10 Gen Art. 2045 — Stato di necessità
Quando chi ha compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona [ 1447 ] e il pericolo non è stato da lui volontariamente causato né era altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuta un’indennità, la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice [ 925, 1038, 1053, 1328, 2047 2 ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 13919/2016
In tema di responsabilità medica, la struttura ospedaliera che esegua un intervento chirurgico d’urgenza non può invocare lo stato di necessità di cui all’art. 2045 c.c., il quale implica l’elemento dell’imprevedibilità della situazione d’emergenza, la cui programmazione rientra nei compiti di ogni struttura sanitaria e, con riguardo alle risorse ematiche, deve tradursi in un approvvigionamento preventivo o nella predeterminazione delle modalità per un rifornimento aggiuntivo straordinario, sicché grava sulla struttura la prova di aver eseguito, sul sangue pur somministrato in via d’urgenza, tutti i controlli previsti all’epoca dei fatti. (Nella specie, il paziente aveva contratto epatite post-trasfusionale in conseguenza di emotrasfusioni alle quali era stato sottoposto con particolare urgenza, essendo giunto in ospedale con una ferita da arma da fuoco e con una grave emorragia in corso).
Cass. civ. n. 23275/2010
L’art. 2045 c.c., laddove riconosce in favore del danneggiato un’indennità nell’ipotesi in cui chi ha compiuto il fatto dannoso abbia agito in stato di necessità, ha una funzione surrogatoria od integratrice, avendo lo scopo di assicurare al danneggiato un’equa riparazione; ne consegue che non è affetta da violazione di legge la sentenza con cui il giudice d’appello, individuati nel fatto gli estremi dello stato di necessità e corretta in tal senso la motivazione della prima sentenza (che, invece, aveva attribuito al danneggiante la responsabilità risarcitoria ai sensi dell’art. 2043 c.c.), esercitando il proprio giudizio equitativo, liquidi in favore del danneggiato, a titolo di indennità, la stessa somma di danaro che il primo giudice aveva liquidato a titolo risarcitorio.
Cass. civ. n. 12100/2003
In tema di illecito, qualora l’attore abbia chiesto il risarcimento dei danni e sia stato accertato che il convenuto aveva agito in stato di necessità, il giudice deve applicare d’ufficio l’art. 2045 c.c., essendo implicita nella domanda di risarcimento quella di corresponsione di un equo indennizzo, anche in assenza di un esplicito richiamo, da parte del danneggiato, alla ricordata norma
ex art. 2045 c.c.
Cass. civ. n. 10571/2002
L’art. 2045 c.c., il quale prevede che l’autore del fatto dannoso commesso in stato di necessità è tenuto a corrispondere una indennità al danneggiato, è applicabile anche nel caso di danno cagionato da incidente stradale, purché l’autore del fatto dimostri gli elementi costitutivi dell’esimente. L’apprezzamento relativo alla ricostruzione del sinistro costituisce giudizio di merito e, pertanto, è insindacabile in sede di legittimità, quando sia sorretto da adeguato e corretto ragionamento.
Cass. civ. n. 12621/1999
La necessità del consenso del paziente alle cure sanitarie viene meno sia in presenza di uno stato di necessità effettivo, sia in presenza di uno stato di necessità presunto o putativo, il quale ricorre allorché il medico, senza colpa, abbia ritenuto in base a circostanze scusabili resistenza d’un pericolo di danno grave alla salute del paziente.
Cass. civ. n. 4029/1995
L’art. 2045 c.c. (il quale prevede che l’autore del fatto dannoso commesso in stato di necessità è tenuto a corrispondere una indennità al danneggiato) è applicabile, per analogia, nel caso di danno cagionato da persona non punibile per aver agito in stato di cosiddetta legittima difesa putativa.
Cass. civ. n. 2127/1982
La necessità del locatore di intraprendere o proseguire nell’immobile locato un’attività commerciale, artigianale o professionale, considerata, dall’art. 59, n. 1 della l. 27 luglio 1978, n. 392, come causa di legittimo recesso dal contratto del locatore medesimo, se non deve consistere in uno stato di bisogno avente gli stessi caratteri d’intensità richiesti dagli artt. 2045 cod. civ. e 54 cod. pen., esige, tuttavia, che il proposito di destinare l’immobile ad uno degli usi anzidetti sia, oltre che serio, rispondente ad apprezzabili ragioni di vita e di lavoro, con la conseguenza che, sebbene l’attività progettata dal locatore possa anche non essere esclusiva, deve negarsi (fatte salve talune ipotesi eccezionali delle quali va fornita rigorosa prova) che integri la necessità considerata dall’art. 59, n. 1 della l. n. 392 del 1978 quella avente ad oggetto lo svolgimento di un lavoro del tutto sussidiario alla principale attività del locatore (nella specie, impiegato a tempo pieno).
Cass. civ. n. 448/1982
La realizzazione di una costruzione in violazione delle norme che regolano l’esercizio del diritto di proprietà, quale la copertura realizzata da un condomino su un proprio terrazzo che impedisca la veduta in appiombo dalle finestre superiori, ancorché al dichiarato fine di difendersi da moleste immissioni, non integra gli estremi del «fatto dannoso» necessitato che, ai sensi dell’art. 2045 c.c., determina l’obbligo di corrispondere un’equa indennità.
Cass. pen. n. 7242/1981
La manovra di emergenza, compiuta dal conducente di un veicolo per evitare danni a sé o ad altri, non è a lui ascrivibile a titolo di colpa, anche concorrente, soltanto se la sua condotta precedente sia stata in tutto conforme a legge. Allorquando, invece, quella manovra sia stata resa necessaria da un pregresso comportamento illegittimo, la situazione di colpa, insita nell’irregolarità commessa, si riflette anche nella manovra di emergenza ed importa l’obbligo da parte del giudice di valutare se ed in quale misura le conseguenze dannose scaturitene debbano essere poste a carico del conducente autore della manovra stessa.
Cass. civ. n. 2238/1981
Presupposto per il riconoscimento del diritto all’indennità, che, ai sensi dell’art. 2045 c.c., il giudice può (nella misura ritenuta equa) attribuire al danneggiato nel caso in cui l’autore del fatto dannoso abbia agito in stato di necessità, è che la condotta di quest’ultimo sia consistita in un’azione diretta a cagionare danno; pertanto, tale indennità è correttamente negata quando — alla stregua della valutazione di tutti gli elementi della fattispecie concreta — risulti che l’azione del danneggiante sia stata invece diretta soltanto a giovare al soggetto in pericolo, il quale dalla opera di salvataggio tentata a suo favore abbia accidentalmente ricevuto un danno sostanzialmente non dissimile da quello che gli sarebbe derivato in mancanza di detta azione. (Nella specie, l’indennità era stata richiesta dalla passeggera di un automobile rimasta ferita per la brusca frenata che il conducente di tale veicolo era stato costretto a compiere per evitare la collisione con altro veicolo improvvisamente immessosi sulla strada).
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