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Art. 598 — Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative

Art. 598 — Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative

Non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi all’Autorità giudiziaria, ovvero dinanzi a un’Autorità amministrativa, quando le offese concernono l’oggetto della causa o del ricorso amministrativo.

Il giudice, pronunciando nella causa, può, oltre ai provvedimenti disciplinari, ordinare la soppressione o la cancellazione, in tutto o in parte, delle scritture offensive, e assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale [ 185 ]. Qualora si tratti di scritture per le quali la soppressione o cancellazione non possa eseguirsi, è fatta sulle medesime annotazioni della sentenza [ 89 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 14542/2017

In tema di diffamazione, la causa di non punibilità prevista dall’art. 598 cod. pen. e la scriminante di cui all’art. 51 cod. pen. operano su piani diversi, la prima non escludendo l’antigiuridicità del fatto ma solo l’applicazione della pena e ricomprendendo anche condotte di offesa non necessarie, purchè inserite nel contesto difensivo; la seconda ricollegandosi, invece, all’esercizio del diritto di difesa e richiedendo il requisito della necessarietà ed il rispetto dei limiti di proporzionalità e strumentalità. (In applicazione del principio, la Corte ha precisato che le offese non punibili ai sensi dell’art. 598 cod. pen. sono solo quelle che si riferiscono all’oggetto della causa ed hanno una qualche finalità difensiva).

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Cass. pen. n. 33262/2016

L’applicabilità della scriminante di cui all’art. 598, comma primo, cod. pen., presuppone che le espressioni offensive concernono, in modo diretto ed immediato, l’oggetto della controversia, rilevino ai fini delle argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata e siano adoperate in scritti o discorsi dinanzi all’autorità giudiziaria. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva escluso la ricorrenza della scriminante in relazione a frasi calunniose pronunziate dall’imputato all’indirizzo del P.M. in udienza, senza alcun collegamento con specifiche argomentazioni difensive).

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Cass. pen. n. 20058/2015

L’esimente di cui all’art. 598 c.p. – concernente la non punibilità delle offese contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie e amministrative, funzionale al libero esercizio del diritto di difesa, è circoscritta all’ambito del giudizio ordinario od amministrativo nel corso del quale le offese siano proferite, a condizione che siano pertinenti all’oggetto della causa o del ricorso amministrativo, con la conseguenza che essa non è applicabile qualora le espressioni offensive siano divulgate in altra sede. (Fattispecie in cui sono state pubblicate affermazioni dell’imputato, contenute in un esposto all’autorità amministrativa, risultate infondate).

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Cass. pen. n. 48544/2011

In tema di diffamazione, sussiste l’esimente di cui all’art. 598 c.p. – per il quale non sono punibili le offese contenute negli scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative – allorché le espressioni offensive siano contenute in uno scritto indirizzato dal dipendente al Collegio di conciliazione dell’Ufficio provinciale del lavoro, previsto dall’art. 410 c.p.c., in quanto l’attività svolta dinanzi a detta Commissione – cui è demandato dalla legge il compito di svolgere il tentativo obbligatorio di conciliazione delle controversie di lavoro – costituisce un’attività strumentale e, quindi, paragiudiziale e propedeutica a quella giudiziaria, posto che deve essere obbligatoriamente esperita a pena di improcedibilità dell’azione giudiziaria dinanzi al giudice del lavoro; inoltre, la predetta Commissione è organo istituito dal Ministero del Lavoro, con la conseguenza che detta attività si svolge dinanzi ad una autorità amministrativa; infine, le suddette espressioni offensive, in quanto descrittive della condotta ingiusta e persecutoria del soggetto attivo, concernono in modo diretto ed immediato l’oggetto della controversia e sono, quindi, strumentali all’esercizio del diritto di difesa, che il legislatore vuole garantire nella sua pienezza, anche a costo di soccombenza dei beni protetti dagli art. 594 e 595 c.p..

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Cass. pen. n. 22743/2011

Ai fini dell’applicabilità dell’esimente di cui all’art. 598 c.p. – in virtù della quale non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunziati dalle parti o dai loro patrocinatori innanzi alla autorità giudiziaria – è sufficiente che le offese provengano dalle parti o dai loro patrocinatori e che concernano l’oggetto della causa o del ricorso pendente innanzi alla autorità giudiziaria o a quella amministrativa, a nulla rilevando che esse siano dirette a persone diverse dalle controparti o dai loro patrocinatori. Ne deriva che rientrano nel campo di operatività della norma in questione anche le offese dirette ai giudici delle precedenti fasi del giudizio o ai loro ausiliari, purché esse concernano l’oggetto della causa, dal momento che la “ratio legis”è quella di consentire la massima libertà nella esplicazione del diritto di difesa. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha ritenuto l’operatività dell’esimente di cui all’art. 598 c.p. relativamente ad offese – contenute in una memoria depositata nel corso di un giudizio civile – dirette, al magistrato che, in sede penale, aveva condotto le indagini conclusesi con l’archiviazione su sua richiesta).

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Cass. pen. n. 20882/2011

In tema di diffamazione, qualora l’atto giudiziario redatto dal difensore contenga affermazioni o espressioni diffamatorie, la relativa responsabilità penale in ordine al reato di cui all’art. 595 c.p. (ove non sussistano le condizioni per l’applicazione dell’esimente prevista dall’art. 598 c.p.), può estendersi, in virtù della disciplina generale in materia di concorso di persone nel reato, alla parte che abbia riferito al difensore quanto da questi poi trasfuso nel testo incriminato. (Nella specie l’imputato aveva ammesso di avere letto le espressioni oggetto di imputazione prima che il ricorso venisse depositato).

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Cass. pen. n. 32325/2010

L’esimente di cui all’art. 598 c.p. – secondo il quale non sono punibili le offese contenute negli scritti e nei discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative – non si applica alle accuse calunniose contenute in tali atti, in quanto la citata disposizione si riferisce esclusivamente alle “offese”e non può quindi estendersi alle eventuali espressioni calunniose. (Fattispecie relativa alla presentazione di un esposto contro un magistrato indirizzato al Consiglio superiore della magistratura, al Ministro della giustizia e al dirigente dell’ufficio di appartenenza del magistrato stesso, e inteso all’instaurazione di un procedimento disciplinare nei suoi confronti).

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Cass. pen. n. 24003/2010

L’esimente di cui all’art. 598 c.p. non è applicabile alle espressioni offensive contenute in un esposto inviato per comunicazione al Consiglio dell’Ordine forense.

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Cass. pen. n. 33453/2008

L’esimente di cui all’art. 598 c.p. è applicabile alle offese contenute in un esposto inviato al Consiglio dell’Ordine forense.

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Cass. pen. n. 15525/2008

È legittima l’applicazione dell’esimente di cui all’art. 598 c.p. — che prevede la non punibilità delle offese contenute negli scritti presentati dalle parti o dai loro patrocinatori dinanzi all’autorità giudiziaria — alla persona offesa non costituita parte civile, quando essa sia autorizzata a dedurre dinanzi all’autorità giudiziaria sull’oggetto della causa, in vista della potenziale assunzione della veste di parte civile.

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Cass. pen. n. 9071/2008

In tema di diffamazione, è applicabile l’esimente di cui all’art. 598 c.p. – per il quale non sono punibili le offese contenute negli scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative – qualora le espressioni offensive siano contenute in un ricorso presentato al Presidente del Tribunale, in funzione di presidente del comitato per la tenuta dell’Albo dei consulenti tecnici, in quanto tale comitato è un organo pubblico avente giurisdizione disciplinare, con la conseguenza che nel relativo procedimento l’autore dello scritto riveste la qualità di parte; tuttavia, occorre anche, ai fini dell’operatività dell’esimente di cui all’art. 598 c.p., che le espressioni ingiuriose concernano, in modo diretto e immediato, l’oggetto della controversia ed abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata. (Nella specie, la Corte ha rilevato che l’accertamento del nesso tra le offese e l’oggetto della contesa dipende da un giudizio di mero fatto, incensurabile in sede di legittimità, ove sorretto da adeguata motivazione).

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Cass. pen. n. 13791/2007

L’esimente prevista dall’art. 598 c.p. che prevede la non punibilità delle offese contenute negli scritti presentati dinanzi all’autorità giudiziaria quando le offese concernono l’oggetto della causa, non si applica al consulente tecnico di parte nel giudizio civile, in quanto lo stesso non è equiparabile né alle parti, né ai loro patrocinatori, ai quali espressamente ed esclusivamente si riferisce la citata disposizione.

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Cass. pen. n. 1798/2007

Sussiste l’esimente di cui all’art. 598 c.p. – per il quale non sono punibili le offese contenute negli scritti e nei discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative – qualora un legale scriva una lettera con la quale si addebitino fatti di reato (nella specie di avere reso dichiarazioni giudiziarie mendaci, diffamatorie e calunniose in relazione ad un procedimento per minaccia, successivamente archiviato), attribuiti dal proprio cliente alla destinataria della diffida stragiudiziale, considerato che l’esercizio di un diritto scrimina, sempre che sia rispettato il limite della continenza, se il fatto offensivo è vero e che, in tale ambito, rientra anche lo ius postulandi e defendendi sia nel momento giudiziale e processuale sia in quello preprocessuale, preparatorio e strumentale all’esercizio di esso

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Cass. pen. n. 6701/2006

In tema di diffamazione, la competenza a decidere sulla richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale per le offese contenute negli scritti presentati nei procedimenti dinanzi alla autorità giudiziaria, scriminabili ai sensi dell’art. 598 c.p., spetta solo al giudice della causa nell’ambito della quale furono scritte le frasi offensive, il quale è l’unico idoneo a valutare, a conclusione del giudizio, se la giustificazione di quelle offese debba escludere anche la risarcibilità del danno non patrimoniale eventualmente patito da colui cui furono rivolte. (Fattispecie nella quale tali frasi erano contenute in un atto di opposizione a decreto ingiuntivo e la Corte ha dichiarato che il giudice penale che aveva applicato la causa di non punibilità era incompetente, nella specie, a decidere sul risarcimento del danno previsto dal comma secondo dell’art. 598 c.p.).
L’art. 598 c.p., nella parte in cui prevede il risarcimento del danno per le frasi offensive che «concernono» l’oggetto della causa, va inteso come riferibile a quelle offese che, pur non necessarie, siano comunque strumentali alla difesa, ed esso si pone in contraddizione solo apparente rispetto all’art. 89 c.p.c., che dispone il risarcimento soltanto per le frasi offensive che «non riguardano» l’oggetto della causa. Quest’ultima norma va infatti intesa come riferibile alle offese non necessarie alla difesa, sebbene ad essa non estranee.

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Cass. pen. n. 46864/2005

In tema di diffamazione, sussiste l’esimente di cui all’art. 598 c.p. — per il quale non sono punibili le offese contenute negli scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative — allorché le espressioni offensive siano contenute in una diffida stragiudiziale prodromica alle successive iniziative legali ed in particolare all’instaurazione di un giudizio di natura arbitrale e, quindi, ricompresa nell’esercizio del diritto di difesa.

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Cass. pen. n. 39934/2005

La ragione dell’immunità giudiziale prevista dall’art. 598 c.p. sta nell’escludere la punibilità di quelle espressioni pronunciate nel corso di una vicenda giudiziaria, che pur riguardando l’oggetto della causa, siano esorbitanti rispetto alle necessità difensive, restino cioè estranee all’ambito dell’esercizio della difesa tutelato dall’art. 51 c.p.

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Cass. pen. n. 40452/2004

In tema di diffamazione, l’esimente di cui all’art. 598 c.p., in base al quale sono punibili le offese contenute negli scritti presentati nei discorsi pronunziati dalle parti o dai loro patrocinatori innanzi all’autorità giudiziaria, costituisce applicazione estensiva del più generale principio posto dall’art. 51 c.p. (esercizio di un diritto o adempimento di un dovere) ed è applicabile anche alle offese contenute nell’atto di citazione, sempre che le stesse riguardino l’oggetto della causa in modo diretto ed immediato. Deve essere esclusa, al contrario, la necessità che le offese abbiano anche un contenuto minimo di verità, o che la stessa sia in qualche modo deducibile dal contesto, in quanto l’interesse tutelato è la libertà di difesa nella sua correlazione logica con la causa a prescindere dalla fondatezza dell’argomentazione.

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Cass. pen. n. 15585/2004

L’esimente prevista dall’art. 598 c.p. (non punibilità delle offese contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie e amministrative) non è applicabile qualora le espressioni offensive siano contenute in un esposto diretto ad una Commissione regionale di vigilanza (nella specie per l’edilizia economica e popolare) e preordinato a provocare controlli, in quanto non si tratta di atto direttamente e tipicamente funzionale all’instaurazione di un procedimento giudiziario o amministrativo e, pertanto, non rientra nell’ambito di operatività della tutela di cui all’art. 598 c.p.

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Cass. pen. n. 5384/2003

In tema di diffamazione, l’esimente di cui all’art. 598, comma 1, c.p. è applicabile anche alle offese contenute in un’istanza di ricusazione proposta nell’ambito del procedimento principale, trattandosi di atto funzionale all’esercizio del diritto di difesa, anche se non direttamente connesso al merito della causa.

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Cass. pen. n. 40725/2002

L’esimente di cui all’art. 598 c.p. (non punibilità delle offese contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie e amministrative) non è applicabile qualora le espressioni offensive siano contenute in un esposto inviato al Consiglio dell’Ordine forense, in quanto l’autore dell’esposto non è parte nel successivo giudizio disciplinare e l’esimente di cui all’art. 598 c.p. attiene agli scritti difensivi, in senso stretto, con esclusione di esposti e denunce, pur se redatti da soggetti interessati.

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Cass. pen. n. 10087/2000

In relazione ad offese contenute in scritti o discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie, ed ai fini della applicabilità della esimente prevista dall’art. 598 c.p., è sufficiente che le offese provengano dalle parti o dai loro patrocinatori e che concernano l’oggetto della causa o del ricorso pendente innanzi alla autorità giudiziaria o a quella amministrativa, a nulla rilevando che esse siano dirette a persone diverse dalle controparti o dai loro patrocinatori; rientrano pertanto nel campo di operatività della norma anche le offese dirette ai giudici delle precedenti fasi del giudizio o ai loro ausiliari, purché esse concernano l’oggetto della causa, dal momento che la ratio legis è quella di consentire la massima libertà nella esplicazione del diritto di difesa. (Fattispecie in cui l’imputato aveva offeso la reputazione di un magistrato onorario, affermando, in un ricorso di opposizione all’esecuzione avente ad oggetto il rilascio di un immobile, che il predetto giudice era prevenuto in quanto infastidito dal fatto che altro magistrato aveva sospeso l’esecuzione ed anticipato l’udienza).

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Cass. pen. n. 12057/1998

In tema di delitti contro l’onore, perché possa ricorrere la scriminante prevista dall’art. 598 c.p. (relativa alle offese eventualmente contenute in scritti presentati o discorsi pronunciati dalle parti o dai loro difensori in procedimenti innanzi alla autorità giudiziaria od amministrativa), è necessario che le espressioni ingiuriose concernano, in modo diretto ed immediato, l’oggetto della controversia ed abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata o per l’accoglimento della domanda proposta. Pertanto, da un lato, deve ritenersi invalicabile il vincolo della rilevanza della offesa in ordine all’oggetto della controversia, dall’altro, deve ritenersi non possa sussistere alcun diritto ad offendere persone che, essendo estranee e non collegate in modo diretto alla domanda proposta dal giudice, non possono assumere alcun ruolo nel procedimento. (Nella fattispecie, la Cassazione ha rigettato il ricorso dell’imputato, condannato nella fase di merito per diffamazione, che aveva invocato la applicazione della scriminante in parola con riferimento alle frasi offensive, rivolte a terza persona, contenute in una istanza diretta ad ottenere la interdizione del fratello del ricorrente, e non necessarie né per la progettazione dei fatti, né per la dimostrazione della fondatezza della domanda).

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Cass. pen. n. 6544/1998

Ai fini dell’applicabilità dell’esimente di cui all’art. 598 c.p. è definibile in termini di «procedimento» la procedura instaurata dal consiglio notarile su impulso del pubblico ministero, cui sia pervenuto l’esposto contenente espressioni offensive della reputazione, giacché il consiglio esercita oggettivamente poteri propri di una autorità amministrativa, qual è l’esercizio del potere disciplinare, sottoposto su impulso del notaio e successivo controllo giurisdizionale. Di conseguenza, l’autore dell’esposto è da considerare come parte. (Fattispecie in cui un notaio aveva offeso in un esposto diretto al pubblico ministero la reputazione di un altro notaio. La S.C. ha riconosciuto la correttezza dell’applicazione dell’esimente).

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Cass. pen. n. 5403/1989

La non punibilità del difensore prevista dall’art. 598 c.p. è limitata agli scritti presentati e ai discorsi pronunciati nei procedimenti davanti agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa (sempre che le offese concernano l’oggetto della causa o del ricorso) e non si estende agli scritti che, pur redatti dal difensore, abbiano altra destinazione. (Fattispecie relativa a diniego dell’esimente per lettera redatta da difensore e destinata alla pubblicazione a mezzo stampa).

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Cass. pen. n. 11745/1988

Per l’applicabilità della scriminante prevista dall’art. 598 c.p. le offese devono concernere l’oggetto della causa in modo diretto e non mediato e devono, quindi, concretizzarsi in riferimento ai fatti che hanno dato luogo alla controversia; tali riferimenti devono comunque essere espressi nel corso di scritti difensivi o discorsi, cioè nel corso del compimento di atti processuali di difesa. (In base a tale principio la corte non ha ritenuto l’ipotesi di applicazione della scriminante nel caso di ingiuria volta da una parte alla controparte in sala di attesa di udienza civile).

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Cass. pen. n. 5070/1987

L’ambito dell’efficacia esimente dall’esercizio del diritto di difesa ex art. 598 c.p., non è stato superato né esteso dall’art. 24 della Costituzione, sicché non è consentito, con operazione interpretativa abrogante del citato art. 598, collegare direttamente la norma costituzionale con l’art. 51 c.p. per dedurre un’applicazione della generica esimente ivi prevista all’esercizio del diritto di difesa fuori dei suoi limiti legali e naturali. (Nella fattispecie un avvocato aveva ritenuto di esercitare il diritto di difesa con l’uso di più penetranti mezzi di pubblicità — giornali e televisione — per tutelare gli interessi della sua assistita nell’imminenza della decisione di un suo ricorso).

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Cass. pen. n. 3639/1987

Per l’applicabilità dell’esimente prevista dall’art. 598 c.p. (offese in scritti o discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative) occorre che le offese concernano l’oggetto della causa; tale nesso può consistere in qualsiasi collegamento logico, anche indipendentemente dalla necessità o dall’utilità delle difese ai fini dell’esercizio del relativo diritto. Ne consegue che rimangono pur sempre punibili quelle espressioni ingiuriose o diffamatorie che non si trovino in rapporto con l’oggetto della causa, cioè, che siano estranee o esorbitanti rispetto ad esso.

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Cass. pen. n. 1368/1987

L’esimente di cui all’art. 598 c.p. non può essere mai applicata allorché gli scritti contenenti espressioni offensive siano inviati non solo a coloro che ne debbono essere i destinatari nell’ambito del processo, ma anche ad altre persone, che nel processo non possono e non debbono avere alcuna parte. In tale ipotesi infatti, mentre non può ritenersi sussistente la condizione richiesta dalla stessa lettera della legge che, parlando di scritti presentati dinanzi all’autorità giudiziaria, intende evidentemente riferirsi a scritti destinati ad essere utilizzati unicamente all’interno del processo, d’altro lato viene a mancare, in relazione all’ulteriore diffusione dello scritto, il fondamento stesso dell’esimente e cioè la necessità degli interessati di difendersi e tutelare le proprie ragioni.

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Cass. pen. n. 14192/1977

L’esimente di cui all’art. 598 c.p. non è applicabile alle offese contenute in un atto di citazione, perché questo atto viene notificato prima della costituzione delle parti e quindi prima che si sia instaurato un procedimento dinanzi all’autorità giudiziaria.

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Cass. pen. n. 350/1972

Le offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie debbono concernere l’oggetto della causa in modo diretto e non mediato e opinabile. (Fattispecie in cui un avvocato convenuto in giudizio per questioni non attinenti alla professione, era stato leso nel prestigio professionale).

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Cass. pen. n. 635/1971

Ai fini della scriminante di cui all’art. 598 c.p. gli atti presentati alle competenti autorità giudiziarie o amministrative debbono provenire da un soggetto che sia parte in un procedimento; va escluso ogni altro scritto che, come le copie e i ricorsi amministrativi, non valgono a costituire un rapporto contenzioso.

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