10 Gen Art. 1480 — Vendita di cosa parzialmente di altri
Se la cosa che il compratore riteneva di proprietà del venditore era solo in parte di proprietà altrui, il compratore può chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno a norma dell’articolo precedente, quando deve ritenersi, secondo le circostanze, che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario; altrimenti può solo ottenere una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 26367/2010
Al contratto preliminare di compravendita di cosa parzialmente altrui (nella specie, un fondo indiviso) si adatta la disciplina prevista dagli artt. 1478 e 1480 c.c., con la conseguenza che il promittente venditore resta obbligato, oltre che alla stipula del contratto definitivo per la quota di sua spettanza, a procurare il trasferimento al promissario acquirente anche di quella rimanente, o acquistandola e ritrasferendola al promissario acquirente, oppure facendo in modo che il comproprietario addivenga alla stipulazione definitiva. Ne consegue che un siffatto contratto preliminare è valido, benché insuscettibile di esecuzione in forma specifica per via giudiziale ai sensi dell’art. 2932 c.c., e rimane assoggettato all’ordinario regime risolutorio per il caso di inadempimento dell’obbligazione assunta dal promittente venditore.
Cass. civ. n. 23343/2009
Nel caso in cui il compratore di un fondo agisca nei confronti del venditore per ottenere la riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno, sul presupposto che una parte dell’immobile venduto risulta di proprietà di un terzo, si configura un’ipotesi di evizione parziale, disciplinata dall’art. 1480 c.c., con la conseguente inapplicabilità del termine di prescrizione annuale previsto dall’art. 1541 dello stesso codice, avente riguardo unicamente alla diversa ipotesi di cui all’art. 1538, e cioè al caso in cui si accerti che il fondo oggetto della compravendita abbia una estensione minore da quella dichiarata dai contraenti.
Cass. civ. n. 387/2005
La disciplina di cui all’art. 1480 c.c. comprende sia la vendita per intero di una parte materiale della cosa di cui l’alienante assuma di essere proprietario (
communio pro diviso), sia l’ipotesi di vendita da parte di un comproprietario, di una cosa di proprietà comune pro indiviso per contro, la vendita di un bene interamente (e non parzialmente) di proprietà altrui, è regolata dall’art. 1479 c.c.
Cass. civ. n. 9543/2002
La vendita di un bene, facente parte di una comunione ereditaria, da parte di uno solo dei coeredi, ha solo effetto obbligatorio, essendo la sua efficacia subordinata all’assegnazione del bene al coerede-venditore attraverso la divisione; pertanto, fino a tale assegnazione, il bene continua a far parte della comunione e, finché essa perdura, il compratore non può ottenerne la proprietà esclusiva. Pertanto, se il bene parzialmente compravenduto costituisce l’intera massa ereditaria, l’effetto traslativo dell’alienazione non resta subordinato all’assegnazione in sede di divisione della quota del bene al coerede-venditore, essendo quest’ultimo proprietario esclusivo della quota ideale di comproprietà e potendo di questa liberamente disporre, conseguentemente il compratore subentra, pro quota, nella comproprietà del bene comune.
Cass. civ. n. 11986/1998
La vendita di un bene in comunione è di norma considerata dalle parti come un unicum inscindibile e non come somma delle vendite delle singole quote che fanno capo ai singoli comproprietari, per cui questi ultimi costituiscono una unica parte complessa e le loro dichiarazioni di vendita si fondono in un’unica volontà negoziale tranne che dall’unico documento predisposto per il negozio risulti chiaramente la volontà di scomposizione in più contratti in base al quale ogni comproprietario vende la propria quota all’acquirente senza nessun collegamento negoziale con le vendite degli altri.
Cass. civ. n. 4902/1998
La compravendita di un bene predisposta per la partecipazione di tutti i comproprietari, ma stipulata da uno solo di essi, deve considerarsi inefficace con riferimento all’intera res empta, ma, trattandosi di inefficacia soltanto relativa, legittimato a farlo valere è soltanto il titolare dell’interesse all’acquisto all’intero bene, cui va, peraltro, riconosciuta facoltà di chiedere, in sede giudiziale, l’accertamento dell’efficacia del contratto in relazione alla quota del comproprietario validamente intervenuto alla stipula, senza che quest’ultimo possa a ciò opporsi, in assenza di un apprezzabile interesse a che la cosa indivisa sia venduta per l’intero, a meno che, dal contratto di compravendita, non risulti che il negozio sia stato comunemente inteso come vendita unitaria (che le parti, cioè, abbiano convenuto la stipula nel comune presupposto della successiva adesione degli altri contitolari della comunione); in tale ipotesi, ciascuno degli stipulanti che vi abbia interesse è, difatti, legittimato a far valere la nullità della convenzione negoziale, ed il giudice ben può rilevarla d’ufficio ogni qualvolta siano stati invocati, in giudizio, l’applicazione del contratto o il riconoscimento dei diritti da questo nascenti (ipotesi che presuppongono, entrambe la validità del negozio).
Cass. civ. n. 3677/1996
È valido ed efficace il preliminare di compravendita di cosa parzialmente propria, atteso che il prominente venditore resta obbligato a procurarsi la proprietà del bene o almeno il consenso alla vendita del comproprietario, con la conseguenza che, ove non adempia a tale obbligazione, egli si troverà esposto, come è previsto dagli artt. 1479 e 1480 c.c. all’azione di risoluzione del contratto e/o alla domanda di risarcimento del danno da parte del promittente compratore.
Cass. civ. n. 2892/1996
Nel caso di vendita di cosa parzialmente altrui, il compratore può chiedere la risoluzione del contratto solo se, quando lo ha concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del venditore e possa ritenersi, secondo le circostanze, che non avrebbe acquistato il bene senza quella parte di cui è divenuto proprietario; pertanto, in mancanza dell’una o dell’altra delle predette condizioni, il compratore può solo chiedere la riduzione del prezzo ai sensi dell’art. 1480 c.c.
Cass. civ. n. 4405/1983
La vendita di cosa parzialmente altrui ha effetti obbligatori soltanto per la quota relativa a diritti altrui, mentre perla parte soggetta al potere di disposizione dell’alienante produce immediati effetti traslativi, salvo che l’acquirente non faccia valere i diversi diritti conferitigli dall’art. 1480 c.c.
Cass. civ. n. 2575/1983
Qualora il compratore, ignorando la comunione del bene vendutogli, abbia inteso acquistare la cosa comune come se fosse interamente propria del venditore (che la comunione non abbia manifestato), si versa in materia di vendita di cosa proporzionalmente altrui, onde lo stesso compratore, non potendo ottenere, finché perdura la comunione, la proprietà esclusiva di alcuna parte determinata della cosa, può subito chiedere la risoluzione del contratto, la quale in tale ipotesi, come in quella di buona fede del compratore contemplata nell’art. 1479 codice civile, trova la sua giustificazione nell’inadempimento del venditore all’obbligo di trasferire subito il diritto, come effetto immediato del puro e semplice consenso.
Cass. civ. n. 1018/1972
La domanda intesa ad accertare la (parziale) alienità della cosa compravenduta, al fine di farne discendere gli effetti previsti dall’art. 1480 c.c. nei rapporti tra venditore e compratore, non realizza un’ipotesi di litisconsorzio necessario rispetto al terzo proprietario di parte della cosa.
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