10 Gen Art. 880 — Presunzione di comunione del muro divisorio
Il muro che serve di divisione tra edifici si presume comune [ 881 ] fino alla sua sommità e, in caso di altezze ineguali, fino al punto in cui uno degli edifici comincia ad essere più alto [ 903 ].
Si presume parimenti comune il muro che serve di divisione tra cortili, giardini e orti o tra recinti nei campi [ 881 ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 22275/2013
L’accertata funzione divisoria di un muro di recinzione esistente tra le confinanti proprietà costituisce, ai fini della tutela possessoria dello stesso, prova presuntiva del suo compossesso.
Cass. civ. n. 5261/2006
In tema di presunzione di comunione del muro divisorio tra edifici prevista dall’art. 880 c.c., i limiti di operatività di detta presunzione sono determinati dallo stesso articolo (secondo periodo del primo comma) facendo espresso riferimento «al punto in cui uno degli edifici comincia ad essere più alto» nel senso che, in ipotesi che uno dei due edifici sia più alto rispetto all’altro, la presunzione suddetta opera sino al punto in cui le altezze dei due edifici combaciano. (Nel caso di specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito per difetto di motivazione, per non avere la stessa considerato che il resistente aveva inserito le travi di sostegno di una sua tettoia nella parte più alta del muro divisorio, dove questo proseguiva per cingere soltanto la fabbrica dell’edificio dei ricorrenti).
Cass. civ. n. 6678/1999
Un muro di recinzione di un fondo si presume comune al proprietario di quello limitrofo se: 1) sorge su suolo comune ad entrambi i confinanti proprietari; 2) divide, conformemente alla sua funzione, entità prediali omogenee tra loro (quali edifici, cortili, etc.), appartenenti a diversi proprietari; 3) mancano sporti e simili o altri elementi contrari, indicati dall’art. 881 c.c.
Cass. civ. n. 5115/1998
L’intercapedine, sotterranea o non, non può presumersi di proprietà comune (come il muro divisorio, ex art. 880 c.c.) per il solo fatto di essere realizzata sul confine, essendo costituita da uno spazio vuoto e non pieno (a differenza del muro), cosi che essa (purché di dimensioni apprezzabili per essere definita tale) va considerata parte dell’una o dell’altra proprietà frontistante (ovvero di entrambe, a seconda dell’andamento della linea di confine che le separi), in considerazione della sua attuale funzione e della finalità originariamente riservatele da chi ebbe a realizzarla, secondo le sue caratteristiche oggettive, potendo in relazione ad essa configurarsi, di volta in volta (e ricorrendone i presupposti), un vincolo pertinenziale ovvero un asservimento di fondi reciproco ed incrociato.
Cass. civ. n. 11162/1994
La presunzione di comunione del muro divisorio, stabilita dall’art. 880 c.c. ha carattere relativo e spiega la sua piena operatività – sino a rendere irrilevante nel caso di muro di separazione fra due edifici l’eventuale anteriorità di uno di questi rispetto all’altro – soltanto in mancanza di prova contraria, non operando invece quando risulti altrimenti che il muro rientra nel dominio esclusivo di uno dei due confinanti in forza di uno qualunque dei modi di acquisto, a titolo originario o derivativo, della proprietà immobiliare. Pertanto, poiché tra i modi di acquisto della proprietà si annovera l’accessione, a norma dell’art. 934 c.c., la presunzione anzidetta è vinta anche dall’accertamento che il muro è stato costruito nella sua interezza su una sola delle aree contigue, salvi gli effetti di un titolo pattizio successivamente intervenuto ovvero dell’usucapione.
Cass. civ. n. 9137/1993
La presunzione di comunione prevista dall’art. 880 c.c. riguarda soltanto il muro divisorio e non anche íl muro di contenimento tra fondi a dislivello, il quale non si elevi in altezza al di sopra del livello del fondo sovrastante.
Cass. civ. n. 1220/1993
La presunzione di cui all’art. 880 c.c., è invocabile ogni qual volta un’unica struttura divisoria separi entità fondiarie finitime appartenenti a proprietari diversi; pertanto essa ricorre, per il solo fatto che tale struttura assolva in concreto alla funzione di distinguere e dividere proprietà limitrofe, mentre non rileva, agli stessi fini, che essa abbia origine naturale o sia dovuta all’opera dell’uomo.
Cass. civ. n. 177/1993
La presunzione iuris tantum di comunione prevista dall’art. 880 c.c. relativamente a muri che separano entità prediali omogenee è vinta dalla prova della proprietà esclusiva del muro mediante riferimento ad uno dei modi di acquisto della proprietà originario o derivato. In mancanza di prova contraria la presunzione di comunione spiega piena operatività, non valendo contro di essa neppure l’eventuale anteriorità di una delle due costruzioni separate, potendo sovvenire ai fini dell’acquisto della proprietà esclusiva solo il principio dell’accessione (art. 934 c.c.) sempre che il muro sia stato costruito completamente sul suolo appartenente ad uno dei confinanti.
Cass. civ. n. 1348/1990
La presunzione di comproprietà di un muro divisorio, a norma dell’art. 880 c.c. fondandosi su uno stato di fatto, qual è l’esistenza di due edifici confinanti divisi da un muro di eguale utilità per l’uno e l’altro, comporta, in mancanza di prova contraria, la presunzione anche del compossesso del muro stesso, in considerazione dell’utilità che esso fornisce ad entrambi gli immobili, sicché in funzione dell’eccezione feci sed iure feci può spiegare rilevanza nel giudizio possessorio che abbia oggetto la tutela del detto manufatto.
Cass. civ. n. 796/1989
La presunzione di comunione del muro di cui all’art. 880 c.c. — appartenente alla categoria delle presunzioni legali iuris tantum — presuppone l’esistenza certa di due fatti, che non possono essere a loro volta oggetto di presunzione, per il divieto della presumptio de presumpto, e cioè che si tratti di muro divisorio e che esso abbia la funzione di dividere edifici, cortili, giardini, orti o recinti nei campi, con la conseguenza che, ove sorga controversia sulla comunione di un muro (asserito divisorio dalla parte che sostiene l’esistenza della comunione al fine di far dichiarare illegittima l’apertura di una luce ad opera del confinante) la presunzione deve ritenersi operante (con conseguente onere della controparte di provare la sua proprietà esclusiva) soltanto se è pacifica e comunque dimostrata l’esistenza dei due suddetti presupposti di fatto, mentre, in difetto, incombe alla parte che assume l’esistenza della comunione di provare la stessa.
Cass. civ. n. 6539/1985
La presunzione di comunione del muro divisorio prevista dalla norma dell’art. 880 c.c., riguarda soltanto il muro che divide entità prediali omogenee (edificio da edificio, cortile da cortile, orto da orto), e non è, quindi, operante quando trattisi di entità prediali diverse. Pertanto, detta presunzione non sussiste rispetto alla parte di muro che divide un edificio da un cortile interno di altro edificio contiguo, neppure nel caso in cui i corpi di fabbrica di quest’ultimo che circolano il cortile, si appoggiano ad altri tratti del muro stesso e debba presumersi che per tali tratti il muro sia comune.
Cass. civ. n. 4719/1977
La presunzione di comunione del muro divisorio, prevista dall’art. 880 c.c., postula l’analoga natura degli immobili confinanti (edifici, cortili, orti ecc.), ma non anche l’omogeneità della loro materiale struttura. (Nella specie, premesso il principio di cui sopra, la Suprema Corte ha ritenuto correttamente affermata dai giudici del merito l’operatività di detta presunzione, con riguardo al muro divisorio fra un fabbricato in muratura ed un capannone realizzato in legno e lamiere, ma con caratteristiche di solidità e stabilità).
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