16 Mar Art. 573 — Sottrazione consensuale di minorenni
Chiunque sottrae un minore [ 2 ], che abbia compiuto gli anni quattordici, col consenso di esso , al genitore esercente la responsabilità genitoriale o al tutore [ 346 ], ovvero lo ritiene contro la volontà del medesimo genitore o tutore , è punito, a querela di questo [ 120 ], con la reclusione fino a due anni.
La pena è diminuita [ 65 ], se il fatto è commesso per fine di matrimonio; è aumentata [ 64 ], se è commesso per fine di libidine.
[ Si applicano le disposizioni degli articoli 525 e 544 ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”12″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 31877/2017
Al reato di maltrattamenti in famiglia commesso in epoca anteriore alle modifiche apportate dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 non si applica il raddoppio dei termini di prescrizione di cui all’art. 157, comma sesto, cod. pen. (introdotto dalla legge 1 ottobre 2012, n. 172) per la natura sostanziale di tale istituto, che non ne consente una applicazione retroattiva.
Cass. pen. n. 6058/2015
Integra il reato di sottrazione consensuale di minorenni la condotta del maggiore di età che offre preventivamente al minore un aiuto a sottrarsi alla sfera di vigilanza del tutore, attraverso la promessa di sostegno logistico ed affettivo nonché di mantenimento, (nella specie, agevolandone l’allontanamento dalla Comunità in cui è inserito), in quanto il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice di cui all’art. 573 cod. pen. concerne la potestà del genitore o del tutore fino al compimento della maggiore età e si radica nell’esigenza di sottoporre le decisioni del minore al vaglio di questi, onde evitare che una insufficiente maturità, connessa all’età, possa spingerlo ad adottare decisioni che potrebbero pregiudicare la sua vita futura.
Cass. pen. n. 7292/2000
La condotta tipica del reato di cui all’art. 573 c.p. consiste nella sottrazione del minore consenziente o nella ritenzione di esso contro il volere dell’esercente la potestà parentale, e cioè in una condotta incompatibile con l’esercizio di tale potestà e non meramente interferente con essa. Tale condotta non è pertanto realizzata qualora l’agente si sia limitato a dare ospitalità al minore, in luogo noto e accessibile al genitore, senza impedire od ostacolare in alcun modo l’esercizio delle facoltà e l’adempimento dei doveri che a costui competono.
Cass. pen. n. 1032/1997
In tema di sottrazione consensuale di minorenni, il dissenso degli esercenti la potestà genitoriale, soprattutto quando non sia espresso, non può presumersi, ma deve formare oggetto di un accertamento «in concreto», con riferimento ad inequivoci elementi obiettivi, quali – appunto – le particolari condizioni di ambiente, di abitudini, di consuetudini morali in cui il minore vive ed il modo col quale la vigilanza sullo stesso viene esercitata, oltre naturalmente ad eventuali specifici e peculiari comportamenti dei titolari della detta potestà genitoriale, incompatibili con una volontà consenziente. (Nella specie, relativa ad annullamento senza rinvio perché il fatto contestato in ordine al reato di cui all’art. 573 c.p. non sussiste, la S.C. ha ritenuto evidente «la contraddittorietà sul punto della motivazione della sentenza impugnata: se le abitudini dei fidanzati, la differenza di età fra essi, la durata della loro relazione sentimentale, l’ambiente nel quale si muovevano ed il tipo di vigilanza in concreto esercitata dai genitori della minore erano tali da indurre a ritenere «secondo l’esperienza dell’uomo medio» che tra i due vi fosse consuetudine di rapporti sessuali, non può logicamente presumersi – sulla base delle medesime circostanze – il dissenso degli esercenti la potestà genitoriale in ordine alla abductio de loco in locum della minore stessa da parte dell’imputato, anche in considerazione dei limiti ormai posti alla detta potestà dalla riconosciuta maggiore autonomia e libertà di autodeterminarsi del figlio minorenne, quale espressione dei diritti inviolabili della persona»).
Cass. pen. n. 1997/1996
È legittimo il provvedimento con il quale il pubblico ministero autorizza la polizia giudiziaria a sorvegliare, a debita distanza e in modo non invasivo, l’incontro tra un genitore ed il figlio minore al fine di impedire la sottrazione, già verificatasi in passato, di questo da parte del primo poiché tali compiti rientrano tra quelli istituzionali della polizia giudiziaria di ricerca della notizia criminis e di impedimento a che i reati siano portati a più gravi conseguenze. Contro tale provvedimento è comunque inammissibile il ricorso per cassazione, non essendo previsto uno specifico mezzo di impugnazione e non rientrando tra quelli limitativi della libertà personale.
Cass. civ. n. 6994/1986
La norma dell’art. 573 c.p. tutela l’esercizio dell’autorità familiare ed i connessi poteri di vigilanza e di custodia, autorità e poteri che vengono menomati quando il minore sia allontanato dal luogo ove si trova in altro luogo che si sappia non autorizzato dai genitori oppure venga trattenuto in un qualsiasi luogo per un tempo apprezzabile oltre quello presuntivamente consentito dalle persone che esercitano la potestà o la tutela. Pertanto, quando al figlio minore sia stata consentita una certa libertà di movimento nella vita di relazione, sia pure per motivi di svago, sussiste il reato di sottrazione consensuale di minorenne se esso venga trattenuto in tempi e luoghi diversi da quelli consentiti, dovendosi in tal caso ritenere infranto l’ordinario rapporto di subordinazione tra il minore e la famiglia.
Cass. pen. n. 2896/1986
Integra il reato di sottrazione consensuale di minorenni il fatto, posto in essere dall’agente con il pieno consenso della vittima minore di 18 anni, nell’esercizio del diritto di scegliere la compagna della propria vita, di sottrarre la stessa alla casa paterna e ritenerla presso di sé, in quanto il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice dell’art. 573 c.p. concerne la potestà del genitore fino al compimento della maggiore età e trova giustificazione nell’esigenza sociale di sottoporre la decisione del minore al vaglio dei genitori onde evitare che un’insufficiente maturità, connessa all’età, possa spingerlo ad adottare decisioni che potrebbero pregiudicare la sua vita futura.
Cass. pen. n. 835/1973
Rispetto al delitto di sottrazione consensuale di minorenni, il comportamento del minore non può integrare gli estremi della circostanza attenuante del fatto doloso della persona offesa, prevista dall’art. 62 n. 5; ciò in quanto, nella suddetta ipotesi delittuosa, soggetto passivo del reato è il genitore esercente la patria potestà o il tutore, mentre il minore non assume la posizione di persona offesa, ma piuttosto quello di coautore del reato.
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