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Art. 2797 — Forme della vendita

Art. 2797 — Forme della vendita

Prima di procedere alla vendita il creditore, a mezzo di ufficiale giudiziario, deve intimare al debitore di pagare il debito e gli accessori, avvertendolo che, in mancanza, si procederà alla vendita. L’intimazione deve essere notificata anche al terzo che abbia costituito il pegno [ 602 c.p.c. ].

Se entro cinque giorni dall’intimazione non è proposta opposizione, o se questa è rigettata, il creditore può far vendere la cosa al pubblico incanto [ 534 c.p.c. ], o, se la cosa ha un prezzo di mercato [ 1474 ], anche a prezzo corrente, a mezzo di persona autorizzata a tali atti [ disp. att. 83 ]. Se il debitore non ha residenza o domicilio eletto nel luogo di residenza del creditore, il termine per la opposizione è determinato a norma dell’articolo 163 bis del codice di procedura civile.

Il giudice, sull’opposizione del costituente, può limitare la vendita a quella tra più cose date in pegno, il cui valore basti a pagare il debito [ 1850 ].

Per la vendita della cosa data in pegno le parti possono convenire forme diverse [ 1850, 2744; l.f. 53 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 27266/2008

Attraverso l’opposizione alla vendita della cosa pignorata, prevista dall’art. 2797 c.c., il debitore od il terzo datore di pegno possono far valere non solo eventuali vizi procedurali, ma anche eccezioni di merito relative al rapporto obbligatorio a garanzia del quale fu concesso il pegno. La suddetta opposizione, pertanto, è soggetta al regime dell’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c., e non al più restrittivo regime previsto per l’opposizione agli atti esecutivi dall’art. 617 c.p.c.

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Cass. civ. n. 26898/2008

In tema di pegno, la possibile derogabilità consensuale della disciplina dettata dall’art. 2797 cod. civ. è applicabile sia al termine minimo di preavviso (ridotto nella specie ad un giorno) sia all’intimazione a mezzo dell’ufficiale giudiziario (sostituita con un preavviso al debitore dato in forma scritta); se poi la cosa ha “un prezzo di mercato”, nel significato desumibile per analogia dall’art. 1515 cod. civ. relativo all’esecuzione coattiva della vendita e dunque “un prezzo corrente stabilito per atto della pubblica autorità ovvero risultante da listini di borsa o mercuriali”, la vendita stessa può avvenire a mezzo delle persone autorizzate, ai sensi dell’art. 83 disp. att. cod. civ. o anche tramite commissionario, ciò implicando una “vendita a trattative private” ad un prezzo non inferiore al minimo del listino, così potendosi argomentare in via analogica dall’art. 532 cod. proc. civ. (in applicazione di tali principi è stata cassata con rinvio la sentenza che erroneamente, trattandosi di cose oggetto del pegno costituite da titoli del debito pubblico rilasciati a garanzia, non aveva valutato se esse avessero un prezzo di mercato e così pure se la banca, nella sua qualità di intermediario finanziario e quindi abilitato alla negoziazione di valori mobiliari, rivestisse la qualità di persona autorizzata alla vendita ex art. 2797 cod. civ.).

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Cass. civ. n. 21908/2008

L’opposizione alla vendita della cosa data in pegno, prevista dall’art. 2797 c.c., ha la sostanziale natura di opposizione all’esecuzione, riconducibile all’art. 615 c.p.c., ed è perciò soggetta alle stesse regole processuali di quest’ultima, ivi compresa quella dell’impugnabilità della sentenza col solo ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 616 c.p.c., come novellato dall’art. 14 della legge 24 febbraio 2006, n. 52. Tali principi trovano applicazione sia nell’ipotesi di opposizione proposta dal debitore pignoratizio, sia – in virtù del richiamo di cui all’art. 1211 c.c. – nell’ipotesi in cui il creditore in “mora accipiendi” intenda opporsi alla vendita delle cose delle quali ha rifiutato la consegna.

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Cass. civ. n. 13998/2008

In tema di pegno, la disciplina dettata dall’art. 2797 c.c. è derogabile consensualmente, non solo mediante la previsione di forme di vendita diverse da quelle prescritte dal secondo comma, ma anche mediante la dispensa dall’intimazione al debitore ed al terzo garante e dal rispetto del termine per l’opposizione, il cui unico scopo consiste nel consentire al debitore ed al terzo datore del pegno di adempiere spontaneamente o di opporsi alla vendita senza che l’omissione di tali forme faccia venir meno la riferibilità della vendita alla realizzazione della garanzia pignoratizia, purché essa sia il risultato dell’accordo intervenuto in proposito tra le parti per il soddisfacimento del creditore. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale, preso atto dell’accordo intervenuto tra una banca ed il terzo datore di pegno per la vendita di titoli dati in garanzia ed il trasferimento del ricavato sul conto corrente del debitore principale, a riduzione del debito garantito, aveva escluso che tale accordo comportasse lo spossessamento della cosa data in garanzia e l’estinzione del pegno, negando pertanto la revocabilità del pagamento, a seguito del fallimento del terzo garante).

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Cass. civ. n. 10111/2000

Nell’ipotesi in cui i beni mobili oggetto di privilegio di cui all’art. 2756 c.c. siano di proprietà di soggetto diverso dal debitore e il creditore privilegiato intenda procedere alla vendita, deve notificare l’intimazione prevista dall’art. 2797 c.c. anche al proprietario del bene; in mancanza di notificazione, quest’ultimo è legittimato a proporre opposizione agli atti esecutivi per far valere il suo diritto al corretto svolgimento della procedura esecutiva, senza che possa aversi riguardo alla decorrenza del termine perentorio di cinque giorni previsto dall’art. 617 c.p.c., atteso che tale termine non può iniziare a decorrere dal compimento di un atto (notificazione dell’intimazione) che è stato omesso, e senza che possa in contrario sostenersi la possibilità di ricorrere all’opposizione prevista dal secondo comma dell’art. 2797 c.c., posto che tale possibilità è stata impedita al proprietario proprio dalla mancata notifica dell’intimazione che ha determinato il vizio iniziale della procedura esecutiva.

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Cass. civ. n. 11893/1998

Nell’ambito della speciale procedura ex art. 2756. 2797 c.c. (nella quale l’interessato agisce senza uno speciale titolo esecutivo), deve ritenersi legittima la proposizione, da parte del debitore, di questioni non soltanto di rito, ma anche di merito. con riferimento al diritto ex adverso azionato, con conseguente preclusione della ulteriore proseguibilità della procedura de qua nel caso di contestazione della esistenza stessa del diritto vantato dal creditore privilegiato. (Nella specie, sulla base di un asserito credito da opere di revisione di un autoveicolo era stata proposta intimazione di pagamento ex artt. 2756, 2797 c.c., ma il debitore aveva, in tal sede, contestato la esecuzione stessa dei lavori, con conseguente pronuncia di improseguibilità della procedura di vendita coatta da parte del giudice di merito; la S.C., nel confermare la sentenza, ha affermato il principio di diritto di cui in massima).

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Cass. civ. n. 3654/1997

Il risarcimento dei danni subiti a causa della vendita coattiva di un quantitativo di titoli, disposta dalla banca ai sensi dell’art. 2797 c.c., ancorché illegittima, non può essere invocato dal proprietario dei titoli stessi che assuma la nullità della vendita, atteso che, se per espresso riconoscimento della parte interessata la vendita è nulla, i titoli sono ancora nel suo portafoglio e questa non ha determinato alcun effetto pregiudizievole al suo patrimonio.

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Cass. civ. n. 1333/1976

La norma di cui al secondo comma dell’art. 2797 c.c., la quale prescrive che il creditore pignoratizio, ove intenda vendere la cosa costituita in pegno, deve far trascorrere almeno cinque giorni dalla notificazione al debitore dell’intimazione di cui al primo comma del medesimo articolo, deve ritenersi derogabile, nel senso che può essere prevista dalle parti l’osservanza di un termine più breve.

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