16 Mar Art. 489 — Uso di atto falso
Chiunque, senza essere concorso [ 110 ] nella falsità, fa uso di un atto falso soggiace alle pene stabilite negli articoli precedenti, ridotte di un terzo [ 493bis ].
[ Qualora si tratti di scritture private , chi commette il fatto è punibile soltanto se ha agito al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno [ 491 2 ]. ]
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”12″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 4951/2017
L’uso di scrittura privata falsa non è più previsto dalla legge come reato a seguito dell’abrogazione dell’art. 491, comma secondo, cod. pen. da parte del D.Lgs. n. 7 del 2016, né detta condotta può integrare il reato di cui all’art. 491, comma primo, cod. pen. in quanto le scritture private non possono essere ricondotte al concetto di “atto falso”il cui uso è punito da tale disposizione sia per l’espressa eliminazione della norma che le riguardava, sia per l’abrogazione del reato di falso in scrittura privata di cui all’art. 485 cod. pen., che costituiva il parametro sanzionatorio di riferimento, sia perché per la punibilità dell’uso di scrittura privata falsa, a differenza della fattispecie di cui al primo comma della medesima disposizione, era richiesta la sussistenza del dolo specifico.
Cass. pen. n. 51414/2013
Integra il delitto di uso di atto falso, la condotta del soggetto che esibisce alla polizia, durante un controllo, un falso libretto di circolazione e una falsa procura speciale.
Cass. pen. n. 22578/2010
Non integra il reato di uso di atto falso (art. 489 c.p.), l’esposizione sulla propria auto della fotocopia di un permesso di parcheggio riservato agli invalidi, qualora si tratti di fotocopia, come nella specie, realizzata in bianco e nero, che, in quanto tale non può simulare l’originale, palesando chiaramente la sua natura di riproduzione fotostatica, posto che, in tal caso, non sussiste il dolo generico che caratterizza il reato in questione.
Cass. pen. n. 27915/2009
Integra il reato di uso di atto falso (art. 489 c.p.) la condotta di colui che esponga nel cruscotto dell’auto, posteggiata in zona contrassegnata dall’obbligo di pagamento della sosta, una riproduzione fotostatica di contrassegno con autorizzazione al parcheggio di autoveicoli di proprietà di invalidi, in quanto, in tal caso, sussiste un’attività di contraffazione, intesa come imitazione fraudolenta di un documento, nella specie autorizzativo, individuato da specifiche caratteristiche formali, in modo da fare apparire la riproduzione come originale del quale ripete le caratteristiche.
Cass. pen. n. 42093/2008
I diplomi di laurea rilasciati da Università straniere non acquistano valore di titoli legali nello Stato, se non a seguito di un’apposita procedura di “exequatur”. Ne consegue che non è vietato l’uso in sé di essi, anche se ideologicamente falsi, ma solo quello finalizzato ad ottenerne il riconoscimento in Italia come titoli legali. (Fattispecie relativa a sequestro di diplomi di laurea conseguiti da giovani italiani all’estero attraverso false dichiarazioni di frequenza di corsi di laurea, in relazione ai quali la Corte ha escluso la configurabilità di un diritto alla restituzione in capo ad essi, incompatibile con l’affermata loro estraneità al reato).
Cass. pen. n. 6520/2007
Integra il reato di uso di atto pubblico falsificato dal privato (artt. 476, 482, 489 c.p.), la condotta di colui che presenta all’ufficio stranieri della Questura una ricevuta di vaglia postale telegrafico internazionale alterata nelle generalità del mittente, in quanto rientra nella nozione di atto pubblico, ancorché non fidefaciente, il modello 1/a in cui l’ufficiale postale, che accetta il vaglia ordinario, trascrive le generalità del mittente e del destinatario, il luogo di destinazione e l’importo del vaglia, considerato che tale operazione (ricevimento del vaglia) appartiene alla sfera di attività direttamente compiuta dal pubblico ufficiale e caduta sotto la sua percezione. Né rileva, ai fini della configurabilità del reato in questione, il fatto che l’Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, già trasformata in ente pubblico economico (Ente poste italiane), con D.L. 1 dicembre 1993, n. 487, conv. in legge 29 gennaio 1994, n. 71, sia stata successivamente trasformata in società per azioni a far data dal 28 febbraio 1998 per effetto della delibera CIPE del 18 dicembre 1997.
Cass. pen. n. 40650/2006
Integra il delitto di uso di atto falso (489 c.p.), la condotta del cittadino straniero che esibisca agli organi di polizia, in occasione di controlli effettuati in Italia, il passaporto falsificato nella data di scadenza e nel codice di sicurezza, considerato che egli — ancorché non punibile, in difetto della condizione di procedibilità costituita dalla richiesta ministeriale, ex art. 10 c.p., per il delitto di cui all’art. 482 (falso materiale del privato in certificazione amministrativa commesso all’estero) — ha, tuttavia, fatto uso di un atto falso che costituisce una progressione criminosa delle condotte di falsificazione, punibile autonomamente solo se commesso da chi non abbia partecipato all’“editio falsi» o, comunque, per tale fatto non sia punibile, come nella specie in virtù del succitato art. 10 c.p., sicché nessun rilievo svolge, a tali fini, la circostanza che al contraffattore venga contestata solo la contraffazione, anche quando abbia fatto uso del documento contraffatto.
Cass. pen. n. 10391/2006
Integra il reato di uso di atto falso (art. 489 c.p.), la condotta del soggetto che espone sull’auto — parcheggiata in zona a traffico limitato, consentita solo ai titolari di validi permessi — la falsa copia del permesso di parcheggio per invalidi, considerato che la riproduzione fotostatica di un documento originale integra il reato di falsità materiale quando si presenta non come tale ma con l’apparenza di un documento originale atto a trarre in inganno.
Cass. pen. n. 65/2006
In materia di falso, il concorso nel reato, che esclude la punibilità della diversa ipotesi criminosa prevista dall’art. 489 c.p. (uso di atto falso), deve configurarsi in termini di concreta punibilità. Ne consegue che, se la falsificazione è stata commessa all’estero e non vi sia la richiesta del Ministro della giustizia ex art. 10 c.p., il soggetto che abbia prodotto o concorso a produrre l’atto falso risponde, ricorrendone le condizioni, del reato di uso dello stesso, ai sensi dell’art. 489 c.p. (Fattispecie relativa alla contraffazione dei dati anagrafici su un passaporto di Paese straniero e su un visto di ingresso in Italia, esibiti alla frontiera).
Cass. pen. n. 43341/2005
Ai fini dell’integrazione del reato di uso di atto falso (art. 489 c.p.), è necessario che l’agente non abbia concorso nella falsità o che non si tratti di concorso punibile; ne deriva che sussiste il reato in questione quando la falsificazione non è punibile perché commessa all’estero, in difetto della condizione di procedibilità rappresentata dalla richiesta del Ministro della Giustizia ex art. 10 c.p., e l’agente abbia fatto uso dell’atto nello Stato. (Fattispecie nella quale un soggetto straniero aveva esibito un passaporto contraffatto, all’ingresso nello Stato. La Corte ha annullato con rinvio la sentenza con la quale il giudice aveva affermato, sulla base di presunzioni, che la falsificazione fosse avvenuta all’estero su istigazione dell’imputato, chiedendo la prova certa del fatto, quale condizione per escluderne la rilevanza dai sensi dell’art. 489 c.p.).
Cass. pen. n. 42649/2004
Nell’ipotesi in cui taluno faccia uso di un documento falsificato recante un’impronta contraffatta è configurabile solo il reato di cui all’art. 489 c.p. e non anche, in concorso, quello di cui all’art. 469 c.p., giacché tale ultima disposizione, là dove prevede come punibile la condotta di chi fa uso della cosa recante l’impronta contraffatta, definisce una condotta del tutto sovrapponibile a quella prevista dall’altra disposizione.
Risponde a norma dell’art. 489 c.p., per l’uso del documento contraffatto, l’autore della contraffazione che non risulti punibile a seguito di estinzione del reato.
Cass. pen. n. 25881/2004
Integra il reato di uso di atto falso (art. 489 c.p.) l’utilizzo, mediante presentazione ai funzionari del competente dipartimento trasporti, di documenti stranieri contraffatti per ottenere l’immatricolazione in Italia di veicoli i cui dati di iscrizione erano falsi. (Nella fattispecie, venivano immatricolati come «veicoli» dei fuoristrada, senza il rispetto dell’originaria qualifica di «autocarri» e, come tali, inidonei alla circolazione stradale in Italia e non suscettibili di rilascio delle targhe e di iscrizione del veicolo al P.R.A. ed era ritenuto, pertanto, legittimo il sequestro di tutti i relativi documenti di circolazione, quale corpo di reato).
Cass. pen. n. 21651/2004
Ai fini dell’integrazione del reato di uso di atto falso (art. 489 c.p.), è necessario che l’agente non abbia concorso nella falsità o che non si tratti di concorso punibile; ne deriva che sussiste il reato in questione quando la falsificazione non è punibile perché commessa all’estero, in difetto della condizione di procedibilità rappresentata dalla richiesta del Ministro della Giustizia ex art. 10 c.p., e l’agente abbia fatto uso dell’atto nello Stato.
Cass. pen. n. 26173/2003
Ai fini dell’individuazione della condotta di uso, rilevante per la configurazione del reato di cui agli artt. 489 e 485 c.p., assume rilievo la funzione rappresentativa del documento usato e non già quella dell’atto documentato. Ne consegue che l’uso del documento è penalmente rilevante quando il soggetto disponga materialmente del documento, e dunque dell’oggetto rappresentativo, quale che sia il significato che intenda attribuire all’atto in esso contenuto. (Nel caso di specie, la S.C. ha escluso che, ai fini del reato in questione, costituisca condotta penalmente rilevante il mero comportamento processuale di chi, convenuto in un giudizio civile per l’esecuzione specifica di un preliminare di vendita contraffatto, si difenda nel merito, proponendo anche domanda riconvenzionale per chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento dell’attore).
Cass. pen. n. 21231/2001
Nel delitto di uso di atto falso, la nozione di uso comprende qualsiasi modalità di avvalersi del falso documento per uno scopo conforme alla natura — quantomeno apparente — dell’atto; ne consegue che, ad integrare il reato, basta la semplice esibizione del documento falso. (Fattispecie relativa alla esibizione di una falsa patente rilasciata da uno stato extraeuropeo e non abilitante alla guida di veicoli in Italia).
Cass. pen. n. 12640/2001
Nel delitto di uso di atto falso, la nozione di uso comprende qualsiasi modo di avvalersi del falso documento per uno scopo conforme alla natura dell’atto; ad integrare il reato basta, pertanto, la semplice esibizione del documento falso. (In applicazione di tale principio la Corte ha escluso la sussistenza del reato in un’ipotesi in cui non risultava provato che dell’atto falso l’imputato avesse fatto uso, neppure mediante esibizione).
Cass. pen. n. 3363/1999
In materia di falsità in atti, il delitto previsto dall’art. 489 c.p. (uso di documento falsificato, senza concorso nella falsificazione) tutela l’interesse dell’autore apparente del documento, comunque leso dalla sua utilizzazione, che ne rende riferibili a lui gli effetti giuridici; se, pertanto dall’uso della cambiale falsificata può derivare pregiudizio all’interesse di un soggetto diverso dal titolare della firma di girata falsificata (sicché anche a costui può riconoscersi il diritto di querela), non viene meno tuttavia l’analogo diritto dell’apparente girante.
Cass. pen. n. 1290/1983
Il primo uso dell’atto da parte di chi lo abbia falsificato o di chi sia concorso con l’autore nella falsificazione costituisce il reato di cui all’art. 485 c.p. e non già la minore ipotesi di cui all’art. 489 c.p., la quale può configurarsi solo nel caso di uso successivo alla consumazione del delitto, che richiede la falsificazione del documento e un primo atto d’uso.
Cass. pen. n. 1978/1982
Colui che — pur non avendo materialmente falsificato un titolo di credito — abbia per primo fatto uso del medesimo, d’intesa con l’autore materiale della falsificazione od essendo comunque consapevole della falsità, deve rispondere del reato previsto dall’art. 491 c.p. (in relazione agli artt. 476, 482 e 485 stesso codice) e non già di quello previsto dall’art. 489 c.p., il quale presuppone la già avvenuta consumazione del delitto di falsità in atti.
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