di ammodernamento delle attrezzature, nonché le spese necessarie per la retribuzione del personale dipendente e per l'addestramento e l'aggiornamento del personale infermieristico — nonché le somme versate dai privati che non hanno diritto all'assistenza mutualistica ovvero che optino per il servizio a pagamento).