10 Gen Art. 1479 — Buona fede del compratore
Il compratore può chiedere la risoluzione del contratto, se, quando l’ha concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del venditore, e se frattanto il venditore non gliene ha fatto acquistare la proprietà
Salvo il disposto dell’articolo 1223 [ 1483 ], il venditore è tenuto a restituire all’acquirente il prezzo pagato anche se la cosa è diminuita di valore o è deteriorata; deve inoltre rimborsargli le spese e i pagamenti legittimamente fatti per il contratto . Se la diminuzione di valore o il deterioramento derivano da un fatto del compratore, dall’ammontare suddetto si deve detrarre l’utile che il compratore ne ha ricavato.
Il venditore è inoltre tenuto a rimborsare al compratore le spese necessarie e utili fatte per la cosa, e, se era in mala fede, anche quelle voluttuarie [ 1482, 1483, 1488; 171 disp. att. ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 14751/2006
Nel caso di vendita di cosa altrui, l’obbligo posto a carico del venditore di procurare al compratore l’acquisto della proprietà della cosa può essere adempiuto sia mediante l’acquisto della proprietà della cosa da parte sua, con l’automatico trapasso al compratore, sia mediante vendita diretta della cosa stessa dal terzo al compratore, purché tale trasferimento abbia luogo in conseguenza di una attività svolta dallo stesso venditore nell’ambito dei suoi rapporti con il proprietario e che quest’ultimo manifesti, in modo chiaro e inequivoco, la volontà di vendere il bene al compratore; e l’eventuale diritto alla risoluzione del contratto e all’eventuale risarcimento del danno spetta sia al compratore che ignori l’altruità della cosa secondo la previsione dell’art. 1479 c.c., sia al compratore che ne sia consapevole (art. 1478 c.c.). Peraltro, mentre in quest’ultima ipotesi il compratore deve attendere la scadenza del termine convenzionalmente stabilito o fissato dal giudice per l’adempimento del venditore, nell’ipotesi considerata dall’art. 1479 c.c. l’acquirente può agire illico et immediate per la risoluzione, salvo che, prima della domanda di risoluzione, la situazione sia stata sanata con l’acquisto del diritto da parte del venditore o con la vendita direttamente effettuata dal terzo a favore del compratore. (Nella specie, la sentenza impugnata, nel pronunciare la risoluzione della vendita di cosa di cui l’acquirente ignorava l’altruità, aveva ritenuto l’impossibilità dell’esecuzione del contratto, a nessuno dei contraenti essendo imputabile l’inadempimento; la S.C., nel cassare la decisione, ha statuito che il giudizio sull’inadempimento era stato formulato con riferimento esclusivamente al momento della conclusione del negozio mentre sarebbe stato necessario prendere in esame la successiva condotta tenuta dal venditore che, prima della domanda di risoluzione, aveva invitato il compratore alla stipula del rogito di acquisto con il terzo proprietario senza peraltro ottenerne la partecipazione all’atto che avrebbe perfezionato la vendita in questione).
Cass. civ. n. 11624/2006
In tema di contratto preliminare di vendita, il promittente venditore di una cosa che non gli appartiene, anche nel caso di buona fede dell’altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l’acquisto del promissario direttamente dall’effettivo proprietario. Pertanto, il promissario acquirente, il quale ignori che il bene, all’atto della stipula del preliminare, appartenga in tutto od in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la conclusione del contratto definitivo, in quanto il promittente venditore, fino a tale momento, può adempiere all’obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest’ultimo a trasferirgliela.
Cass. civ. n. 925/1997
L’art. 1479 primo comma c.c. non è applicabile al contratto preliminare di vendita perché, indipendentemente dalla conoscenza del promissario compratore dell’altruità del bene, fino alla scadenza del termine per stipulare il contratto definitivo, il promittente venditore può adempiere all’obbligo di procurargliene l’acquisto; invece, nel contratto di vendita, se il compratore ignora l’altruità del bene, già al momento della stipula di detto contratto il venditore è inadempiente all’obbligo di trasferirgli la proprietà del bene.
Cass. civ. n. 8434/1995
In tema di contratto preliminare di vendita, il promissario acquirente, il quale ignorava che, al momento della stipula del contratto preliminare, la cosa promessa non apparteneva al promittente venditore, bensì ad un terzo, può sia proporre l’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c., sia chiedere, ai sensi dell’art. 1479 c.c., la risoluzione del contratto per inadempimento del promittente (nella specie, il giudice di merito aveva rigettato l’eccezione di inadempimento proposta dal promissario, sul presupposto che, potendo il preliminare di vendita aveva ad oggetto anche la cosa altrui, a nulla rilevava che egli fosse o meno a conoscenza dell’altruità della cosa al momento della stipula. La S.C., in applicazione dell’enunciato principio, ha cassato l’impugnata sentenza, affermando che il giudice avrebbe prima dovuto svolgere la rilevante e pregiudiziale indagine circa la buona o mala fede del promissario, e poi, all’esito, decidere sulla fondatezza dell’eccezione di inadempimento del medesimo proposta).
Cass. civ. n. 1600/1993
Il compratore che al momento della conclusione del contratto ignorava che la cosa compravenduta non era di proprietà del venditore può restringere la sua pretesa, ove il venditore non gli abbia fatto acquistare nel frattempo la proprietà. della cosa, al solo risarcimento dei danni, in tal senso dovendo essere intesa la salvezza del disposto dell’art. 1223 c.c. contenuta nel secondo comma dell’art. 1479 c.c.
Cass. civ. n. 9112/1987
L’art. 1479 c.c. — che prevede espressamente che l’azione di risoluzione e di risarcimento sia proposta dal compratore in buona fede, ossia che al momento della conclusione del contratto ignorasse l’appartenenza ad altri della cosa venduta — non comporta che al compratore in mala fede siano precluse le predette azioni, dovendosi ritenere soltanto che, in tale ipotesi, il compratore non possa chiedere subito la risoluzione del contratto e non possa sospendere il pagamento del prezzo, poiché occorre dar tempo e modo al venditore, salvo che sia stabilito un termine, di procurarsi la cosa venduta. Quando il contratto non sia stato stipulato a rischio e pericolo del compratore e non vi sia stata esplicita rinunzia convenzionale alla garanzia, l’azione ordinaria di responsabilità per l’inadempimento, da parte del venditore di cosa altrui, dell’obbligo di procurare la cosa stessa al compratore, può essere esperita dallo stesso promittente compratore (anche se consapevole dell’alienità della cosa).
Cass. civ. n. 2827/1987
Allorquando la vendita di cosa altrui non sia stata convenuta come tale, ignorando il compratore che la cosa non era di proprietà del venditore (art. 1479 c.c.), si realizza un’ipotesi di inadempimento di quest’ultimo all’obbligo di trasferire la proprietà, il cui rimedio per il compratore è quello della risoluzione del contratto, per evitare la quale il venditore ha l’onere di far acquistare all’altro contraente la proprietà della cosa, senza che il compratore abbia diritto ad ottenere, anche coercitivamente, questo risultato.
Cass. civ. n. 1676/1982
Nella vendita di cosa altrui, la quale non integra una promessa del fatto del terzo, in quanto con essa il venditore assume in proprio l’obbligazione del trasferimento del bene, il diritto alla risoluzione del contratto ed all’eventuale risarcimento del danno spetta non soltanto al compratore che ignori l’altruità del bene, secondo la previsione dell’art. 1479 cod. civ., ma anche al compratore che sia consapevole di tale altruità, in applicazione dei principi generali fissati dagli artt. 1218, 1223 e 1453 cod. civ., in relazione all’art. 1476 n. 2 cod. civ., qualora, scaduto il termine (fissato dal contratto o dal giudice) entro il quale il venditore deve procurarsi la titolarità del bene venduto, il venditore medesimo non superi la presunzione di colpa nell’inadempimento, fornendo la prova che lo stesso sia determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
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