14 Mag Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 39709 del 23 novembre 2002
Testo massima n. 1
La disposizione dell’art. 698, comma primo, c.p.p., che prevede quale causa ostativa alla estradizione la fondata ragione per ritenere che l’imputato o il condannato verranno sottoposti ad atti persecutori o discriminatori per motivi, fra gli altri, di condizioni personali o sociali, amplia e ricalca la norma di cui all’art. 3, comma secondo, della Convenzione europea di estradizione e costituisce applicazione del più generale principio di salvaguardia del diritto fondamentale dell’individuo alla libertà ed alla sicurezza contro qualsiasi forma di discriminazione, che potrebbe essere attuata con lo strumento della domanda di estradizione da parte dello Stato estero. L’atto persecutorio e discriminatorio, pertanto, è quello che, in quanto mascherato sotto forma di domanda di estradizione per perseguire un determinato reato, costituisce lo scopo dissimulato che lo stesso Stato richiedente mira a realizzare per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali, laddove dallo status del soggetto, connesso ad una o più delle suddette posizioni, dipendano, nell’ordinamento interno del suddetto Stato richiedente, situazioni di oggettivo pregiudizio reale o potenziale. [ In applicazione di tale principio la Corte ha escluso che fosse ravvisabile un atto persecutorio nella richiesta di estradizione riguardante una persona di religione diversa da quella islamica, ufficiale nello Stato richiedente, condizione che avrebbe esposto l’estradando al giudizio secondo la legge della Sharja ].
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