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Art. 698 — Reati politici. Tutela dei diritti fondamentali della persona

Art. 698 — Reati politici. Tutela dei diritti fondamentali della persona

1. Non può essere concessa l’estradizione per un reato politico né quando vi è ragione di ritenere che l’imputato o il condannato verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona .

2. Se il fatto per il quale è domandata l’estradizione è punito con la pena di morte secondo la legge dello Stato estero, l’estradizione può essere concessa solo quando l’autorità giudiziaria accerti che è stata adottata una decisione irrevocabile che irroga una pena diversa dalla pena di morte o, se questa è stata inflitta, è stata commutata in una pena diversa, comunque nel rispetto di quanto stabilito dal comma 1.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 14941/2018

In tema di estradizione richiesta dagli Stati Uniti d’America, secondo il regime disciplinato dal trattato bilaterale di estradizione del 13 ottobre 1983, la possibilità che venga comminata una pena detentiva a vita non costituisce circostanza ostativa all’emissione di una sentenza favorevole – stante la previsione nell’ordinamento statunitense di vari istituti che, in relazione alla condotta del detenuto raggiunto da una “sentenza a vita”, ne consentono la liberazione anticipata, sia pure sulla base di valutazioni discrezionali di varie autorità pubbliche – salvo che l’estradando non alleghi l’esistenza di un rischio reale di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti, contrari all’art. 3 CEDU.

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Cass. pen. n. 54467/2016

In tema di estradizione per l’estero, ai fini dell’accertamento della condizione ostativa prevista dall’art. 698, comma primo, cod. proc. pen., la Corte d’appello può fondare la propria decisione in ordine all’esistenza di violazioni dei diritti umani nel Paese richiedente anche sulla base di documenti e rapporti elaborati da organizzazioni non governative – quali, ad es., “Amnesty International” e “Human Rights Watch” -, in quanto si tratta di organizzazioni ritenute affidabili sul piano internazionale, secondo quanto affermato anche dalla giurisprudenza della Corte EDU nella sentenza Saadi c. Italia del 28 febbraio 2008.

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Cass. pen. n. 10965/2015

In tema di estradizione per l’estero, il divieto di pronuncia favorevole ove si abbia motivo di ritenere che l’estradando verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona, non opera qualora, pur in presenza di informazioni circa la violazione di tali diritti derivante da una diffusa e grave situazione di endemica violenza all’interno del sistema carcerario del Paese richiedente, le Autorità di quello Stato offrano specifiche assicurazioni in ordine alla sottoposizione del “consegnato” ad un trattamento diverso da quello previsto nell’ordinario circuito penitenziario, tale da escludere radicalmente la possibilità di assoggettamento a maltrattamenti di qualsiasi natura. [Fattispecie relativa a richiesta di estradizione formulata dalle Autorità brasiliane per l’esecuzione di una condanna per peculato, corruzione e riciclaggio, in cui la S.C. ha escluso la sussistenza della causa ostativa – regolata dal vigente trattato bilaterale in modo analogo a quanto previsto dagli artt. 705 e 698 cod. proc. pen. – in forza delle assicurazioni fornite dalle predette Autorità in ordine al collocamento dell’estradando nell'”Ala dei vulnerabili”, distinta dalle altre sezioni del carcere di destinazione, con conseguente esclusione del rischio per “il consegnando” di entrare in contatto con persone suscettibili di rappresentare una minaccia per la sua integrità personale].

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Cass. pen. n. 33980/2006

Qualora il reato per il quale è richiesta l’estradizione è punito, secondo la legge dello Stato richiedente, con la pena di morte, l’autorità giudiziaria non può pronunciare sentenza favorevole alla estradizione sulla base di assicurazioni dello Stato richiedente che comunque non consentano di pervenire a conclusioni di certezza circa la ineseguibilità di detta pena. [Fattispecie in tema di estradizione richiesta dalla Bielorussia, nella quale la Corte ha ritenuto prive di ogni carattere di certezza in ordine alla non applicazione della pena di morte le dichiarazioni di intenti provenienti dalla procura di un tribunale di detto Stato].

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Cass. pen. n. 10106/2006

In tema di estradizione per l’estero, la condizione ostativa all’estradizione prevista dall’art. 698, comma primo c.p.p. opera esclusivamente nelle ipotesi in cui vi sia la ragionevole previsione che l’estradando verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o a violazione di uno dei diritti fondamentali della persona, che siano riferibili esclusivamente all’autorità del Paese richiedente, con esclusione pertanto di quelli ad opera di persone estranee agli apparati istituzionali, agenti a titolo personale. [Nella specie, la Corte ha ritenuto irrilevante il pericolo addotto dal ricorrente di vendette e ritorsioni nei suoi confronti ad opera di organizzazioni criminali operanti nel suo paese di origine].

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Cass. pen. n. 26900/2004

In tema di estradizione per l’estero, il divieto di pronuncia favorevole che l’art. 705, comma secondo, lett. c], c.p.p. stabilisce per i casi in cui vi sia motivo di ritenere che l’estradando verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona, opera esclusivamente nelle ipotesi in cui ciò sia riferibile ad una scelta normativa o di fatto dello Stato richiedente, considerato nella sua veste istituzionale; si rimane pertanto al di fuori della previsione di legge nel caso in cui si prospetti il timore che l’estradando, una volta consegnato allo Stato richiedente, possa subire in quel paese atti di violenza ad opera di persone estranee agli apparati istituzionali, agenti di propria iniziativa, ben potendo tale pericolo essere tutelato con le opportune cautele di un ordinamento democratico.

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Cass. pen. n. 15108/2004

Non può essere concessa l’estradizione di un imputato minorenne nell’ipotesi in cui l’ordinamento dello Stato richiedente preveda che lo stesso sarà giudicato come se fosse un adulto, la sua imputabilità sarà presunta senza alcun previo accertamento e la pena eventualmente inflittagli sarà eseguita negli ordinari istituti per adulti. [In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto corretta la decisione con la quale i giudici di merito avevano affermato non sussistere le condizioni per l’estradizione di un imputato minorenne richiesta dalla Repubblica di Lettonia, non risultando né che il minorenne condannato a pena detentiva potesse ricevere un trattamento penitenziario differenziato in speciali istituti né che l’accertamento giudiziale circa la sua capacità di intendere e di volere fosse effettuato sulla base di indagini che tenessero conto della specifica considerazione della sua personalità in via di sviluppo].

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Cass. pen. n. 39709/2002

La disposizione dell’art. 698, comma primo, c.p.p., che prevede quale causa ostativa alla estradizione la fondata ragione per ritenere che l’imputato o il condannato verranno sottoposti ad atti persecutori o discriminatori per motivi, fra gli altri, di condizioni personali o sociali, amplia e ricalca la norma di cui all’art. 3, comma secondo, della Convenzione europea di estradizione e costituisce applicazione del più generale principio di salvaguardia del diritto fondamentale dell’individuo alla libertà ed alla sicurezza contro qualsiasi forma di discriminazione, che potrebbe essere attuata con lo strumento della domanda di estradizione da parte dello Stato estero. L’atto persecutorio e discriminatorio, pertanto, è quello che, in quanto mascherato sotto forma di domanda di estradizione per perseguire un determinato reato, costituisce lo scopo dissimulato che lo stesso Stato richiedente mira a realizzare per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali, laddove dallo status del soggetto, connesso ad una o più delle suddette posizioni, dipendano, nell’ordinamento interno del suddetto Stato richiedente, situazioni di oggettivo pregiudizio reale o potenziale. [In applicazione di tale principio la Corte ha escluso che fosse ravvisabile un atto persecutorio nella richiesta di estradizione riguardante una persona di religione diversa da quella islamica, ufficiale nello Stato richiedente, condizione che avrebbe esposto l’estradando al giudizio secondo la legge della Sharja].

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Cass. pen. n. 1117/2000

In tema di estradizione, qualora per il reato per il quale l’ordinamento dello Stato richiedente prevede la pena di morte, come affermato dalla Corte cost. con la sentenza n. 223 del 1996, dichiarativa della illegittimità costituzionale dell’art. 698, comma secondo, c.p.p., stante il precetto dell’art. 27 Cost., l’autorità giudiziaria non può pronunciare sentenza favorevole alla estradizione sulla base di assicurazioni dello Stato richiedente che comunque non consentano di pervenire a conclusioni di certezza circa la ineseguibilità di detta pena. [Fattispecie in tema di estradizione per reato economico punibile con la pena di morte richiesta dalla Cina popolare].

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Cass. pen. n. 1/1998

In tema di estradizione per l’estero, poiché l’art. 11 comma secondo della Costituzione di Bosnia-Erzegovina stabilisce che saranno rispettati i diritti e le libertà fondamentali definiti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, con priorità su tutte le altre leggi, e poiché l’art. 1 del Protocollo n. 6 di detta Convenzione stabilisce che la pena di morte è abolita, è concedibile l’estradizione richiesta dalla Repubblica di Bosnia-Erzegovina nei confronti di un cittadino accusato di omicidio, reato per il quale, ricorrendo determinate aggravanti, è applicabile astrattamente, in base al codice penale di tale Stato, la pena di morte, dovendo ritenersi verificata la condizione posta dalla sentenza della Corte cost. n. 223 del 1996, che, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 698, comma secondo, c.p.p., ha affermato che per la concedibilità della estradizione è necessaria la garanzia assoluta che lo Stato richiedente non applichi la pena di morte.

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Corte cost. n. 223/1996

Sono illegittimi costituzionalmente, per violazione degli artt. 2, 3, 11 e 27, comma 4, della Costituzione, l’art. 698 c.p.p. e la L. 26 maggio 1984, n. 225, nella parte in cui dà esecuzione all’art. 9 del trattato di estradizione Italia-Usa 13 ottobre 1983, ove si prevede l’estradizione anche per i reati puniti con la pena capitale a fronte dell’impegno assunto dal Paese richiedente, con garanzie ritenute sufficienti dal Paese richiesto, a non infliggere la pena di morte o, se già inflitta, a non farla eseguire.

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Cass. pen. n. 1625/1996

La disposizione dell’art. 698, comma 1, c.p.p., che prevede quale causa ostativa all’estradizione la fondata ragione per ritenere che l’imputato o il condannato verranno sottoposti ad atti persecutori o discriminatori per motivi, fra gli altri, di condizioni personali o sociali, amplia e ricalca la norma di cui all’art. 3, comma 2, della Convenzione europea di estradizione e costituisce applicazione, nella materia dell’estradizione, del più generale principio di salvaguardia del diritto fondamentale dell’individuo alla libertà ed alla sicurezza contro qualsiasi forma di discriminazione, che potrebbe essere attuata con lo strumento della domanda di estradizione da parte dello Stato estero. L’atto persecutorio e discriminatorio, pertanto, è quello che, in quanto mascherato sotto forma di domanda di estradizione per perseguire un determinato reato, costituisce lo scopo dissimulato che lo stesso Stato richiedente mira a realizzare per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali, laddove dallo status del soggetto, connesso ad una o più delle suddette posizioni, dipendano, nell’ordinamento interno del suddetto Stato richiedente, situazioni di oggettivo pregiudizio reale o potenziale. L’atto persecutorio ostativo alla estradizione passiva, invece, non è quello che all’estradando potrebbe derivare, una volta che lo stesso fosse consegnato allo Stato richiedente, da atti di ritorsione o di vendetta, in suo danno compiuti dal soggetto offeso dal reato a titolo puramente personale, giacché una siffatta condotta lo Stato estero non solo non può fare propria, ma è tenuto a prevenire, evitare e punire, secondo i principi dell’ordinamento giuridico interno ed internazionale.

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Cass. pen. n. 3281/1995

L’art. 3, comma 2 della Convenzione europea di estradizione prevede la possibilità per lo Stato richiesto di rifiutare la estradizione per sospetto di processo politico. Il giudizio sulla eventuale sussistenza di una estradizione cosiddetta mascherata o di altra situazione idonea ad incidere negativamente sui diritti fondamentali dell’estradando deve peraltro basarsi su elementi idonei a far ritenere fondato il pericolo in questione e detti elementi debbono potersi ricavare dagli atti ovvero debbono essere prospettati dall’interessato secondo un preciso onere di allegazione: l’esercizio, in via esclusiva, di un potere di iniziativa officioso del giudice, in assenza di concreti ed apprezzabili sospetti, costituirebbe fatto non amichevole e non corretto nei confronti dello Stato richiedente.

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Cass. pen. n. 3597/1995

In ordine alle valutazioni sulla sussistenza delle condizioni previste per l’estradizione per l’estero, compete alla giurisdizione — e non all’autorità governativa che invece decide sulla base di considerazioni politiche ed amministrative — il controllo di legalità, ovvero la verifica della sussistenza e della validità delle condizioni che le norme statali ed internazionali pongono perché l’estradizione sia concessa. Ciò affinché l’impegno preso dal Paese richiedente possa ritenersi giuridicamente valido e pertanto vincolante, in conformità al diritto nazionale ed internazionale. [Fattispecie in materia di estradizione richiesta dagli Stati Uniti d’America nei confronti di un cittadino accusato d’aver commesso un omicidio ai danni di un cittadino statunitense nello Stato della Florida. La Corte, rigettando il ricorso dell’estradando, ha affermato il principio con riguardo alla verificata corrispondenza — in punto di diritto interno e internazionale — tra l’impegno assunto dallo Stato richiedente di non infliggere la pena di morte, e quanto previsto dall’art. 698 c.p.p. relativo alla tutela dei diritti fondamentali della persona].

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Cass. pen. n. 3689/1994

Nell’ipotesi in cui per il fatto per il quale è stata domandata l’estradizione è prevista la pena di morte dalla legge dello Stato estero, l’accertamento della sussistenza dell’impegno ufficiale da parte dello Stato estero di non infliggere tale sanzione esaurisce il controllo di legalità demandato all’autorità giudiziaria. Rimane ferma, naturalmente, sulla base dell’art. 698 comma secondo ultima parte c.p.p., l’autonoma e distinta valutazione della sufficienza dell’assicurazione data dallo Stato estero da parte del Ministero della giustizia, che potrà eventualmente richiedere ulteriori formalizzazioni di tale inderogabile impegno. [Nella fattispecie la Corte ha rigettato, fissando il principio sopra massimato, il ricorso che deduceva mancanza di motivazione sul punto].

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Cass. pen. n. 138/1993

Non è ipotizzabile il divieto di estradizione in ordine ai reati, nei quali il cosiddetto motivo politico consista nella tendenza ad abbattere le istituzioni democratiche di uno Stato e a disconoscere i diritti di libertà dei cittadini. Il limite desunto dalla Costituzione alla estradabilità dello straniero non può, infatti, rapportarsi se non al presupposto fondamentale del riconoscimento degli istituti democratici e dei diritti di asilo in favore dello straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio dei diritti. Deve, pertanto, escludersi il divieto di estradizione per i delitti di terrorismo, implicanti le dette finalità eversive, contrastanti con lo spirito della nostra Costituzione.

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