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Art. 184 — Atti compiuti senza il necessario consenso

Art. 184 — Atti compiuti senza il necessario consenso

Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili elencati nell’articolo 2683.

L’azione può essere proposta dal coniuge il cui consenso era necessario entro un anno dalla data in cui ha avuto conoscenza dell’atto e in ogni caso entro un anno dalla data di trascrizione. Se l’atto non sia stato trascritto e quando il coniuge non ne abbia avuto conoscenza prima dello scioglimento della comunione l’azione non può essere proposta oltre l’anno dallo scioglimento stesso.

Se gli atti riguardano beni mobili diversi da quelli indicati nel primo comma, il coniuge che li ha compiuti senza il consenso dell’altro è obbligato su istanza di quest’ultimo a ricostituire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell’atto o, qualora ciò non sia possibile, al pagamento dell’equivalente secondo i valori correnti all’epoca della ricostituzione della comunione.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 9888/2016

In tema di comunione legale tra i coniugi, gli atti di disposizione di beni mobili non richiedono il consenso del coniuge non stipulante, essendo posto a carico del disponente unicamente un obbligo di ricostituire, a richiesta dell’altro, la comunione nello stato anteriore al compimento dell’atto o, qualora ciò non sia possibile, di pagare l’equivalente del bene secondo i valori correnti all’epoca della ricostituzione, mentre non è stabilita alcuna sanzione di annullabilità o di inefficacia, per cui l’atto compiuto in assenza del consenso del coniuge resta pienamente valido ed efficace. (Principio enunciato dalla S.C. in una fattispecie avente ad oggetto un preliminare di vendita di quote di s.r.l.).

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Cass. civ. n. 10653/2015

L’art. 184, secondo comma, cod. civ., il quale prevede, senza deroga alcuna, la prescrizione annuale dell’azione di annullamento degli atti di disposizione di beni immobili o mobili registrati compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro, costituisce una norma speciale rispetto alla regola generale di cui all’art. 1442 cod. civ., riguardante la prescrizione quinquennale dell’azione di annullamento del contratto e la corrispondente imprescrittibilità della relativa eccezione, con la conseguenza che il principio “quae temporalia ad agendum perpetua ad excipiendum” non è applicabile, neppure in via analogica, in materia di amministrazione dei beni della comunione legale tra coniugi.

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Cass. civ. n. 25625/2013

Intervenuta, ai sensi dell’art. 184, terzo comma, c.c., condanna – a carico di un coniuge autore di arbitrari atti di prelevamento di beni comuni – alla ricostituzione della comunione legale nello “status quo ante”, l’altro coniuge ha diritto di agire “in executivis” sul patrimonio individuale del primo, non allo scopo di vendere i beni pignorati per soddisfarsi sul ricavato, bensì solo di ottenere la ricostituzione dell’originaria consistenza patrimoniale della comunione. (Omissis).

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Cass. civ. n. 14093/2010

La comunione legale dei beni tra i coniugi, a differenza di quella ordinaria, è una comunione senza quote, nella quale i coniugi sono solidalmente titolari di un diritto avente per oggetto i beni di essa e rispetto alla quale non è ammessa la partecipazione di estranei. Nei rapporti con i terzi ciascun coniuge, mentre non ha diritto di disporre della propria quota, può tuttavia disporre dell’intero bene comune, ponendosi il consenso dell’altro coniuge (richiesto dal secondo comma dell’art. 180 c.c. per gli atti di straordinaria amministrazione) come un negozio unilaterale autorizzativo che rimuove un limite all’esercizio del potere dispositivo sul bene; ne consegue che il contratto preliminare di vendita di un immobile stipulato da un coniuge senza la partecipazione e il consenso dell’altro è efficace nei confronti della comunione legale, ma annullabile, ai sensi dell’art. 184 c.c., nel termine di un anno decorrente dalla conoscenza dell’atto o dalla data di trascrizione.

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Cass. civ. n. 22755/2009

L’azione prevista dall’art. 184 c.c. per l’annullamento degli atti compiuti dal coniuge in comunione legale senza il necessario consenso dell’altro coniuge, in quanto avente ad oggetto l’invalidazione dell’atto di acquisto del terzo per un vizio del titolo del suo dante causa, è soggetta, per tutto quanto non diversamente stabilito dalla norma speciale che la prevede, alla disciplina generale dettata dall’art. 1445 c.c. per l’azione di annullamento dei contratti: pertanto, salvi gli effetti della trascrizione della domanda, il sopravvenuto accertamento dell’inclusione del bene nella comunione legale non è opponibile al terzo acquirente di buona fede.

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Cass. civ. n. 20392/2009

L’azione prevista dall’art. 184, secondo comma, c.c. – secondo cui l’annullamento degli atti di disposizione compiuti da un coniuge senza il consenso dell’altro può essere chiesto nel termine annuale di prescrizione – è un’azione speciale di annullamento avente natura costitutiva; ne consegue che il coniuge che intenda far valere la mancanza del proprio consenso in ordine a tale atto di disposizione, al fine di sottrarre la propria quota all’espropriazione forzata promossa dai creditori del terzo acquirente, non può limitarsi a proporre l’opposizione di terzo all’esecuzione – di per sé non idonea a giustificare la situazione di comproprietà – ma è tenuto ad agire, congiuntamente o autonomamente, con l’apposita azione di annullamento.

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Cass. civ. n. 4890/2006

Il coniuge il quale abbia venduto in nome proprio a terzi un’azienda commerciale facente parte della comunione legale può agire da solo per la giudiziale risoluzione del contratto in danno dell’acquirente senza che il contraente inadempiente possa opporgli la mancata integrazione del giudizio nei confronti dell’altro coniuge, in quanto la predetta attività processuale è speculare a quella negoziale sulla cosa comune che il coniuge ha validamente compiuto da solo, salvi gli effetti nell’ambito della comunione previsti dall’art.184, comma terzo, c.c., e la pronunzia sulla relativa domanda sarebbe utilmente emessa nei confronti del solo coniuge stipulante, essendo irrilevante a tal fine ogni questione indotta dall’accertamento giudiziale nei rapporti interni tra coniugi ai sensi della disposizione citata. La comunione legale dei beni tra i coniugi, a differenza da quella ordinaria, è una comunione senza quote, nella quale i coniugi sono solidalmente titolari di un diritto avente per oggetto i beni di essa e rispetto alla quale non è ammessa la partecipazione di estranei. Ne consegue che nei rapporti con i terzi ciascun coniuge, mentre non ha diritto di disporre della propria quota, può tuttavia disporre dell’intero bene comune, ponendosi il consenso dell’altro coniuge (richiesto dal secondo comma dell’art. 180 c.c. per gli atti di straordinaria amministrazione) come un negozio unilaterale autorizzativo che rimuove un limite all’esercizio del potere dispositivo sul bene e che rappresenta un requisito di regolarità del procedimento di formazione dell’atto di disposizione, la cui mancanza, ove si tratti di bene immobile o di bene mobile registrato, si traduce in un vizio da far valere nei termini fissati dall’art.184 c.c. Per ciò che concerne, invece, gli atti di disposizione su beni mobili, l’art. 184, terzo comma, c.c. non prevede detto consenso, limitandosi a porre a carico del coniuge che ha effettuato l’atto in questione l’obbligo di ricostituire, ad istanza dell’altro, la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell’atto o, qualora ciò non sia possibile, di pagare l’equivalente del bene secondo i valori correnti all’epoca della ricostituzione della comunione, senza stabilire alcuna sanzione di annullabilità o di inefficacia per l’atto compiuto in assenza del consenso del coniuge, atto che resta, pertanto, pienamente valido ed efficace.

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Cass. civ. n. 3647/2004

In regime patrimoniale di comunione legale, il disposto di cui all’art. 184 c.c. (secondo cui «gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili elencati nell’art. 2683») presuppone l’effettiva autonoma disposizione di un bene comune da parte di uno solo dei coniugi, pertanto non si applica nel caso in cui, come nella specie, tutti i contraenti siano a conoscenza della comunione dei beni tra i coniugi e questi ultimi figurino entrambi nel contratto come venditori, atteso che in tal caso il mancato consenso di uno dei due impedisce il sorgere di una valida obbligazione neanche a carico dell’altro.

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Cass. civ. n. 13213/2003

Dall’art. 184, terzo comma, c.c. si ricava che gli atti di disposizione di titoli di credito ricadenti nella comunione legale tra coniugi sono validi ed efficaci anche se posti in essere da uno soltanto dei coniugi (sia pure illegittimamente rispetto all’altro); tuttavia detta norma non apporta deroghe alla disciplina generale della comproprietà (art. 1103 c.c.), che è destinata a disciplinare la fattispecie nel caso di acquisto comune (contitolarità) e cointestazione dei titoli, vigendo per tale ipotesi la regola generale in tema di comunione, secondo la quale ciascuno può disporre del bene comune non più che per la sua parte (art. 1108 c.c.), ancorché indivisa, e l’altra secondo la quale nessuno può disporre di diritti altrui se non in forza di un titolo abilitativo (mandato, procura) proveniente dal titolare.

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Cass. civ. n. 9909/1998

Il coniuge comproprietario di un bene che l’altro coniuge ha concesso in comodato senza il suo consenso, non tempestivamente impugnato ai sensi dell’art. 184 c.c., è obbligato al rispetto del contratto e se prima della scadenza di esso decede il comodante, i suoi eredi subentrano nell’obbligo di consentire al comodatario di continuarne il godimento fino al termine stabilito.

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Cass. civ. n. 7055/1998

Il termine annuale di prescrizione previsto dall’art. 184 c.c. — la cui brevità è stata dichiarata costituzionalmente legittima con sentenza del 17 marzo 1988, n. 311— per l’annullamento, da parte del coniuge che non ha prestato il consenso, dell’atto con cui l’altro coniuge ha disposto di un bene della comunione legale, sostituisce quello quinquennale previsto in via generale dall’art. 1442 c.c.

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Cass. civ. n. 1279/1996

Il termine annuale previsto dall’art. 184 c.c. per l’esercizio dell’azione di annullamento degli atti compiuti dal coniuge in regime di comunione legale senza il necessario consenso dell’altro è di prescrizione, e non di decadenza, al pari del termine previsto dall’art. 1442 c.c. per la generale azione di annullamento dei contratti, dal quale si distingue solo per la diversa durata; tale termine inizia dalla data in cui il coniuge che non ha prestato il suo necessario consenso ha avuto conoscenza dell’atto o dalla data della eventuale trascrizione di questo atto nei registri della conservatoria.

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Cass. civ. n. 1252/1995

In tema di comunione legale tra coniugi, tutti gli atti di disposizione di beni immobili o beni mobili registrati (e, quindi, di un diritto reale frazionario su un bene immobile) appartenenti alla comunione coniugale, compiuti da uno solo dei coniugi, senza il necessario consenso dell’altro, ovverosia in violazione della regola dell’amministrazione congiunta, sono validi ed efficaci e sottoposti alla sola sanzione dell’annullamento ai sensi dell’art. 184 c.c., in forza dell’azione proponibile dal coniuge (il cui consenso era necessario) entro i termini previsti dalla stessa norma. (La S.C., in applicazione del principio di diritto di cui alla massima, ha cassato la sentenza del giudice di merito, il quale aveva ritenuto che l’annullabilità prevista dall’art. 184 c.c. riguarderebbe la sola ipotesi in cui l’atto di disposizione sia compiuto dal coniuge che risulti unico intestatario del bene, mentre nella specie l’atto di disposizione compiuto dal marito riguardava un bene appartenente alla comunione coniugale ed intestato ad entrambi i coniugi, cosicché esso doveva considerarsi del tutto inefficace).

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