Art. 229 – Codice penale – Casi nei quali può essere ordinata la libertà vigilata

Oltre quanto è prescritto da speciali disposizioni di legge [212, 215, 219, 221, 224, 225, 230, 233, 234, 669, 692, 701, 713], la libertà vigilata può essere ordinata:
1) nel caso di condanna alla reclusione per un tempo superiore a un anno;
2) nei casi in cui questo codice autorizza una misura di sicurezza per un fatto non preveduto dalla legge come reato [49, 115].

Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 4302/2023

Non viola il divieto di "reformatio in peius" il giudice di appello che, anche nel caso di impugnazione proposta dal solo imputato, aggravi le modalità di esecuzione della misura di sicurezza applicata dal primo giudice, dovendo le prescrizioni essere idonee ad evitare l'occasione di nuovi reati e potendo le stesse essere, pertanto, suscettibili di successive modifiche o limitazioni.

Cass. pen. n. 33591/2015

A seguito dell'abrogazione dell'art. 204 c.p., ricorrendo uno dei casi dell'art. 230 c.p., il giudice è tenuto ad applicare la misura di sicurezza della libertà vigilata, solo una volta accertata la pericolosità sociale. Invece, nelle ipotesi previste dall'art. 229 c.p., pur riconosciuta come esistente la pericolosità sociale del reo, il giudice può decidere di non infliggere la misura, purché tale scelta sia adeguatamente motivata in ragione dello spessore e del grado della pericolosità sociale del reo e della mancanza di necessaria "proporzionalità" della misura al significato dei reati commessi e prevedibili.

Cass. pen. n. 25830/2015

In tema di misure di sicurezza personali, costituiscono presupposti per l'applicazione della libertà vigilata, ai sensi dell'art. 229, n. 2. cod. pen., la realizzazione di un cosiddetto "quasi reato", la volontarietà del comportamento e la pericolosità del soggetto, che il giudice deve accertare secondo i parametri di cui all'art. 133 cod.pen., considerando, soprattutto, il reato o i reati nella loro obiettività, specie quando, per gravità e specificità, assumano connotazioni di significativo rilievo.

Cass. pen. n. 3976/1988

La libertà vigilata facoltativa può essere ordinata dal giudice, ai sensi dell'art. 229 n. 1 c.p., in correlazione al giudizio di pericolosità e indipendentemente da qualsiasi contestazione delle circostanze che possono importare la applicazione delle misure di sicurezza, quando la condanna superi un anno di reclusione. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, l'imputato aveva dedotto la nullità della sentenza per omessa contestazione della pericolosità sociale).

Cass. pen. n. 11089/1987

I presupposti per l'applicazione della misura della libertà vigilata ai sensi dell'art. 229, n. 2, c.p. sono: sussistenza obiettiva di un cosiddetto quasi reato; volontarietà del comportamento; sussistenza della pericolosità, da accertarsi in base ai parametri di cui all'art. 133 c.p.

Cass. pen. n. 2794/1986

Nel caso in cui il procuratore della Repubblica, essendosi iniziata l'azione penale, intenda richiedere l'applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata ex artt. 115 e 229, n. 2, c.p. è tenuto a rivolgere la domanda al giudice competente a conoscere del reato contenuto e non già al giudice di sorveglianza. (Fattispecie in tema di conflitto di competenza tra il giudice istruttore ed il giudice di sorveglianza).