16 Mar Art. 591 — Abbandono di persone minori o incapaci
Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa , e della quale abbia la custodia o debba avere cura , è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Alla stessa pena soggiace chi abbandona all’estero un cittadino italiano [ 4 ] minore degli anni diciotto, a lui affidato nel territorio dello Stato [ 4 2 ] per ragioni di lavoro.
La pena è della reclusione da uno a sei anni se dal fatto deriva una lesione personale [ 582 ], ed è da tre a otto anni se ne deriva la morte.
Le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore [ 540 ], dal figlio, dal tutore [ 346 ] o dal coniuge, ovvero dall’adottante o dall’adottato [ 291 ].
[adrotate group=”10″]
Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”12″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 44013/2017
Il dolo del delitto di abbandono di persone minori o incapaci è generico e può assumere la forma del dolo eventuale quando si accerti che l’agente, pur essendosi rappresentato, come conseguenza del proprio comportamento inerte, la concreta possibilità del verificarsi di uno stato di abbandono del soggetto passivo, in grado di determinare un pericolo anche solo potenziale per la vita e l’incolumità fisica di quest’ultimo, persiste nella sua condotta omissiva, accettando il rischio che l’evento si verifichi. (Fattispecie in cui è stato ritenuto responsabile il direttore sanitario di una struttura medica di ricovero per la condotta di mancata predisposizione delle cautele organizzative, idonee ad evitare l’allontanamento dalla struttura di un soggetto psicopatico, poco dopo ritrovato morto).
Cass. pen. n. 10994/2013
I reati di maltrattamenti in famiglia e di abbandono di persone minori o incapaci possono concorrere in quanto le relative fattispecie incriminatrici sono poste a tutela di beni diversi ed integrate da condotte differenti.
Cass. pen. n. 19476/2010
Integra il delitto di abbandono di persona incapace l’omesso adempimento, da parte dell’agente (nella specie, un ausiliare socio-sanitario), dei doveri di custodia e di cura sullo stesso incombenti in ragione del servizio prestato, in modo che ne derivi un pericolo per l’incolumità della persona incapace.
Cass. pen. n. 9276/2009
Ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto d’abbandono di persone minori rileva esclusivamente la volontà dell’abbandono, sicchè il dolo non è escluso dal fatto che chi ha l’obbligo di custodia ritenga il minore in grado di badare a se stesso, per l’aiuto di coetanei a lui legati da vincoli di parentela.
Cass. pen. n. 5945/2009
Nel reato di abbandono di persona minore o incapace l’evento aggravatore della morte si pone in rapporto di concausa con la condizione patologica della parte lesa, che deve trovarsi, quale presupposto del reato, in condizione di “malattia di mente o di corpo”o di “vecchiaia”tale da non poter provvedere a se stessa.
Cass. pen. n. 15147/2007
Ai fini della sussistenza dell’elemento psicologico del delitto di abbandono di persone incapaci, è richiesta la consapevolezza di abbandonare a se stesso il soggetto passivo che non abbia la capacità di provvedere alle proprie esigenze, in una situazione di pericolo per la sua integrità fisica. (Fattispecie relativa a presunto abbandono di bambino di tre anni, lasciato solo in casa dalla madre, che la Corte ha ritenuto non potesse essere ritenuto sulla base della sola circostanza che costei si fosse momentaneamente recata nel garage attiguo per eseguirvi delle pulizie).
Cass. pen. n. 15245/2005
In tema di abbandono di persona incapace (art. 591 c.p.), l’elemento materiale del reato è costituito da qualunque azione od omissione contrastante con il dovere giuridico di custodia che grava sul soggetto agente e da cui derivi uno stato di pericolo anche potenziale per l’incolumità della persona. Ne deriva — nell’ipotesi di stipula di una convenzione di natura privata dalla quale sorga l’obbligo di accoglienza di persona disabile — la sussistenza dell’obbligazione, indipendentemente dalla natura del servizio (sanitario o di semplice ospitalità) di tutela e di sorveglianza in ogni situazione o stato di pericolo, con l’ulteriore corollario che ogni abbandono deve essere considerato pericoloso e che l’interesse tutelato dalla norma penale deve ritenersi violato anche quando l’abbandono sia solo relativo e parziale.
Cass. pen. n. 12238/2004
Il reato di cui all’art. 591 c.p. di abbandono di persone minori o incapaci ha natura permanente, in quanto la condotta si protrae fino a quando gli imputati non fanno cessare le situazioni che non consentono un’assistenza o cura adeguata o fin tanto che tali situazioni non cessano per intervento esterno (in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto irrilevante, ai fini della decorrenza del termine prescrizionale del reato di cui all’art. 591 c.p. addebitato agli amministratori di una casa di riposo, l’intervenuto accertamento della situazione, laddove successivamente non sia cessata la situazione di abbandono delle persone incapaci ricoverate).
Cass. pen. n. 8833/2004
Integra il reato di abbandono di minore (art. 591 c.p.) la condotta del conducente dell’autobus di una scuola che lascia un piccolo alunno a terra con l’effetto di causarne il viaggio di ritorno a casa in una condizione di pericolo rappresentato dalle condizioni di luogo e di tempo (pioggia battente in atto e strada a scorrimento veloce e fuori dal centro urbano).
Cass. pen. n. 4213/2001
In tema di abbandono di persone minori o incapaci, configura il reato di cui all’art. 591 c.p. la condotta dei responsabili dell’assistenza di soggetti ricoverati presso una casa di cura e di riposo privata (nella specie: titolare, amministratore di fatto e medico di base dell’istituzione assistenziale non convenzionata) i quali non pogono rimedio alla evidente insufficienza e inadeguatezza delle strutture assistenziali, atteso che la norma in questione tutela il valore etico-sociale della sicurezza della persona, e pertanto ogni situazione di pericolo o abbandono, anche solo parziale, dei soggetti minori o incapaci impone la piena attivazione del titolare dell’obbligo giuridico a protezione del bene garantito.
Cass. pen. n. 6885/1999
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 591, primo comma, c.p., la vecchiaia non può essere intesa come condizione determinante una presunzione assoluta d’incapacità di provvedere a sè stessi, dovendosi invece accertare, di volta in volta, se essa sia concretamente causa di pericolo per l’incolumità dell’anziano, sì da dar luogo all’altrui dovere di assumere le opportune iniziative volte ad ovviare al suddetto pericolo. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha escluso che potessero rispondere del reato di cui all’art. 591 c.p. i figli di una donna novantatreenne lasciata a vivere da sola, atteso che detta donna, nonostante l’età, appariva ancora in grado di condurre vita autonoma e non mostrava intenzione alcuna di accettare il ricovero in una casa di riposo).
Cass. pen. n. 4407/1998
Ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 591 c.p. (abbandono di persone minori o incapaci), non è penalmente apprezzabile l’atto con il quale il direttore sanitario di una clinica — presso cui è ricoverato, in trattamento sanitario non obbligatorio, un soggetto affetto da schizofrenia e diabete mellito — dispone che rimanga sempre aperto il cancello di ingresso pedonale della clinica, appositamente custodito da un operatore, atteso che la custodia va adeguata alle innovazioni introdotte con la legge 13 maggio 1978, n. 189, che vieta la coazione strutturale e prevede, per il trattamento sanitario volontario, il ricovero dell’ammalato in strutture aperte con l’utilizzazione di servizi alternativi. (Fattispecie nella quale il soggetto si era allontanato dalla clinica attraverso il cancelletto pedonale, eludendo la sorveglianza dell’operatore, ed era stato rinvenuto cadavere nella campagna circostante a seguito di un decesso attribuito a collasso cardiocircolatorio, conseguente a coma diabetico).
L’elemento oggettivo del reato di abbandono di persone minori o incapaci è costituito da qualunque azione od omissione contrastante con il dovere giuridico di cura o di custodia, gravante sull’agente, da cui derivi uno stato di pericolo per l’incolumità della persona, incapace di provvedere a sè stessa per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o altra causa. Venendo in considerazione un reato di pericolo, che non può essere commesso da chiunque, ma soltanto dal soggetto qualificato dal rapporto di protezione che lo lega alla vittima, la condotta deve essere oggettivamente idonea a determinare, anche in via potenziale, l’aggressione del bene protetto dalla norma incriminatrice. Ne consegue, che il criterio giuridico di determinazione del fatto oggettivo, necessario per accertare se una determinata azione o omissione costituisca abbandono di persona incapace, deve essere correlato, da una parte, alla pericolosità del fatto e, dall’altra parte, al contenuto dell’obbligo violato e alla natura dell’incapacità. (Fattispecie nella quale la Suprema Corte ha escluso la configurabilità del reato di cui all’art. 591, commi 1 e 3, c.p., in capo al direttore sanitario ed al custode di una clinica, in relazione al caso di una donna affetta da schizofrenia, in fase però di remissione, che, allontanatasi dalla clinica, era deceduta in seguito a collasso cardiocircolatorio).
Nell’ambito del trattamento sanitario non obbligatorio di persone incapaci, la custodia del malato, finalizzata a soddisfare esigenze di ordine individuale, sociale e giuridico, comprese quelle di prevenzione di atti autolesivi ed eterolesivi, deve essere conciliata con la libertà terapeutica e la dignità del malato; nell’esercizio del potere-dovere di cura e di custodia, è legittimo trattenere il soggetto che manifesti, anche con la fuga, l’intenzione di allontanarsi dal luogo di ricovero volontario, facendo ricorso alla forza fisica quale brevis et modica vis imposta dalla circostanza per sottrarre l’incapace al pericolo di gravi danni e per pretendere la sottoscrizione dell’atto di formale interruzione della degenza contro la volontà del medico. (Fattispecie in cui è stato affermato che l’incaricato della vigilanza del cancello di ingresso di una clinica ha l’obbligo di intervenire per impedire, anche con la modica vis imposta dalle circostanze che un ammalato si allontani senza il permesso dei medici e senza il previo accertamento delle sue condizioni psichiche, pur escludendo, in fatto, la sussistenza della omessa custodia rilevante ex art. 591 c.p.).
Cass. pen. n. 10126/1995
Nel reato di abbandono di persona minore o incapace (art. 591 c.p.), l’elemento materiale è costituito da qualunque azione od omissione contrastante con il dovere giuridico di cura (o di custodia) che grava sul soggetto agente e da cui derivi uno stato di pericolo, anche potenziale, per l’incolumità della persona. Risponde, pertanto, del delitto in questione colui che, pur non allontanandosi dal soggetto passivo, ometta di far intervenire persone idonee ad evitare il pericolo stesso. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta la responsabilità dell’imputata che era rimasta tutta la notte e la mattinata successiva accanto al marito già gravemente sofferente, caduto a terra siccome colpito da emorragia cerebrale e solo dopo circa sedici ore aveva chiesto aiuto ad un vicino, che aveva fatto intervenire un’autoambulanza).
Cass. pen. n. 7003/1995
L’oggetto della tutela dell’art. 591 c.p. (abbandono di persona minore o incapace), diversamente da quello dell’art. 570 c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare), non è il rispetto dell’obbligo legale di assistenza in quanto tale, bensì il pericolo per l’incolumità fisica, derivante dal suo inadempimento. Pertanto, non si configura la condotta di abbandono, se l’agente non abbia già in custodia o in cura l’incapace o il minore, e a tanto si rifiuti, benché possa esservi legalmente tenuto e risultare penalmente perseguibile per tale ragione per altro titolo. (Fattispecie nella quale è stato ravvisato il reato ex art. 570 c.p., avendo la moglie rifiutato di accogliere il marito affetto da sclerosi multipla, dimesso dall’ospedale ed accompagnato dal fratello e da un suo amico, sicché l’uomo veniva ospitato dalla madre).
Cass. pen. n. 290/1994
La norma dell’art. 591 c.p. tutela il valore etico-sociale della sicurezza della persona fisica contro determinate situazioni di pericolo. In questa prospettiva, nessun limite si pone nella individuazione delle fonti da cui derivano gli obblighi di custodia e di assistenza che realizzano la protezione di quel bene e che si desumono dalle norme giuridiche di qualsiasi natura, da convenzioni di natura pubblica o privata, da regolamenti o legittimi ordini di servizio, rivolti alla tutela della persona umana, in ogni condizione ed in ogni segmento del percorso che va dalla nascita alla morte. Ad ogni situazione che esige detta protezione fa riscontro uno stato di pericolo che esige un pieno attivarsi, sicché ogni abbandono diventa pericoloso e l’interesse risulta violato quando la derelizione sia anche solo relativa o parziale. (Nella fattispecie concernente sanitario che rivestiva la qualifica di assistente con incarico di reperibilità presso una clinica privata che, malgrado l’evidente gravità della patologia del paziente, poi deceduto, anziché intervenire prontamente, per sopperire all’inadeguatezza del medico di guardia, palesata dalla delicatezza del caso, si era limitato a dare per telefono generiche indicazioni ed a suggerire di attendere l’evoluzione del quadro clinico).
Cass. pen. n. 832/1993
Ai sensi dell’art. 591 c.p. (abbandono di persone minori o incapaci) costituisce abbandono qualsiasi azione o omissione che contrasti con l’obbligo della custodia o della cura ed è sufficiente, per l’integrazione del reato, che da tale condotta derivi un pericolo anche solo potenziale per l’incolumità della persona incapace. (Nella specie, relativa a ritenuta sussistenza del reato, l’imputato, amministratore unico di una società, cui era affidata la gestione di un gerontocomio, abbandonava le persone ivi ospitate, incapaci di provvedere a sé stesse per vecchiaia e malattia, consentendo in particolare che le stesse [ alcune delle quali addirittura non in grado di intendere e di volere ] fossero tenute in pessime condizioni, sotto il profilo igienico e sanitario).
Cass. pen. n. 12334/1990
Costituisce abbandono, punibile ex art. 591 c.p., qualsiasi azione od omissione che contrasti con l’obbligo della custodia e da cui derivi un pericolo, anche solo potenziale, per la vita o per l’incolumità del minore o dell’incapace. Per la configurabilità dell’elemento psicologico è comunque richiesta la consapevolezza di abbandonare il soggetto passivo, che non abbia la capacità di provvedere a sé stesso, in una situazione di pericolo di cui si abbia l’esatta percezione.
Cass. pen. n. 3905/1990
Sussiste il reato di cui all’art. 591 c.p. ove gli incapaci (nel caso di specie minorati psichici) di cui l’imputato abbia la custodia, o di cui debba avere cura, siano lasciati in balia di se stessi o di personale inidoneo (nel caso di specie nell’ambito di case di riposo inadeguate e prive dei requisiti igienici).
Cass. pen. n. 9562/1989
Il delitto di abbandono di minore si distingue da quello di tentato omicidio per il diverso elemento psicologico. Nel primo caso l’elemento soggettivo è costituito dalla coscienza di abbandonare la persona minore o incapace con la consapevolezza del pericolo inerente all’incolumità fisica della stessa con l’instaurarsi di una situazione di pericolo, sia pure potenziale. Nella seconda ipotesi è necessario che il soggetto compia la condotta vietata con la volontà e la consapevolezza di cagionare la morte del soggetto passivo o tale evento si rappresenti come probabile o possibile conseguenza del suo operare, accettando il rischio implicito del suo verificarsi.
Cass. pen. n. 10841/1986
Integra gli estremi del reato di abbandono di persone incapaci ex art. 591 c.p., il repentino allontanamento di tutte le assistenti infermiere di una casa di ricovero per anziani e menomati psichici, essendo irrilevante, ai fini della sussistenza dello stato di pericolo per l’incolumità delle persone predette, la presenza in loco di inservienti civili, idonei, quantitativamente e qualitativamente, alla necessaria assistenza infermieristico-sanitaria o i successivi interventi che consentano di evitare l’aggravamento dei ricoverati.
[adrotate group=”11″]