10 Gen Art. 2320 — Soci accomandanti
I soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari [ 2318 ]. Il socio accomandante che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale [ 1292 ] verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali [ 38, 41, 2291 ] e può essere escluso a norma dell’articolo 2286 [ 2313, 2314, 2317, 2318 ].
I soci accomandanti possono tuttavia prestare la loro opera sotto la direzione degli amministratori e, se l’atto costitutivo lo consente, dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni e compiere atti di ispezione e di sorveglianza.
In ogni caso essi hanno diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne l’esattezza, consultando i libri [ 2261, 2489 ] e gli altri documenti della società [ 2623, n. 3 ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 4498/2018
Per aversi ingerenza dell’accomandante nell’amministrazione della società in accomandita semplice – vietata dall’art. 2320 c.c. e idonea a giustificare l’esclusione del socio ex art. 2286 c.c. – è necessario che l’accomandante contravvenga al divieto di trattare o concludere affari in nome della società o di compiere atti di gestione aventi influenza rilevante sull’amministrazione della stessa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto che la mera “presa di contatto” del socio con un’altra società, tesa a sondarne le intenzioni “transattive”, non comportasse violazione del divieto di ingerenza).
Cass. civ. n. 5069/2017
Il socio accomandante cui sia stata conferita una procura institoria e che abbia compiuto atti di gestione nell’esercizio della stessa assume responsabilità illimitata, ai sensi dell’art. 2320 c.c., per tutte le obbligazioni sociali, e, pertanto, in caso di fallimento della società, fallisce anch’egli in estensione ai sensi dell’art. 147 l.fall. Il fallimento in estensione del socio accomandante di una società in accomandita semplice che, in quanto ingeritosi nella gestione, abbia assunto responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, è soggetto al termine di decadenza di un anno dall’iscrizione nel registro delle imprese di una vicenda, personale o societaria, che abbia determinato il venir meno della suddetta responsabilità. A tal fine non rileva la data della sentenza dichiarativa di fallimento della società perché non comporta il venir meno della responsabilità per estinzione della società o per scioglimento del singolo rapporto sociale.
Cass. civ. n. 17691/2016
Nelle società in accomandita semplice, il socio accomandante può far valere il suo interesse al potenziamento ed alla conservazione del patrimonio sociale esclusivamente con strumenti interni, quali l’azione di responsabilità contro il socio accomandatario, la richiesta di estromissione di quest’ultimo per gravi inadempienze, l’impugnativa del rendiconto, o la revoca per giusta causa dell’amministratore, mentre non è legittimato ad agire nei confronti dei terzi per far annullare o dichiarare nulli i negozi intercorsi fra questi ultimi e la società, non sussistendo un interesse proprio del socio accomandante, autonomo e distinto rispetto a quello della società.
Cass. civ. n. 11250/2016
Il socio accomandante assume la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, a norma dell’art. 2320 c.c., solo ove contravvenga al divieto di trattare o concludere affari in nome della società, o di compiere atti di gestione aventi influenza decisiva o almeno rilevante sull’amministrazione della stessa. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto finalizzata alla cogestione dell’amministrazione sociale la mera presenza nella rivendita commerciale della socia accomandante, senza procedere all’ulteriore disamina della natura dell’attività esercitata).
Cass. civ. n. 23211/2012
La situazione di socio occulto di una società in accomandita semplice – la quale è caratterizzata dall’esistenza di due categorie di soci, che si diversificano a seconda del livello di responsabilità – non è idonea, anche qualora una tale società sia irregolare, a far presumere la qualità di accomandatario, essendo all’uopo necessario accertare, di volta in volta, la posizione in concreto assunta dal socio, il quale, pertanto, assume responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, ai sensi dell’art. 2320 c.c., solo ove contravvenga al divieto di compiere atti di amministrazione o di trattare o concludere affari in nome della società, dovendosi così escludere una responsabilità illimitata per un socio accomandante occulto di una siffatta società.
Cass. civ. n. 22246/2012
La responsabilità illimitata del socio accomandante ingeritosi nell’amministrazione della società, sancita dall’art. 2320 c.c. che, a tal fine, lo equipara all’accomandatario, non è collegata a vicende personali o societarie suscettibili di pubblicizzazione nelle forme prescritte dalla legge, ma deriva dal dato meramente fattuale di tale ingerenza e non è destinata a venir meno per effetto della sola cessazione di quest’ultima, prescindendo la suddetta equiparazione da qualsiasi distinzione tra debiti sorti in epoca anteriore o successiva alla descritta ingerenza, ovvero dipendenti o meno da essa. Pertanto, l’estensione, in siffatte ipotesi ed alla stregua dell’art. 147 legge fallim., del fallimento della società in accomandita semplice al socio accomandante non è soggetta ad altro termine di decadenza che non sia l’anno dalla iscrizione nel registro delle imprese di una vicenda, personale (ad esempio il recesso) o societaria (ad esempio la trasformazione della società), che abbia comportato il venir meno della sua responsabilità illimitata, escludendosi, invece, la possibilità di ancorare la decorrenza di detto termine alla mera cessazione dell’ingerenza nell’amministrazione.
Cass. civ. n. 13468/2010
La prestazione di garanzia in favore di una società in accomandita semplice ed il prelievo di fondi dalle casse sociali per le esigenze personali (quand’anche indebito o addirittura illecito) non integrano l’ingerenza del socio accomandante nell’amministrazione della società in accomandita semplice – con l’assunzione della responsabilità illimitata, a norma dell’art. 2320 c.c., e la conseguente estensione al socio del fallimento della società, ai sensi dell’art. 147 della legge fall. – in quanto la prima attiene al momento esecutivo delle obbligazioni ed il secondo non costituisce un atto di gestione della società.
Cass. civ. n. 11973/2010
Nelle società in accomandita semplice il potere di rappresentanza spetta al socio accomandatario, mentre l’accomandante non può trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale relativa, volta a volta, alla singola operazione, venendo ad assumere, in caso di violazione del divieto – configurabile anche laddove egli agisca in base a procura generale o a procura asseritamente speciale, ma talmente ampia da consentire di fatto la sua sostituzione all’amministratore nella sfera delle delibere di competenza di questi – responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali: pertanto, incombe su chi sostiene di avere agito in nome e per conto della società non solo effettuare la “contemplatio domini”, ma, altresì, dimostrare di averla compiuta comunicando alla controparte la sua qualità. (Fattispecie relativa a contratto di locazione asseritamente concluso da una s.a.s., in cui la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto inconferente, al fine della prova dell’imputazione del contratto, la circostanza che la società utilizzasse i locali oggetto del medesimo).
Cass. civ. n. 21891/2004
Nella società in accomandita semplice, l’art. 2320 c.c., il quale sanziona il comportamento del socio accomandante, che compia affari in nome delle società senza specifica procura, con la perdita del beneficio della responsabilità limitata verso i terzi, non introduce deroghe alla disciplina generale della rappresentanza senza potere, e, pertanto, se la società eccepisce l’inefficacia nei suoi confronti del negozio stipulato da quel falso procuratore, nessuna obbligazione sorge a suo carico, se il terzo non prova che la società medesima lo ha ratificato.
Cass. civ. n. 7554/2000
È nulla la clausola dell’atto costitutivo di una società in accomandita semplice, la quale preveda la necessità del consenso scritto di tutti i soci per una determinata serie di atti, in violazione dell’articolo 2320 c.c., che istituisce una necessaria correlazione tra potere economico e rischio economico nell’interesse non solo dei soci e dei creditori ma, in generale, di un responsabile esercizio dell’attività d’impresa. (Il testo della clausola era il seguente: «L’uso della firma sociale e la legale rappresentanza della società di fronte ai terzi e in giudizio spettano al socio accomandatario… Egli può compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale… ad eccezione dei seguenti atti: a) nomina e revoca di procuratori della società per i quali occorre il consenso scritto di tutti i soci; b) acquisto, permuta di beni immobili, stipulazione di contratti di locazione di immobili per durata ultranovennale, costituzione di diritti reali su beni immobili, determinazione dei prezzi di vendita dei beni immobili, stipulazione di contratti di appalto, rilascio di avalli e fideiussioni in nome della società a favore di terzi, per tutti i quali occorre la firma congiunta del socio accomandatario e di un procuratore della società ovvero — in mancanza del medesimo — il preventivo consenso scritto di tutti i soci»). Nella società in accomandita semplice, il socio accomandante che compie atti della gestione sociale incorre a norma dell’articolo 2320 c.c. nella decadenza dalla limitazione di responsabilità, e ciò anche qualora si tratti di atti di gestione interna senza concorrere alla estrinsecazione esterna della volontà dell’ente societario e senza entrare in rapporto con i terzi nella conclusione dell’affare; pertanto, ai sensi dell’articolo 1471. fall., il fallimento della società in accomandita semplice va esteso anche all’accomandante che si sia ingerito nell’amministrazione della società. (Nella specie, in applicazione di tale principio la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito che aveva respinto l’opposizione alla dichiarazione di fallimento di soci accomandanti, i quali, in forza di clausola dell’atto costitutivo dichiarata nulla ex officio, avevano previamente autorizzato il compimento di un atto di amministrazione).
Cass. civ. n. 10447/1998
Nella società in accomandita semplice, il compimento di atti della gestione sociale da parte del socio accomandante, se pure determina, a norma dell’art. 2320 c.c., la perdita della limitazione di responsabilità di detto socio, non comporta però la responsabilità della società per gli atti e i contratti posti in essere dal suddetto socio per conto (e in nome) di essa, salva l’ipotesi di successiva ratifica.
Cass. civ. n. 2854/1998
In tema di società in accomandita semplice, deve escludersi che il «singolo affare» (che, a norma dell’art. 2320, il socio accomandante può compiere in forza di procura speciale) possa consistere in una categoria di operazioni, cosi come i poteri autorizzati non devono, comunque, essere idonei, per la loro portata od estensione, a condizionare le scelte dell’accomandatario. (La S.C. ha cosa confermato la sentenza del merito che aveva qualificato come generale, sebbene formalmente definita come speciale, la procura concessa dall’accomandatario all’accomandante, in virtù della quale quest’ultimo era stato delegato per tutta la gestione bancaria della società).
Cass. civ. n. 9659/1997
Per «determinate operazioni», a norma dell’art. 2320, secondo comma, s’intendono o singole operazioni o categorie della medesima operazione, e sempre che le operazioni indicate consentano di essere individuate con precisione nella loro effettiva portata. Deve pertanto ritenersi legittima la previsione statutaria della previa autorizzazione da parte dell’accomandante per la contrazione di mutui eccedenti una somma predeterminata e non invece la medesima previsione contemplante genericamente gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione o le obbligazioni eccedenti una determinata somma.
Cass. civ. n. 4019/1994
Con riguardo a società in accomandita semplice, l’art. 2320 c.c., facendo divieto al socio accomandante non soltanto del compimento di atti di amministrazione o di conclusione di affari in nome della società stessa, ma anche di semplici trattative, si impronta alla ratio di precludere al detto socio qualsiasi ingerenza nell’attività sociale, con la conseguenza che la violazione di tale divieto, non è riducibile all’ipotesi della attività del falsus procurator, con la mera conseguenza dell’irrilevanza di questa rispetto alla società, ma rileva come comportamento potenzialmente idoneo a determinare un mutamento del tipo sociale e, quindi, dannoso rispetto alla gestione sociale ed alla posizione di preminenza del socio accomandatario.
Cass. civ. n. 9454/1992
Con riguardo alla società in accomandita semplice la mancanza dell’autorizzazione del socio accomandante prevista nell’atto costitutivo per il compimento di determinati atti da parte del socio accomandatario amministratore e, più in generale, l’inosservanza, da parte di questo, di quanto stabilito dal socio accomandante in virtù dei poteri a lui attribuiti dall’atto costitutivo, ai sensi dell’art. 2320 c.c., pub essere solo fonte di responsabilità del socio accomandatario amministratore nei confronti del o dei soci accomandanti ma non incide, trattandosi di limitazioni attinenti ai rapporti interni, sulla validità del contratto stipulato con i terzi dal socio accomandatario, al quale spetta pur sempre il potere rappresentativo della società, neppure se nel contratto sia richiamata espressamente la disposizione dell’atto costitutivo che prescrive detta autorizzazione, incidendo tale clausola solo sulla efficacia del contratto validamente concluso dal socio accomandatario.
Cass. civ. n. 508/1991
La situazione di socio occulto di una società in accomandita semplice, la quale è caratterizzata dall’esistenza di due categorie di soci, che si diversificano a seconda del livello di responsabilità (illimitata per gli accomandatari e limitata alla quota conferita per gli accomandanti, ai sensi dell’art. 2312 c.c.), non è idonea a far presumere la qualità di accomandatario, essendo necessario accertare di volta in volta la posizione in concreto assunta dal detto socio, con la conseguenza che il socio occulto di una società in accomandita semplice assume responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, ai sensi dell’art. 2320 c.c., solo ove compia atti di amministrazione di natura gestoria, sia pure all’interno della società.
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