16 Mar Art. 172 — Estinzione delle pene della reclusione e della multa per decorso del tempo
La pena della reclusione si estingue col decorso di un tempo pari al doppio della pena inflitta e, in ogni caso, non superiore a trenta e non inferiore a dieci anni.
La pena della multa si estingue nel termine di dieci anni.
Quando, congiuntamente alla pena della reclusione, è inflitta la pena della multa, per l’estinzione dell’una e dell’altra pena si ha riguardo soltanto al decorso del tempo stabilito per la reclusione.
Il termine decorre dal giorno in cui la condanna è divenuta irrevocabile [ c.p.p. 648, 650 ], ovvero dal giorno in cui il condannato si è sottratto volontariamente all’esecuzione già iniziata della pena [ c.p.p. 296 ].
Se l’esecuzione della pena è subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il tempo necessario per l’estinzione della pena decorre dal giorno in cui il termine è scaduto o la condizione si è verificata.
Nel caso di concorso di reati si ha riguardo, per l’estinzione della pena, a ciascuno di essi, anche se le pene sono state inflitte con la medesima sentenza.
L’estinzione delle pene non ha luogo, se si tratta di recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell’articolo 99, o di delinquenti abituali [ 102–104 ], professionali [ 105 ] o per tendenza [ 108 ]; ovvero se il condannato, durante il tempo necessario per l’estinzione della pena, riporta una condanna alla reclusione per un delitto della stessa indole.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”12″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 3883/2017
In tema di prescrizione della pena, l’arresto del condannato in esecuzione di un mandato di arresto europeo determina l’inizio dell’esecuzione della pena e la decorrenza ex novo del termine di prescrizione decennale previsto dall’art. 172, comma primo, cod. pen., a nulla rilevando la successiva decisione dell’autorità estera (nella specie quella tedesca) di non estradare il condannato e revocare il m.a.e., in quanto tale determinazione attiene al rapporto di collaborazione interstatuale ma non incide su quello tra il condannato e lo Stato italiano.
Cass. pen. n. 21627/2014
In tema di estinzione della pena per decorso del tempo, il “dies a quo”, ai sensi dell’art. 172, comma quarto, c.p., si individua nel giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile o in quello in cui il condannato si è volontariamente sottratto alla sua esecuzione, se già iniziata, mentre le cause di sospensione di tale termine, di cui al comma quinto del predetto art. 172, sono esclusivamente quelle riferite alla sentenza di condanna e non invece quelle riferibili all’attività posta in essere dagli organi deputati all’esecuzione. (Fattispecie in tema di estinzione della pena rilevata nell’ambito di un procedimento di estradizione).
Cass. pen. n. 19736/2013
Il termine di prescrizione della pena pecuniaria individuato dall’art. 172, comma terzo, c.p., viene determinato “per relationem”, in funzione di quello applicabile alla pena detentiva congiuntamente inflitta e non è influenzato da vicende successive, quali quelle concernenti l’esecuzione della predetta sanzione detentiva. (In applicazione del principio, la Corte ha respinto il ricorso del condannato che aveva sostenuto che, una volta espiata la pena detentiva, il termine di prescrizione della pena pecuniaria dovesse essere disciplinato dal comma secondo, e non più dal terzo, dell’art. 172 c.p.).
Cass. pen. n. 18791/2013
L’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione, riconoscendo la continuazione o il concorso formale tra più reati giudicati, determina la pena da eseguire incide sul trattamento sanzionatorio, ma non sulla decorrenza della prescrizione delle singole pene inflitte per ciascun reato, i cui termini, in forza della regola stabilita nel quarto comma dell’art. 172 c.p., vanno computati dal giorno in cui la condanna è divenuta irrevocabile in relazione alle singole imputazioni contestate.
Cass. pen. n. 13398/2013
L’estinzione della pena per decorso del tempo non opera nei confronti dei condannati recidivi di cui ai capoversi dell’art. 99 c.p., a condizione che la recidiva venga accertata in un qualsiasi momento immediatamente precedente al decorso del termine di prescrizione della pena.
Cass. pen. n. 10924/2012
Il termine di prescrizione della pena, divenuta eseguibile a causa della revoca dell’indulto precedentemente concesso, decorre dal momento in cui in concreto si è verificato il presupposto per la revoca del beneficio e non da quello in cui è divenuta definitiva la decisione che ne ha accertato la condizione risolutiva.
Cass. pen. n. 30593/2011
Il termine di prescrizione della pena, divenuta eseguibile a seguito della revoca dell’indulto precedentemente concesso, decorre dal momento in cui è divenuta definitiva la decisione che ha accertato la causa della revoca.
Cass. pen. n. 29856/2009
Ai fini dell’operatività della preclusione all’estinzione della pena per decorso del tempo prevista nei riguardi di recidivi dai capoversi dell’art. 99 c.p., è necessario che la recidiva sia stata dichiarata nel giudizio di merito e che riguardi condanne anteriori a quella che ha dato luogo alla pena della cui estinzione si tratta.
Cass. pen. n. 45770/2008
Ai fini della revoca di diritto dell’indulto ai sensi dall’art. 1, comma terzo, della legge 31 luglio 2006 n. 241, nel caso della continuazione iniziata prima ma cessata dopo il termine stabilito dalla legge per la fruizione del beneficio, per stabilire se ricorra la condizione ostativa della commissione, nei cinque anni dall’entrata in vigore del provvedimento di clemenza, di un delitto non colposo con condanna a pena detentiva non inferiore a due anni, deve aversi riguardo non all’aumento di pena per i reati satellite commessi dopo l’entrata in vigore del provvedimento di condono, bensì, previo virtuale scioglimento della continuazione, alla sanzione edittale minima prevista per i reati in questione, con la massima riduzione consentita da eventuali circostanze attenuanti.
Cass. pen. n. 37550/2008
La recidiva ritualmente contestata all’imputato e non esclusa dal giudice, che si sia limitato a non applicare il relativo aumento di pena, impedisce la prescrizione della pena ai sensi dell’art. 172, comma settimo, c.p..
Cass. pen. n. 6411/2008
L’estinzione delle pene per decorso del tempo non ha luogo se l’interessato è stato condannato con applicazione della recidiva, pur se i reati su cui si è fondato il riconoscimento della recidiva siano successivamente fatti oggetto di abolitio criminis dovendosi aver riguardo al momento della pronuncia di condanna e non potendo la norma posteriore più favorevole intaccare il giudicato.
Cass. pen. n. 38048/2006
Ai fini dell’estinzione della pena ex art. 172, comma quinto c.p., qualora l’esecuzione della pena sia subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il dies a quo da computare decorre dal giorno in cui è divenuta definitiva la decisione che ha accertato la causa della revoca, in quanto solo da quel momento si ha la certezza giudiziale dell’avvenuta verificazione della causa risolutiva.
Cass. pen. n. 37442/2006
La prescrizione della pena pecuniaria applicata congiuntamente a quella detentiva, è sempre collegata al decorso del termine previsto per quest’ultima, tranne che nel caso in cui la pena detentiva sia estinta o interamente espiata, nel qual caso la prescrizione della pena pecuniaria riprende ad essere disciplinata dalle norme specificatamente previste per ognuna di esse.
Cass. pen. n. 21867/2006
Ai fini del computo del tempo necessario al verificarsi dell’estinzione della pena per prescrizione ai sensi dell’art. 172 c.p., deve intendersi per «pena inflitta» quella irrogata dal giudice di cognizione, inclusa la parte di essa eventualmente coperta da condono.
Cass. pen. n. 17346/2006
Il termine di prescrizione della pena, nel caso in cui sussistano le condizioni per revocare la sospensione condizionale, decorre dal momento in cui si sono verificate dette condizioni e non da quello in cui è adottato il provvedimento di revoca del beneficio, e ciò sulla base sia del dettato letterale dell’art. 172, comma quinto, c.p. sia della ratio della disciplina della prescrizione, che, essendo ispirata all’esigenza di certezza delle situazioni giuridiche, non può dipendere dalle contingenti determinazioni dell’autorità giudiziaria.
Cass. pen. n. 31196/2004
L’art. 172 c.p. individua il dies a quo ai fini dell’estinzione della pena nel momento in cui la sentenza di condanna è passata in giudicato e le cause di sospensione di tale termine sono esclusivamente quelle riferite alla sentenza di condanna e non invece quelle riferibili all’attività posta in essere dagli organi deputati alla esecuzione.
Cass. pen. n. 18990/2004
All’estinzione della pena per decorso del tempo a norma dell’art. 172, ultimo comma, ultima parte, c.p., non è di ostacolo la condanna che abbia ad oggetto delitti commessi prima dell’inizio del termine prescrizionale, ancorché intervenuta successivamente ad esso.
Cass. pen. n. 32021/2003
A norma dell’art. 172, primo comma, c.p., la pena della reclusione si estingue con il decorso di un tempo pari al doppio della pena inflitta e, in ogni caso, non inferiore a dieci anni. Il termine di estinzione della pena decorre, di regola, dal giorno in cui la condanna sia divenuta irrevocabile, sul presupposto che l’esecuzione della pena non sia in corso, mentre in caso contrario essa può essere interrotta per fatto volontario del condannato che si sottrae all’esecuzione della pena già iniziata, in cui il termine estintivo inizia a decorrere dal giorno della volontaria sottrazione. Ne consegue che nel caso in cui il condannato, sottoposto ad esecuzione della pena a seguito di sentenza irrevocabile di condanna si sottragga volontariamente all’esecuzione, il termine di cui all’art. 172, primo comma, c.p. decorre dal giorno in cui tale condotta sia posta in essere.
Cass. pen. n. 636/2000
In tema di prescrizione della pena, poiché, quando viene riconosciuta la continuazione fra un reato da giudicare e uno già giudicato, è la seconda sentenza a determinare complessivamente il trattamento sanzionatorio, con perdita di autonomia della precedente statuizione, deve ritenersi che il termine di prescrizione decorra dal momento in cui la seconda sentenza è divenuta definitiva.
Cass. pen. n. 2998/1999
Il termine di prescrizione della pena sulla quale sia stato applicato un indulto soggetto a revoca decorre dal momento in cui, verificatasi la decadenza di detto beneficio, la pena può essere concretamente posta in esecuzione; condizione, questa, che si realizza con il passaggio in giudicato della sentenza che accerta la sussistenza della causa di revoca, costituita dalla commissione, entro il termine previsto, di un nuovo reato.
Cass. pen. n. 155/1998
Ai fini del calcolo della prescrizione, in materia di controllo dell’attività urbanistica edilizia, l’art. 44 della L. 28 febbraio 1985 n. 47 prevede una sospensione automatica del processo, finalizzata all’esercizio delle facoltà previste dal c.d. nuovo condono edilizio ed applicabile a tutti i procedimenti in cui risulti contestato un reato urbanistico ovvero commessa una violazione di detta normazione. Tale sospensione va calcolata in giorni 223 (duecentoventitre), giacché il D.L. 26 luglio 1994 n. 468, pubblicato sulla G.U. 28 luglio 1994 n. 175, espressamente dispone all’art. 10 la sua entrata in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione. Il computo della maturazione del termine prescrizionale viene effettuato con riferimento ai giorni e non anche con la distinzione in mesi, secondo quanto stabilito, in via generale, dall’art. 172 c.p., in applicazione del principio del favor rei, giacché le modalità di calcolo, così eseguite, consentono di stabilire una data più prossima rispetto alla distinzione in mesi e giorni e, quindi, più favorevole per l’imputato. Peraltro, tenuto conto anche della sospensione obbligatoria prevista dall’art. 38 legge n. 47 del 1985, la prescrizione rimane sospesa per anni due e giorni 223 anche nelle ipotesi in cui il giudice di merito abbia erroneamente deciso e la sospensione sia stata o debba essere dichiarata dalla Corte di cassazione in conseguenza della produzione di una domanda di condono con il versamento della prima rata dell’oblazione, giacché l’omessa sospensione del procedimento non determina, alcuna inesistenza, inutilizzabilità o nullità della sentenza o incompetenza funzionale del giudice, ma un vizio in procedendo, che, una volta, riscontrato esistente dalla Corte di cassazione, rende possibile valutare il tempo stabilito dalla sospensione obbligatoria.
Cass. pen. n. 3428/1997
Nel caso di indulto condizionato, il termine di prescrizione della pena decorre non dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza di condanna che è causa della revoca, bensì dal giorno in cui è diventata definitiva la decisione — sia essa la sentenza di condanna per altri reati con cui sia contestualmente disposta la revoca o l’ordinanza di revoca ex art. 674 c.p.p. — che ha accertato la causa di revoca del beneficio in precedenza concesso, poiché solo in tale momento si ha la giudiziale certezza del verificarsi della condizione risolutiva prevista per la revoca di diritto del beneficio già concesso e da tale data soltanto può essere dato corso all’esecuzione concreta della pena medesima.
Cass. pen. n. 4060/1997
L’art. 172, comma sesto, c.p. dispone che nel caso di concorso di reati si ha riguardo, per l’estinzione della pena, a ciascuno di essi, anche se le pene sono state inflitte con la medesima sentenza. Ne consegue che, in caso di reato continuato, per determinare il tempo necessario alla prescrizione della pena, si deve avere riguardo alla pena inflitta per ciascuno dei reati ritenuti in continuazione, in quanto il reato continuato (analogamente al concorso formale di reati) è fittiziamente considerato dalla legge come un unico reato ai fini della determinazione della pena, ma sotto ogni altro profilo e per ogni altro effetto, esso è soggetto alla disciplina del concorso materiale di reati.
Cass. pen. n. 2069/1997
Ai fini di cui all’art. 172 c.p., che detta la disciplina in materia di estinzione delle pene per decorso del tempo, per «pena inflitta» deve intendersi quella risultante dalla sentenza di condanna e non quella che residuerebbe da espiare, tenendo conto di cause estintive quali, nella specie, l’indulto.
Cass. pen. n. 1103/1997
Per determinare il tempo di prescrizione della pena, deve aversi riguardo alla pena irrogata nella sentenza di condanna, detratte le parti di pena già estinte per altra causa, come l’indulto.
Cass. pen. n. 361/1997
La disposizione transitoria contenuta nell’art. 111 della legge 24 novembre 1981 n. 689, che fissa i criteri per l’individuazione del termine di prescrizione della multa per i reati commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge introducendo una deroga al terzo comma dell’art. 172 c.p., proprio in quanto norma derogatoria, deve considerarsi di stretta interpretazione e perciò non modifica la previsione dell’ultimo comma dell’art. 172 c.p. secondo il quale non sono soggette ad estinzione le pene (pecuniarie e detentive) per i condannati per i quali sia stata applicata la recidiva di cui al capoverso dell’art. 99, che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza o che, durante il tempo necessario per l’estinzione della pena, abbiano riportato una condanna per reati della stessa indole.
Cass. pen. n. 5516/1996
L’art. 172, comma 4, c.p., stabilisce il momento di decorrenza del termine di prescrizione della pena in rapporto agli ostacoli che possono frapporsi alla sua esecuzione, utilizzando il principio contra non valentem agere non currit praescriptio: pertanto nei casi in cui l’esecuzione della condanna sia subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, è previsto che il tempo necessario all’estinzione della pena comincia a decorrere dal giorno in cui il termine si è compiuto o la condizione si è avverata. Ne consegue che, nell’ipotesi di un indulto sottoposto alla condizione risolutiva della commissione di un nuovo reato, il termine di prescrizione deve farsi decorrere dal momento in cui, verificatasi la decadenza dal beneficio, la pena può essere concretamente posta in esecuzione. Tale momento non coincide temporalmente con la data del passaggio in giudicato della sentenza di condanna comportante la perdita del beneficio anteriormente concesso, bensì con la data in cui, disposta la revoca del condono, il relativo provvedimento è divenuto irrevocabile. (Nell’enunciare il principio di cui sopra, la S.C. ha osservato che è bensì vero che le cause di revoca stabilite dai singoli decreti di clemenza si realizzano quando intervengono le condizioni di fatto che le pongono in essere, e la relativa pronuncia giudiziale ha natura dichiarativa e contenuto meramente accertativo di una situazione oggettiva, alla quale è collegata ope legis la decadenza dal beneficio indulgenziale, ma è altresì incontestabile che per la concreta espiazione della pena cui inerisce il beneficio revocando occorre indeclinabilmente la previa declaratoria del giudice, che deve essere assunta ai sensi dell’art. 674 c.p.p. a conclusione di un procedimento diretto alla verifica della sussistenza delle condiciones juris — natura del nuovo reato, tempo della sua commissione, entità della pena — cui è subordinata l’applicazione della sanzione revocatoria, e che, in mancanza di quella declaratoria, la pena non è suscettibile di esecuzione, essendo ancora in vigore il provvedimento concessivo del beneficio che conserva efficacia finché non venga formalmente rimosso).
Cass. pen. n. 5145/1995
Al fine dell’individuazione del dies a quo per il decorso della prescrizione della pena, in caso di revoca di benefici, si deve far riferimento al momento in cui siano per legge maturate le condizioni che avrebbero dovuto portare alla revoca stessa, a prescindere dal fatto che queste siano state, o non, subito dichiarate, in quanto le cause di revoca dei benefici operano di diritto, e cioè all’atto del verificarsi dei loro presupposti, e le sentenze che le accertano rivestono natura meramente dichiarativa e non costitutiva.
Cass. pen. n. 294/1994
L’art. 172 c.p., che disciplina l’estinzione della pena per prescrizione, prevede al quinto comma che, se l’esecuzione è subordinata al verificarsi di una condizione, il tempo necessario per l’estinzione della pena decorre dal giorno in cui tale condizione si è verificata; pertanto, nell’ipotesi di revoca dell’indulto condizionato, il termine di prescrizione della pena decorre dalla data del provvedimento che revoca quello di applicazione dell’indulto medesimo.
Cass. pen. n. 4460/1994
In tema di estinzione della pena per decorso del tempo, l’art. 172 c.p. individua il relativo dies a quo nel momento in cui la sentenza di condanna è divenuta «irrevocabile», aggettivo, quest’ultimo, che indica la connotazione della sentenza richiesta dalla legge per la sua concreta utilizzazione come titolo esecutivo. (Fattispecie in cui la difesa del ricorrente sosteneva che il principio della formazione progressiva del giudicato, conseguente ad annullamento parziale dell’impugnata sentenza da parte della Cassazione, ex art. 545, comma primo, c.p.p. del 1930, contrasterebbe con il disposto dell’art. 172 c.p., che postula l’esistenza di un unico dies a quo dal quale comincia a decorrere il termine prescrizionale della pena; la Cassazione ha ritenuto infondato tale assunto sul rilievo che la «definitività» del giudicato va distinta dalla sua «eseguibilità», la quale, nel caso appunto di giudicato «parziale», è differita al successivo momento in cui la sentenza sia divenuta definitiva in ogni sua parte).
Cass. pen. n. 2097/1989
La recidiva, sia in quanto costituisce uno status personale dell’imputato (o dell’interessato), sia in quanto rappresenta una circostanza aggravante del reato, può essere presa in considerazione, ad ogni effetto giuridico, solo se dichiarata dal giudice di merito. Tale principio vale anche in tema di estinzione della pena a seguito di decorso del tempo, che necessita di una dichiarazione giudiziale, sicché non è consentito al giudice della esecuzione, ai fini dell’art. 172, settimo comma, c.p., desumere la recidiva dall’esame del certificato penale, in mancanza di una dichiarazione giudiziale emessa in sede cognitiva.
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