Art. 2557 – Codice civile – Divieto di concorrenza
Chi aliena l'azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall'iniziare una nuova impresa che per l'oggetto, l'ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell'azienda ceduta.
Il patto di astenersi dalla concorrenza [2125, 2573] in limiti più ampi di quelli previsti dal comma precedente è valido, purché non impedisca ogni attività professionale dell'alienante. Esso non può eccedere la durata di cinque anni dal trasferimento [2596].
Se nel patto è indicata una durata maggiore o la durata non è stabilita, il divieto di concorrenza vale per il periodo di cinque anni dal trasferimento [1339].
Nel caso di usufrutto [978] o di affitto 1615] dell'azienda [2561, 2562] il divieto di concorrenza disposto dal primo comma vale nei confronti del proprietario o del locatore per la durata dell'usufrutto o dell'affitto.
Le disposizioni di questo articolo si applicano alle aziende agricole solo per le attività ad esse connesse, quando rispetto a queste sia possibile uno sviamento di clientela [2135].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 18692/2015
La richiesta di pubblicazione della sentenza che accerti gli atti concorrenziali in violazione dell'obbligo di non concorrenza derivante dalla cessione di azienda è riconducibile all'art. 2557 c.c. e non all'art. 2600 c.c., sicché il relativo provvedimento integra una forma di riparazione del pregiudizio subito dall'imprenditore - che, al pari del risarcimento, richiede la prova della diminuzione patrimoniale o del mancato guadagno cagionati dalla violazione del divieto - e non una sanzione autonoma, volta a portare a conoscenza del pubblico la reintegrazione del diritto leso, rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, nonché indipendente dalla prova di un danno attuale.
Cass. civ. n. 14471/2014
In tema di divieto di concorrenza, l'art. 2557 cod. civ. non ha natura eccezionale poiché non è diretto a derogare al principio di libera concorrenza, ma solo a disciplinare, nel modo più congruo, la portata degli effetti connaturali al rapporto contrattuale intercorso tra le parti, sicché ne è consentita l'estensione analogica all'ipotesi del cedente l'azienda che abbia poi intrapreso un'attività commerciale concorrente avvalendosi della partecipazione in un'impresa familiare per dissimulare la propria posizione. (Omissis).
Cass. civ. n. 10062/2008
In tema di cessione d'azienda, il divieto di concorrenza, posto a carico dell'alienante dall'art. 2557, primo comma, c.c., non persegue un interesse pubblico, trattandosi di una norma di natura dispositiva che, prima dell'entrata in vigore della legge 12 agosto 1993, n. 310, con la quale è stato imposto l'obbligo della forma scritta ad probationem ai contratti di trasferimento della proprietà o del godimento dell'azienda, poteva essere derogata anche mediante un patto tacito, desumibile per facta concludentia dalla condotta delle parti.
Cass. civ. n. 9682/2000
In tema di divieto di concorrenza, la disposizione contenuta nell'art. 2557 c.c., la quale stabilisce che chi aliena l'azienda deve astenersi, per un periodo di cinque anni dal trasferimento, dall'iniziare una nuova impresa che per l'oggetto, l'ubicazione o altre circostanze, sia idonea a sviare la clientela dell'azienda ceduta, non ha il carattere dell'eccezionalità, in quanto essa non deroga ad un principio di libertà, esprimendo, al contrario, un principio generale di libertà giuridica. Pertanto, non è esclusa l'applicabilità in via analogica del citato art. 2557 c.c. all'ipotesi di cessione di quote di partecipazione societaria, ove detto trasferimento realizzi il presupposto di un pericolo concorrenziale analogo a quello conseguente alla cessione di azienda vera e propria, in quanto attraverso la forma della cessione di quote si pervenga, in realtà, a cedere una precipua attività di impresa. Spetta al giudice di merito di accertare, caso per caso, se il predetto pericolo concorrenziale si sia realizzato anche nel caso di cessione di quote di partecipazione.
Cass. civ. n. 1311/1996
Poiché, secondo quanto risulta dal disposto dell'art. 2557 primo comma c.c., la violazione del divieto di concorrenza non richiede un danno effettivo o una effettiva concorrenza, essendo sufficiente un danno potenziale per conseguire la risoluzione del contratto o l'inibitoria, l'accertamento di tale violazione non è correlato necessariamente alla verificazione concreta del danno, il quale, comunque, se accertato, dà luogo alla condanna al risarcimento dell'autore di esso.
Cass. civ. n. 10105/1995
In tema di affitto di azienda, il mero fatto che l'affittuario dopo la scadenza del contratto non abbia restituito l'azienda al locatore, ed abbia continuato egli stesso a gestirla, può determinare l'insorgere di responsabilità dell'affittuario per violazione dello specifico obbligo di restituzione, ma non comporta violazione del divieto di concorrenza stabilito dal penultimo comma dell'art. 2557 c.c. (estensivamente interpretato nel senso che il divieto di concorrenza, oltre che a carico del locatore dell'azienda, sussiste anche a carico dell'affittuario dopo la scadenza del contratto di affitto), essendo tale ultima violazione configurabile solo dopo l'avvenuta restituzione dell'azienda al locatore.