Art. 609 – Codice di procedura penale – Cognizione della corte di cassazione
1. Il ricorso attribuisce alla corte di cassazione la cognizione del procedimento limitatamente ai motivi proposti [581, 597].
2. La corte decide altresì le questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del processo e quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 34588/2024
In tema di pornografia minorile, è ammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca la mancata applicazione dell'attenuante della minore gravità del fatto, riconosciuta per effetto della declaratoria di incostituzionalità, ad opera della sentenza della Corte costituzionale n. 91 del 2024, sopravvenuta alla decisione in grado di appello, dell'art. 600-ter, comma primo, n. 1, cod. pen., nella parte in cui non prevede che, nei casi di minore gravità, la pena sia diminuita in misura non eccedente i due terzi, a condizione che non emergano elementi di particolare allarme sociale tali da escludere, "ictu oculi", la configurabilità stessa della diminuente speciale.
Cass. civ. n. 32149/2024
Il delitto di riduzione in servitù, attuato mediante violenza e minaccia costringendo la vittima a prestazioni sessuali, non può concorrere, per il principio di specialità, con quello di violenza sessuale configurato in relazione alle medesime condotte, in quanto contiene tutti gli elementi costitutivi di quest'ultimo, nonché, in funzione specializzante, l'ulteriore requisito della riduzione in stato di soggezione continuativa.
Cass. civ. n. 29356/2024
In tema di violenza sessuale, l'esplicita e iniziale manifestazione di dissenso all'intrusione altrui nella propria sfera sessuale da parte della persona offesa non può ritenersi superata dai suoi successivi e impliciti comportamenti concludenti di segno contrario, sicché non è consentito all'agente confidare sulla mancata veridicità di un dissenso esplicito.
Cass. civ. n. 28485/2024
L'incompetenza per materia derivante da connessione, ai sensi dell'art. 15 cod. proc. pen., non rilevata d'ufficio o eccepita antecedentemente alla conclusione dell'udienza preliminare ovvero, quando questa manchi, subito dopo il compimento, per la prima volta, dell'accertamento della costituzione delle parti in dibattimento, non può essere eccepita, né rilevata per la prima volta in sede di legittimità, ostandovi il disposto di cui all'art. 21, comma 3, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 24547/2024
Ai fini della procedibilità d'ufficio del delitto di violenza sessuale, la connessione di cui all'art. 609-septies, comma quarto, n. 4, cod. pen., non è limitata alle ipotesi contemplate dall'art. 12 cod. proc. pen, ma comprende anche la connessione meramente investigativa prevista dall'art. 371, comma 2, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 23400/2024
In tema di ricorso per cassazione, deve formare oggetto di specifica deduzione, mediante la prospettazione della violazione del disposto degli artt. 309, comma 9 e 324, comma 7, cod. proc. pen., la mancanza assoluta di motivazione del decreto di sequestro preventivo in punto di "periculum in mora", causativa della nullità radicale di tale provvedimento e, pertanto, non integrabile dal Tribunale del riesame, posto che la Corte di cassazione, diversamente da quanto avviene per le ordinanze dispositive di misure cautelari personali ex art. 292, comma 2, cod. proc. pen., non può rilevarla d'ufficio.
Cass. civ. n. 20351/2024
In tema di recidiva, devono intendersi "reati della stessa indole" ex art. 101 cod. pen. non solo quelli che violano una medesima disposizione di legge, ma anche quelli che, pur se previsti da testi normativi diversi, presentano, in concreto, caratteri fondamentali comuni, in ragione della natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li hanno determinati. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione con la quale un delitto di violenza sessuale era stato ritenuto della stessa indole di un delitto di tentato omicidio in quanto commessi entrambi in danno di adolescenti, con l'utilizzo di una medesima tecnica delittuosa e in un'unica area territoriale).
Cass. civ. n. 18879/2024
In tema di pene accessorie, la durata della sospensione dall'esercizio di una professione, prevista dall'art. 609-nonies, comma primo, n. 5, cod. pen, dev'essere determinata, in concreto, dal giudice, con motivazione che indichi, tra i criteri enumerati dall'art. 133 cod. pen., quelli posti a fondamento del giudizio di gravità delle condotte e di negativa personalità dell'agente.
Cass. civ. n. 10649/2024
In tema di violenza sessuale di gruppo, l'attenuante del contributo di minima importanza, di cui all'art. 609-octies, comma quarto, cod. pen., può essere riconosciuta nel solo caso in cui l'apporto del concorrente, tanto nella fase preparatoria che in quella esecutiva, sia stato di minima, lievissima e marginale efficacia eziologica e risulti, perciò, del tutto trascurabile nell'economia generale della condotta criminosa, non essendo sufficiente, a tal fine, la minore efficienza causale della condotta dell'agente rispetto a quelle degli altri concorrenti. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva negato l'applicazione dell'attenuante nei confronti di taluni componenti di un gruppo che avevano fornito un contributo partecipativo alla sola fase preparatoria del reato, accerchiando la vittima unitamente ad altri, che l'avevano palpeggiata nelle parti intime).
Cass. civ. n. 1231/2024
L'ammissione al patrocinio a spese dello Stato di persona offesa dal delitto di violenza sessuale, costituitasi parte civile, non è ostativa alla provvisoria esecutività del capo della sentenza penale di condanna con cui alla stessa è riconosciuta la provvisionale, posto che tale ammissione, automatica "ex lege", a prescindere da limiti reddituali, non si traduce nell'accertamento di uno stato di insolvibilità della destinataria, tale da rendere impossibile o altamente difficoltoso il recupero della somma corrispostale a detto titolo nel caso di annullamento della sentenza.
Cass. civ. n. 50298/2023
In tema di pornografia minorile, la nozione di "attività sessuali" di cui all'art. 600-ter, comma settimo, cod. pen. va intesa in senso più ampio di quello riconosciuto alla diversa nozione di "atto sessuale", rilevante ai sensi dell'art. 609-bis cod. pen., posto che il legislatore, onde tutelare l'integrità psicofisica del minore rispetto a coinvolgimenti sessuali di ogni tipo, ha voluto preservarlo da ogni strumentalizzazione valevole a coinvolgerlo sul piano sessuale, non solo mediante la sua correlazione ad espliciti e concreti atti sessuali, ma anche attraverso la sua riconduzione ad attività sessuali meramente simulate.
Cass. civ. n. 46924/2023
In tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, le modifiche apportate all'art. 131-bis cod. pen. dall'art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, operano retroattivamente, derivandone che, in relazione ai procedimenti definiti con sentenza emessa in data anteriore all'entrata in vigore delle predette modifiche, la Corte di cassazione deve verificare direttamente l'applicabilità dell'istituto nel giudizio di legittimità, senza disporre il rinvio del processo nella sede di merito.
Cass. civ. n. 45314/2023
In tema di ricorso per cassazione avverso provvedimenti emessi nel giudizio cautelare di appello, è preclusa la deduzione di questioni nuove, non proposte con l'istanza di revoca della misura e non esaminate in sede di appello, in ragione della natura devolutiva del giudizio di legittimità e della necessità di un previo esame del merito della questione, indispensabile per la corretta individuazione del fatto cui si riferisce la norma giuridica di cui si discute l'applicazione. (Fattispecie relativa a censure attinenti alla sussistenza del "fumus" del reato, dedotte per la prima volta con il ricorso per cassazione e basate su elementi nuovi desunti da una perizia).
Cass. civ. n. 44928/2023
In tema di violenza sessuale commessa in danno di persona offesa minore degli anni quattordici, l'ignoranza dell'età della vittima non assume rilievo ai fini dell'esclusione della colpevolezza del soggetto agente nel caso in cui quest'ultimo assuma di essere stato indotto erroneamente a ritenere maggiorenne la persona offesa in ragione della sola indicazione, da parte della stessa, di false generalità sulla piattaforma di un noto "social media".
Cass. civ. n. 37979/2023
È rilevabile di ufficio nel giudizio per cassazione, ai sensi dell'art. 609, comma 2, cod. proc. pen., l'omessa rinnovazione della istruzione dibattimentale da parte del giudice di appello che abbia riformato la sentenza assolutoria resa in primo grado e condannato sulla base di un diverso apprezzamento della prova dichiarativa decisiva, poiché la regola processuale posta dall'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. configura una garanzia fondamentale dell'ordinamento, la cui violazione qualifica la sentenza come emessa al di fuori dei casi consentiti dalla legge.
Cass. civ. n. 35303/2023
In tema di violenza sessuale, non è di ostacolo al riconoscimento della circostanza attenuante speciale del fatto di minore gravità di cui all'art. 609-bis, comma terzo, cod. pen., il fatto che il reato sia commesso da un docente, all'interno di un istituto scolastico, in danno di allievi, posto che l'abuso di autorità è già stato considerato dal legislatore come elemento integrativo della fattispecie incriminatrice, nonché ai fini della procedibilità d'ufficio del reato.
Cass. civ. n. 33030/2023
A fronte di una sentenza di appello confermativa della declaratoria di prescrizione, il ricorso per cassazione che deduca la mancata adozione di una pronuncia di proscioglimento nel merito, ai sensi dell' art. 129, comma 2, cod. proc. pen., deve individuare i motivi che permettano di apprezzare "ictu oculi", con una mera attività di "constatazione", l'"evidenza" della prova di innocenza dell'imputato, idonea ad escludere l'esistenza del fatto, la sua commissione da parte di lui, ovvero la sua rilevanza penale.
Cass. civ. n. 24375/2023
In tema di misure cautelari personali, il giudice che valuti sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in ordine a delitti di natura sessuale non è tenuto a motivare circa la ricorrenza di specifiche e inderogabili esigenze investigative riguardanti i fatti per cui si procede, in relazione a situazioni di concreto e attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova, né è obbligato a fissare la data entro cui espletare la necessaria attività d'indagine, stante la sussistenza della presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari sancita dall'art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (In motivazione, la Corte ha aggiunto che spetta eventualmente all'indagato indicare gli elementi contrari che depongono per l'insussistenza certa dell'esigenza, diversamente ammettendosi una non corretta sovrapposizione tra procedimenti cautelari che seguono, "ex positivo iure", regole diverse).
Cass. civ. n. 22365/2023
In caso di sentenza di condanna riguardante più reati ascritti allo stesso imputato, la proposizione di un motivo di ricorso con cui si deduca l'errore di calcolo nella determinazione della pena finale, conseguente alla mancata eliminazione della pena relativa ad alcuni segmenti della condotta illecita dichiarati estinti per prescrizione, non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza con riferimento ai reati per i quali i restanti motivi di ricorso siano inammissibili, stante l'autonomia del rapporto processuale inerente a ciascun capo della sentenza.
Cass. civ. n. 16091/2023
Nel giudizio di cassazione, è rilevabile d'ufficio la genericità, anche parziale, del provvedimento applicativo della misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, dovendo i principi generali in materia di impugnazioni recedere a fronte di provvedimenti idonei a incidere sullo "status libertatis". (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza applicativa del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa e dell'obbligo di tenersi a una determinata distanza dai medesimi, sul rilievo che non era stata data specifica indicazione dell'ambito territoriale del divieto).
Cass. civ. n. 11168/2023
Il delitto di induzione a compiere o subire atti sessuali con abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa, di cui all'art. 609-bis, comma secondo, n. 1), cod. pen., si configura anche nel caso di approfittamento di una situazione di vulnerabilità preesistente o, comunque, indipendente rispetto alla condotta del soggetto agente, posto che la condizione di inferiorità della vittima dev'essere valutata sul piano oggettivo, indipendentemente dalle cause che l'hanno generata.
Cass. civ. n. 9314/2023
In tema di citazione a giudizio, il fatto deve ritenersi enunciato in forma chiara e precisa quando i suoi elementi strutturali e sostanziali sono descritti in modo tale da consentire un completo contraddittorio e il pieno esercizio del diritto di difesa da parte dell'imputato, che viene a conoscenza della contestazione non solo per il tramite del capo d'imputazione, ma anche attraverso gli atti che fanno parte del fascicolo processuale. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la genericità o l'indeterminatezza di un'imputazione che collocava il contestato episodio di violenza sessuale in un arco temporale di ventidue giorni).
Cass. civ. n. 9015/2023
E' ammissibile il motivo nuovo ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen. avente ad oggetto un punto della decisione non investito dall'atto di impugnazione originario, nel caso in cui riguardi questioni d'inutilizzabilità derivanti dalla violazione di un divieto probatorio rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, sicché, ove il motivo sia proposto in una fase processuale già correttamente instaurata, il giudice è, comunque, tenuto a pronunciarsi.
Cass. civ. n. 5352/2023
La sentenza di patteggiamento con cui sia stata concessa la sospensione condizionale della pena non subordinata, come concordato tra le parti, agli obblighi di cui all'art. 165, quinto comma, cod. pen., necessariamente previsti in relazione ai reati ivi contemplati, non è ricorribile per cassazione, non determinando tale omissione un'ipotesi di illegalità della pena.
Cass. civ. n. 396/2023
La condotta dell'imputato successiva alla commissione del reato, rilevante ai fini dell'applicabilità della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen., come novellato dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è deducibile per la prima volta nel giudizio di legittimità, a condizione che non sia stata prospettata con l'atto di impugnazione o nel corso del giudizio di appello, sicché la Corte di cassazione, apprezzando la circostanza sopravvenuta nell'ambito del complessivo giudizio sull'entità dell'offesa, può ritenere sussistente l'esimente nel solo caso in cui siano immediatamente rilevabili dagli atti i presupposti per la sua applicazione e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali.
Cass. pen. n. 47803/2018
In tema di intercettazioni, l'inutilizzabilità degli esiti delle operazioni captative derivante dalla mancanza di motivazione dei decreti di autorizzazione e di proroga può essere dedotta dalle parti, per la prima volta, nel giudizio di cassazione e rilevata d'ufficio anche dal giudice di legittimità ai sensi dell'art. 609, comma 2, cod. proc. pen. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'inosservanza dell'obbligo di motivazione dei decreti autorizzativi integra una inutilizzabilità del risultato delle intercettazioni di carattere assoluto, non sanabile in virtù della richiesta di accesso al rito abbreviato perchè derivante dalla violazione dei diritti fondamentali della persona tutelati dalla Costituzione).
Cass. pen. n. 17235/2018
La questione sulla qualificazione giuridica del fatto rientra tra quelle su cui la Corte di cassazione può decidere ex art. 609 cod. proc. pen. e, pertanto, può essere dedotta per la prima volta in sede di giudizio di legittimità purché l'impugnazione non sia inammissibile e per la sua soluzione non siano necessari accertamenti di fatto.
Cass. pen. n. 14307/2017
L'errore di diritto contenuto nella sentenza di primo grado riguardante le modalità di calcolo della pena, comunque fissata entro i limiti edittali ed in assenza di modifiche normative incidenti sulla determinazione della stessa, non può essere prospettato per la prima volta con ricorso per cassazione, né è rilevabile d'ufficio, ai sensi dell'art. 609, comma secondo, cod. proc. pen., non potendosi ritenere nel suo complesso la pena irrogata all'imputato "illegale". (Nella fattispecie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso che aveva prospettato per la prima volta e con motivi nuovi l'erronea applicazione della regola di cui all'art. 63, quarto comma, cod. pen. da parte del giudice di primo grado, osservando come si trattasse di questione non rilevabile d'ufficio ma che avrebbe dovuto essere oggetto di doglianza in sede di appello, atteso che, nonostante l'erroneo calcolo dell'aumento effettuato per la recidiva, la pena finale non era comunque diversa, né esorbitante dalla previsione legale).
Cass. pen. n. 12602/2016
L'inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità di rilevare d'ufficio, ai sensi degli artt. 129 e 609 comma secondo, cod. proc. pen., l'estinzione del reato per prescrizione maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ma non rilevata né eccepita in quella sede e neppure dedotta con i motivi di ricorso. (In motivazione la Corte ha precisato che l'art. 129 cod. proc. pen. non riveste una valenza prioritaria rispetto alla disciplina della inammissibilità, attribuendo al giudice dell'impugnazione un autonomo spazio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che presidiano i diversi segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposizione di una valida impugnazione).
Cass. pen. n. 46653/2015
In tema di successione di leggi nel tempo, la Corte di cassazione può, anche d'ufficio, ritenere applicabile il nuovo e più favorevole trattamento sanzionatorio per l'imputato, anche in presenza di un ricorso inammissibile, disponendo, ai sensi dell'art. 609 cod. proc. pen., l'annullamento sul punto della sentenza impugnata pronunciata prima delle modifiche normative "in melius".
Cass. pen. n. 33040/2015
Nel giudizio di cassazione l'illegalità della pena conseguente a dichiarazione di incostituzionalità di norme riguardanti il trattamento sanzionatorio è rilevabile d'ufficio anche in caso di inammissibilità del ricorso, tranne che nel caso di ricorso tardivo. (Nella fattispecie la dichiarazione di incostituzionalità, intervenuta con la sentenza n. 32 del 2014, riguardava il trattamento sanzionatorio introdotto per le cosiddette "droghe leggere" dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49).
Cass. pen. n. 47766/2015
Nel giudizio di cassazione, l'illegalità della pena non è rilevabile d'ufficio in presenza di un ricorso inammissibile perchè presentato fuori termine.
Cass. pen. n. 4986/2015
Il giudice di legittimità può rilevare d'ufficio la prescrizione del reato maturata prima della pronunzia della sentenza impugnata, non rilevata dal giudice d'appello, pur se non dedotta con il ricorso per cassazione e nonostante l'inammissibilità di quest'ultimo, ma solo se, a tal fine, non occorre alcuna attività di apprezzamento delle prove finalizzata all'individuazione di un "dies a quo" diverso da quello indicato nell'imputazione contestata e ritenuto nella sentenza di primo grado.
Cass. pen. n. 18693/2014
Nel giudizio di cassazione è rilevabile di ufficio, anche in caso di inammissibilità del ricorso, la nullità sopravvenuta della sentenza impugnata nel punto relativo al trattamento sanzionatorio in conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma attinente alla determinazione della pena. (Fattispecie in cui il giudice di merito, all'esito del giudizio abbreviato, aveva inflitto una pena che si collocava nel minino edittale del trattamento sanzionatorio previsto dall'art. 73 d.P.R. 309 del 1990, coincidente con il massimo edittale previsto dalla medesima norma all'epoca della decisione di legittimità, per effetto della sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 32/2014, applicabile al caso di specie in quanto disciplina più favorevole. Conf. non massimate 6108/14 e 6110/14).
Cass. pen. n. 3763/2014
La Corte di Cassazione può accedere alla riqualificazione giuridica del fatto, se sia stato presentato un motivo nuovo dell'imputato sul punto, pur non enunciato in appello, purché entro i limiti in cui esso sia stato storicamente ricostruito dai giudici di merito. (Fattispecie, nella quale la Corte ha ritenuto di non poter procedere alla richiesta, avanzata per la prima volta dal Procuratore Generale di udienza, di derubricazione del reato di cui all'art. 20 bis, comma secondo, L. 18 aprile 1975 n. 110, in quello di cui all'art. 20 comma primo L. cit., in quanto il giudice del merito aveva argomentato in relazione al solo reato di cui all'art. 20 bis l. cit., non dando spazio ad una diversa interpretazione del medesimo fatto).
Cass. pen. n. 44667/2013
La violazione del principio di legalità della pena è rilevabile d'ufficio anche nel giudizio di cassazione a condizione che il ricorso non sia inammissibile e l'esame della questione rappresentata non comporti accertamenti in fatto o valutazioni di merito incompatibili con il giudizio di legittimità. (Fattispecie in cui la Corte ha rilevato l'illegittimità della pena, per essere stata la riduzione del giudizio abbreviato applicata senza effettuare il previo temperamento previsto dall'art. 78 cod. pen.).
Cass. pen. n. 47071/2009
In tema di mandato d'arresto europeo, è applicabile anche al ricorso per cassazione di cui all'art. 22 L. 22 aprile 2005, n. 69 la disposizione dell'art. 609 c.p.p. che limita la cognizione della corte di cassazione ai motivi proposti e alle questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del processo, nonché a quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello. (Fattispecie in cui il ricorrente aveva sollevato solo all'udienza in cassazione la questione del rifiuto della consegna per la stabile dimora acquisita in Italia).
Cass. pen. n. 37648/2006
L'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto d'impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di applicare, ex art. 609 comma secondo c.p.p., la norma penale più favorevole. (Nella specie, in materia di disciplina degli stupefacenti, la Corte ha escluso l'applicabilità dello ius superveniens più favorevole, rappresentato dall'art. 4 bis del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, che ha ridotto da otto a sei anni di reclusione il minimo edittale previsto per il reato di cui all'art. 73 comma primo D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309).
Cass. pen. n. 119/2005
L'imputato che intenda eccepire la nullità assoluta della citazione o della sua notificazione, non risultante dagli atti, non può limitarsi a denunciare la inosservanza della relativa norma processuale, ma deve rappresentare al giudice di non avere avuto cognizione dell'atto e indicare gli specifici elementi che consentano l'esercizio dei poteri officiosi di accertamento da parte del giudice.
Cass. pen. n. 36028/2004
In tema di patteggiamento in appello (art. 599, comma quarto, c.p.p.), il giudice, nell'accogliere la richiesta delle parti, non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento per taluna delle cause previste dall'art. 129 c.p.p., in quanto, in virtù dell'effetto devolutivo, una volta che lo stesso imputato abbia rinunciato ai motivi di impugnazione, la cognizione è limitata esclusivamente ai motivi non rinunciati, riguardanti proprio il regime sanzionatorio; tuttavia, il giudice deve rilevare l'eventuale sussistenza delle condizioni che impongano il proscioglimento dell'imputato, dando atto della verifica a tal fine compiuta con sintetica enunciazione. Ne consegue che la doglianza relativa alla mancata applicazione dell'art. 129 c.p.p. non può risolversi in una denuncia di mera omissione formale o di genericità di tale delibazione, ma deve contenere necessariamente l'indicazione di elementi concreti che, ove rettamente considerati e valutati, avrebbero condotto ad una declaratoria d'ufficio di proscioglimento. (Nella specie la S.C. ha ritenuto corretta l'espressione adottata dal giudice di merito «non sussistono i presupposti per l'applicazione dell'art. 129, comma secondo, c.p.p.»).
Cass. pen. n. 31123/2004
La violazione del divieto di bis in idem è questione di fatto, riservata alla valutazione del giudice di merito, e non può essere dedotta per la prima volta davanti al giudice di legittimità, a meno che ratione temporis non fosse stato possibile dedurla in grado di appello perchè la sentenza di riferimento era passata in giudicato dopo quel giudizio.
Cass. pen. n. 24731/2004
La Corte di cassazione può applicare le sanzioni sostitutive previste dall'art. 53 Legge 689/81 in virtú della disciplina transitoria introdotta dall'art. 5 comma terzo Legge 134/2003, ma non può travalicare i limiti posti dalla legge alla cognizione del giudice di legittimità e, in particolare, revocare la sospensione condizionale applicata dal giudice di merito.
Cass. pen. n. 24661/2004
È rilevabile d'ufficio in sede di giudizio di legittimità ex articolo 609, comma secondo, c.p.p., l'illegittima applicazione di una pena non più prevista dall'ordinamento. (Fattispecie nella quale la Corte, nell'esaminare un ricorso proposto dall'imputato per difetto di motivazione avverso una sentenza emessa ex articolo 444 c.p.p. per il reato di cui all'articolo 187, comma quarto, c.s., ha rilevato d'ufficio l'illegittimità dell'applicazione della pena congiunta dell'arresto e dell'ammenda, in violazione dell'articolo 2, comma terzo, c.p., espressamente richiamato dall'articolo 64 D.L.vo n. 274/2000).
Cass. pen. n. 11851/2004
L'applicazione dell'indulto può essere proposta nel giudizio di legitimità soltanto nel caso in cui il giudice di merito lo abbia preso in esame e lo abbia risolto negativamente, escludendo che l'imputato abbia diritto al beneficio, e non invece, quando abbia omesso di pronunciarsi, riservandone implicitamente l'applicazione al giudice dell'esecuzione. Ne consegue che, allorchè non risulta richiesta, nelle fasi di merito, l'applicazione dell'indulto, la questione non è deducibile in cassazione.
Cass. pen. n. 16965/2003
In virtù del disposto di cui all'art. 609, comma 2, c.p.p., il giudice di legittimità decide anche sulle questioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, al di fuori di quelle proposte con i motivi di ricorso; ma tale principio non opera nell'ipotesi di concordato in appello allorquando le dette questioni siano state oggetto di motivi rinunciati, sebbene poi riproposti, nonostante la rinuncia, in sede di legittimità, in quanto nel vigente sistema processuale, avente i caratteri del sistema accusatorio, l'art. 599, comma 4, c.p.p. conferisce al potere dispositivo delle parti un effetto irretrattabile sull'ambito di cognizione del giudice di legittimità.
Cass. pen. n. 159/2001
In tema di ricorso per cassazione, è affetta da genericità la censura con la quale la parte eccepisce l'inutilizzabilità di un atto, senza dedurne, al tempo stesso, la rilevazione probatoria, nel contesto degli altri elementi di prova. (Fattispecie nella quale la difesa dell'imputato si è limitata a sostenere la inutilizzabilità di uno tra i molti verbali di interrogatorio, resi da un collaboratore di giustizia).
Cass. pen. n. 12/2000
In tema di controllo sulla motivazione, alla Corte di cassazione è normativamente preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l'apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall'esterno; ed invero, avendo il legislatore attribuito rilievo esclusivamente al testo del provvedimento impugnato, che si presenta quale elaborato dell'intelletto costituente un sistema logico in sé compiuto ed autonomo, il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della coerenza strutturale della sentenza in sé e per sé considerata, necessariamente condotta alla stregua degli stessi parametri valutativi da cui essa è «geneticamente» informata, ancorché questi siano ipoteticamente sostituibili da altri.
Cass. pen. n. 24/1999
L'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. L'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento.
Cass. pen. n. 13063/1998
Il problema dell'applicazione dell'indulto non può essere dedotto per la prima volta in sede di legittimità, in quanto la Corte può essere investita della relativa applicazione solo nel caso in cui il giudice di merito abbia rigettato o soltanto parzialmente accolto la richiesta all'uopo formulatagli.
Cass. pen. n. 1488/1998
L'abnormità è rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità quando essa incida in termini essenziali sul thema decidendum devoluto alla Corte. (Fattispecie in cui il ricorso del P.M. riguardava solo la violazione dell'art. 521, comma 2, c.p.p. sotto il profilo che il concorso dell'imputato con ignoti non modifica la contestazione originaria).
Cass. pen. n. 3107/1997
La possibilità della Corte di cassazione di decidere, ai sensi dell'art. 609, comma secondo, c.p.p., le questioni rilevabili d'ufficio presuppone che l'impugnazione investa la sentenza nelle sue statuizioni penali, e pertanto va esclusa quando l'impugnazione medesima riguarda esclusivamente l'omessa pronuncia in ordine ad una sanzione amministrativa, dal momento che in tal caso gli aspetti penali della vicenda sono interamente coperti dal giudicato. (Nella fattispecie è stata esclusa la possibilità di dichiarare d'ufficio la prescrizione di uno dei reati contravvenzionali in quanto la sentenza di patteggiamento era stata impugnata esclusivamente per l'omessa pronuncia dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo).
Cass. pen. n. 9283/1997
Il principio secondo cui in Cassazione è possibile accertare e dichiarare la prescrizione del reato, pur se l'appello ed il successivo ricorso siano stati proposti per motivi diversi, è applicabile nel caso in cui la data di consumazione sia già processualmente certa, e non quando la relativa contestazione venga sollevata per la prima volta davanti al giudice di legittimità, perché ciò implicherebbe l'indagine su una questione di fatto preclusa in quella sede.
Cass. pen. n. 10301/1996
In Cassazione è possibile accertare e dichiarare la prescrizione del reato anche se l'appello ed il successivo ricorso siano stati proposti solo per motivi attinenti all'entità della pena e non della responsabilità dell'imputato. In tal caso, infatti, non si è formato il giudicato, ma solo una preclusione processuale derivante dall'effetto devolutivo dell'appello e dai limiti di detto principio in sede di legittimità.
Cass. pen. n. 10218/1996
Nell'ipotesi in cui l'importo dovuto per l'oblazione speciale di cui all'art. 162 bis c.p. sia stato erroneamente fissato secondo le modalità dell'oblazione ordinaria, la Corte di cassazione non può, neppure a seguito del ricorso del pubblico ministero, rideterminare la somma, poiché per l'applicazione dell'art. 162 bis citato è necessario svolgere l'accertamento circa la sussistenza delle molteplici condizioni stabilite dalla norma, demandato soltanto al giudice di merito.
Cass. pen. n. 9850/1996
In tema di cognizione della Corte di cassazione, all'applicazione della causa estintiva del reato non è di ostacolo la circostanza che il ricorrente ha limitato le sue doglianze alla mancata concessione dei chiesti benefici. Infatti, l'art. 609, comma secondo, c.p.p., sancisce espressamente che la Corte di cassazione decide «altresì», e cioè quali che siano i motivi dedotti in ricorso, le questioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del processo, per cui essa è tenuta ad applicare la causa estintiva del reato, quali che siano le doglianze del ricorrente, poiché l'art. 129 c.p.p. impone che le cause di non punibilità vanno dichiarate con sentenza anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo.
Cass. pen. n. 4363/1995
Avuto riguardo, da un lato, al disposto di cui all'art. 609, comma 2, c.p.p. (in base al quale la cognizione della Corte di cassazione si estende alle questioni - s'intende di legittimità - non proponibili all'atto della presentazione del ricorso), dall'altro lato al principio stabilito dall'art. 299, comma 1, c.p.p., secondo il quale il giudice deve, in ogni stato e grado del procedimento, verificare la persistenza delle condizioni atte a legittimare la privazione della libertà personale, anche la Corte di cassazione, in presenza di una modifica legislativa che incida sulle condizioni anzidette in senso favorevole all'interessato, deve affrontare la questione, comunque venga sollecitata a farlo, e pur non potendo, dati i limiti del suo sindacato, compiere sul punto valutazioni inibitele dalla legge, ha nondimeno l'obbligo di devolvere la soluzione del problema al giudice competente, annullando in tutto od in parte il provvedimento sottoposto al suo esame. (Principio affermato in relazione a ricorso - peraltro rigettato per diverse ragioni - proposto avverso ordinanza applicativa di misura cautelare per reato compreso fra quelli di cui all'art. 275, comma 3, c.p.p., prima della modifica di tale norma introdotta dall'art. 5 della L. 8 agosto 1995 n. 332, in forza della quale quel reato rimaneva escluso dall'ambito di operatività della norma stessa).
Cass. pen. n. 8276/1995
Il comma 2 dell'art. 609, ultima parte, del vigente codice di rito conferisce alla Corte di cassazione la facoltà di decidere anche le questioni non dedotte nei motivi di appello, la cui deducibilità sia divenuta possibile solo successivamente; tale facoltà si riferisce a nuove questioni di diritto che sorgano per ius superveniens ovvero per circostanze - non emerse prima - che abbiano un'indubbia valenza di legittimità sul piano della congruità della motivazione.
Cass. pen. n. 7985/1994
Sussiste violazione del divieto di novum nel giudizio di legittimità quando siano per la prima volta prospettate in detta sede questioni coinvolgenti valutazioni in fatto, mai prima sollevate ovvero siano dedotti motivi di censura attinenti capi e/o punti della decisione ormai intangibili per non essere investiti da tempestiva doglianza nella fase di merito e, perciò, assistiti dalla presunzione di conformità al diritto.
Cass. pen. n. 1711/1994
La violazione del principio di legalità della pena è rilevabile dalla Cassazione anche d'ufficio pur se non dedotta nei motivi di impugnazione. (Fattispecie in cui il pretore aveva emesso, sull'accordo delle parti, sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 678 c.p., considerando quale pena base per tale reato quella di un mese di arresto; la Cassazione, adita a seguito di ricorso del pubblico ministero concernente profili diversi da quello dell'entità della pena, ha, in applicazione del principio di cui in massima, annullato la decisione gravata sul rilievo che il minimo edittale della pena prevista per il reato in questione è di tre mesi di arresto, in conseguenza della modifica introdotta dall'art. 34 L. 18 aprile 1975 n. 110).
Cass. pen. n. 5398/1994
La facoltà attribuita alla Corte di cassazione dall'art. 609, secondo comma, c.p.p., di decidere anche le questioni non dedotte nei motivi di appello la cui deducibilità sia divenuta possibile solo successivamente, si riferisce esclusivamente a questioni di solo diritto che sorgano per jus superveniens ovvero in relazione a circostanze non emerse prima, che però siano pur sempre di diritto.
Cass. pen. n. 1238/1994
Il potere-dovere di decidere «le questioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del processo e quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello», attribuito alla Corte di cassazione dall'art. 609, secondo comma, c.p.p., presuppone che la stessa Corte sia stata comunque legittimamente investita di gravame, per cui l'esercizio di detto potere-dovere non può aver luogo nei casi di originaria inammissibilità del ricorso, dovendosi in tali casi considerare il provvedimento gravato come non impugnato.
Cass. pen. n. 8433/1993
Le questioni di diritto possono essere per la prima volta sollevate in Cassazione, che ha l'obbligo di pronunciarsi sulle medesime. Deve però trattarsi di deduzioni di pura legittimità, che non necessitino di alcun accertamento in punto di fatto. Nell'ipotesi in cui la doglianza presupponga invece una indagine di merito, non richiesta nei gradi di giudizio precedenti, né prospettata in appello neppure sotto il profilo giuridico, la doglianza non è più proponibile.
Cass. pen. n. 4821/1992
Il c.d. «patteggiamento» non comporta ammissione di colpevolezza né costituisce richiesta di condanna, l'una non potendosi ritenere e l'altra ammettere senza un giudizio formale di accertamento e altresì senza le normali conseguenze (spese processuali, pene accessorie, efficacia nei giudizi civili o amministrativi) espressamente escluse dall'art. 445 c.p.p.; esso costituisce però, impegno ad accettare ed eseguire — salvo il caso di sospensione condizionale — la sanzione concordata con il pubblico ministero e ritenuta equa dal giudice, con rinuncia ad ogni questione od obiezione di qualsiasi natura. Pertanto non è possibile proporre al giudice dell'impugnazione eccezioni che sono state superate dall'applicazione della pena richiesta, né devolvere allo stesso il potere di conoscerne; soltanto su quelle rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del dibattimento egli può pronunciarsi in ogni caso, anche indipendentemente da una doglianza sul punto, ai sensi dell'art. 609, comma 2 c.p.p., disposizione che, costituendo un'eccezione al principio di devoluzione è insuscettibile di estensione.