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Art. 2048 — Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte

Art. 2048 — Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte

Il padre e la madre, o il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi . La stessa disposizione si applica all’affiliante.

I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.

Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto [ 1900, 2047 1, 2054 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 14216/2018

Il precettore o il maestro d’arte, per liberarsi della presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 2048, comma 2, c.c., ha l’onere di provare che né lui, né alcun altro precettore diligente, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c., avrebbe potuto, nelle medesime circostanze, evitare il danno. Tale prova non può prescindere dalla dimostrazione della presenza fisica del precettore al momento della commissione dell’illecito da parte dell’apprendista, integrando la stessa un dovere primario del precettore diligente ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c.

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Cass. civ. n. 2334/2018

n tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori per fatto illecito dell’allievo, il raggiungimento della maggiore età (o di un’età ad essa prossima) da parte di quest’ultimo, seppure di per sé inidoneo a rendere inapplicabile la responsabilità ex art. 2048, comma 2, c.c., incide sul contenuto della prova liberatoria a carico dell’insegnante, nel senso che l’età maggiorenne deve ritenersi ordinariamente sufficiente ad integrare il caso fortuito, per essere stato l’evento posto in essere da persona che non necessita – quantomeno per attività materiali non specificamente correlate ad un insegnamento tecnico – di vigilanza alcuna poiché munita di completa capacità di discernimento tale da far presumere la non prevedibilità della condotta dannosa posta in essere, salva prova contraria da fornirsi da parte del soggetto danneggiato. (Fattispecie relativa a danno provocato ad una compagna di scuola dall’accalcamento e dalle spinte verificatesi all’uscita della palestra al termine della lezione di educazione fisica tra gli allievi frequentanti l’ultimo anno di scuola superiore).

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Cass. civ. n. 10516/2017

In tema di danni subiti dall’alunno, la natura contrattuale della responsabilità ascrivibile all’istituto scolastico ed al singolo insegnante, che deriva, rispettivamente, dall’iscrizione scolastica e dal contatto sociale qualificato, implica l’assunzione dei cd. doveri di protezione, enucleati dagli artt. 1175 e 1375 c.c., i quali devono essere individuati e commisurati all’interesse del creditore del rapporto obbligatorio, sicchè, nel caso di minore affidato dalla famiglia per la formazione scolastica, essi impongono il controllo e la vigilanza del detto minore fino a quando non intervenga un altro soggetto responsabile, chiamato a succedere nell’assunzione dei doveri connessi alla relativa posizione di garanzia. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto sussistente la responsabilità contrattuale dell’amministrazione scolastica e dell’insegnante per avere quest’ultimo, accompagnando spontaneamente gli allievi allo scuolabus fermo nelle vicinanze della scuola, come da consuetudine invalsa da tempo e non contrasta dal dirigente scolastico, omesso di verificare che tutti gli scolari fossero saliti a bordo ed indotto, così, il conducente ad avviare la marcia, in tal modo causando la morte di uno di loro, rimasto incastrato nella porta del pullman e quindi travolto dallo stesso mezzo).

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Cass. civ. n. 14701/2016

La responsabilità della scuola per le lesioni riportate da un alunno minore all’interno dell’istituto, in conseguenza della condotta colposa del personale scolastico, ricorre anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto al di fuori dell’orario delle lezioni, in quanto il dovere di organizzare la vigilanza degli alunni mediante l’adozione, da parte del personale addetto al controllo degli studenti (bidelli), delle opportune cautele preventive, sussiste sin dal loro ingresso nella scuola e per tutto il tempo in cui gli stessi si trovino legittimamente nell’ambito dei locali scolastici.

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Cass. civ. n. 9337/2016

In tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, il superamento della presunzione di responsabilità gravante, ex art. 2048 c.c., sull’insegnante per il fatto illecito dell’allievo, postula la dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo dopo l’inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, e di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di quella serie, commisurate all’età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto, dovendo la sorveglianza dei minori essere tanto più efficace e continuativa in quanto si tratti di fanciulli in tenera età, sicché, con riguardo ad uno stato dei luoghi connotato dalla presenza di un manufatto in grado di ostacolare la piena e totale visibilità dello spazio da controllare, non costituiscono idonee misure organizzative la mera presenza delle insegnanti “in loco”, se non disposte in prossimità del manufatto stesso, e l’avere le medesime impartito agli alunni la generica raccomandazione “di non correre troppo durante la ricreazione” senza l’adozione di interventi correttivi immediati, diretti a prevenire e ad evitare il verificarsi di eventi dannosi.

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Cass. civ. n. 3964/2014

La precoce emancipazione dei minori frutto del costume sociale non esclude né attenua la responsabilità che l’art. 2048 cod. civ. pone a carico dei genitori, i quali, proprio in ragione di tale precoce emancipazione, hanno l’onere di impartire ai figli l’educazione necessaria per non recare danni a terzi nella loro vita di relazione, dovendo rispondere delle carenze educative a cui l’illecito commesso dal figlio sia riconducibile. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito la quale aveva escluso la responsabilità dei genitori di una sedicenne che, attraversando la strada con il semaforo rosso, aveva provocato un sinistro stradale).

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Cass. civ. n. 19160/2012

In tema di responsabilità civile ex art. 2048 c.c., gli obblighi di sorveglianza e di tutela dell’istituto scolastico scattano solo allorché l’allievo si trovi all’interno della struttura, mentre tutto quanto accade prima può, ricorrendone le condizioni, trovare ristoro attraverso l’attivazione della responsabilità del custode, ex art. 2051 c.c. (Fattispecie in cui una alunna della terza elementare era caduta, all’entrata di scuola, sui gradini esterni sdrucciolevoli e instabili dell’istituto scolastico, riportando gravi lesioni).

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Cass. civ. n. 3242/2012

In tema di responsabilità civile, l’applicabilità dell’art. 2048 c.c. postula l’esistenza di un fatto illecito compiuto da un minore capace di intendere e di volere, in relazione al quale soltanto sono configurabili la “culpa in educando” e la “culpa in vigilando”; ne consegue che, ove il minore incapace, con il proprio comportamento illecito, cagioni un danno a se stesso, sono applicabili le disposizioni di cui agli artt. 1218 o 2043 c.c., a seconda che ricorra una responsabilità contrattuale o extracontrattuale del soggetto tenuto alla vigilanza. Peraltro, a causa del richiamo contenuto nell’art. 2056 c.c. all’art. 1227 c.c., il fatto del minore incapace di intendere e di volere che con il suo comportamento abbia contribuito alla produzione del danno a se stesso è valutabile dal giudice al fine di stabilire il concorso delle colpe e l’eventuale riduzione proporzionale del danno da risarcire. (Nella specie, si trattava del comportamento tenuto da un bambino di tre anni, ritenuto dal giudice di merito valutabile ai fini dell’art. 1227 c.c.).

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Cass. civ. n. 9556/2009

La responsabilità dei genitori peri fatti illeciti commessi dal minore con loro convivente, prevista dall’art. 2048 c.c., è correlata ai doveri inderogabili posti a loro carico all’art. 147 c.c. ed alla conseguente necessità di una costante opera educativa, finalizzata a correggere comportamenti non corretti ed a realizzare una personalità equilibrata, consapevole della relazionalità della propria esistenza e della protezione della propria ed altrui persona da ogni accadimento consapevolmente illecito. Per sottrarsi a tale responsabilità, essi devono pertanto dimostrare di aver impartito al figlio un’educazione normalmente sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione in rapporto al suo ambiente, alle sue abitudini ed alla sua personalità, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la prova di circostanze (quali l’età ormai raggiunta dal minore e le esperienze lavorative da lui eventualmente avute) idonee ad escludere l’obbligo di vigilare sul minore, dal momento che tale obbligo può coesistere con quello educativo, ma può anche non sussistere, e comunque diviene rilevante soltanto una volta che sia stata ritenuta, sulla base del fatto illecito determinatosi, la sussistenza della “culpa in educando”.

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Cass. civ. n. 7050/2008

Ai sensi dell’art. 2048 c.c., i genitori sono responsabili dei danni cagionati dai figli minori che abitano con essi, sia per quanto concerne gli illeciti comportamenti che siano frutto di omessa o carente sorveglianza sia con riguardo agli illeciti riconducibili ad oggettive carenze nell’attività educativa che si manifestino nel mancato rispetto delle regole della civile coesistenza, vigenti nei diversi ambiti del contesto sociale in cui il soggetto si trovi ad operare. (Nella specie la S.C., accogliendo il proposto ricorso e cassando con rinvio la sentenza impugnata, ha ritenuto che il temporaneo allontanamento del minore dalla casa dei genitori, per motivi di lavoro, non esima costoro da responsabilità, essendo ascrivibile a oggettive carenze educative l’illecito comportamento manifestatosi nella inosservanza delle norme sulla circolazione stradale).

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Cass. civ. n. 10042/2006

Il personale docente degli istituti statali di istruzione superiore si trova in rapporto organico con l’amministrazione statale e non con il singolo istituto, con la conseguenza che, per effetto dell’art. 61 della legge 11 luglio 1980, n. 312, sono riferibili direttamente al Ministero della Pubblica Istruzione i comportamenti, anche illeciti, posti in essere dagli insegnanti del suddetto personale docente, sicché sussiste la legittimazione passiva di detto Ministero nelle controversie relative agli illeciti ascrivibili a culpa in vigilando degli stessi docenti. In particolare, in tema di responsabilità civile degli insegnanti per omessa vigilanza (e, quindi, anche nell’eventualità in cui questa omissione sia consistita nella circostanza di aver delegato la funzione stessa ad un terzo), la sottrazione degli insegnanti statali alle conseguenze dell’applicabilità nei loro confronti della presunzione stabilita dall’art. 2048, comma secondo, c.c., nei giudizi di danno per culpa in vigilando è attuata dall’indicato art. 61 della legge n. 312 del 1980, non sul piano sostanziale, ovvero incidendo sull’operatività dello stesso art. 2048, comma secondo, c.c. nei menzionati giudizi, ma esclusivamente sul piano processuale, mediante l’esonero dell’insegnante statale dal processo, nel quale l’unico legittimato passivo è il Ministero della Pubblica Istruzione. (Nella specie, sulla scorta dell’enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, con la quale era stata affermata, oltre a quella del Ministero della Pubblica Istruzione, anche la responsabilità di un insegnante preposto alla vigilanza di un allievo di un istituto professionale di Stato infortunatosi ad un occhio in quanto colpito da una scheggia metallica durante un’esercitazione senza che gli venissero fatti usare gli occhiali protettivi, con la conseguente relativa decisione nel merito dell’appello, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto)

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Cass. civ. n. 20322/2005

In relazione all’interpretazione della disciplina prevista nell’art. 2048 c.c., è necessario che i genitori, al fine di fornire una sufficiente prova liberatoria per superare la presunzione di colpa dalla suddetta norma desumibile, offrano non la prova legislativamente predeterminata di non aver potuto impedire il fatto (atteso che si tratta di prova negativa), ma quella positiva di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata, il tutto in conformità alle condizioni sociali, familiari, all’età, al carattere e all’indole del minore. L’inadeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata su un minore, fondamento della responsabilità dei genitori per il fatto illecito dal suddetto commesso, può essere desunta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell’art. 147 c.c. Non è conforme a diritto, invece, per evidente incompatibilità logica, la valutazione reciproca, e cioè che dalle modalità del fatto illecito possa desumersi l’adeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata. La responsabilità dei genitori a norma dell’art. 2048 c.c. (unitamente agli altri soggetti nella stessa disposizione normativa indicati) configura una forma di responsabilità diretta, per fatto proprio, cioé per non avere, con idoneo comportamento, impedito il fatto dannoso, ed è fondata sulla loro colpa, peraltro presunta.

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Cass. civ. n. 2272/2005

In tema di responsabilità civile ex art. 2048 c.c., il dovere di vigilanza dell’insegnante per il danno subito dall’allievo — obbligo la cui estensione va commisurata all’età ed al grado di maturazione ragiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto — presuppone che l’allievo gli sia stato affidato. pertanto colui che agisce per ottenere il risarcimento deve dimostrare che l’evento dannoso si è verificato nel tempo in cui l’alunno era sottoposto alla vigilanza dell’insegnante, restando indifferente che invochi la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell’obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie, suggerite dall’ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo, affinchè sia salvaguardata l’incolumità dei discenti minori. (Nella specie la Corte Cass. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità dell’amministrazione scolastica con riguardo al ferimento con arma da fuoco di un minore da parte di un nomade con il quale aveva avuto un litigio il giorno precedente, in quanto avvenuto in un cortile antistante la scuola, non adeibito ad eesclusivo uso della stessa, essendo transitabile ed accessibile da terzi per il parcheggio di autoveicoli, neppure rilevando l’uso di tale luogo per la sosta dei ritardatari, atteso che era stato accertato che l’alunno ferito aveva deliberatamente deciso di non entrare a scuola alla prima ora, ma di allontanarsi dal cortile per recarsi in un vicino bar).

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Cass. civ. n. 11241/2003

Ai sensi dell’art. 2048, secondo comma, c.c., va qualificato precettore il soggetto al quale l’allievo è affidato per ragioni di educazione ed istruzione, sia nell’ambito di una struttura scolastica (come avviene per i maestri), sia in virtù di un autonomo rapporto privato (quale è quello che intercorre con un institore), sempre che l’affidamento, se pur limitato ad alcune ore del giorno o della settimana, assuma carattere continuativo e non sia, quindi, meramente saltuario. (Enunciando il principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la sentenza di appello, la quale aveva escluso che potesse essere qualificato tale il soggetto, non dipendente dell’istituto scolastico, occasionalmente intervenuto, in rappresentanza del CONI, alla premiazione delle gare ginniche di fine anno degli alunni di una scuola elementare, nel corso delle quali uno degli scolari era stato ferito da un sasso scagliato da un compagno).

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Cass. civ. n. 15243/2002

La prova liberatoria richiesta ai genitori dall’art. 2048 c.c. non si esaurisce nella dimostrazione di non aver potuto impedire il fatto, ma si estende alla dimostrazione di avere anche adottato, in via preventiva, le misure idonee ad evitarlo.

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Cass. civ. n. 9346/2002

Nel caso di danno cagionato dall’alunno a se stesso, la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso che – quanto all’istituto scolastico – l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso; e che – quanto al precettore dipendente dell’istituto scolastico – tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico, nell’ambito del quale l’insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona. Ne deriva che, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell’istituto scolastico e dell’insegnante, è applicabile il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 c.c., sicché, mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante. In tema di responsabilità degli insegnanti di scuole statali, l’art. 61, secondo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 – nel prevedere la sostituzione dell’Amministrazione, salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi – esclude in radice la possibilità che gli insegnanti statali siano direttamente convenuti da terzi nelle azioni di risarcimento danni da culpa in vigilando, quale che sia il titolo – contrattuale o extracontrattuale – dell’azione. Ne deriva, pertanto, che l’insegnante è privo di legittimazione passiva non solo nel caso di azione per danni arrecati da un alunno ad altro alunno (nella quale sia invocata, nell’ambito di un’azione di responsabilità extracontrattuale, la presunzione di cui all’art. 2048, secondo comma, c.c.), ma anche nell’ipotesi di danni arrecati dall’allievo a se stesso (ipotesi da far valere secondo i principi della responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c.), fermo restando che in entrambi i casi, qualora l’Amministrazione sia condannata a risarcire il danno al terzo o all’alunno autodanneggiatosi, l’insegnante è successivamente obbligato in via di rivalsa soltanto ove sia dimostrata la sussistenza del dolo e della colpa grave, limite, quest’ultimo, operante verso l’Amministrazione ma non verso i terzi. La presunzione di responsabilità posta dall’art. 2048, secondo comma, c.c. a carico dei precettori trova applicazione limitatamente al danno cagionato ad un terzo dal fatto illecito dell’allievo; essa pertanto non è invocabile al fine di ottenere il risarcimento del danno che l’allievo abbia, con la sua condotta, procurato a se stesso.

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Cass. civ. n. 8740/2001

L’art. 2048 c.c. postula l’esistenza di un fatto illecito compiuto da un minore capace di intendere e di volere, in relazione al quale soltanto è configurabile la culpa in educando e la culpa in vigilando. Pertanto la responsabilità dei genitori o precettori ex art. 2048 cit. viene a concorrere con la responsabilità del minore.

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Cass. civ. n. 5668/2001

L’art. 2048 c.c., dopo aver previsto la responsabilità dei precettori e maestri per i danni cagionati dal fatto illecito dei loro allievi nel tempo in cui sono sottoposti alla loro vigilanza, dispone che tali soggetti sono liberati dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto. Peraltro, per vincere la presunzione di responsabilità a carico della P.A., in virtù del rapporto organico con gli insegnanti, nel caso in cui il fatto dannoso si sia verificato nell’ambito di una scuola pubblica, occorre la dimostrazione di avere esercitato la vigilanza nella misura dovuta, il che presuppone anche l’adozione, in via preventiva, di misure organizzative e disciplinari idonee ad evitare una situazione di pericolo, nonché la prova dell’imprevedibilità e repentinità, in concreto, dell’azione dannosa.

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Cass. civ. n. 4481/2001

La prova liberatoria richiesta ai genitori dall’art. 2048 c.c. di non aver potuto impedire il fatto illecito commesso dal figlio minore capace di intendere e di volere si concreta, normalmente, nella dimostrazione, oltre che di aver impartito al minore un’educazione consona alle proprie condizioni sociali e familiari, anche di aver esercitato sullo stesso una vigilanza adeguata all’età e finalizzata a correggere comportamenti non corretti e, quindi, meritevoli di un’ulteriore o diversa opera educativa. A tal fine non occorre che i genitori provino la propria costante ed ininterrotta presenza fisica accanto al figlio — ricadendosi, altrimenti, nell’obbligo di sorveglianza che l’art. 2047 c.c. impone ai genitori di minore incapace — quanto per l’educazione impartita, per l’età del figlio e per l’ambiente in cui egli viene lasciato libero di muoversi, risultino correttamente impostati i rapporti del minore con l’ambiente extrafamiliare, facendo ragionevolmente presumere che tali rapporti non possano costituire fonte di pericoli per sé e per i terzi. (Nella specie, alla stregua dei principi di cui alla massima, la Suprema Corte ha escluso la responsabilità dei genitori di un minore che, alla guida di un motociclo, aveva investito un uomo provocandogli gravi danni alla persona, per avere essi fornito la prova di aver fatto tutto il possibile per educare adeguatamente il figlio e prepararlo alla necessaria autonomia, in particolare, per ciò che rilevava nella fattispecie, avviandolo al lavoro e facendogli conseguire la patente «A»).

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Cass. civ. n. 12501/2000

La responsabilità del genitore (ex art. 2048, primo comma c.c.) e quella del precettore (ex art. 2048, secondo comma, c.c.) — per il fatto commesso da un minore capace di intendere e volere mentre è affidato a persona idonea a vigilarlo e controllarlo — non sono tra loro alternative, giacché l’affidamento del minore alla custodia di terzi solleva il genitore dalla presunzione di culpa in vigilando (dal momento che dell’adeguatezza della vigilanza esercitata sul minore risponde il precettore cui lo stesso è affidato), ma non anche da quella di culpa in educando, rimanendo comunque i genitori tenuti a dimostrare, per liberarsi da responsabilità per il fatto compiuto dal minore in un momento in cui lo stesso si trovava soggetto alla vigilanza di terzi, di avere impartito al minore stesso un’educazione adeguata a prevenirne comportamenti illeciti.

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Cass. civ. n. 5957/2000

La responsabilità (diretta) dei genitori, ai sensi dell’art. 2048 c.c., per il fatto illecito dei figli minori imputabili può concorrere con quella dei precettori, essendo esse rispettivamente fondate sulla colpa in educando e su quella in vigilando. La presenza di questi astratti titoli di responsabilità, fra loro concorrenti, non impedisce che – trattandosi di illecito commesso da minore nell’esercizio della sua attività di apprendista – possa essere accertata la responsabilità esclusiva, ex art. 2049 c.c., del datore di lavoro. Tale responsabilità, essendo fondata sul presupposto dell’esistenza di un rapporto di subordinazione fra l’autore dell’il¬lecito ed il proprio datore di lavoro, e sul collegamento dell’illecito stesso con le mansioni svolte dal dipendente, prescinde del tutto dalla colpa in eligendo o in vigilando del datore di lavoro, è quindi insensibile all’eventuale dimostrazione dell’assenza di colpa dello stesso, e può ricorrere anche in caso di dolo del commesso.

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Cass. civ. n. 916/1999

L’art. 2048 c.c. pone una presunzione di responsabilità a carico dell’insegnante per il fatto illecito dell’allievo, collegata all’obbligo di sorveglianza scaturente dall’affidamento e temporalmente dimensionata alla durata di esso. La prova liberatoria non si esaurisce nella dimostrazione di non aver potuto impedire il fatto, ma si estende alla dimostrazione di aver adottato in via preventiva, le misure organizzative idonee ad evitarlo. (Nel caso di specie la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistente la responsabilità dell’insegnante avuto riguardo alla circostanza dell’allontanamento ingiustificato della stessa dall’aula).

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Cass. civ. n. 6741/1998

La disposizione di cui all’art. 2048 c.c. — secondo cui i genitori (i tutori, i precettori e i maestri d’arte) sono liberati dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto —pur escludendo la configurabilità di una responsabilità oggettiva (incompatibile con la possibilità di offrire l’indicata prova liberatoria), addossa a detti soggetti il rischio dell’impossibilità della prova stessa, nel caso in cui si rivelino inadeguate le circostanze, che in concreto si potrebbero provare, alla luce delle carenze, rese evidenti da un contegno del minore particolarmente riprovevole e pericoloso, che avrebbero resa necessaria la dimostrazione di una vigilanza più continua e più intensa rispetto a quella abitualmente richiesta nei confronti di un soggetto di una data età e di una data educazione.

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Cass. civ. n. 6686/1998

Il genitore risponde, ai sensi dell’art. 2048 c.c., dell’atto illecito compiuto dal proprio figlio minore, quand’anche la responsabilità di quest’ultimo non sia accertata in concreto, ma sia stata presunta ex art. 2054, comma 2, c.c.

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Cass. civ. n. 9815/1997

La norma di cui all’art. 2048 c.c. configura una ipotesi di responsabilità diretta dei genitori per il fatto illecito commesso dai figli minori (e non già indiretta, od oggettiva, per fatto altrui), poiché, ai fini della sua concreta applicazione, non è sufficiente la semplice commissione del detto illecito, ma è altresì necessaria una condotta (commissiva o, di regola, soltanto omissiva), direttamente ascrivibile ai medesimi, che si caratterizzi per la violazione dei precetti di cui all’art. 147 c.c., e rispetto alla quale, in seno alla struttura dualistica dell’illecito, lo stesso fatto del minore, nella sua globalità, rappresenta il correlato evento giuridicamente rilevante. Di tale responsabilità, configurabile soltanto a titolo di colpa (poiché, in caso di condotta dolosa, le conseguenze, penali e civili, risulterebbero diversamente disciplinate, ex artt. 111 e 185 c.p.), può legittimamente predicarsi la sussistenza, diversamente da quanto previsto, in via generale, dall’art. 2043, solo in presenza di una forma di colpa c.d. specifica, non essendo, all’uopo, sufficiente una colpa soltanto generica, attesa che la previsione di una praesumptio iuris tantum della sua esistenza, così che il genitore potrà dirsi liberato soltanto attraverso la positiva dimostrazione di una rigorosa osservanza dei precetti di cui al menzionato art. 147.

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Cass. civ. n. 7459/1997

Ai fini della responsabilità del genitore per il fatto illecito del minore a norma dell’art. 2048 c.c., la circostanza che il figlio abbia frequentato la scuola e sia avviato ad un mestiere, se può valere ad escludere la presunzione di culpa in vigilando non è idonea a fornire la prova liberatoria della presunzione di culpa in educando, all’uopo occorrendo che sia stata impartita al figlio un’educazione normalmente sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione in rapporto al suo ambiente, alle sue abitudini, alla sua personalità.

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Cass. civ. n. 2606/1997

La responsabilità del genitore, per il danno cagionato da fatto illecito del figlio minore, trova fondamento, a seconda che il minore sia o meno capace di intendere e volere al momento del fatto, rispettivamente nell’art. 2048 c.c., in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di educazione ovvero nell’art. 2047 c.c., in relazione ad una presunzione
iuris tantum di difetto di sorveglianza e di vigilanza. Le indicate ipotesi di responsabilità presunta pertanto, sono alternative – e non concorrenti — tra loro, in dipendenza dell’accertamento, in concreto, dell’esistenza di quella capacità.

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Cass. civ. n. 540/1997

In tema di responsabilità dei genitori per i danni cagionati dall’illecito del figlio minore, ove manchi, da parte dei primi, la prova liberatoria di non avere potuto impedire il comportamento dannoso e cioè la dimostrazione di avere impartito al minore l’educazione e l’istruzione consone alle proprie condizioni familiari e sociali e di avere vigilato sulla sua condotta, così da non potersi configurare a loro carico una culpa in educando o in vigilando i genitori medesimi sono obbligati a risarcire i detti danni nella stessa misura con cui tale obbligazione graverebbe sull’autore materiale dell’illecito e, quindi, nel caso sussistano le condizioni, anche al risarcimento dei danni non patrimoniali. (Nella specie, un minorenne, alla guida di un ciclomotore non assicurato, aveva cagionato lesioni ad un pedone; il giudice di merito aveva condannato i genitori dell’investitore al risarcimento dei danni, ritenendo che essi non avevano fornito la prova di avere adeguatamente vigilato sul minore, limitandosi solo a raccomandargli di «andare piano e di stare attento», e consentendogli, peraltro, di circolare senza copertura assicurativa. La S.C., in applicazione dell’enunciato principio, ha confermato la sentenza del merito, ritenendola congruamente motivata circa l’inadeguatezza dell’educazione impartita al minore e la vigilanza su di lui esercitata).

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Cass. civ. n. 8263/1996

La responsabilità dei genitori per il fatto illecito dei figli minori ai sensi dell’art. 2048 c.c. può concorrere con quella degli stessi minori fondata sull’art. 2043 c.c. se capaci di intendere e di volere. Del pari, il vincolo di solidarietà sussiste anche tra la responsabilità dei genitori da un lato e quella dei precettori dall’altro, fondate rispettivamente sulla culpa in educando e sulla culpa in vigilando, quando sia stata accertata una inadeguata educazione del minore alla vita di relazione.

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Cass. civ. n. 8384/1995

Nell’ipotesi di azione di danno proposta nei confronti del genitore esercente la potestà sul figlio minore per il fatto lesivo ascrivibile a quest’ultimo e per la responsabilità da culpa in vigilando ex art. 2048 c.c., non è richiesta la presenza in lite del minore come litisconsorte necessario ed è irrilevante il conseguimento della maggiore età in corso di causa in ordine alla responsabilità civile per fatto antecedente.

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Cass. civ. n. 5268/1995

L’art. 2048 c.c. — contemplante la responsabilità dei genitori, tutori, precettori e maestri d’arte — trova applicazione limitatamente ai casi in cui l’incapace cagioni ad altri un danno ingiusto, non anche nell’ipotesi in cui l’incapace si procuri una lesione, tenuto conto, altresì, che la prova liberatoria, prevista al terzo comma di detta disposizione, va opposta al terzo danneggiato, non già all’incapace che si sia autoprocurato un pregiudizio. (Nella specie, una minore si era procurata lesioni scivolando da un’altalena a seguito di un movimento erroneo, risultato del tutto imprevedibile da parte della persona che la sorvegliava, restando, così, esclusa anche la responsabilità di questa, a norma dell’art. 2048 c.c., per culpa in vigilando).

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Cass. civ. n. 13424/1992

La responsabilità del genitore per fatto illecito del minore a norma dell’art. 2048 c.c. non è esclusa dall’impedimento del genitore stesso (lontananza o altro) all’esercizio della potestà, traducendosi la relativa prova liberatoria di cui all’ultimo comma dell’art. 2048 c.c. nella dimostrazione non del mero fatto materiale della lontananza, bensì di avere in adempimento dell’obbligo imposto ad entrambi i coniugi dall’art. 147 c.c. — ed indipendentemente, pertanto dall’esercizio della potestà — impartito al minore un’educazione e istruzione consona alle proprie condizioni familiari e sociali, vigilando altresì sulla sua condotta in misura adeguata all’ambiente, alle abitudini ed al carattere del soggetto e, quindi, a prevenire un suo comportamento illecito, nonché, in particolare, a correggere quei difetti come l’imprudenza e la leggerezza che il fatto del minore ha rivelato.

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Cass. civ. n. 2995/1984

Ai fini della responsabilità dei genitori per i danni cagionati dai figli minori (art. 2048 c.c.), l’inadeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata può desumersi, in mancanza di una concludente prova contraria, dalle stesse modalità del fatto illecito commesso (nella specie: lancio di un pugno di calce viva nell’occhio di un coetaneo), perché tali modalità possono rivelare lo stato di maturità, il temperamento e, in genere, l’educazione del minore.

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