17 Mar Articolo 830 Codice di procedura civile — Decisione sull’impugnazione per nullità
La corte di appello decide sull’impugnazione per nullità e, se l’accoglie, dichiara con sentenza la nullità del lodo. Se il vizio incide soltanto su una parte del lodo che sia scindibile dalle altre, dichiara la nullità parziale del lodo.
Se il lodo è annullato per i motivi di cui all’articolo 829, commi primo, numeri 5), 6), 7), 8), 9), 11) o 12), terzo, quarto o quinto, la corte d’appello decide la controversia nel merito salvo che le parti non abbiano stabilito diversamente nella convenzione di arbitrato o con accordo successivo. Tuttavia, se una delle parti, alla data della sottoscrizione della convenzione di arbitrato, risiede o ha la propria sede effettiva all’estero, la corte d’appello decide la controversia nel merito solo se le parti hanno così stabilito nella convenzione di arbitrato o ne fanno concorde richiesta.
Quando la corte d’appello non decide nel merito, alla controversia si applica la convenzione di arbitrato, salvo che la nullità dipenda dalla sua invalidità o inefficacia.
Su istanza di parte anche successiva alla proposizione dell’impugnazione, la corte d’appello può sospendere con ordinanza l’efficacia del lodo, quando ricorrono gravi motivi.
[adrotate group=”14″]
Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”16″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 9387/2018
Il giudizio di impugnazione delle pronunce arbitrali si compone di due fasi. Nella prima, rescindente, non è consentito alla Corte d’appello procedere ad accertamenti di fatto, dovendo il giudice dell’impugnazione limitarsi ad accertare eventuali cause di nullità del lodo, che possono essere dichiarate soltanto in conseguenza di determinati errori “in procedendo”, nonché per inosservanza delle regole di diritto, nei limiti previsti dall’art. 829 c.p.c.
Cass. civ. n. 20557/2015
L’art. 830, comma 1, c.p.c., nel testo introdotto dall’art. 22 della l. n. 25 del 1994, impone alla corte di appello, nel caso di accoglimento dell’impugnazione per nullità del lodo per un vizio che incida soltanto su una parte di esso, di accertare se essa sia scindibile dalle altre, evidenziando i rapporti di logica e giuridica connessione, dipendenza e pregiudizialità tra le varie parti della pronuncia arbitrale e, all’esito di tale accertamento, di dichiarare la nullità parziale del lodo, così limitando la cognizione del giudizio rescissorio al capo o ai capi ritenuti viziati ed a quelli ad essi inscindibilmente legati, con la conferma del lodo nel resto, ovvero di pronunciarne la nullità totale. Ne consegue che, anche in presenza di impugnazione del lodo proposta in via incidentale, il giudizio rescissorio deve essere condotto con riguardo esclusivo alle parti del lodo oggetto di censura di fronte alla corte d’appello, dovendosi escludere, per le altre, non interessate dall’effetto rescindente dell’impugnazione per nullità, la possibilità di un riesame nel merito, in quanto rese definitive dalla mancata impugnazione ovvero dal mancato accoglimento della stessa in sede rescindente.
Cass. civ. n. 10809/2015
In sede di ricorso per cassazione avverso la sentenza che abbia deciso sull’impugnazione per nullità del lodo arbitrale, la Suprema Corte non può esaminare direttamente il provvedimento degli arbitri, ma solo la pronuncia emessa nel giudizio di impugnazione, allo scopo di verificare se essa sia adeguatamente e correttamente motivata in relazione ai profili di censura del lodo, con la conseguenza che il sindacato di legittimità va condotto esclusivamente attraverso il riscontro della conformità a legge e della congruità dei motivi della sentenza resa sul gravame.
Cass. civ. n. 13898/2014
L’arbitrato rituale ha natura giurisdizionale per cui l’impugnazione del lodo è soggetta alla disciplina e ai principi che regolano il giudizio di appello, in quanto compatibili. Ne consegue che, in caso di tardiva iscrizione a ruolo, l’impugnazione è improcedibile, trovando applicazione l’art. 348, primo comma, cod. proc. civ. e non l’art. 171 cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 3558/2014
Nel giudizio di impugnazione del lodo, ove le parti abbiano concordato sulla natura rituale dell’arbitrato e sull’applicazione ad esso delle regole processuali civili vigenti, vanno conseguentemente applicati anche i principi giurisprudenziali in tema di accertamento e liquidazione del danno, ivi compresa la liquidazione dei danni in via equitativa, tanto nell’ipotesi in cui sia mancata interamente la prova del loro preciso ammontare per l’impossibilità della parte di fornire congrui ed idonei elementi al riguardo, quanto nell’ipotesi di notevole difficoltà di compiere una precisa quantificazione.
Cass. civ. n. 3063/2013
In tema di giudizio arbitrale, la sentenza dichiarativa della nullità del lodo per violazione del principio del contraddittorio non ha carattere definitivo perché non esaurisce la controversia tra le parti ma decide solo una questione pregiudiziale processuale. Infatti, dopo aver accertato una siffatta nullità, il giudice dell’impugnazione è tenuto, salva diversa concorde volontà delle parti, ad esperire il giudizio rescissorio garantendo il rispetto dinanzi a sé del menzionato principio in precedenza violato dagli arbitri.
Cass. civ. n. 15445/2012
L’inosservanza del principio del contraddittorio nell’instaurazione del procedimento arbitrale è motivo di nullità e non di inesistenza del lodo, ma la corte di appello, dopo aver dichiarato il vizio di nullità, non può procedere al giudizio rescissorio, dovendosi limitare – come nelle ipotesi di inesistenza del lodo – ad accogliere l’impugnazione senza decidere nel merito la controversia ed arrestandosi alla fase rescindente.
Cass. civ. n. 15086/2012
La decisione della corte d’appello sulla impugnazione del lodo per violazione delle norme di legge in tema d’interpretazione dei contratti può essere censurata con ricorso per cassazione per vizi propri della sentenza medesima e non per vizi del lodo, spettando al giudice di legittimità verificare soltanto che la corte d’appello abbia esaminato la questione interpretativa e abbia dato motivazione adeguata e corretta della soluzione adottata.
Cass. civ. n. 8919/2012
Anche nel giudizio di impugnazione per nullità del lodo arbitrale trova applicazione il principio, desumibile dall’art. 336, primo comma, c.p.c., secondo cui la riforma, anche parziale, della sentenza di primo grado ha effetto sulle parti dipendenti dalla parte riformata (cd. “effetto espansivo interno”) e determina, pertanto, la caducazione del capo che ha statuito sulle spese di lite; ne consegue che il giudice di appello ha il potere-dovere di rinnovare totalmente, anche d’ufficio, il regolamento di tali spese, alla stregua dell’esito finale della causa. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza della corte di appello che aveva dichiarato nulli il procedimento arbitrale e i lodi emessi, parziale e definitivo, condannando i ricorrenti per cassazione al pagamento delle spese sia del giudizio arbitrale che del giudizio di impugnazione).
Cass. civ. n. 9394/2011
Il giudizio di impugnazione di lodo arbitrale è strutturato come giudizio di unico grado davanti alla corte d’appello, salvo il successivo ricorso per cassazione, e non già come giudizio di appello; pertanto, l’art. 291 c.p.c. si applica direttamente e non in forza delle disposizioni in materia di impugnazione contenute nel titolo terzo del libro secondo del codice di rito, dovendo dunque il giudice, laddove ravvisi un vizio di nullità della notificazione dell’atto introduttivo suscettibile di sanatoria ai sensi dell’art. 156 c.p.c., disporne la rinnovazione, con l’effetto che questa impedisce ogni decadenza, sia rispetto agli effetti sostanziali che a quelli processuali della domanda. (Principio enunciato dalla Corte con riguardo alla notificazione dell’impugnazione del lodo, in quanto eseguita presso il difensore nel giudizio arbitrale e non alla parte personalmente).
Cass. civ. n. 20880/2010
Il giudizio di impugnazione arbitrale si compone di due fasi, la prima rescindente, finalizzata all’accertamento di eventuali nullità del lodo e che si conclude con l’annullamento del medesimo, la seconda rescissoria, che fa seguito all’annullamento e nel corso della quale il giudice ordinario procede alla ricostruzione del fatto sulla base delle prove dedotte; nella prima fase non è consentito alla Corte d’Appello procedere ad accertamenti di fatto, dovendo limitarsi all’accertamento delle eventuali nullità in cui siano incorsi gli arbitri, pronunciabili soltanto per determinati errori “in procedendo”, nonché per inosservanza delle regole di diritto nei limiti previsti dal medesimo art. 829 c.p.c.; solo in sede rescissoria al giudice dell’impugnazione è attribuita la facoltà di riesame del merito delle domande, comunque nei limiti del “petitum” e delle “causae petendi” dedotte dinanzi agli arbitri, con la conseguenza che non sono consentite né domande nuove rispetto a quelle proposte agli arbitri, né censure diverse da quelle tipiche individuate dall’art. 829 c.p.c..
Cass. civ. n. 2201/2007
La motivazione per relationem della sentenza pronunciata in sede di impugnazione per nullità del lodo, in relazione a violazione delle regole sulla interpretazione del contratto, è legittima purché il giudice della impugnazione, facendo proprie le argomentazioni degli arbitri, consenta di ritenere che alla affermazione di condivisione del giudizio finale espresso da questi ultimi sulla interpretazione delle clausole contrattuali sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza delle censure mosse dall’impugnante in termini adeguatamente specifici, ovverosia mediante la puntuale indicazione dei criteri ermeneutici non osservati e non con la mera deduzione di un’interpretazione diversa.
Cass. civ. n. 18917/2004
In tema di impugnazione del lodo arbitrale dinanzi alla Corte d’appello, la violazione della regola — dettata dall’art. 350 c.p.c. (nel testo sostituito dall’art. 55 della legge 26 novembre 1990, n. 353) — della trattazione collegiale del procedimento che si svolge davanti a quel giudice non si traduce in un vizio di costituzione del giudice ai sensi dell’art. 158 c.p.c., e non comporta la nullità assoluta della relativa pronuncia, quando l’attività in concreto svolta — illegittimamente — dal giudice monocratico su delega del Collegio abbia rilievo meramente ordinatorio (ad esempio, direzione dell’udienza di prima comparizione e di quella di precisazione delle conclusioni), mentre tale vizio è ravvisabile nei casi in cui il predetto giudice svolga un’attività sostanzialmente istruttoria, che implichi l’esercizio di funzioni, se non decisorie, certamente valutative, le quali sono riservate dalla legge al collegio.
Cass. civ. n. 18460/2004
L’ammissibilità del ricorso per cassazione ritualmente proposto avverso la sentenza della Corte d’appello resa in sede di impugnazione per nullità di un lodo arbitrale non è preclusa dal fatto che la stessa parte abbia precedentemente proposto analogo ricorso per cassazione direttamente avverso il lodo della cui impugnazione ha deciso la sentenza della Corte d’appello.
Cass. civ. n. 6950/2004
Ai sensi dell’art. 830, primo comma, c.c. — come sostituito dall’art. 22 della legge 5 gennaio 1994, n. 25 —, quando la corte d’appello accoglie l’impugnazione di nullità del lodo per vizio che incida soltanto su di una parte del medesimo, deve accertare se tale parte sia scindibile dalle altre — evidenziando i rapporti di logica e giuridica connessione, dipendenza e pregiudizialità tra le varie parti della pronunzia — e, in caso affermativo, dichiarare la nullità parziale del lodo in relazione al capo o ai capi ritenuti viziati ed a quelli che risultano ad essi inscindibilmente legati, mentre, in caso di accertata inscindibilità con le altre parti, deve dichiararne la nullità totale. Pertanto, oggetto dell’indagine non è il collegamento astratto tra i rapporti sostanziali delle parti, nè tra i vari negozi che da questi sono derivati, bensì quello esistente in concreto tra le varie statuizioni in cui il lodo è articolato, collegamento da accertare valutando se la parte o le parti da dichiarare nulle siano caratterizzate da petitum autonomo e indipendente da quello di una o di alcune delle altre, ovvero se fra esse sussista un vincolo di subordinazione o di connessione logica e giuridica, nel senso che la decisione relativa ad un rapporto giuridico sia virtualmente influente sulla decisione avente ad oggetto altro rapporto giuridico.
Cass. civ. n. 8910/2003
In tema di arbitrato, alla luce del principio giurisprudenziale secondo il quale anche lo stabilire se una controversia appartenga alla cognizione del giudice ordinario o sia deferibile agli arbitri, giusta la disciplina dell’arbitrato rituale, costituisce una questione di merito e non già di competenza in senso tecnico, in quanto anche in tale tipo di arbitrato gli arbitri non svolgono una attività formalmente sostitutiva della giurisdizione né gli stessi sono qualificabili come organi giurisdizionali dello Stato, la sentenza di merito con la quale la Corte d’appello abbia dichiarato l’improponibilità della domanda per avere i contraenti rinunciato alla tutela giurisdizionale con la clausola arbitrale non comporta affatto che sia stata ritenuta — anche solo implicitamente — la natura irrituale dell’arbitrato.
Cass. civ. n. 1729/2001
Nel giudizio di impugnazione per nullità di un lodo arbitrale, la competenza a conoscere nel merito, dopo l’esaurimento della fase rescindente, presuppone un lodo emesso da arbitri effettivamente investiti di potestas iudicandi, sicché, ove detto presupposto manchi, il lodo deve considerarsi privo di qualsiasi efficacia ed alla dichiarazione di nullità di siffatta pronuncia non può far seguito la fase rescissoria, il compito del giudice dell’impugnazione esaurendosi nella eliminazione dalla realtà giuridica della decisione emessa dal collegio arbitrale non investito del potere di risolvere la controversia. (In applicazione di tale principio, la S.C. — in un caso nel quale il collegio arbitrale aveva operato in «assoluta carenza di potere», sia per l’assenza di designazione di uno degli arbitri dalla parte contraente, sia per la mancata investitura del terzo arbitro dalle parti o, in difetto di accordo, dal presidente della corte d’appello — ha cassato senza rinvio la decisione impugnata nella parte in cui, non definitivamente pronunciando, aveva disposto la prosecuzione del giudizio per la fase rescissoria).
Cass. civ. n. 10155/1998
L’istanza per la sospensione dell’esecutorietà del lodo arbitrale, impugnato con azione di nullità, non dà luogo ad un procedimento distinto da quello di impugnazione, ma, se trattata prima dell’udienza di comparizione fissata in quel giudizio, si configura come una fase incidentale dello stesso, con la conseguenza che, notificata la citazione contenente l’impugnazione per nullità, l’iscrizione della causa a ruolo fatta dall’attore, con deposito di nota di iscrizione che si riferisca specificamente a quella citazione ed alla data dell’udienza di comparizione in essa indicata, vale ai fini della costituzione nel giudizio di nullità ancorché quale oggetto della causa venga indicata nella nota la «sospensione» del lodo arbitrale, posto che tale sospensione non è idonea a dar vita ad alcun diverso procedimento cui quella costituzione possa riferirsi.
Cass. civ. n. 10955/1996
Riguardo al giudizio di impugnazione delle pronunce arbitrali, l’unificazione della fase rescindente e della fase rescissoria non costituisce causa di nullità dell’intero procedimento qualora il giudice abbia tenuto distinte sul piano logico, giuridico e concettuale le due fasi e, dopo aver pronunciato sulla nullità, abbia esaminato le conclusioni di merito ritualmente precisate dalle parti e ritenuto di poter pronunciare la decisione definitiva in base agli elementi di prova già acquisiti al processo arbitrale ed alle constatazioni compiute dagli arbitri.
Cass. civ. n. 10264/1996
In sede di ricorso per cassazione avverso la sentenza che ha deciso sull’impugnazione per nullità del lodo arbitrale, la Corte di cassazione non può prendere in esame direttamente il lodo, ma solo la sentenza emessa nel giudizio d’impugnazione. Pertanto non può essere denunciata in sede di legittimità la nullità del lodo arbitrale per irregolare costituzione del collegio e per violazione del principio del contraddittorio senza censurare al riguardo la sentenza della Corte di merito, dato che il sindacato di legittimità su tali questioni va condotto esclusivamente attraverso il riscontro della conformità a legge e della congruità della motivazione della sentenza che ha deciso sull’impugnazione del lodo.
Cass. civ. n. 6194/1996
Nel giudizio di impugnazione per nullità del lodo arbitrale trova applicazione la regola della specificità della formulazione dei motivi (prescritta per il ricorso per cassazione), in considerazione della natura rescindente di tale giudizio e del fatto che solo il rispetto di detta regola può consentire al giudice ed alla parte convenuta di verificare se le contestazioni formulate corrispondano esattamente ai casi di impugnabilità stabiliti dall’art. 829 c.p.c.
Cass. civ. n. 874/1995
Nel caso in cui con il ricorso per cassazione, avverso sentenza che abbia pronunciato su impugnazione, ex artt. 828 e seguenti, c.p.c., di un lodo arbitrale, si metta in discussione la qualificabilità come rituale dell’arbitrato, la Corte Suprema deve esaminare e valutare direttamente il patto compromissorio integrante la fonte dell’arbitrato medesimo e non limitarsi al controllo della decisione del giudice del merito, incidendo la soluzione della questione dedotta sul problema processuale dell’ammissibilità dell’impugnazione del lodo per nullità. Tale indagine va condotta valutando il patto compromissorio sulla base delle regole proprie dell’ermeneutica contrattuale, ed avendo riguardo al fondamentale elemento atto a distinguere l’arbitrato rituale da quello libero, ossia l’esistenza della volontà delle parti di affidare agli arbitri funzioni sostitutive di quelle del giudice e non il mandato a definire controversie sul piano negoziale, a nulla rilevando la circostanza che le parti abbiano attribuito agli arbitri l’autorizzazione a decidere secondo equità e, quindi come amichevoli compositori.
Cass. civ. n. 1738/1988
La Corte di cassazione è giudice anche del fatto ogni qualvolta si tratti di risolvere questioni di competenza o di giurisdizione ed in ogni altro caso in cui l’indagine sia diretta ad accertare se il giudice di merito sia incorso in un errore in procedendo. Pertanto quando una pronuncia arbitrale sia stata impugnata dinanzi all’autorità giudiziaria e sia sorta questione se si tratti di arbitrato rituale o irrituale, con la conseguente ammissibilità o meno dell’impugnazione prevista dall’art. 828 c.p.c., la Corte di cassazione può compiere un autonomo e diretto accertamento della volontà dei compromittenti indipendentemente dal convincimento espresso al riguardo dal giudice di merito.
Cass. civ. n. 980/1984
In sede di ricorso per cassazione, avverso la sentenza con la quale la corte d’appello ha respinto l’impugnazione per nullità di un lodo arbitrale, il rilievo che la controversia, così decisa, spetta alla cognizione del giudice amministrativo, e che, conseguentemente, non può essere deferita con compromesso ad arbitri, comporta l’annullamento di detta sentenza con rinvio al medesimo giudice, stante la sua competenza funzionale a statuire sulla validità o meno del lodo.
Cass. civ. n. 4251/1982
A seguito di ricorso per cassazione avverso la sentenza che abbia pronunziato sull’impugnazione per nullità del lodo arbitrale, qualora si deduca il vizio in procedendo costituito dalla violazione dell’art. 829 comma secondo c.p.c. (sui limiti dell’impugnazione di nullità della sentenza arbitrale), nonché il vizio di cui all’art. 360, n. 5 c.p.c., la Corte di cassazione non deve limitarsi a stabilire se l’apprezzamento della sentenza impugnata è stato correttamente motivato e si è basato sulle regole legali d’interpretazione delle sentenze, ma può procedere essa stessa direttamente all’interpretazione della sentenza arbitrale, come atto processuale impugnato, allo scopo di stabilirne la correttezza logico-giuridica — perché tale controllo, in sede di legittimità, riguarda soltanto la sentenza della corte d’appello — ma per potere effettuare il secondo esame, sollecitato dal ricorso per cassazione.
[adrotate group=”15″]