16 Mar Art. 614 — Violazione di domicilio
Chiunque s’introduce nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s’introduce clandestinamente o con l’inganno, è punito con la reclusione da uno a quattro anni [ 615 ].
Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l’espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa [ 120 ].
La pena è da due a sei anni, e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose [ 392 2 ], o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”12″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 10498/2018
Ai fini della configurabilità del reato di violazione di domicilio (art. 614 c.p.), non possono essere considerati luoghi di privata dimora quelli normalmente destinati ad attività di lavoro, di studio e di svago, ai quali chiunque possa accedere senza necessità di preventivo consenso da parte dell’avente diritto, nulla rilevando che in essi possano anche svolgersi occasionalmente atti della vita privata, ferma restando, tuttavia, l’operatività della tutela penale con riguardo alle parti di detti luoghi (quali, ad esempio, retrobottega, bagni privati o spogliatoi), che abbiano eventualmente assunto le caratteristiche proprie dell’abitazione in quanto destinate anche allo svolgimento di atti della vita privata in modo riservato e con preclusione dell’accesso da parte di estranei. (Nella specie, in applicazione di tali principii, è stata esclusa la sussistenza del reato di violazione di domicilio in un caso in cui la condotta posta in essere dagli imputati era consistita nell’ingresso arbitrario, a scopo dimostrativo, nei locali di un istituto privato di istruzione).
Cass. pen. n. 9084/2018
Ai fini della configurabilità dell’aggravante prevista dall’ultimo comma dell’art. 614 cod. pen. (fatto commesso con violenza su persone o cose o da soggetto armato) non è sufficiente un rapporto occasionale tra gli atti di violenza e la violazione di domicilio, ma occorre un nesso teleologico tra le due azioni. Ne consegue che se la violenza è usata non per entrare o intrattenersi nell’altrui abitazione, ma per commettere un altro reato, la violazione è aggravata ai sensi dell’art. 61, n. 2 stesso codice e il reato è procedibile a querela (Nella fattispecie la Corte ha escluso la sussistenza dell’aggravante con riferimento alla condotta del ricorrente che, dopo essersi introdotto nell’abitazione dell’ex coniuge, strattonava la donna, le strappava dalle mani il telefono cellulare e colpiva con dei calci la porta di ingresso, rilevando che dette azioni erano espressive di uno scatto d’ira ovvero del tentativo di impossessarsi del telefono con cui la donna intendeva chiamare le forze dell’ordine).
Cass. pen. n. 52749/2017
Non è configurabile il reato di violazione di domicilio nella condotta del locatario che, pur avendo subìto un provvedimento di sfratto emesso dal giudice civile, si introduce nell’immobile prima che il locatore venga reimmesso effettivamente nel possesso, spontaneamente o in seguito ad un procedimento di esecuzione forzata per rilascio. (In motivazione, la Corte ha chiarito che, in tal caso, non risulta ancora attuale e, pertanto, meritevole di tutela, il diritto del proprietario-locatore di svolgere nell’immobile attività della propria vita privata).
Cass. pen. n. 11746/2012
Nel delitto di violazione di domicilio, l’aggravante della violenza sulle persone presuppone che la violenza si manifesti in uno qualsiasi dei diversi momenti nei quali si estrinseca la fase esecutiva del reato e, pertanto, ricorre anche quando essa non sia usata inizialmente per l’illecita introduzione, ma successivamente per intrattenersi nel domicilio contro la volontà dell’avente diritto.
Cass. pen. n. 27542/2010
Ai fini della configurabilità dell’aggravante prevista dall’ultimo comma dell’art. 614 c.p. (fatto commesso con violenza su persone o cose o da soggetto armato) non è sufficiente un rapporto occasionale tra gli atti di violenza e la violazione di domicilio, ma occorre un nesso teleologico tra le due azioni. Ne consegue che se la violenza è usata non per entrare o intrattenersi nell’altrui abitazione, ma per commettere un altro reato, la violazione è aggravata ai sensi dell’art. 61 n. 2 stesso codice e il reato è procedibile a querela.
Cass. pen. n. 11780/2010
La condotta di colui che penetra nell’abitazione altrui dopo aver infranto il vetro della finestra di un balcone integra il delitto di violazione di domicilio aggravato dalla violenza sulle cose, nel quale rimane assorbito quello di danneggiamento.
Cass. pen. n. 35166/2005
Integra il reato di violazione di domicilio, ai sensi dell’art. all’art. 614, comma primo, c.p., che equipara l’introduzione invito domino a quella realizzata clandestinamente o con inganno, la condotta di colui che si introduce nel domicilio altrui con intenzioni illecite, in quanto, in tal caso, si ritiene implicita la contraria volontà del titolare dello ius excludendi e nessun rilievo svolge la mancanza di clandestinità nell’agente, il quale frequenti o si ritenga autorizzato a frequentare l’abitazione del soggetto passivo; mentre ricorre l’ipotesi di cui all’art. 614, comma secondo, c.p. — che sanziona chi si trattiene nel domicilio altrui contro l’espressa volontà del titolare — nel caso in cui dette intenzioni diventino illecite solo in un momento successivo all’introduzione nell’abitazione altrui.
Cass. pen. n. 43426/2004
L’abitacolo di un’autovettura non può essere considerato privata dimora, in quanto sfornito dei requisiti minimi indispensabili per potersi risiedere in modo stabile per un apprezzabile lasso di tempo, né tanto meno appartenenza di privata dimora, in quanto non collegato in un rapporto funzionale di accessorietà o di servizio con la stessa.
Cass. pen. n. 21062/2004
La violazione del domicilio (art. 614 c.p.) presuppone la sua esistenza reale ed attuale, con l’esercizio di tutte le attività domestiche che godono della tutela della legge penale. L’attualità dell’uso, cui è collegato il diritto alla tutela della libertà individuale, sotto il profilo della libertà domestica, non implica la sua continuità e, pertanto, non viene meno in ragione dell’assenza, più o meno prolungata nel tempo, dell’avente diritto, la quale, qualora non sia accompagnata da indici rivelatori di un diverso divisamento, non comporta affatto, di per se sola, la volontà di non tornare ad accedere all’abitazione e meno che mai quella di abbandonare definitivamente il domicilio. (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto che integrasse il reato di cui all’art. 614 c.p. la condotta dell’imputato che si era introdotto all’interno di una abitazione, contro la volontà del titolare, effettuando opere di demolizione di un muro seguite dall’apertura di una porta, comunicante con il proprio adiacente studio professionale, il tutto in assenza del proprietario per ricovero ospedaliero dovuto a grave malattia, conclusasi con il decesso).
Cass. pen. n. 31982/2003
Ai fini della configurazione del delitto di violazione di domicilio, per “abitazione” si intende il luogo adibito ad uso domestico di una o più persone; non è tale — difettando del requisito dell’attualità dell’uso domestico — l’appartamento non ancora abitato dal proprietario, tanto più se esso contiene mobili ed effetti personali di pertinenza del soggetto imputato.
Cass. pen. n. 8996/2000
L’assorbimento del reato di violazione di domicilio in quello di ragion fattasi si verifica solo quando l’esercizio del preteso diritto si concreta nel semplice ingresso e nella sola permanenza invito domino nella altrui abitazione (o negli altri luoghi indicati dall’art. 614 c.p.), mentre quando l’agente si introduce nei luoghi predetti contro la volontà del titolare del diritto di esclusione, al fine di asportare cose che egli ritiene aver diritto di prendere, perché di sua proprietà, e la introduzione sia avvenuta con violenza sulle cose o sulle persone, egli infrange sia le disposizioni concernenti la inviolabilità del domicilio, sia quelle che vietano la tutela arbitraria delle proprie ragioni.
Cass. pen. n. 2170/2000
In tema di violazione di domicilio, perché possa ritenersi sussistente la aggravante della violenza sulle cose (che comporta la procedibilità di ufficio), occorre, non solo che l’azione sia esercitata direttamente sulla “res”, ma anche che essa abbia determinato la forzatura, la rottura, il danneggiamento della stessa o ne abbia comunque alterato l’aspetto e/o la funzione. (Nella fattispecie, relativa a delitto tentato, la Corte ha ritenuto insussistente la aggravante nel comportamento dell’imputato, che, secondo quanto dichiarato da un teste, stava “maneggiando” sulla porta dell’appartamento nel quale aveva intenzione di introdursi).
Cass. pen. n. 3541/1999
L’intercettazione di comunicazioni tra presenti richiede l’indicazione dell’ambiente nel quale l’operazione deve avvenire solo quando si tratti di abitazioni o luoghi privati, secondo l’indicazione di cui all’art. 614 del codice penale. In tal senso i locali di uno stabilimento carcerario o, più ancora, la sala colloqui non sono luoghi di privata dimora.
Cass. pen. n. 2257/1999
In tema di violazione di domicilio, l’art. 14 della Costituzione tutela, contro illegittime intrusioni dall’esterno, la inviolabilità del domicilio, inteso come luogo nel quale si estrinseca, in ambito privato, la vita e la personalità del cittadino. Esorbitano tuttavia dal campo di applicazione del suddetto principio tutti gli aspetti che concernono il bene immobile in quanto tale e dunque l’acquisto e la perdita, legittimi, della proprietà, del possesso o della detenzione, specie quando costituiscono oggetto di interventi della autorità giudiziaria o di quella amministrativa. Pertanto, ogniqualvolta sia venuto legittimamente meno il titolo che giustifica la proprietà, il possesso o la detenzione dell’immobile, non può mai invocarsi il diritto alla inviolabilità del domicilio. (Nella fattispecie, la Corte ha escluso la configurabilità del delitto di violazione di domicilio, dedotta dal ricorrente, persona offesa, con riferimento alla occupazione di urgenza di un suo fondo, disposta dalla pubblica amministrazione nell’ambito di un procedimento di espropriazione).
Cass. pen. n. 12751/1998
In tema di violazione di domicilio, rientra nella nozione di «appartenenza» di privata dimora il pianerottolo condominiale antistante la porta di un’abitazione. Commette pertanto il reato in questione, nella sua forma consumata e non di semplice tentativo, chi si introduca, invito domino, all’interno di un edificio condominiale sul pianerottolo e avanti alla soglia dell’abitazione di uno dei condomini, avente, come gli altri, diritto di escludere l’intruso.
Cass. pen. n. 1831/1998
Ai fini della individuazione delle condizioni e dei limiti di ammissibilità delle intercettazioni di comunicazioni tra presenti, rientrano nel concetto di privata dimora tutti quei luoghi che, oltre all’abitazione, assolvano alla funzione di proteggere la vita privata e che siano perciò destinati al riposo, all’alimentazione, alle occupazioni professionali e all’attività di svago, tra cui va ricompreso l’abitacolo di una autovettura adibita, di regola, ai trasferimenti da e per il luogo di lavoro e di svago. È pertanto legittima l’intercettazione di colloqui tra presenti che si svolgono all’interno di un’autovettura quando esista il fondato sospetto, da intendersi come prognosi da formulare con giudizio ex ante all’atto della emanazione del provvedimento di autorizzazione, giacché in tal caso l’interesse all’inviolabilità del domicilio trova il limite della tutela di interessi generali, anch’essi costituzionalmente garantiti, ravvisabili nell’esigenza di esercitare l’azione penale che, ex art. 112 Cost., è obbligatoria.
Cass. pen. n. 879/1997
Deve ritenersi pienamente configurabile il reato di violazione di domicilio, nel caso di abusiva introduzione (o abusiva permanenza) nei locali dello studio di un libero professionista il quale eserciti compiti che si inseriscono in un’attività procedimentale di rilevanza pubblicistica; ed invero, l’esercizio di tali compiti, da parte del libero professionista, non comporta la perdita della qualità di luogo non aperto indiscriminatamente al pubblico del suo studio professionale e non priva il professionista stesso del diritto di escludere dall’ingresso dei propri locali – o di invitare ad allontanarsene – le persone che ritenga di non ammettere, per qualunque motivo non contrario alla legge.
Cass. pen. n. 864/1996
Nella violazione di domicilio, il diritto di querela spetta non solo al proprietario dell’immobile, ma anche a chi, avendone la disponibilità, subisce, con l’introduzione invito domino di altro soggetto, una lesione del diritto di libertà domestica spettantegli in tale sua qualità.
Cass. pen. n. 11277/1994
Ai fini della configurabilità del delitto di violazione di domicilio, la casa da gioco (casinò) gestita in regime privatistico va considerata alla stregua di locale aperto al pubblico per lo svolgimento di attività di natura privata, come bar, negozi ed altri consimili, rispetto ai quali sussiste lo ius excludendi del titolare dell’esercizio, e rientra pertanto nella tutela della norma dell’art. 614 c.p. (Fattispecie nella quale l’imputato si era opposto all’invito di allontanarsi dai locali di accesso al casinò di Saint Vincent rivoltogli dai preposti alla sorveglianza, allo scopo di impedirgli di esercitare l’attività di «prestasoldi» ai giocatori in difficoltà).
Cass. pen. n. 6844/1994
Risponde del reato di violazione di domicilio, chi si introduca o si intrattenga in un esercizio commerciale per minacciare o aggredire o comunque per uno scopo illecito del tutto opposto a quello di usufruire dei servizi offerti dal locale, ritenendosi implicita la contraria volontà del titolare dello ius prohibendi.
Cass. pen. n. 33/1991
Nel caso in cui in ordine al reato di violazione di domicilio risulti contestata anche l’aggravante della violenza alle persone – nella specie gli imputati, oltre a sfondare la porta con l’ascia, percossero anche il titolare dello jus prohbendi – la ritenuta sussistenza della attenuante del danno risarcito, di cui all’art. 62 n. 6 c.p., non può indurre alla applicazione dell’amnistia di cui ai D.P.R. 16 dicembre 1986, n. 865 e 12 aprile 1990, n. 75. Infatti, il reato di violazione di domicilio non può considerarsi reato contro il patrimonio, bensì reato contro la libertà individuale della persona e più specificamente contro la inviolabilità del domicilio: nel caso di sussistenza anche dell’aggravante della violenza alle cose, il reato non si trasforma in delitto contro il patrimonio, poiché offeso è sempre il bene giuridico della libertà individuale della persona e il danno al patrimonio è solo una mera ed eventuale conseguenza dell’azione delittuosa e ancor prima solo mezzo per la commissione del delitto, mezzo che non viene ad alterare e a modificare l’obiettività giuridica del reato in questione.
Cass. pen. n. 794/1990
Le appartenenze, di cui al primo comma dell’art. 614 c.p., sono costituite dai luoghi accessori a quelli di privata dimora, destinati al loro servizio od al loro migliore godimento. Vi rientra, pertanto, un box in costruzione su terreno costituente esso stesso, per essere situato nell’ambito di giardino recintato, appartenenza della privata dimora della persona offesa.
Cass. pen. n. 16303/1989
L’assorbimento del reato di violazione di domicilio in quello di ragion fattasi si verifica soltanto quando l’esercizio del preteso diritto si concreta o consiste nel solo ingresso e nella sola permanenza nell’altrui casa, invito domino. Quando invece taluno si sia introdotto nella casa altrui contro la volontà del titolare del diritto di esclusione per asportare cose che egli ritiene di aver diritto di asportare perché di sua proprietà e l’introduzione nella casa altrui sia avvenuta con violenza sulle cose o alle persone, il soggetto agente viola un duplice ordine di disposizioni e cioè quelle concernenti l’inviolabilità del domicilio e quelle che vietano la tutela arbitraria delle proprie ragioni.
Cass. pen. n. 15575/1989
In tema di violazione di domicilio, il solo uso di una pistola – giocattolo — qualora si accerti che il fatto non sia stato commesso anche con violenza sulle cose o alle persone — non è sufficiente ad integrare l’aggravante prevista dall’ultima parte dell’art. 615 c.p., la quale richiede il possesso di un’arma effettiva e non solo apparente. (In applicazione di tale principio nella fattispecie è stata annullata la sentenza del giudice di merito poiché l’azione penale non poteva essere iniziata per mancanza di querela).
Cass. pen. n. 13316/1989
Tra il delitto di atti osceni in luogo aperto al pubblico e quello di violazione di domicilio, e cioè di luogo privato, non sussiste incompatibilità logica, dato che i luoghi aperti o esposti al pubblico sono di norma luoghi privati, tra i quali possono essere annoverati quelli di domicilio; invero, deve considerarsi luogo aperto al pubblico anche un ambiente privato, l’accesso al quale sia escluso alla generalità delle persone, ma consentita a una determinata categoria di aventi diritto. (Fattispecie di atti osceni commessi in una autorimessa condominiale annessa e sottostante ad abitazioni private, di libero accesso solo agli occupanti gli appartamenti).
Cass. pen. n. 5396/1989
La violenza sulle cose, quale circostanza aggravante del reato di violazione di domicilio e sulla base dell’indicazione legislativa contenuta nell’art. 392 c.p. (esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose), può consistere anche nel semplice danneggiamento della cosa. (Fattispecie relativa a ritenuta sussistenza dell’aggravante per danneggiamento di porta di abitazione a seguito di pressione per forzarne l’apertura).
Cass. pen. n. 7089/1988
Il delitto di violazione di domicilio è assorbito nell’aggravante del furto ex art. 625 n. 1 c.p., ma non nel delitto di rapina, in cui il furto, che entra nella composizione complessa di detto reato, non è qualificato da alcuna aggravante.
Cass. pen. n. 6401/1988
L’elemento psicologico del reato di cui all’art. 614 c.p. consiste nel dolo generico, cioè nella coscienza e volontà dell’agente di introdursi nell’altrui abitazione contro la volontà di colui che è titolare del diritto di esclusione restandone estraneo, e quindi irrilevante, il fine prepostosi dall’agente (nella specie: intendimento di parlare col coniuge separato e con i figli).
Cass. pen. n. 7864/1987
Per effetto del nuovo principio della parità dei coniugi, la titolarità del domicilio e dello ius prohibendi appartiene indivisibilmente ad entrambi i coniugi e, conseguentemente, perché tale diritto sia legittimamente esercitato, occorre il consenso di entrambi, e, poiché il bene giuridico tutelato è la domus, e non la famiglia nei suoi singoli componenti, commette il reato di violazione di domicilio colui che si introduce nella casa coniugale altrui, durante l’assenza del marito, al fine di avere rapporti carnali con la moglie, dovendosi ritenere che l’introduzione sia avvenuta contro la volontà del marito stesso.
Cass. pen. n. 6962/1987
L’androne di uno stabile integra il concetto di appartenenza e ad esso si estende la tutela prevista dalla legge per la violazione di domicilio
Cass. pen. n. 2049/1987
È luogo tutelato dall’art. 614 c.p. anche la casa nella quale una persona si prostituisce, poiché non cessa di essere una privata dimora, tanto più in quanto, abolita la regolamentazione della prostituzione, il solo esercizio di essa costituisce un’attività lecita anche se moralmente riprovevole.
Cass. pen. n. 14423/1986
Il termine «palesemente armato», di cui all’ultimo comma dell’art. 614 c.p., deve essere inteso nel senso che le armi siano portate in maniera palese dagli autori della violazione di domicilio, a prescindere dalla percezione o meno delle stesse da parte della persona offesa.
Cass. pen. n. 13941/1986
Ai fini della configurabilità dell’ipotesi aggravata della violazione di domicilio commessa con violenza sulle cose, di cui all’ultimo comma dell’art. 614 c.p., la sussistenza della materialità di tale violenza non deve essere rapportata alla resistenza più o meno intensa che opponga la cosa contro cui viene esercitata o alla precedente integrità di essa, bastando che la violenza sia idonea a rimuovere l’ostacolo che la cosa frapponga all’attuazione dell’azione delittuosa.
Cass. pen. n. 1309/1986
L’elemento psicologico del reato di violazione di domicilio si concreta nella coscienza e volontà dell’agente di introdursi e trattenersi nell’altrui abitazione contro la volontà del titolare del diritto di esclusione, a nulla rilevando il motivo dell’introduzione. Ne consegue che risponde del reato in esame l’imputato che si introduca nella casa della moglie, dalla quale vive separato, senza il suo consenso, per vedere la figlia che era stata affidata alla moglie medesima.
Cass. pen. n. 10745/1985
Lo stabilimento industriale deve ritenersi privata dimora, ai fini del reato di violazione di domicilio perché è il luogo dove l’imprenditore svolge la sua attività lavorativa e dove pertanto ha il diritto di disporre dei locali tutti dell’impresa, non essendo tale diritto escluso dalle limitazioni introdotte dallo Statuto dei lavoratori, e di escludervi le persone a lui non accette.
Cass. pen. n. 4992/1985
Il reato di violazione di domicilio non resta assorbito, ai sensi dell’art. 84 c.p., in quello di rapina impropria, in quanto non può considerarsi né elemento costitutivo né circostanza aggravante della rapina. (Nella specie è stato ritenuto correttamente applicato il concorso dei due delitti).
Cass. pen. n. 410/1985
Ai fini della configurazione del reato di violazione di domicilio, il concetto di privata dimora è più ampio di quello di casa d’abitazione, comprendendo ogni altro luogo che, pur non essendo destinato a casa di abitazione, venga usato, anche in modo transitorio e contingente, per lo svolgimento di un’attività personale rientrante nella larga accezione di libertà domestica. (Nella specie: casa colonica o «casale» su fondo coltivato, utilizzata dal possessore per uso domestico, anche saltuariamente, in relazione alla cura di animali o alla coltivazione stagionale del fondo).
Cass. pen. n. 4879/1984
L’ospitalità dà luogo ad un rapporto del tutto precario che può in qualsiasi momento esser fatto cessare dal titolare dell’abitazione. Pertanto essa non può realizzare a favore dell’ospite una situazione di diritto tutelabile sul piano giuridico. Ne deriva che il soggetto ospitato non ha alcuna legittimazione a mantenere, contro la volontà del titolare dello ius prohibendi, il precario stato di domicilio provvisoriamente assicuratogli in precedenza.
Cass. pen. n. 10531/1983
I pubblici esercizi sono da ritenersi privata dimora, ai fini dell’art. 614 c.p., non solo quando sono aperti al pubblico, ma anche quando, cessato l’orario di apertura, il proprietario si trattenga all’interno per compiere determinate attività (di pulizia, di sistemazione della merce e simili).
La facoltà di accesso da parte del pubblico a locali come le osterie, i bar, i negozi e altri locali aperti al pubblico, non fa venir meno nel titolare, anche per le responsabilità connesse alla conduzione dell’esercizio, il diritto di escludere singoli individui non autorizzati ad entrarvi o a rimanervi o che comunque si siano introdotti per fini non leciti o non allo scopo di usufruire dei servizi offerti. Risponde, pertanto, di violazione di domicilio chi si introduca in un negozio per minacciare e aggredire e, quindi, per uno scopo non solo illecito, ma del tutto opposto a quello concernente la facoltà di usufruire del servizio di vendita.
Cass. pen. n. 8490/1983
L’esclusione della circostanza aggravante, la cui esistenza determina la procedibilità d’ufficio, non fa venire meno la procedibilità stessa, poiché l’aggravante, pur non potendo influire sulla misura della pena, conserva ogni altro suo effetto ai fini della configurazione del reato. (Fattispecie in tema di violazione di domicilio aggravata dalla violenza alla persona).
Cass. pen. n. 4751/1983
L’attenuante di aver cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità non è applicabile al delitto di violazione di domicilio poiché tale reato offende non già il patrimonio, bensì l’inviolabilità del domicilio.
Cass. pen. n. 4107/1983
L’aggravante di cui all’ultimo comma dell’art. 614 c.p. si configura anche se colui che commette la violazione di domicilio è in possesso di un’arma impropria (nella specie: un martello).
Cass. pen. n. 335/1983
Agli effetti del delitto di violazione di domicilio, il diritto di esclusione dall’abitazione può essere fatto valere anche contro il proprietario. (Nella specie: introduzione del marito nella casa coniugale di proprietà comune assegnata alla moglie consensualmente separata).
Cass. pen. n. 11229/1982
Ricorre l’ipotesi dell’introduzione nel domicilio altrui contro la volontà tacita del titolare dello ius prohibendi nel caso di chi si introduca nell’abitazione per un fine illecito, a nulla rilevando la mancanza di clandestinità nell’agente, che frequenti o che debba ritenersi autorizzato a frequentare la casa del titolare di essa per relazioni di parentela, amicizia, affari.
Cass. pen. n. 10601/1982
Poiché la tutela predisposta dall’art. 614 c.p. riguarda chiunque risieda legittimamente in un’abitazione o in altro luogo ad essa equiparabile, qualunque ne sia il titolo (di proprietà, di usufrutto, di abitazione, ecc.), e poiché il diritto all’inviolabilità del domicilio può essere fatto valere anche nei confronti del proprietario o del conduttore dell’immobile, commette violazione di domicilio il proprietario che, avendo ceduto ad altri il proprio alloggio sia pure a titolo precario, vi si introduca contro la volontà del titolare dopo aver scardinato la porta.
Cass. pen. n. 9483/1982
Ai fini dell’aggravante prevista dall’art. 614 ultimo comma c.p. non è sufficiente un rapporto occasionale tra gli atti di violenza e la violazione di domicilio, ma occorre un nesso teleologico fra le due azioni. Pertanto, se la violenza è usata non per entrare o intrattenersi nell’abitazione altrui ma per commettere altro reato, la violazione di domicilio concorre con l’altro reato ed è aggravata non a norma dell’art. 614 bensì ex art. 61 n. 2 c.p.
Cass. pen. n. 9089/1982
L’introduzione violenta nella parte del salone di una banca, delimitata dal bancone di lavoro e dagli sportelli, ove gli impiegati svolgono il loro lavoro costituisce violazione di domicilio poiché la detta zona, essendo destinata allo svolgimento di un’attività privata, è luogo di privata dimora.
Cass. pen. n. 8574/1982
Quando il domicilio è comune a più persone (ad es. membri di una comunità familiare) all’inviolabilità del domicilio hanno diritto tutti i conviventi; perciò il dissenso, espresso o tacito, di uno solo di essi è sufficiente ad integrare la volontà contraria all’introduzione e, quindi, il divieto la cui inosservanza da parte di altri costituisce il delitto di violazione di domicilio. L’introduzione nell’abitazione altrui, in ora notturna, con il consenso della figlia maggiorenne, di persona certamente non gradita (ad es. perché coniugata), con modi inequivocabilmente intesi a non palesarne la presenza, deve ritenersi operata contro la volontà degli altri familiari e quindi integra il delitto di violazione di domicilio.
Cass. pen. n. 1067/1982
Il semplice danneggiamento di una porta per aprirla e trattenersi sulla soglia dell’abitazione, è idoneo ad integrare la violenza prevista dall’art. 392, cpv., c.p., e quindi l’aggravante prevista dall’ultimo comma dell’art. 614 c.p., per la cui sussistenza è sufficiente che la violenza sia posta in essere in uno qualsiasi dei momenti nei quali si estrinseca e si fraziona la fase esecutiva del reato.
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