16 Mar Art. 160 — Interruzione del corso della prescrizione
[ Il corso della prescrizione è interrotto dalla sentenza di condanna [ c.p.p. 533 ] o dal decreto di condanna [ c.p.p. 459, 565 ] ].
Interrompono la prescrizione l’ordinanza che applica le misure cautelari personali e quella di convalida del fermo o dell’arresto, l’interrogatorio reso davanti al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria, su delega del pubblico ministero, o al giudice, l’invito a presentarsi al pubblico ministero per rendere l’interrogatorio, il provvedimento del giudice di fissazione dell’udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione, la richiesta di rinvio a giudizio, il decreto di fissazione della udienza preliminare, l’ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, il decreto di fissazione della udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena, la presentazione o la citazione per il giudizio direttissimo, il decreto che dispone il giudizio immediato, il decreto che dispone il giudizio e il decreto di citazione a giudizio.
La prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno dell’interruzione. Se più sono gli atti interruttivi, la prescrizione decorre dall’ultimo di essi; ma in nessun caso i termini stabiliti nell’articolo 157 possono essere prolungati oltre i limiti di cui all’art 161 secondo comma, fatta eccezione per i reati di cui all’articoli 51, commi 3 bis e 3 quater, del codice di procedura penale.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”12″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 17228/2017
Ai fini dell’estinzione della pena per decorso del tempo rileva, quale fatto impeditivo, il solo momento dell’inizio dell’esecuzione, a nulla rilevando che tale inizio sia avvenuto coattivamente o con la collaborazione del condannato, ed essendo parimenti irrilevanti le successive concrete tempistiche dell’esecuzione medesima; ne consegue, quanto alla pena pecuniaria, che l’effettuazione del pagamento parziale ne impedisce l’estinzione, indipendentemente dalla circostanza che ad esso seguano altri pagamenti fino al completo adempimento del debito, ovvero che sia stata successivamente notificata una cartella esattoriale per la somma residua. (In motivazione, la S.C. ha osservato che la disciplina dettata in materia di prescrizione della pena non contempla cause di sospensione od interruzione, non esistendo in tale ambito disposizioni corrispondenti agli artt. 159 e 160 cod. pen., i quali devono intendersi riferiti alla sola prescrizione del reato).
Cass. pen. n. 28346/2016
Non è manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale – in relazione agli artt. 3,11, 25 comma secondo, 27, comma terzo, 101, comma secondo, Cost. – dell’art. 2 della legge 2 agosto 2008, n.130, che ordina l’esecuzione del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, come modificato dall’art. 2 del trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 (TFUE), nella parte che impone di applicare l’art. 325, par.1 e 2 TFUE, come interpretato dalla Corte di Giustizia, Grande Sezione con la sentenza dell’8 settembre 2015, Taricco, da cui discende l’obbligo per il giudice nazionale – in presenza delle circostanze indicate nella sentenza, allorquando ne derivi la sistematica impunità delle gravi frodi in materia di IVA – di disapplicare le disposizioni in materia di prescrizione di cui agli artt. 160, comma terzo e 16, comma secondo cod.pen. “anche quando dalla disapplicazione e dal conseguente prolungamento della prescrizione, discendano effetti sfavorevoli per l’imputato”.
Cass. pen. n. 29081/2015
Gli atti interruttivi della prescrizione del reato sono idonei a conseguire lo scopo anche se nulli, in quanto rilevano per il loro valore oggettivo di espressione della persistenza dell’interesse punitivo da parte dello Stato.
Cass. pen. n. 5838/2014
Le dichiarazioni rese in sede di presentazione spontanea all’autorità giudiziaria, equivalendo “ad ogni effetto”all’interrogatorio, sono idonee ad interrompere la prescrizione, purché l’indagato abbia ricevuto una contestazione chiara e precisa del fatto addebitato, in quanto gli atti interruttivi indicati nell’art. 160 cod. pen. si connotano per essere l’esplicitazione, da parte degli organi dello Stato, della volontà di esercitare il diritto punitivo in relazione ad un fatto-reato ben individuato e volto a consentirne la conoscenza all’incolpato. (In motivazione è stato chiarito che per valutare il coefficiente di specificità della contestazione deve essere considerato lo sviluppo delle indagini e l’attuale stato del procedimento).
Cass. pen. n. 7007/2012
L’invito a presentarsi al pubblico ministero per rendere interrogatorio, contenente gli avvisi di cui all’art. 375 c.p.p., costituisce atto idoneo ad interrompere il decorso della prescrizione anche qualora venga notificato contestualmente all’avviso di conclusione delle indagini preliminari (art. 415 bis c.p.p.).
Cass. pen. n. 38207/2011
Ha efficacia di atto interruttivo della prescrizione, rientrando nella categoria del “decreto di giudizio immediato”il decreto disposto a seguito di opposizione a decreto penale.
Cass. pen. n. 14239/2011
Il decreto di citazione a giudizio conserva efficacia interruttiva della prescrizione anche a seguito della regressione del procedimento per la contestazione di un reato diverso.
Cass. pen. n. 3601/2008
Allorché l’azione civile per il risarcimento del danno sia esercitata nel processo penale, ha luogo l’interruzione della prescrizione del relativo diritto per tutta la durata del processo e il termine riprende a decorrere dalla data in cui diviene irrevocabile la sentenza penale che dichiari la prescrizione del reato, non potendosi ritenere che il riferimento contenuto nell’art. 2947, comma terzo, c.c., alla durata, eventualmente più lunga, della prescrizione penale operi solo con riguardo al termine base e non anche a tutti gli istituti propri di essa.
Cass. pen. n. 3420/2008
Il riferimento generico al decreto di citazione a giudizio, contenuto nell’art. 160 c.p., consente di ricomprendere tra gli atti interruttivi del corso della prescrizione anche il decreto di citazione per il giudizio d’appello.
Cass. pen. n. 2867/2008
L’atto di fissazione della data di udienza dibattimentale da parte del giudice non ha efficacia interruttiva della prescrizione, poiché esso non è compreso nell’elenco degli atti espressamente previsti dall’art. 160, comma secondo, c.p., da ritenersi tassativo e pertanto insuscettibile di ampliamento in via interpretativa, stante il divieto di analogia in malam partem in materia penale.
Cass. pen. n. 21833/2007
L’avviso di conclusione delle indagini ex art. 415 bis c.p.p. non ha efficacia interruttiva della prescrizione, poichè esso non è compreso nell’elenco degli atti espressamente previsti dall’art. 160, comma secondo, c.p., i quali costituiscono un numerus clausus e sono insuscettibili di ampliamento per via interpretativa, stante il divieto di analogia in malam partem in materia penale.
Cass. pen. n. 20262/2006
Tra gli atti interruttivi del corso della prescrizione non può ricomprendersi l’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p., che risponde a una finalità eminentemente informativa, sicché non può ritenersi equipollente agli atti interruttivi della prescrizione individuati tassativamente nell’art. 160 c.p. e che non sono suscettibili di applicazione analogica in malam partem.
Cass. pen. n. 8615/2006
L’avviso di conclusione delle indagini preliminari previsto dall’art. 415 bis c.p.p. è da annoverare fra gli atti interruttivi della prescrizione del reato non in base ad una (vietata) interpretazione estensiva «in malam partem» dell’art. 160 c.p., nella parte in cui esso fornisce la tassativa elencazione dei suddetti atti, ma per il fatto che il citato art. 415 bis contiene, tra l’altro, l’avvertimento per l’indagato che questi ha facoltà di chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio; avvertimento che assolve alla medesima funzione dell’invito a presentarsi per rendere l’interrogatorio, indicato nell’art. 160 c.p. tra gli atti dotati di efficacia interruttiva.
Cass. pen. n. 39903/2005
L’invito del Pubblico Ministero a presentarsi per rendere interrogatorio davanti all’ufficiale di polizia giudiziaria, a tal fine delegato, non è atto interruttivo della prescrizione, perché l’elenco degli atti interruttivi ha natura tassativa e non è ammissibile l’estensione analogica, preclusa in sede penale quando sia in malam partem.
Cass. pen. n. 29505/2005
L’avviso di deposito degli atti di cui all’ art. 415 bis c.p.p. costituisce valido atto interruttivo della prescrizione, considerato che esso deve, tra l’altro, contenere «l’avvertimento che l’indagato ha facoltà di chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio» il quale integra la causa interruttiva prevista dall’art. 160, comma secondo, c.p. — costituita dall’invito «a presentarsi al P.M. per rendere l’interrogatorio» — originariamente riferibile solo alla previsione di cui all’art. 375 c.p.p. ed a seguito della modifica dell’art. 416, comma primo, c.p.p. (novellato dall’art. 17 della L. n. 479 del 1999) riferibile anche all’art. 415 bis c.p.p.
Cass. pen. n. 15403/2004
Il rinnovo della citazione a giudizio ai sensi dell’art. 143 disp. att. c.p.p. (effettuato, nella fattispecie, a causa di un rinvio d’ufficio), presuppone che il rapporto processuale si sia regolarmente instaurato in forza del decreto di citazione originario emesso dal P.M., e postula che, ai soli fini dell’ulteriore valida prosecuzione del giudizio, insorga la necessità di una ricitazione dell’imputato. Tale adempimento non può dunque in alcun modo essere equiparato al decreto di citazione a giudizio, funzionalmente emesso, nei procedimenti a citazione diretta, dal P.M., e non può, pertanto, non essendo riconducibile neppure ad alcun altro degli atti tassativamente previsti dall’art. 160 c.p., valere come causa interruttiva del periodo di prescrizione del reato.
Cass. pen. n. 46231/2003
L’interruzione della prescrizione si verifica al momento della lettura del dispositivo e non alla data di deposito della sentenza di condanna.
Cass. pen. n. 43575/2003
In tema di interruzione della prescrizione, la contestazione del delitto di ricettazione di cui all’art. 648 c.p. è idonea ad interrompere la prescrizione anche se all’esito del dibattimento dovesse ritenersi configurato il meno grave reato di incauto acquisto, in quanto per aversi l’effetto interruttivo della prescrizione non occorre una tempestiva contestazione formale del reato successivamente ritenuto in sentenza, ma occorre riscontrare la concreta e specifica volontà dell’autorità giudiziaria di procedere nei confronti di un soggetto per una determinata condotta. (La Corte ha peraltro ritenuto che l’enunciato principio fosse confermato dal disposto dell’art. 161 c.p. il quale prevede che ai fini dell’interruzione della prescrizione per un determinato evento criminoso non sia necessario il compimento di un atto interruttivo nei confronti di tutti gli imputati o per tutti i reati, a condizione che l’atto in questione sia stato compiuto con riferimento a uno solo dei correi ovvero per uno solo dei reati contestati, purchè connessi tra loro).
Cass. pen. n. 37476/2003
Nel procedimento davanti al giudice di pace, l’interrogatorio dell’indagato, effettuato dalla polizia giudiziaria per delega del P.M. ai sensi dell’art. 370 c.p.p., non è idoneo ad interrompere il corso della prescrizione, non rientrando nel novero degli atti produttivi di tale effetto indicati nell’art. 160, secondo comma c.p. e non essendo neppure menzionato tra gli atti aventi tale efficacia interruttiva previsti dall’art. 61 D.L.vo n. 274 del 2000, atteso che il divieto di analogia in malam partem in materia penale non consente un ampliamento di tali categorie di atti processuali in via interpretativa.
Cass. pen. n. 34450/2003
L’invito di presentarsi rivolto dal P.M. all’indagato per rendere l’interrogatorio ha efficacia interruttiva della prescrizione del reato, anche se all’interrogatorio abbia poi proceduto un ufficiale di Polizia giudiziaria all’uopo delegato dal Pubblico Ministero.
Cass. pen. n. 13320/2003
Ai fini dell’interruzione della prescrizione non è necessaria la notificazione del decreto di citazione a giudizio all’imputato, ma è sufficiente la sola emissione del decreto stesso, indicativa della persistenza dell’interesse punitivo dello Stato.
Cass. pen. n. 39352/2002
Le dichiarazioni spontanee rese all’autorità giudiziaria equivalgono «ad ogni effetto» all’interrogatorio – dunque anche ai fini dell’interruzione della prescrizione – ex art. 374, comma 2 c.p.p. solo quando vi sia stata una contestazione chiara e precisa del fatto addebitato. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che legittimamente non fossero state equiparate all’interrogatorio, ai fini dell’interruzione della prescrizione, le dichiarazioni confessorie ed etero-accusatorie rese dall’imputato divenuto collaboratore di giustizia in assenza di qualsiasi contestazione in forma chiara di un fatto specifico da parte dell’A.G., non potendosi ritenere valida una «contestazione di massima» comprensiva di ogni possibile reato riconducibile a legami con la criminalità organizzata di Napoli).
Cass. pen. n. 33543/2001
L’interrogatorio dell’indagato, effettuato dalla polizia giudiziaria per delega del pubblico ministero ai sensi dell’art. 370 c.p.p., non è atto idoneo ad interrompere il corso della prescrizione, non rientrando nel novero degli atti, produttivi di tale effetto, indicati nell’art. 160, comma 2, c.p. e non essendo questi ultimi suscettibili di ampliamento per via interpretativa, stante il divieto di analogia in malam partem in materia penale.
Cass. pen. n. 12559/2001
Qualora il danno produttivo del diritto al risarcimento derivi dalla commissione di un fatto costituente reato ed il termine prescrizionale del suddetto diritto venga quindi a coincidere, ai sensi dell’art. 2947, comma III, c.c., con quello eventualmente più lungo stabilito dalla legge per il medesimo reato, la persona offesa non ha l’onere di compiere, nell’ordinario termine quinquennale previsto dal comma I del citato art. 2947 c.c. per il risarcimento del danno da fatto illecito, atti interruttivi della prescrizione, ma può agire validamente entro il maggior termine entro il quale matura la prescrizione del reato.
Cass. pen. n. 1736/2000
L’atto interruttivo della prescrizione rileva per tutti coloro ai quali il reato viene addebitato in una fase del procedimento, in quanto denota la persistenza nello Stato di un interesse alla punizione di colui che risulterà, all’esito delle indagini e del processo, responsabile del fatto illecito. (Fattispecie di efficacia interruttiva riconosciuta all’invito a presentarsi al P.M. a rendere l’interrogatorio rivolto a soggetto nei cui confronti veniva successivamente emesso decreto di archiviazione).
Cass. pen. n. 7531/2000
Atteso il carattere tassativo dell’elencazione degli atti interruttivi della prescrizione, contenuto nell’art. 160 c.p., nel quale, a proposito dell’interrogatorio, si fa riferimento solo a quello reso davanti al pubblico ministero o al giudice, è da escludere che possa interrompere il decorso della prescrizione l’interrogatorio reso davanti alla polizia giudiziaria, pur quando l’atto sia stato assunto su delega del pubblico ministero.
Cass. pen. n. 9116/1999
In materia di reati fiscali assume efficacia interruttiva della prescrizione dei reati, ex art. 160 c.p., qualunque attività nel corso della quale gli uffici finanziari o la guardia di finanza prendono formalmente cognizione del reato, constatandolo o accertandolo, poiché deve ritenersi che l’uso dei due termini sia equivalente in riferimento all’attività di rilevazione delle violazioni tributarie. L’atto di contestazione o di accertamento non ha natura recettizia e, di conseguenza, non è necessario che sia notificato agli interessati per il conseguimento dell’effetto interruttivo suddetto. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto che il verbale di accertamento della violazione tributaria redatto dal centro servizi imposte dirette sia atto idoneo ad interrompere la prescrizione).
Cass. pen. n. 144/1999
L’interrogatorio dell’indagato compiuto dalla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero, a norma dell’art. 370 c.p.p. (come modificato dalla L. n. 356 del 1992), è atto idoneo ad interrompere il corso della prescrizione del reato. (La S.C., nella specie, ha ritenuto che la funzione dell’interrogatorio dell’indagato, anche se delegato alla P.G., segni comunque un momento di interruzione dell’inerzia dell’inquirente nello svolgimento delle indagini e quindi del corso della prescrizione, a nulla rilevando che l’art. 160 c.p. non sia stato modificato prevedendo anche l’ipotesi dell’interrogatorio delegato fra i casi di interruzione della prescrizione, in quanto è possibile una interpretazione adeguatrice della norma, conforme al dettato costituzionale che ragionevolmente impone una uguale disciplina in situazioni identiche).
Cass. pen. n. 6054/1997
Ai fini dell’interruzione della prescrizione le dichiarazioni spontanee rese all’autorità giudiziaria equivalgono all’interrogatorio solo ove, nel corso della loro acquisizione, venga contestato il fatto per il quale si procede ed il propalante sia ammesso ad esporre le sue difese in merito ad esso; gli atti interruttivi indicati nell’art. 160 c.p., si caratterizzano infatti per essere l’esplicitazione, da parte dei preposti organi dello Stato, della volontà di esercitare il diritto punitivo in relazione ad un fatto-reato ben individuato e rivolto alla conoscenza dell’incolpato. La contestazione, pertanto, rappresenta elemento indefettibile dell’interrogatorio e ragione prima della sua inclusione nell’elencazione tassativa contenuta nella norma predetta, sicché il semplice rilascio di dichiarazioni spontanee non può identificarsi, ontologicamente, con l’atto disciplinato dagli artt. 64 e 65 c.p.p.
Cass. pen. n. 1535/1997
Al fine di stabilire quando si produce l’interruzione della prescrizione del reato, occorre avere riguardo al momento dell’emissione di uno degli atti indicati nell’art. 160 c.p., e non già a quello della sua eventuale notificazione.
Cass. pen. n. 11829/1995
L’efficacia interruttiva, ai fini della prescrizione, del decreto di citazione a giudizio — o di altro atto ugualmente efficace — deriva dalla stessa emissione o dal compimento di specifica attività, senza alcuna necessità, nel primo caso, di notificazione all’interessato, bastando la formazione dell’atto alla dimostrazione della persistente volontà del compentente organo di perseguire il reato commesso. (Nella specie trattavasi di decreto di citazione a giudizio).
Cass. pen. n. 12456/1994
La richiesta di emissione del decreto penale, così come la richiesta di emissione di decreto di citazione a giudizio, non hanno effetto interruttivo del decorso della prescrizione, non essendo tali atti compresi fra quelli indicati tassativamente dall’art. 160 c.p., che, d’altra parte, non può essere applicato analogicamente essendo ciò vietato in materia penale. né si può ricorrere all’interpretazione estensiva mancando il benché minimo aggancio alla lettera della norma.
Cass. pen. n. 8473/1994
L’estinzione del reato per prescrizione deve essere dichiarata anche nell’ipotesi in cui il relativo termine sia maturato nel periodo intercorrente tra l’emissione del decreto di citazione e la notifica all’imputato: il decreto di citazione a giudizio, infatti, per conseguire il suo effetto di diritto sostanziale quale atto idoneo ad interrompere il decorso del termine, deve essere notificato all’imputato. All’atto interruttivo deve riconoscersi invero natura ricettizia, in quanto non esula dalle finalità dell’istituto della prescrizione l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici, esigenza al cui appagamento è interessato anche ed in primo luogo l’imputato.
Cass. pen. n. 3760/1994
Al fine di individuare il momento nel quale si produce l’interruzione della prescrizione del reato occorre aver riguardo a quello dell’emissione di uno degli atti indicati nell’art. 160 c.p. e non a quello della sua eventuale notificazione. (Nell’affermare il principio di cui in massima la Cassazione ha anche evidenziato che non tutti gli atti considerati nel secondo comma dell’art. 160 c.p. sono recettizi).
Cass. pen. n. 8530/1993
Qualsiasi atto dal quale possa desumersi il persistere della volontà punitiva dello Stato deve considerarsi atto interruttivo della prescrizione: pertanto, sono atti interruttivi anche i decreti di citazione per i successivi gradi di giudizio e le sentenze di condanna anche soltanto confermative di precedenti sentenze, ad essi conseguenti.
Cass. pen. n. 2702/1990
Una volta emessi la richiesta di rinvio a giudizio o, nel procedimento pretorio, il decreto di citazione a giudizio, il P.M. non può revocarli ostandovi il principio della irretrattabilità dell’azione penale, sancito sia dall’art. 50, comma terzo, sia dall’art. 60, comma secondo, del nuovo c.p.p. Ne consegue che l’eventuale provvedimento di revoca emesso deve essere considerato abnorme. (Nella specie la Cassazione ha annullato senza rinvio, per abnormità, un provvedimento del P.M. di revoca di un decreto di citazione, stabilendo altresì che tale annullamento si estendeva anche, a norma dell’art. 185, comma primo, del nuovo c.p.p., ad un decreto di archiviazione emesso nel medesimo procedimento e per gli stessi fatti successivamente alla revoca di quello di citazione).
Secondo il disposto combinato degli artt. 60 e 405 del nuovo c.p.p., l’azione penale è esercitata e l’indagato assume la qualità d’imputato con la formulazione del capo di imputazione da parte del P.M. contenuta nella richiesta di citazione a giudizio, nelle richieste di giudizio immediato, di giudizio direttissimo, di decreto penale o di applicazione della pena ex artt. 444 e seguenti di detto codice, nonché, nel giudizio pretorio, nel decreto di citazione emesso a norma dell’art. 555 del medesimo codice. I surricordati articoli non recano, per quanto riguarda le varie richieste del P.M. in essi elencate, alcun riferimento al deposito dell’atto o alla sua notifica all’imputato, tal che deve escludersi che tali formalità siano necessarie per l’inizio dell’azione penale; siffatto principio vale anche nell’ipotesi in cui si tratti del decreto di citazione nel processo pretorio, non essendovi alcun ragionevole motivo idoneo a giustificare una disciplina processuale differenziata per ipotesi regolate in modo unitario dalla medesima norma, in vista dell’identità degli effetti che ne conseguono.
Una volta emessi la richiesta di rinvio a giudizio o, nel procedimento pretorio, il decreto di citazione a giudizio, il P.M. non può revocarli ostandovi il principio della irretrattabilità dell’azione penale, sancito sia dall’art. 50, comma terzo, sia dall’art. 60, comma secondo, del nuovo c.p.p. Ne consegue che l’eventuale provvedimento di revoca emesso deve essere considerato abnorme. (Nella specie la Cassazione ha annullato senza rinvio, per abnormità, un provvedimento del P.M. di revoca di un decreto di citazione, stabilendo altresì che tale annullamento si estendeva anche, a norma dell’art. 185, comma primo, del nuovo c.p.p., ad un decreto di archiviazione emesso nel medesimo procedimento e per gli stessi fatti successivamente alla revoca di quello di citazione).
Una volta emessi la richiesta di rinvio a giudizio o, nel procedimento pretorio, il decreto di citazione a giudizio, il P.M. non può revocarli ostandovi il principio della irretrattabilità dell’azione penale, sancito sia dall’art. 50, comma terzo, sia dall’art. 60, comma secondo, del nuovo c.p.p. Ne consegue che l’eventuale provvedimento di revoca emesso deve essere considerato abnorme. (Nella specie la Cassazione ha annullato senza rinvio, per abnormità, un provvedimento del P.M. di revoca di un decreto di citazione, stabilendo altresì che tale annullamento si estendeva anche, a norma dell’art. 185, comma primo, del nuovo c.p.p., ad un decreto di archiviazione emesso nel medesimo procedimento e per gli stessi fatti successivamente alla revoca di quello di citazione).
Le formalità previste dall’art. 548, comma primo, nuovo c.p.p. per il deposito delle sentenze – ossia l’espressa attestazione, in calce all’atto, di tale adempimento correlata dalla firma del pubblico ufficiale addetto e dalla relativa data, distinta da quella concernente la formazione dell’atto valgono, in difetto di una diversa disciplina, anche per il deposito degli atti di diversa natura e, quindi, nel processo pretorile, anche del decreto di citazione il cui deposito nella segreteria del P.M. è espressamente prescritto dall’art. 554, comma quarto, nuovo c.p.p.
La rilevabilità ex officio da parte della Corte di cassazione del carattere abnorme di un provvedimento è consentita soltanto nei casi in cui tale vizio incida sul thema decidendum devoluto alla corte, costituendo un passaggio logico essenziale ai fini della decisione del ricorso. (Nell’affermare il principio di cui in massima la Cassazione ha rilevato di ufficio l’abnormità della revoca di un decreto di citazione, sul presupposto che la stessa incideva in modo assorbente sulla legittimità – contestata dal ricorrente, sia pure sotto un diverso profilo – di un decreto di archiviazione successivamente emesso).
La rilevanza del decreto di citazione e della richiesta di rinvio a giudizio in quanto emanati ed ancorché non notificati, costituisce una regola non circoscritta al solo esercizio dell’azione penale ma valevole anche in tema di interruzione della prescrizione, atteso che l’art. 160 c.p., come modificato dall’art. 239 att. nuovo c.p.p., enumera la richiesta di rinvio ed il decreto di citazione a giudizio tra gli atti interruttivi e considera questi ultimi nella loro consistenza obiettiva, senza alcun riferimento alla notificazione agli interessati.
Cass. pen. n. 7832/1976
Il decreto di condanna, ai sensi dell’art. 160 c.p., interrompe la prescrizione dalla data di emissione e non da quella di notificazione.
Cass. pen. n. 2288/1969
La prescrizione del reato è interrotta anche dall’atto processuale nullo, sempre che lo stesso costituisca esercizio dell’azione penale, sempre cioè che lo stesso comprovi la volontà dello Stato di perseguire l’illecito penale. Consegue che il decreto di citazione, che manifesta appunto tale volontà, anche se dichiarato nullo per irregolarità della sua notifica, non può essere ritenuto privo di efficacia interruttiva.
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