10 Gen Art. 1368 — Pratiche generali interpretative
Le clausole ambigue s’interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui il contratto è stato concluso.
Nei contratti in cui una delle parti è un imprenditore, le clausole ambigue s’interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui è la sede dell’impresa [ 2083 ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 6601/2012
In tema di interpretazione del contratto, gli “usi interpretativi”, di cui all’art. 1368 c.c., costituiscono un criterio ermeneutico di carattere oggettivo e, sussidiario, il quale presuppone, secondo l’espresso tenore letterale della stessa disposizione (che riferisce l’applicabilità di tale criterio alle “clausole ambigue”), una persistente incertezza in ordine all’identificazione dell’effettiva volontà delle parti, rimanendo, pertanto, escluso allorché questa risulti determinata o determinabile, senza margini di dubbio, attraverso l’adozione di prioritari criteri legali di ermeneutica, come quelli (artt. da 1362 a 1365 c.c.) che regolano l’interpretazione soggettiva (o storica) del contratto. Avendo, inoltre, dette pratiche interpretative carattere negoziale e non normativo, è onere della parte dedurre l’esistenza, il contenuto e la non corretta applicazione di determinati usi, che siano stati oggetto di specifica allegazione nel giudizio di merito.
Cass. civ. n. 6752/1991
Il ricorso agli «usi interpretativi», che non hanno valore di fonte normativa ma funzione di criterio ermeneutico di carattere sussidiario, presuppone, secondo l’espresso tenore letterale dell’art. 1368 c.c. (che riferisce l’applicabilità di tale criterio alle «clausole ambigue»), una persistente incertezza in ordine all’identificazione dell’effettiva volontà delle parti ed è pertanto escluso allorché questa risulti determinata o determinabile, senza residui margini di dubbio, attraverso l’adozione di prioritari criteri legali di ermeneutica, come quelli (artt. da 1362 a 1365 c.c.) che regolano l’interpretazione soggettiva (o storica) del contratto. (Nella specie, l’impugnata sentenza — confermata dalla S.C. — aveva ritenuto, in particolare, che la clausola dell’accordo intercorso fra datore di lavoro e lavoratore, relativa alla riduzione dell’orario di lavoro ed alla conservazione della precedente retribuzione, non implicasse un accrescimento del livello retributivo ai fini della determinazione dell’indennità di anzianità).
Cass. civ. n. 839/1984
La prassi aziendale — che costituisce un mezzo interpretativo utilizzabile dal giudice ai fini della ricostruzione del contenuto e degli effetti di un negozio — è riconducibile alla categoria degli usi negoziali odi fatto, i quali, se prescindono dai requisiti della generalità e dell’
opinio iuris seu necessitatis, propri degli usi normativi, presuppongono pur sempre l’accertata reiterazione di determinati comportamenti.
Cass. civ. n. 5943/1981
Gli usi interpretativi o negoziali costituiscono un mezzo di chiarimento e di interpretazione della volontà delle parti contraenti soltanto quando questa sia ambiguamente espressa o manchino i relativi patti.
Cass. civ. n. 2953/1973
L’esistenza di un uso negoziale deve essere valutata non in relazione ad un caso di specie, ma alla prassi generale delle diverse aziende che in materia operano in una determinata zona.
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