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Art. 1748 — Diritti dell’agente

Art. 1748 — Diritti dell’agente

Per tutti gli affari conclusi durante il contratto l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento.

La provvigione è dovuta anche per gli affari conclusi dal preponente con terzi che l’agente aveva in precedenza acquisito come clienti per affari dello stesso tipo o appartenenti alla zona o alla categoria o gruppo di clienti riservati all’agente, salvo che sia diversamente pattuito.

L’agente ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi dopo la data di scioglimento del contratto se la proposta è pervenuta al preponente o all’agente in data antecedente o gli affari sono conclusi entro un termine ragionevole dalla data di scioglimento del contratto e la conclusione è da ricondurre prevalentemente all’attività da lui svolta; in tali casi la provvigione è dovuta solo all’agente precedente, salvo che da specifiche circostanze risulti equo ripartire la provvigione tra gli agenti intervenuti.

Salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico.

Se il preponente e il terzo si accordano per non dare, in tutto o in parte, esecuzione al contratto, l’agente ha diritto, per la parte ineseguita, ad una provvigione ridotta nella misura determinata dagli usio, in mancanza, dal giudice secondo equità.

L’agente è tenuto a restituire le provvigioni riscosse solo nella ipotesi e nella misura in cui sia certo che il contratto tra il terzo e il preponente non avrà esecuzione per cause non imputabili al preponente. È nullo ogni patto più sfavorevole all’agente.

L’agente non ha diritto al rimborso delle spese di agenzia.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 2288/2017

In tema di contratto di agenzia, ai sensi dell’art. 1748, comma 2, c.c., il diritto alla provvigione cd. indiretta compete in ogni caso di ingerenza nella zona di esclusiva o di captazione di clienti riservati all’agente attraverso l’intervento diretto o indiretto del preponente, quali che siano le modalità della sottrazione così realizzata ed indipendentemente dalla tecnica negoziale prescelta o dal luogo in cui questa è posta in essere, sicché, anche la conclusione di affari al di fuori della zona di esclusiva dell’agente, con una società che, a sua volta, provveda alla distribuzione del prodotto ad imprenditori affiliati operanti, invece, nel predetto ambito territoriale, costituisce violazione della zona di esclusiva, ove vi concorra il preponente (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, con accertamento non sindacabile, aveva ritenuto sussistente la sottrazione della clientela di zona attraverso l’intervento della preponente capogruppo, che si era consapevolmente avvalsa dell’attività del proprio agente operante nella zona della capogruppo, per soddisfare gli ordinativi di merce dei vari esercizi commerciali affiliati, operanti nelle zone di altri agenti).

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Cass. civ. n. 21994/2016

Nel contratto di agenzia, il patto dello star del credere in misura eccedente il massimo previsto dal contratto collettivo tempo per tempo vigente è legittimo, quale espressione dell’autonomia negoziale delle parti ex art. 1322 c.c., ove assunto in modo spontaneo e autonomo dall’agente, in vista della stipulazione di un contratto con un cliente reputato non solvibile dal preponente, che si è determinato alla conclusione per la sola garanzia così prestata, senza imposizione di un vincolo coercitivo che interferisca o alteri l’equilibrio sinallagmatico delle prestazioni tipiche del rapporto.

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Cass. civ. n. 486/2016

In tema di contratto di agenzia, la ripartizione dell’onere della prova tra agente e preponente deve tenere conto, oltre della partizione della fattispecie sostanziale tra fatti costitutivi e fatti estintivi od impeditivi del diritto, anche del principio – riconducibile all’art. 24 Cost. e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio – della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che non aveva adeguatamente valutato gli estratti conto del rapporto e il prospetto riepilogativo delle provvigioni, prodotti in giudizio dall’agente con il ricorso introduttivo della causa in primo grado e non tempestivamente contestati dalla società preponente).

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Cass. civ. n. 14968/2011

Nel giudizio promosso dall’agente contro la ditta preponente per l’accertamento del suo diritto al pagamento di provvigioni sugli affari conclusi, egli ha l’onere di provare i fatti costitutivi della sua pretesa, ovvero gli affari da lui promossi; è peraltro legittimo l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. delle scritture contabili impartito dal giudice di merito alla medesima preponente, anche con riferimento ai contratti per i quali non è applicabile, per ragioni temporali, l’art. 2 del d.l.vo n. 303 del 1991, che, nel riconoscere – in attuazione della direttiva comunitaria 18 dicembre 1986, n. 653 – il diritto dell’agente ad ottenere un estratto delle scritture contabili, ha fornito un autorevole criterio interpretativo delle norme previgenti. Tale principio deve essere coordinato con la funzione di strumento istruttorio residuale assegnata dall’ordinamento all’ordine di esibizione predetto, che può pertanto essere utilizzato solo se la prova del fatto non è acquisibile “aliunde” e se l’iniziativa non ha finalità meramente esplorative; la valutazione concernente la ricorrenza di tali presupposti è rimessa al giudice di merito e il mancato esercizio da parte di costui del relativo potere discrezionale non è sindacabile in sede di legittimità.

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Cass. civ. n. 10821/2011

La proposizione della domanda di pagamento delle provvigioni relative ad un rapporto di agenzia, riguardando un diritto il cui fatto costitutivo è rappresentato non dal rapporto predetto (che, di per sé, è solo il presupposto della nascita del credito azionato), ma dalla conclusione di affari tra preponente e clienti per il tramite dell’agente, esige che siano indicati, con elementi sufficienti a consentirne l’identificazione, i contratti che l’agente assume siano stati conclusi per suo tramite, non potendosi considerare assolto l’onere probatorio dalla mera produzione degli ordini raccolti.

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Cass. civ. n. 15069/2008

In materia di rapporto di agenzia, il preponente non può operare, con continuità, nella zona di competenza dell’agente ma, ai sensi dell’art. 1748, secondo comma, c.c., ha solamente la facoltà di concludere, direttamente, singoli affari, anche se di rilevante entità, dal cui compimento sorge il diritto dell’agente medesimo a percepire le cosiddette provvigioni indirette; ne consegue che, ove l’intervento del proponente sia meramente isolato, il diritto al pagamento della provvigione ha, a sua volta, natura episodica e non periodica, e, come tale, è soggetto alla prescrizione ordinaria di cui all’art. 2946 c.c. e non alla prescrizione «breve» ex art. 2948, n. 4, c.c.

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Cass. civ. n. 18586/2007

L’art. 1748 c.c., nel testo modificato dall’art. 2 del D.L.vo n. 303 del 1991, ha riconosciuto il diritto dell’agente di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni, in particolare un estratto dei libri contabili, necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate. Conseguentemente, in relazione a tale precisa garanzia normativa, non appare conforme a diritto la reiezione, come nella specie, dell’istanza dell’agente mirante, indipendentemente dall’espletamento di consulenza tecnica, all’acquisizione della documentazione in possesso solo del preponente, indispensabile per sorreggere, sul piano probatorio, attraverso precisi dati quantitativi, l’allegazione relativa all’aumento del numero dei clienti e del volume degli affari nel corso degli anni; né è imputabile alla parte la carenza di indicazione di tali dati quantitativi, derivando dall’inadempimento dell’obbligo di informazioni posto dalla legge a carico del preponente.

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Cass. civ. n. 17762/2003

Nel giudizio promosso dall’agente contro la ditta preponente per l’accertamento del suo diritto al pagamento delle provvigioni, egli ha l’onere di provare i fatti costitutivi della sua pretesa, ovvero gli affari da lui promossi e la loro esecuzione, laddove rientra nel potere discrezionale del giudice di merito disporre l’ammissione di consulenza tecnica, qualora la ricostruzione dei reciproci rapporti di dare ed avere tra agente e preponente, sulla base dei fatti addotti dalle parti, necessiti di una ricostruzione tecnico-contabile.

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Cass. civ. n. 10427/2002

Nell’ipotesi di contratto di agenzia o rappresentanza commerciale nullo perché stipulato con soggetto non iscritto nel ruolo istituito dalla legge 12 marzo 1968, n. 316, quest’ultimo può esperire l’azione generale di arricchimento senza causa, ai sensi dell’art. 2041 c.c., per farsi indennizzare delle prestazioni svolte a favore del preponente, senza che rilevi la distinzione tra contratto semplicemente illegale in quanto (come nella specie) contrario a norme imperative e contratto nullo per illiceità della causa (dovuta a contrarietà a norme imperative o all’ordine pubblico), giacché l’azione di indebito arricchimento potrebbe essere esclusa solo nell’ipotesi di contratto nullo per illiceità della causa dovuta a contrarietà al buon costume.

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Cass. civ. n. 8310/2002

Nel giudizio promosso dall’agente contro la ditta preponente per l’accertamento del suo diritto al pagamento delle provvigioni, l’agente stesso ha l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa, ovvero gli affari da lui promossi e la loro esecuzione, non potendosi supplire al mancato assolvimento di tale onere con la richiesta alla controparte di esibizione di documenti (che per poter essere presa in considerazione deve comunque essere specifica e concernente documenti individuati) e la cui inosservanza da parte del preponente configura un argomento di prova ex art. 116 c.p.c., liberamente valutabile dal giudice di merito.

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Cass. civ. n. 11197/2001

Il diritto dell’agente a conseguire le provvigioni per le vendite concluse direttamente dal preponente nella zona riservata allo stesso agente, ex art. 1748, secondo comma, c.c., presuppone che si tratti di vendite concluse da un soggetto, appunto il preponente, in immediato rapporto con la controparte acquirente, nelle quali, cioè, lo scambio fra le prestazioni corrispettive avvenga in maniera immediata e diretta tra le due parti, senza l’intervento di soggetti interposti e senza ulteriori passaggi intermedi. (Nella specie, la Suprema Corte ha annullato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la provvigione in relazione a vendite effettuate da un grossista, che aveva acquistato i prodotti commerciati presso il preponente e li aveva successivamente posti in vendita al dettaglio mediante propri venditori).

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Cass. civ. n. 14767/2000

Qualora un contratto di agenzia contenga una clausola secondo cui il conto provvigionale si intende approvato se non contestato entro trenta giorni, l’approvazione dell’estratto conto preclude l’impugnabilità della validità e dell’efficacia dei singoli rapporti obbligatori e dei titoli contrattuali da cui derivano gli addebiti e gli accrediti; infatti, un’approvazione non può avere un’efficacia maggiore di una dichiarazione «saldo» apposta dall’agente in calce ai conteggi predisposti unilateralmente dal preponente sulle provvigioni spettantegli, non essendo idonea a esprimere la rinuncia a diritti diversi da quelli inerenti alle provvigioni classificate e percepite, né dimostrando la consapevolezza dell’esistenza di altri diritti e la convinzione di abdicare ad essi.

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Cass. civ. n. 5467/2000

Anche in base alla normativa di attuazione della direttiva comunitaria 86/653 (del 18 dicembre 1986) sugli agenti di commercio indipendenti e, in particolare, alla disciplina dettata dall’art. 1748 c.c., nel testo di cui al D.L.vo 15 febbraio 1999, n. 65 di maggior tutela del diritto dell’agente alle provvigioni sia per quanto riguarda sia il momento genetico che l’onere probatorio l’agente ha l’onere di precisare e provare i fatti costitutivi del suo diritto alle provvigioni, e quindi, in particolare, la conclusione dei contratti da lui promossi, con i relativi dati identificativi e quantitativi.

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Cass. civ. n. 1361/2000

In tema di rapporto d’agenzia, la consulenza tecnica può costituire mezzo di prova quando la parte non possa dimostrare il proprio assunto; lo è comunque quando si tratti di fatti riscontrabili solo attraverso particolari conoscenze tecniche, come nel caso di registrazioni contabili relative a rapporti assicurativi conclusi direttamente dalla compagnia assicuratrice.

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Cass. civ. n. 5441/1999

Nel rapporto di agenzia, il patto cosiddetto dello star del credere (per cui l’agente, in relazione agli affari non andati a buon fine, non solo non percepisce alcuna provvigione, ma partecipa anche al rischio di impresa sopportando in parte le perdite subite dall’imprenditore preponente, come conseguenza dell’inadempimento dei clienti da lui procurati) prescinde da qualsiasi negligenza, colpa o dolo dell’agente sicché — avendo tale obbligo di garanzia carattere oggettivo — l’agente non può sottrarvisi dimostrando di aver tenuto un comportamento diligente nello scegliere il cliente e di aver provveduto ad informare la società preponente in ordine ad eventuali dubbi di insolvenza. Quest’ultima però non può imporre all’agente di curare o concludere affari che egli reputi dannosi se non esonerandolo dalla garanzia stessa.

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Cass. civ. n. 10063/1998

Nel giudizio promosso dall’agente contro la ditta preponente per l’accertamento del suo diritto al pagamento di provvigioni dirette ed indirette sugli affari conclusi, è legittimo l’ordine di esibizione delle scritture contabili impartito dal giudice di merito alla medesima preponente, anche con riferimento ai contratti per i quali non è applicabile, per ragioni temporali, l’art. 2 del D.L.vo 10 settembre 1991 n. 303, che, nel riconoscere — in attuazione della direttiva comunitaria 18 dicembre 1986 n. 86/653 — il diritto dell’agente ad ottenere un estratto delle scritture contabili, ha fornito un autorevole criterio interpretativo delle norme previgenti. Tuttavia, poiché l’inosservanza dell’ordine di esibizione di documenti integra un comportamento dal quale il giudice può, nell’esercizio di poteri discrezionali, desumere argomenti di prova a norma dell’art. 116, comma secondo, c.p.c., non è censurabile in sede di legittimità, neanche per difetto di motivazione, la mancata valorizzazione dell’inosservanza dell’ordine ai fini della decisione nel merito o dell’ammissione di una consulenza tecnica per gli accertamenti contabili, anche perché anche l’esperimento di una consulenza tecnica d’ufficio è rimesso alla discrezionalità del giudice del merito e non può essere inteso come un mezzo che esoneri la parte dall’onere della prova dei fatti posti a fondamento della pretesa fatta valere in giudizio.

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Cass. civ. n. 9802/1998

In tema di rapporto di agenzia, qualora il preponente abbia concluso affari direttamente nella zona dell’agente, ovvero quando non abbia comunicato all’agente il buon fine degli affari da lui promossi, l’agente che invoca il pagamento delle provvigioni può richiedere l’esibizione delle scritture contabili del preponente e la consulenza tecnica sulle stesse, per accertare la conclusione e il buon fine degli affari conclusi per il suo tramite.

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Cass. civ. n. 4887/1998

In materia di contratto di agenzia, in caso di conclusione da parte del mandante, a seguito di iniziative dell’agente e con l’assistenza del medesimo nel momento della stipulazione, di un contratto di concessione di vendita in esclusiva nella zona di pertinenza dell’agente, va annullata per vizio di motivazione e violazione della disposizione dell’art. 1748, comma 2, c.c. sul diritto alle cosiddette provvigioni indirette, la sentenza con cui il giudice di merito ritenga risolto il rapporto di agenzia per implicita volontà delle stesse parti ed insussistente il diritto dell’agente a provvigioni per gli affari conclusi con tale concessionario, sulla sola base della stipulazione di tale contratto di esclusiva e del non dimostrato assioma che il medesimo avesse di fatto comportato la totale estromissione dell’agente nei rapporti tra preponente ed esclusivista. (Nella specie il contratto di agenzia, stipulato a termine con clausola di tacito rinnovo, non era stato mai disdetto; la S.C. ha rilevato anche contraddittorietà di motivazione per il riconoscimento di provvigioni per un periodo successivo alla ritenuta risoluzione del contratto, inoltre, annullando con rinvio la sentenza impugnata, ha rilevato che il giudice di rinvio avrebbe anche dovuto, se del caso, verificare l’applicabilità — anche sotto il profilo temporale – del comma 3 dell’art. 1748, c.c., introdotto dall’art. 2 del D.L.vo n. 303 del 1991, che prevede il diritto dell’agente alla provvigione sugli affari conclusi dopo lo scioglimento del contratto se la loro conclusione «è effetto soprattutto dell’attività da lui svolta».

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Cass. civ. n. 1153/1998

In tema di contratto di agenzia, l’indennità suppletiva di clientela ha origine e disciplina esclusivamente collettiva, essendo stata introdotta dall’AEC 18 dicembre 1974 e conservata dagli accordi successivi, tutti con natura ed efficacia meramente negoziale, ed è pertanto dovuta solo agli agenti il cui rapporto sia regolato, direttamente o per relationem, dai detti accordi.

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Cass. civ. n. 12668/1997

La provvigione spetta all’agente sugli affari che abbiano avuto regolare esecuzione, dovendosi intendere per regolare esecuzione non l’esatto adempimento secondo i patti contrattuali, bensì il risultato economico utile conseguito, cosa che la provvigione è dovuta anche in caso di esecuzione non «ortodossa» o di esecuzione parziale, sia pure, in quest’ultimo caso, solo in proporzione alla parte dell’affare che sia andata a buon fine.

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Cass. civ. n. 4504/1997

È nulla ai sensi dell’art. 1356 c.c., risolvendosi in una condizione meramente potestativa, tale da far venir meno l’efficacia vincolante dell’intero contratto, la clausola del contratto di agenzia con la quale il proponente si riservi in ogni momento la possibilità, previa comunicazione, di trattare direttamente alcuni clienti (non previamente individuati), così escludendo ogni diritto dall’agente in quanto l’applicazione di detta clausola svuoterebbe di significato il contratto, consentendo al preponente la possibilità di sottrarre all’agente un numero indefinito di clienti — anche tutti — senza riconoscergli diritto a provvigioni o tenere in alcun conto le spese sostenute e le attività svolte per organizzare una sempre più estesa rete di clienti.

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Cass. civ. n. 6258/1996

L’agente che, al fine di ottenere il pagamento delle relative provvigioni, deduca la conclusione di affari diretti da parte del preponente, in violazione del patto di esclusiva, nella zona a lui riservata, ha l’onere di provare l’avvenuta conclusione di tali affari, e non può supplire al mancato assolvimento dello stesso mediante richiesta di esibizione della contabilità aziendale del preponente relativa agli anni nei quali assume essersi verificata la violazione del patto, potendo richiedere solo che siano esibiti atti e documenti specificamente individuati e individuabili.

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Cass. civ. n. 2749/1996

Al rapporto di agenzia compiutamente regolato dalla disciplina contrattuale efficace erga omnes (D.P.R. 16 gennaio 1961, n. 145, di recepimento dell’accordo 20 giugno 1956), non può farsi applicazione analogica dell’art. 1736 c.c. secondo il quale il commissionario tenuto allo star del credere ha diritto ad un compenso aggiuntivo o ad una maggior provvigione, poiché quella disciplina stabilisce un limite alla garanzia a carico dell’agente e, in alternativa, il diritto di questi ad un maggior tasso provvigionale. Dove invece il rapporto sia sottratto alla disciplina collettiva (come nel caso di mandato agenziale da esplicarsi al di fuori del territorio nazionale, quando le parti non abbiano esplicitamente richiamato la sopraindicata disciplina) la clausola contrattuale che faccia carico all’agente dello star del credere senza limiti e senza alcun bilanciamento in suo favore, pur non incorrendo in nullità, comporta il diritto dell’agente ad uno specifico compenso a norma del menzionato art. 1736 c.c.

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Cass. civ. n. 600/1996

In tema di contratto di agenzia, il preponente che, essendosi contrattualmente riservata la facoltà di concludere affari diretti anche nella zona assegnata all’agente, suggerisca alla clientela di preferire l’acquisto diretto invece che per il tramite dell’agente, esercita il proprio diritto di fare concorrenza a quest’ultimo e va quindi esente da responsabilità contrattuale nei suoi confronti.

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Cass. civ. n. 4741/1995

L’erogazione a titolo di concorso spese prevista, ex art. 5 dell’Aec 20 giugno 1956, reso efficace erga omnes con D.P.R. n. 145 del 1961, a favore dell’agente con riguardo ai contratti stornati e cioè accettati, ma non eseguiti dal preponente, differisce dalla provvigione, che spetta all’agente in relazione agli affari andati a buon fine ed a quelli non eseguiti per cause imputabili al preponente, atteso che essa, pur trovando causa nella mancata esecuzione degli affari da parte del preponente, ha carattere indennitario e presuppone che l’agente non abbia maturato il diritto alle provvigioni per quegli affari. Ne consegue che la domanda relativa al suddetto concorso spese deve considerarsi nuova e quindi preclusa in appello, ai sensi dell’art. 437 c.p.c., rispetto alla domanda relativa alle provvigioni proposta in primo grado.

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Cass. civ. n. 2356/1994

Nel rapporto di agenzia, la responsabilità dell’agente nei confronti del preponente per l’esecuzione dell’affare, in base al patto dello «star del credere», sussiste in ogni caso di inadempimento, anche parziale, del terzo compratore e non richiede un vero e proprio stato d’insolvenza.

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Cass. civ. n. 1434/1993

Nel rapporto di agenzia, mentre lo star del credere non è più dovuto e, se trattenuto, deve essere rimborsato dal preponente, quando in qualsiasi modo questi abbia recuperato le somme perdute (art. 8 Accordo collettivo 19 dicembre 1979), la provvigione non è dovuta in ogni caso in cui l’affare non abbia avuto regolare esecuzione, salva l’ipotesi che, a seguito dell’inadempimento del cliente, il preponente abbia conseguito il risarcimento sia del danno emergente che del lucro cessante.

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Cass. civ. n. 1359/1993

Nel rapporto di agenzia, il patto così detto dello star del credere, (per cui l’agente, in relazione agli affari non andati a buon fine, non solo non percepisce alcuna provvigione, ma partecipa anche al rischio di impresa sopportando in parte —a prescindere da qualsiasi colpa o dolo — le perdite subite dall’imprenditore preponente, come conseguenza dell’inadempimento dei clienti da lui procurati) non consente di trasferire sull’agente il detto rischio oltre la misura massima prevista dagli accordi collettivi e, pertanto, è affetto da nullità parziale il patto con cui l’agente si impegna a tenere indenne il preponente delle perdite subite per l’inadempimento del terzo contraente in misura superiore a quella suddetta, qualunque sia il congegno negoziale utilizzato dalle parti ed anche quando la responsabilità per lo star del credere sia collegata alla generica violazione degli obblighi stabiliti per l’agente dall’art. 1746 c.c

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Cass. civ. n. 108/1993

In tema di rapporto di agenzia, il risarcimento del danno derivante dalla responsabilità contrattuale del preponente e commisurato al mancato guadagno dell’agente per le provvigioni non percepite a causa dell’inadempimento deve essere determinato con riferimento all’utile netto, tenendo conto degli oneri che l’agente avrebbe dovuto sopportare per conseguire dette provvigioni.

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Cass. civ. n. 6586/1992

Ai sensi dell’art. 1748 c.c., l’agente ha diritto alle provvigioni sulle vendite di macchinari del preponente sia nel caso in cui tali vendite siano effettuate in leasing, cioè mediante trasferimento della proprietà dei beni ad una società finanziaria che li concede in locazione ai clienti, non potendo escludersi il buon fine dell’affare per una clausola che obblighi il preponente a ritirare quei macchinari in ipotesi di fallimento o insolvenza del cliente, sia nel caso di vendite aventi ad oggetto macchinari con ritiro di quello usato, in relazione anche al residuo valore di questo.

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Cass. civ. n. 7062/1991

Il diritto dell’agente alla provvigione prevista dall’art. 1748 primo comma c.c. per gli affari conclusi direttamente dal preponente che devono avere esecuzione nella zona riservata all’agente, presuppone che questi abbia espletato almeno in minima parte l’attività pattuita concludendo o tentando di concludere dei contratti, predisponendo un’organizzazione o svolgendo un’attività quantomeno informativa nei confronti del preponente; quando invece l’agente non abbia svolto alcuna prestazione e sia rimasto del tutto inerte, il medesimo non può vantare alcun diritto neppure a titolo di provvigione indiretta, non potendo la norma citata trovare applicazione quando l’intervento del preponente nella zona dell’agente sia stato causato dall’inadempimento di questi.

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Cass. civ. n. 6741/1991

Ove nel contratto di agenzia sia stata pattuita la garanzia dello «star del credere» senza la previsione a tale titolo di un supplemento di provvigione, l’agente ha comunque diritto per l’assunzione di detta garanzia ad un corrispettivo che il giudice può determinare secondo equità ai sensi dell’art. 1736 c.c., ove le parti abbiano richiamato tale disciplina facendo espresso rinvio alla norma dell’art. 1746 secondo comma c.c. relativa all’applicabilità all’agente degli obblighi posti a carico del commissionario.

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Cass. civ. n. 3698/1991

In tema di rapporto di agenzia, l’esigibilità del credito avente ad oggetto le provvigioni – in mancanza di intese diverse (non ravvisate, nella specie, nell’art. 7 del c.o.n.c. 19 dicembre 1979) – prescinde dalla fatturazione, essendo questa un adempimento che condiziona solo la regolarità fiscale e contabile delle operazioni commerciali ma non anche l’obbligo del pagamento.

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Cass. civ. n. 422/1991

Nel rapporto di agenzia il preponente non è obbligato a concludere e ad eseguire tutti i contratti proposti dall’agente, perché ciò comporterebbe un’eccessiva ed inammissibile limitazione dell’iniziativa economica e della libertà di organizzazione e gestione dell’impresa. Ne consegue che, sia a norma degli artt. 1748 e 1749 c.c. che alla stregua della corrispondente disciplina collettiva del settore, all’agente spettano le provvigioni solo per gli affari da lui promossi che siano stati accettati ed eseguiti dal preponente nonché per quelli che, sebbene accettati da quest’ultimo (e perciò conclusi), non abbiano avuto esecuzione per cause a lui imputabili, spettando all’agente (il cui rischio economico della mancata esecuzione del contratto non è limitato al caso in cui la stessa sia imputabile al cliente o dipenda da caso fortuito o forza maggiore) l’onere di provare, quali fatti costitutivi della propria pretesa alla provvigione, che gli affari da lui promossi sono stati accettati ed eseguiti dal preponente o che al medesimo è imputabile la causa della mancata esecuzione degli ordini accettati. 

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Cass. civ. n. 3056/1990

In tema di contratto di agenzia, la disposizione dell’art. 1748, secondo comma c.c. – a norma della quale la provvigione è dovuta anche in caso di affari conclusi direttamente dal preponente e destinati ad avere esecuzione nella zona riservata all’agente – ha la funzione di tutelare quest’ultimo rispetto alla così detta sottrazione di affari, con la conseguenza che, ove l’agente stesso ne invochi la concreta applicazione, grava su di lui l’onere di provare che gli affari di cui trattasi effettivamente rientrano nell’ambito del mandato conferitogli, tenuto anche conto della possibilità che questo risulti legittimamente limitato a determinare linee di prodotto o a particolari categorie di clientela.

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Cass. civ. n. 925/1990

Il diritto dell’agente di commercio alla provvigione ed i limiti di tale diritto in caso di mancata esecuzione dei contratti da lui procurati trovano specifica e completa regolamentazione negli artt. 1748 e 1749 c.c., oltre che nelle corrispondenti disposizioni degli accordi economici collettivi, restando esclusa la possibilità di far ricorso in tale materia alla disciplina normativa di altri contratti, ed in particolare alle norme relative al mandato oneroso, attesa la compiutezza della disciplina adottata dagli arti. 1742 e ss. c.c. per il contratto di agenzia, il quale, a differenza del mandato, ha per oggetto non il compimento di atti giuridici ma un’attività materiale di promozione di affari.

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Cass. civ. n. 303/1988

Nel rapporto di agenzia; il preponente, anche in mancanza di una clausola contrattuale che espressamente riservi al predetto la facoltà di accettare o meno gli affari proposti dall’agente, non è obbligato a concludere tutti i contratti proposti da quest’ultimo, indipendentemente dalla valutazione della loro convenienza, risultandone, in caso contrario, una inammissibile limitazione dell’iniziativa economica e della libertà di organizzazione e gestione delle imprese proprie del preponente stesso, che è responsabile nei confronti dell’agente, per le provvigioni da questo perdute, solo nel caso di sistematico ed ingiustificato rifiuto degli affari promossi, e non anche nel caso di non pretestuoso rifiuto di singole proposte.

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Cass. civ. n. 3718/1987

A norma dell’art. 1748 c.c., l’agente ha diritto alla percentuale contrattualmente stabilita sull’importo effettivamente versato dal cliente e percepito dal preponente, in relazione agli affari procurati dall’agente stesso comunque conclusi nella sua zona di esclusiva. Pertanto, il preponente, se ha facoltà di non concludere il contratto procurato dall’agente o di concluderlo a condizioni diverse da quelle generalmente praticate e quindi anche di stabilire un prezzo inferiore a quello di listino e di accollarsi le spese di trasporto della merce, non può però pretendere di detrarre dalle provvigioni l’importo degli sconti praticati o delle spese sostenute; né l’agente può, a sua volta, pretendere che la provvigione sia computata sul prezzo di listino o su quello da lui contrattato, se, in sede di conclusione dell’affare, sia stato stabilito un corrispettivo inferiore o vi sia stato accollo da parte del preponente di spese di norma sostenute dai clienti.

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Cass. civ. n. 3466/1987

Nel rapporto di agenzia, il patto cosiddetto dello «star del credere» non consente di trasferire sull’agente il rischio di impresa oltre la misura del 20%, prevista dall’art. 6 dell’accordo collettivo 20 giugno 1956, reso efficace erga omnes con D.P.R. 16 gennaio 1961, n. 145, e pertanto è affetto da nullità (parziale ) il patto con cui l’agente si impegni a tenere integralmente (o comunque oltre la misura indicata) indenne il preponente delle perdite subite per l’inadempimento del terzo contraente, qualunque sia il congegno negoziale — anche distinto o successivo rispetto al contratto di agenzia — all’uopo utilizzato dalle parti. Tale nullità — ove non abbia formato oggetto di specifica pronuncia nelle precedenti fasi del giudizio di merito — può essere rilevata anche d’ufficio in sede: di legittimità sempre che non richieda nuovi accertamenti di fatto.

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Cass. civ. n. 2390/1987

Nei rapporti di agenzia il patto dello star del credere — secondo cui, indipendentemente dal, dolo o dalla colpa, l’agente partecipa entro i limiti predeterminati al rischio d’impresa sopportando in parte le perdite subite dall’imprenditore per effetto della inadempienza dei clienti da lui stesso procurati — non impedisce di esercitare le normali azioni contrattuali per inadempimento, secondo i criteri generali previsti dall’art. 1218 c.c., in relazione a specifici comportamenti illeciti — sia colposi che, a maggior ragione, dolosi —dell’agente. (Nella specie la S.C. ha confermato la pronuncia del giudice del merito il quale aveva affermato la responsabilità per danni di un agente che aveva promosso affari di rilevante importo con persone che egli sapeva, o doveva sapere usando la normale diligenza, essere insolvibili).

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Cass. civ. n. 156/1985

In tema di rapporto di agenzia, i cosiddetti premi di produzione, i quali hanno natura corrispettiva e sono assimilabili a provvigioni integrative correlate al superamento di un determinato volume di affari, competono all’agente (al pari della provvigione) anche sugli affari conclusi in modo diretto dal preponente, salvo specifiche ed eccezionali previsioni diverse.

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Cass. civ. n. 58/1985

In tema di rapporto di agenzia, il fatto che la provvigione sia determinata in misura fissa anche per gli affari non andati a buon fine non esclude l’assunzione da parte dell’agente del rischio del risultato utile della propria attività di lavoro, essendo la provvigione, a differenza della retribuzione del lavoratore dipendente, proporzionale non all’impegno soggettivo dell’agente — che in ogni caso non ha diritto al rimborso delle spese — ma al valore dell’affare concluso.

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Cass. civ. n. 3889/1983

In materia di rapporto di agenzia il rinvio alle pattuizioni individuali contenuto negli accordi collettivi, al fine della determinazione delle percentuali dovute all’agente a titolo di provvigione, determina la libera disponibilità delle parti al riguardo, con la conseguenza ulteriore che sulla misura di tali compensi possono legittimamente intervenire rinunzie o transazioni senza incontrare i limiti individuati dall’art. 2113 c.c. in disposizioni inderogabili di legge o di convenzioni collettive.

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Cass. civ. n. 401/1980

Ai fini del diritto alla provvigione spettante all’agente non rileva il luogo in cui il contratto sia stato formalmente concluso od eseguito bensì quello in cui il contratto sia stato promosso o avrebbe potuto essere promosso per essere ivi la sede del cliente, a meno che il preponente non dimostri l’inesistenza in concreto per l’agente della possibilità di promuovere la conclusione di contratti con il cliente avente la sua sede nella zona assegnata in esclusiva all’agente, per essersi il cliente spogliato della possibilità di tale conclusione per averla delegata, a causa di reali e sostanziali ragioni organizzative, a persone preposte alle articolazioni territoriali esistenti fuori zona, avvenendo nella sede dell’impresa o del cliente la mera registrazione dei contratti, altrove promossi. 

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Cass. civ. n. 1346/1975

Il rapporto di agenzia è normalmente fondato sul principio della corrispettività, nel senso che all’obbligazione fondamentale dell’agente di svolgere l’attività diretta alla conclusione dei contratti in una zona determinata corrisponde, con vincolo di sinallagma, l’obbligazione fondamentale del preponente di corrispondergli la relativa retribuzione, prevista dall’art. 1748, comma primo, c.c., in forma di provvigione per gli affari che hanno avuto regolare esecuzione. Tale criterio di retribuzione, in forza dell’autonomia negoziale delle parti, può essere, però, legittimamente integrato da un minimo forfettario.

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Cass. civ. n. 1175/1973

L’art. 36 Costituzione vale ed opera in quei rapporti di lavoro che implicano un orario ed una prestazione continua ed esclusiva: esso non può dunque invocarsi nel rapporto di agenzia, da parte dell’agente per prospettare una situazione svantaggiosa nei confronti del preponente, essendo il primo non un prestatore d’opera subordinato, ma un lavoratore che svolge la sua attività senza alcun vincolo di dipendenza, in piena libertà ed autonomia, ed a proprio rischio. La mancanza, in un contratto di agenzia, dell’imposizione di un obbligo all’impresa preponente di versare all’agente una somma fissa mensile e la previsione, invece, di provvigioni sui soli affari andati a buon fine sono del tutto connaturali a tale tipo di contratto, il cui oggetto è lo svolgimento, a rischio dell’agente, di una attività economica organizzata ed autonoma, concretantesi in un risultato di lavoro e vincolato al preponente da un semplice rapporto di collaborazione.

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