10 Gen Art. 2267 — Responsabilità per le obbligazioni sociali
I creditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale [ 2268, 2271 ]. Per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e solidalmente [ 1292 ] i soci che hanno agito in nome e per conto della società [ 38, 41, 2317, 2320, 2331, 2508, 2615 ] e, salvo patto contrario, gli altri soci [ 2269, 2280, 2291, 2297, 2740 ].
Il patto deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei [ 1396 ]; in mancanza, la limitazione della responsabilità o l’esclusione della solidarietà non è opponibile a coloro che non ne hanno avuto conoscenza [ 2193, 2290, 204 disp.att.c.c. ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 6734/2011
Il decreto ingiuntivo pronunciato a carico di una società di persone estende i suoi effetti anche contro i soci illimitatamente responsabili, derivando dall’esistenza dell’obbligazione sociale necessariamente la responsabilità dei singoli soci e, quindi, ricorrendo una situazione non diversa da quella che, ai sensi dell’art. 477 c.p.c., consente di porre in esecuzione il titolo in confronto di soggetti diversi dalla persona contro cui è stato formato e risolvendosi, altresì, l’imperfetta personalità giuridica della società di persone in quella dei soci, i cui patrimoni sono protetti dalle iniziative dei terzi solo dalla sussidiarietà, mentre la pienezza del potere di gestione in capo ad essi finisce con il far diventare dei soci i debiti della società; ciascun socio, pertanto, ha l’onere di proporre opposizione contro detto titolo, con la conseguenza che, in difetto, in ragione della conseguita definitività del provvedimento monitorio anche nei confronti del socio, questi non può più opporre l’eventuale prescrizione maturata in precedenza.
Cass. civ. n. 19946/2004
La sentenza di condanna pronunciata in un processo tra il creditore della società ed una società di persone costituisce titolo esecutivo anche contro il socio illimitatamente responsabile, in quanto dall’esistenza dell’obbligazione sociale deriva necessariamente la responsabilità del socio, salvo il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale; ne consegue che in caso di opposizione del socio contro cui sia stato azionato il credito il giudice deve specificamente procedere all’accertamento della sua effettiva qualità. (Nella specie la S.C. ha cassato per difetto di motivazione la sentenza di merito che aveva omesso di considerare i fatti allegati dal ricorrente per dimostrare di aver perduto la qualità di socio).
Cass. civ. n. 18653/2004
Il rapporto di sussidiarietà che lega la responsabilità dei soci di società di persone rispetto alla responsabilità della società, che per prima può essere chiamata a rispondere dei debiti sociali, non esclude che sia i soci che la società possano essere debitori solidali rispetto alla stessa obbligazione, seppure in grado diverso.
Cass. civ. n. 8305/2003
Se un socio di una società di persone emette in proprio assegni in favore di un creditore della società, deve presumersi che il pagamento sia effettuato al fine di estinguere il debito della stessa. Egli ha, infatti, in polo socio solidalmente ed illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali (salvo, il beneficio della previa escussione del patrimonio sociale ex art. 2304 c.c.), un interesse diretto ad adempiere le obbligazioni gravanti sulla società, e, pertanto, il suo pagamento non può essere considerato come proveniente da un terzo. Ne consegue che, a fronte della eccezione di pagamento sollevata dalla società, incombe al creditore l’onere di dimostrare la diversa causale del pagamento ricevuto.
Cass. civ. n. 12310/1999
La posizione del socio illimitatamente responsabile di una società personale non è assimilabile a quella di un fideiussore, sia pure ex lege, poiché mentre quest’ultimo garantisce un debito altrui e per tale ragione, una volta effettuato il pagamento, ha azione di regresso per l’intero nei confronti del debitore principale e si surroga nei diritti del creditore (artt. 1949 e 1950 c.c.), il socio illimitatamente responsabile risponde con il proprio patrimonio di debiti che non possono dirsi a lui estranei, in quanto derivanti dall’esercizio dell’attività comune (al cui svolgimento, data l’assenza di un’organizzazione corporativa, partecipa direttamente: artt. 2257 e 2258 c.c.), ed è anzi tenuto, ove i fondi sociali risultino insufficienti, a provvedere anche mediante contribuzioni aggiuntive a quelle effettuate all’atto dei conferimenti (art. 2280 c.c.) onde l’impossibilità di ammettere (
ex art. 1954 c.c.) un’azione di regresso contro la società del socio che abbia provveduto al pagamento di un debito sociale e l’inapplicabilità degli artt. 1953, 1955 e 1957 c.c., che hanno la loro giustificazione nell’esigenza di salvaguardare la possibilità del regresso del fideiussore. Tali conclusioni non trovano ostacolo nel fatto che anche le società personali costituiscano centri di imputazione di situazioni giuridiche distinti dalle persone dei soci, posto che siffatta soggettività ha carattere transitorio e strumentale, essendo i diritti e gli obblighi ad esse imputati destinati a tradursi in situazioni individuali in capo ai singoli membri.
Cass. civ. n. 4768/1999
Il fatto illecito colposo di uno dei soci di una società di fatto, commesso nell’ambito dell’attività della stessa e per il raggiungimento dei suoi scopi, costituisce illecito della società, ed impegna tutti i soci solidalmente ed illimitatamente, salvo che la responsabilità del socio operatore sia personale, in quanto correlata ad un atto diretto alla lesione dell’altrui diritto, e non coinvolga, quindi, gli altri soci. Tale principio conserva validità anche nella ipotesi in cui sia intervenuta una sentenza penale di assoluzione (per non aver commesso il fatto) nei confronti di uno dei soci, in quanto, operando le statuizioni del giudice penale e di quello civile su piani diversi, l’assoluzione non esclude che la società ed i soci, cui, congiuntamente ed unitariamente è imputato dall’ordinamento l’evento dannoso, ne rispondano civilmente di fronte ai terzi: in tal caso, nei rapporti interni, le conseguenze che da tale affermazione di responsabilità derivano si ripartiscono tra i soci secondo il criterio della partecipazione di ciascuno alle sorti dell’attività collettiva.
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