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Art. 439 — Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari

Art. 439 — Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari

Chiunque avvelena acque o sostanze destinate alla alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni.

Se dal fatto deriva la morte di alcuno, si applica l’ergastolo; e, nel caso di morte di più persone, si applica la pena [ di morte ] [ 448, 452 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 15216/2007

Per la configurabilità del reato di avvelenamento (ipotizzato, nella specie, come colposo) di acque o sostanze destinate all’alimentazione, pur dovendosi ritenere che trattasi di reato di pericolo presunto, è tuttavia necessario che un «avvelenamento» di per sé produttivo, come tale, di pericolo per la salute pubblica, vi sia comunque stato; il che richiede che vi sia stata immissione di sostanze inquinanti di qualità ed in quantità tali da determinare il pericolo, scientificamente accertato, di effetti tossico-nocivi per la salute. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto fondata ed assorbente la censura con la quale, da parte dell’imputato, dichiarato responsabile del reato de quo a causa dello sversamento accidentale in un corso di acqua pubblica di un quantitativo di acido cromico, si era denunciato il mancato accertamento, in sede di merito, dell’effettiva pericolosità della concentrazione di detta sostanza in corrispondenza del punto d’ingresso delle acque nell’impianto di potabilizzazione, essendosi ritenuto sufficiente il mero superamento dei limiti tabellari).

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Cass. pen. n. 6651/1985

Ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 439 c.p. l’avvelenamento delle acque destinate all’alimentazione non deve avere necessariamente potenzialità letale, essendo sufficiente che abbia la potenzialità di nuocere alla salute. Le acque considerate dall’art. 439 c.p. sono quelle destinate all’alimentazione umana, abbiano o non abbiano i caratteri biochimici della potabilità secondo la legge e la scienza. Pertanto è configurabile la fattispecie criminosa prevista dall’indicata norma anche se l’avvelenamento delle acque sia stato operato in acque batteriologicamente non pure dal punto di vista delle leggi sanitarie ma comunque idonee e potenzialmente destinabili all’uso alimentare. (Fattispecie in cui, trattandosi di sversamento nel terreno di sostanze inquinanti di origine industriale penetranti in falde acquifere, con conseguente avvelenamento dell’acqua di vari pozzi della zona, è stata respinta la tesi difensiva secondo cui per acqua destinata all’alimentazione deve intendersi solo l’acqua «potabile» a norma dell’art. 249 T.U. leggi sanitarie).

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