16 Mar Art. 468 — Contraffazione di altri pubblici sigilli o strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione e uso di tali sigilli e strumenti contraffatti
Chiunque contraffà il sigillo di un ente pubblico o di un pubblico ufficio , ovvero, non essendo concorso [ 110 ] nella contraffazione, fa uso di tale sigillo contraffatto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da centotre euro a milletrentadue euro.
La stessa pena si applica a chi contraffà altri strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione, fa uso di tali strumenti.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”12″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 32573/2007
Ai fini della configurabilità del delitto di contraffazione di pubblici sigilli, in quest’ultima categoria vanno annoverati anche gli strumenti capaci di un’indeterminata ripetizione dell’impronta autenticatrice. (Nella specie, relativa ad utilizzazione di matrice allestita mediante computer, con l’illecito inserimento, nella memoria dell’hard disk di codici non corrispondenti a quelli assegnati ai funzionari della Motorizzazione civile, ai fini della certificazione di superamento della prova di revisione di un autoveicolo commerciale, la Corte ha ritenuto configurabile il delitto di cui all’art. 468 c.p. e non quello previsto dall’articolo successivo).
Cass. pen. n. 25004/2001
Si verifica nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 522 comma secondo c.p.p., per mancanza di correlazione tra contestazione e pronunzia, nel caso in cui l’imputato, rinviato a giudizio per rispondere del reato di contraffazione di pubblici sigilli o strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione, sia poi condannato per il reato di contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione o certificazione. La condotta dell’agente, infatti, è essenzialmente diversa, in quanto, nella prima ipotesi criminosa (art. 468 c.p.), l’autore falsifica lo strumento destinato a riprodurre l’impronta, rendendo possibile una riproduzione, anche in serie, di essa; nella seconda (art. 469 c.p.), egli falsifica la impronta stessa, senza creare una falsa matrice, ma operando direttamente sul documento, mediante incisioni, disegni, colorazioni od altro, in modo che la contraffazione richieda, di volta in volta, un’opera particolare.
Cass. pen. n. 6037/1999
Il reato di cui all’art. 468 c.p. si consuma nel momento e nel luogo in cui lo strumento contraffatto viene creato ad opera del suo autore, o di chi per lui, senza che occorra, ai fini della perfezione del reato stesso, che di tale strumento venga fatto uso. L’uso (eventuale) o anche continuato dello strumento, da parte dell’autore della contraffazione, costituisce, pertanto, un post factum non punibile, con la conseguenza che contraffazione ed uso sono previste come condotte alternative e non possono concorrere.
Cass. pen. n. 13581/1989
La differenza tra i reati previsti dagli artt. 468 e 469 c.p. va così individuata: nell’ipotesi di cui all’art. 468 l’impronta del sigillo viene apposta mediante uno strumento idoneo destinato ad una facile riproduzione dell’impronta stessa; in quella di cui all’art. 469 vengono adottati — per la creazione di impronte contraffatte — altri mezzi (incisioni, disegni ecc.) tali che la creazione stessa richiede di volta in volta un’opera particolare e non una semplice riproduzione mediante l’uso di un unico strumento precedentemente preparato. Ne deriva che nella previsione dell’art. 469 c.p. si rinviene una minore capacità di danno conseguente all’impossibilità di una facile riproduzione dell’impronta contraffatta.
Cass. pen. n. 9658/1989
Il delitto di contraffazione di altri pubblici sigilli o strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione (art. 468 c.p.) concorre con il reato di (art. 1, L. 29 luglio 1981, n. 406) abusiva riproduzione a fini di lucro di dischi, nastri o analoghi supporti e detenzione per la vendita. Presupposto di quest’ultimo reato non è la registrazione quale opera dell’ingegno (per la cui tutela è posto l’art. 171, L. 22 aprile 1941, n. 633) bensì il riconoscimento al produttore del nastro o dell’altro materiale indicato del diritto esclusivo di riproduzione e di commercializzazione. L’offesa quindi incide sul diritto che grava su detto supporto (art. 72, L. n. 633 cit.). Diversa è invece la falsificazione del sigillo che attesta la provenienza e che lede la pubblica fede.
Cass. pen. n. 11331/1987
La detenzione per la vendita di musicassette, prive del contrassegno della Siae è punita dall’art. 1 della L. n. 406 del 1981, mentre la contraffazione e la vendita di oggetti con impronta Siae contraffatta sono punite in virtù dell’art. 468 c.p. (Nella specie la Corte ha deciso che il contrassegno Siae va ritenuto come unico ed efficace mezzo di identificazione di dischi e musicassette originali, con la conseguenza che, in mancanza, l’oggetto va ritenuto contraffatto).
Cass. pen. n. 7363/1984
Il reato di falsità materiale commessa dal privato in autorizzazione amministrativa può concorrere con quello previsto dall’art. 468 c.p. (contraffazione di pubblici sigilli o strumenti di un ente pubblico o di un pubblico ufficio).
Cass. pen. n. 1490/1982
Il reato di contraffazione di sigillo si consuma nel momento e nel luogo in cui la contraffazione viene eseguita non occorrendo che venga fatto uso dello strumento contraffatto. L’uso di strumenti il cui sigillo sia stato contraffatto costituisce una distinta ipotesi criminosa rispetto al reato di contraffazione di sigillo, solo nell’ipotesi che detto uso sia fatto da persona non responsabile di concorso nella contraffazione. Non è contraddittoria la condanna per istigazione alla contraffazione di sigillo e per il conseguente uso dello strumento contraffatto di sigillo, a titolo di concorso, per la cui configurabilità non è necessario l’uso dello strumento contraffatto.
Cass. pen. n. 329/1981
Il delitto previsto dall’art. 468 c.p. può concorrere con il delitto di falsità materiale in autorizzazione, potendo il secondo essere perfezionato anche senza l’espediente della contraffazione dei pubblici sigilli.
Cass. pen. n. 12485/1980
La norma di cui all’art. 468, comma secondo, c.p. si differenzia da quella contenuta nell’art. 517 c.p., perché è diretta a tutelare la pubblica fede dalla contraffazione di strumenti predisposti per una certificazione di carattere pubblico, mentre l’altra è preordinata alla difesa del consumatore dal pericolo di frodi sul commercio di prodotti industriali. Di qui la diversità dell’elemento materiale dei due reati, perché nell’ipotesi dell’art. 468, comma secondo, si richiedono fatti contraffazione di strumenti destinati a pubblica certificazione, mentre nell’ipotesi dell’art. 515 è richiesta la semplice imitazione di marchi e segni distintivi nei prodotti messi in vendita. Ne consegue che, in tanto può ritenersi sussistere il reato di cui all’art. 517 c.p., che ha carattere sussidiario, in quanto sia esclusa la sussistenza di una contraffazione. La costruzione dei punzoni recanti i titoli dei metalli preziosi è sottoposta ad una rigorosa regolamentazione, che riguarda sia i soggetti legittimati a fare uso di tali strumenti sia le caratteristiche strutturali di essi. E poiché tale regolamentazione è chiaramente diretta a garantire la sincerità e la genuinità dei segni impressi sui preziosi, a tutela degli acquirenti, non può esservi dubbio sul carattere pubblico della certificazione che a mezzo di essi si compie. La contraffazione e l’uso di tali strumenti realizza, pertanto, la figura delittuosa prevista dall’art. 468, comma secondo, c.p.
Cass. pen. n. 779/1970
Per l’imputabilità del reato di falsità in sigilli o segni di autenticazione o certificazione è sufficiente il dolo generico che consiste nella volontà cosciente e libera dell’agente di commettere il fatto.
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