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Art. 440 — Adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari

Art. 440 — Adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari

Chiunque corrompe o adultera acque o sostanze destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, rendendole pericolose alla salute pubblica, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

La stessa pena si applica a chi contraffà, in modo pericoloso alla salute pubblica, sostanze alimentari destinate al commercio.

La pena è aumentata [ 64 ] se sono adulterate o contraffatte sostanze medicinali [ 442, 443, 448, 452 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 22618/2014

In tema di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari, il reato di cui all’art. 440 cod. pen. è a forma libera, potendo essere realizzato anche mediante attività non occulte o fraudolente, mentre l’elemento soggettivo è il dolo generico, essendo sufficiente la mera coscienza e volontà della condotta e dell’evento ad essa ricollegabile, senza necessità di perseguire specificamente l’obiettivo di realizzare un attentato alla salute pubblica. (Fattispecie in cui è stata ritenuta penalmente rilevante la vendita da parte del titolare di una macelleria di carne tritata fresca preparata con solfito di sodio in violazione del D.M. n. 209 del 1996, la cui consumazione aveva provocato lesioni personali gravissime ad un cliente).

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Cass. pen. n. 50566/2013

La realizzazione, in funzione della successiva messa in commercio, di un farmaco privato del suo principio attivo, sostituito con altro di minore o di nessuna efficacia, che non lo renda pericoloso per la salute pubblica integra il reato di cui all’art. 443 cod. pen. in quanto in tal modo il farmaco medesimo non viene né adulterato né contraffatto ma reso solo imperfetto. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la decisione del tribunale del riesame che aveva ritenuto configurabile il delitto di cui all’art. 440 cod. pen.).

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Cass. pen. n. 17979/2013

In tema di reati contro l’incolumità pubblica, tra l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 440 c.p. (adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari) e quella di cui all’art. 444 c.p. (commercio di sostanze alimentari nocive) la differenza sostanziale non risiede nella natura delle sostanze prese in considerazione, bensì nell’attività posta in essere dal soggetto agente, considerato che l’elemento materiale della prima ipotesi è costituito dall’opera di corruzione o adulterazione delle sostanze alimentari destinate all’alimentazione o al commercio, mentre l’elemento oggettivo della seconda consiste nella detenzione per il commercio o nella distribuzione per il consumo di sostanze che non siano state contraffatte o adulterate ma che siano, comunque, pericolose per il consumatore, di guisa che il carattere nocivo della sostanza non dipende in quest’ultima ipotesi da una “immutatio”tra quelle descritte nella prima ipotesi (alterazione, corruzione, adulterazione), ma da altre cause, quali ad esempio il cattivo stato di conservazione la provenienza delle carni da animali malati. Ne consegue che, pur costituendo entrambe le fattispecie criminose delitti di pericolo concreto che richiedono l’accertamento in concreto dello stato di pericolo – ancorché la sostanza pericolosa non abbia causato danno – trattasi di ipotesi non compatibili nel senso che esse possono ricorrere solo in via alternativa.

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Cass. pen. n. 604/2010

Integra il reato di contraffazione di sostanze alimentari la somministrazione di sostanze nocive (nella specie, estrogeni, cortisonici, sostanze ad effetti steroidei e ormoni) a bovini ancora vivi, che pur non potendo considerarsi, sotto il profilo fisiologico, come sostanze destinate all’alimentazione, tali devono considerarsi sotto quello funzionale, essendo essi di norma destinati, dopo la macellazione, all’alimentazione umana.

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Cass. pen. n. 20391/2005

La condotta del gestore di un bar che somministri, per mero errore, al posto di un bicchiere d’acqua, uno contenente liquido per lavastoviglie, custodito in una bottiglia recante l’etichetta di una nota acqua minerale, non integra alcuna ipotesi di reato di comune pericolo mediante frode (artt. 439, 440, 441, 442, 444 c.p.) in quanto manca la condotta tipica consistente nell’attività di avvelenamento, contraffazione o messa in commercio di sostanze alimentari, trattandosi invece di somministrazione per mero errore di fatto di una sostanza nociva per la salute ma non destinata all’alimentazione. (In motivazione si rileva che nella condotta potrà ravvisarsi, sussistendone le condizioni di procedibilità, il delitto di lesioni colpose).

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Cass. pen. n. 20999/2004

Sono configurabili, e concorrono tra loro, i reati di contraffazione di sostanze alimentari (art. 440 c.p.), commercio di sostanze alimentari nocive (art. 444 c.p.) e falso per soppressione di certificati commesso da privato (artt. 477, 482 e 490 c.p.), nella condotta di chi, disponendo di animali bovini regolarmente muniti di marchio identificativo auricolare e del corrispondente «passaporto» cartaceo, attestanti l’avvenuta sottoposizione ai prescritti controlli sanitari, asporti il suddetto marchio per applicarlo, abbinandolo al relativo «passaporto» ad altri animali destinati alla macellazione ed al successivo impiego alimentare, non sottoposti ai summenzionati controlli.

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Cass. pen. n. 7170/1997

Il codice penale, nell’art. 440, punisce il delitto di corrompimento od adulterazione di acque, prima che queste siano attinte o distribuite per il consumo, sicché il delitto si realizza con il fatto del corrompimento o dell’adulterazione: l’uso effettivo delle acque non è necessario e tanto meno occorre che ne sia derivato un danno attuale alla salute delle persone. Pertanto, non è richiesta una qualche forma diretta od indiretta di opera per la destinazione al consumo umano, ma è sufficiente la potenziale attingibilità ed utilizzabilità. (La S.C., nel rigettare il ricorso dell’imputato, ha ritenuto che le acque, quale risorsa naturale nella loro purezza, siano l’oggetto specifico della protezione legale, “ancorché non estratte dal sottosuolo”, come recita l’art. 1 L. 5 gennaio 1994, n. 36; che la protezione del valore alimentare anche futuro delle acque di falda, potenzialmente raggiungibili con le moderne tecnologie per lo sfruttamento ad uso umano, deve essere assicurato in loco da ogni forma arbitraria di corrompimento od adulterazione, non solo dolosa, ma anche e soltanto colposa, come nel caso di specie; che la sentenza impugnata dà atto, con adeguata motivazione, del grave inquinamento della falda e del nesso di causalità con la fuoriuscita del percolato della discarica illegittimamente gestita).

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Cass. pen. n. 6204/1997

Il reato di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari — previsto dall’art. 440 c.p. — non può ritenersi assorbito da leggi che sanzionino a titolo di contravvenzione la somministrazione ad animali di determinate sostanze, ogni qual volta si verifichino gli elementi costitutivi del delitto in questione che è reato di pericolo: modificazione in senso deteriore delle carni degli animali, destinazione delle stesse al consumo, pericolo per la salute pubblica; e la circostanza che la alterazione delle carni avvenga in animali vivi non esclude il reato, ove si tratti di animali di allevamento destinati al consumo alimentare una volta macellati. La nozione di pericolo per la salute pubblica va oltre la semplice finalità di prevenzione propria delle contravvenzioni, ed implica l’accertamento di un nesso tra consumo e danno alla salute fondato quanto meno su rilievi statistici che valgano a costituire un rapporto tra i due fatti in termini di probabilità.

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Cass. pen. n. 2953/1997

Il reato di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari — previsto dall’art. 440 c.p. — è di mero pericolo, di guisa che, perfezionandosi con la semplice adulterazione o contraffazione di una sostanza destinata alla alimentazione, da cui derivi un pericolo per la salute pubblica, per la sua sussistenza non è necessario che in concreto si verifichi un evento dannoso.

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Cass. pen. n. 5411/1994

Nel caso di inquinamento, per infiltrazioni di rifiuti, di una falda acquifera, destinata direttamente o indirettamente all’alimentazione, la classificazione dei rifiuti prevista dal D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, è estranea alla configurazione del reato di cui all’art. 440 c.p., a tal fine rilevando soltanto l’idoneità dei rifiuti attribuiti all’agente, a prescindere dalla loro natura, a rendere l’acqua pericolosa per la salute pubblica.

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Cass. pen. n. 4436/1994

Il reato previsto dall’art. 440 c.p. e quello di cui all’art. 76 D.P.R. n. 162 del 1965 non tutelano lo stesso bene giuridico, in quanto, mentre il primo tutela la salute pubblica, il secondo tende solo alla repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei vini: pertanto essi possono concorrere.

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Cass. pen. n. 11395/1993

In materia di delitti di comune pericolo mediante frode, deve escludersi ogni rilievo della distinzione tra alimenti e sostanze destinate all’alimentazione. Infatti, mentre l’art. 440 c.p., sotto la rubrica «adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari, fa indistintamente riferimento alle “sostanze destinate all’alimentazione” (primo comma) e alle “sostanze alimentari” (secondo comma), l’art. 444 dello stesso codice, sotto la rubrica “commercio di sostanze alimentari nocive”, si riferisce nel suo testo alle “sostanze destinate all’alimentazione” senza in alcun modo menzionare le sostanze alimentari». (Riferimento ad un’ipotetica somministrazione a bovini da stalla di sostanze stilbeniche e di sostanze ad azione tireostatica).

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Cass. pen. n. 7260/1993

È configurabile il reato di cui all’art. 440 c.p. (Adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari) nella somministrazione di dietilstilbelbestrolo, sostanza estrogena di accertata azione cancerogenetica vietata dalla normativa vigente, a bovini allevati per essere immessi al consumo. (La Suprema Corte, nel disattendere la censura del ricorrente, il quale sosteneva che l’animale vivo non può considerarsi «sostanze alimentari», ha osservato che, anche se ciò è vero sotto un profilo strettamente fisiologico, quello che rileva nell’ipotesi di cui all’art. 440 c.p., è che la sostanza sia destinata all’alimentazione, né questo requisito viene meno per il fatto che l’effettiva finalità dell’alimentazione debba conseguirsi attraverso la macellazione o che il bovino, perché possa essere immesso al consumo debba essere sottoposto a controllo veterinario).
Non sussiste rapporto di specialità ai sensi dell’art. 15 c.p., tra la norma di cui all’art. 440 c.p. (Adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari) e quella di cui all’art. 3, comma 1, D.L.vo 27 gennaio 1992, n. 118 (somministrazione di sostanze stilbeniche o ad azione tireostatica ad animali da azienda). Infatti, la norma del codice penale si caratterizza per l’elemento della pericolosità per la salute pubblica, la cui esistenza, ai fini della configurabilità del reato, deve essere accertata concretamente, di volta in volta, attraverso la individuazione dei requisiti della sostanza somministrata; la violazione dell’art. 3, L. n. 118 del 1992 si realizza, invece, prescindendosi dall’elemento della pericolosità pubblica ancorché le sostanze stilbeniche o ad azione tireostatica possano esercitare un’azione dannosa sugli animali d’azienda, cui le sostanze stesse siano somministrate. (Fattispecie relativa a ritenuta sussistenza del reato di cui all’art. 440 c.p., e non di quello di cui all’art. 3, D.L.vo citato per il fatto della somministrazione a bovini di dietilstilbelbestrolo, sostanza cancerogenetica vietata).

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Cass. pen. n. 2555/1993

L’ipotesi prevista dall’art. 440 c.p. (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari) e quella di cui all’art. 3, primo comma, D.L. 27 gennaio 1992, n. 118 (somministrazione di sostanze stilbeniche o ad azione tireostatica ad animali da azienda) possono concorrere poiché non vi è assoluta identità di elementi tra le due norme incriminatrici. Infatti, nella struttura della norma di cui all’art. 3, primo comma del decreto citato sono assenti elementi quali il consistere la condotta, dolosa, in adulterazione o corrompimento e l’elemento della sicura pericolosità per la salute pubblica, mentre alla struttura del delitto di cui all’art. 440 c.p. è estraneo il consistere la condotta nella somministrazione di sostanze stilbeniche o ad azione tireostatica ad animali da azienda. (Nella specie il ricorrente aveva preteso l’applicabilità dell’art. 3, primo comma, D.L. n. 118 del 1992 in quanto norma speciale rispetto all’art. 440 c.p.).

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Cass. pen. n. 4026/1992

In tema di pericolosità dell’acqua inquinata secondo i criteri di cui all’art. 440 c.p., se gli accertamenti di natura tossicologica concernenti l’individuazione delle sostanze inquinanti e la loro intrinseca pericolosità sono di spettanza del perito, rientra nell’esclusiva competenza del giudice il giudizio circa l’effettiva possibilità di un pericolo per la salute pubblica rappresentato dall’acqua medesima.

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Cass. pen. n. 4765/1992

Il reato di adulterazione di sostanze alimentari, previsto dall’art. 440 c.p., esige una condotta diretta a determinare modifiche alla composizione chimica o delle caratteristiche delle sostanze alimentari, con esclusione di processi modificativi di carattere biologico o putrefattivo. (Nella specie la Cassazione ha rilevato che le carni bovine, messe in commercio dall’imputato, erano nocive non per un intervento modificativo diretto sulle stesse, ma per il trattamento dell’animale vivo con estrogeni, che aveva reso le carni pericolose per modificazione di tipo biologico, ed ha escluso quindi che ricorresse un’ipotesi di adulterazione punibile ai sensi del surricordato art. 440 c.p., ritenendo invece corretta la decisione del giudice di merito che aveva ravvisato nei fatti il reato di commercio di sostanze alimentari nocive — art. 444 c.p. — e quello di cui all’art. 5, L. n. 238 del 1962).

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Cass. pen. n. 1007/1966

A differenza delle sostanze alimentari adulterate, che sono nocive per la salute di ognuno, le sostanze medicinali contraffatte o adulterate sono pericolose per la salute pubblica perché, dovendo per definizione essere somministrate ad individui ammalati, possono precludere ad essi la possibilità di recuperare lo stato di salute compromesso dalla infermità o possono addirittura aggravarne le condizioni. La destinazione al commercio è elemento costitutivo del reato di cui all’art. 440 c.p. così come la messa in commercio è l’elemento costitutivo del reato di cui all’art. 443 stesso codice. Ne discende che l’ipotesi del reato impossibile per inidoneità dei medicinali a trarre in inganno i compratori può ricorrere in astratto sia nel reato di contraffazione di medicinali destinati al commercio, sia nel reato dell’effettiva vendita dei prodotti stessi.

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Cass. pen. n. 1503/1966

L’ultimo comma dell’art. 440 c.p., che ipotizza non un distinto titolo di reato bensì una circostanza che aggrava la pena, menziona espressamente i medicinali: consegue che gli stessi elementi che costituiscono il reato nella forma semplice debbono sussistere, mancando una disposizione contraria, per il reato nella forma aggravata. Non può ritenersi contraffatto ai fini di cui all’art. 440 c.p. un medicinale composto, sol perché i componenti del medicinale stesso, genuini nella loro essenza, siano stati dosati in misura tale da rendere il medicinale medesimo più o meno inefficiente allo scopo, e siasi, sull’involucro esteriore, dichiarato invece un dosaggio diverso, tale da rendere quel medicinale adeguato, secondo i dettami della scienza, alla sua funzione. Secondo l’art. 440 c.p., l’espressione «adulterare» sta a significare alterare la natura genuina di una sostanza destinata alla alimentazione, attraverso un procedimento con cui si aggiungono o si sostituiscono elementi nocivi alla Salute. La semplice sottrazione di elementi necessari al medicinale per la sua idoneità allo scopo terapeutico non costituisce il predetto reato bensì eventualmente quello di cui all’art. 443 c.p.

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