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Art. 523 — Svolgimento della discussione

Art. 523 — Svolgimento della discussione

1. Esaurita l’assunzione delle prove, il pubblico ministero e successivamente i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell’imputato formulano e illustrano le rispettive conclusioni, anche in ordine alle ipotesi previste dall’articolo 533, comma 3-bis .

2. La parte civile presenta conclusioni scritte, che devono comprendere, quando sia richiesto il risarcimento dei danni, anche la determinazione del loro ammontare.

3. Il presidente dirige la discussione e impedisce ogni divagazione, ripetizione e interruzione.

4. Il pubblico ministero e i difensori delle parti private possono replicare; la replica è ammessa una sola volta e deve essere contenuta nei limiti strettamente necessari per la confutazione degli argomenti avversari.

5. In ogni caso l’imputato e il difensore devono avere, a pena di nullità, la parola per ultimi se la domandano.

6. La discussione non può essere interrotta per l’assunzione di nuove prove, se non in caso di assoluta necessità. Se questa si verifica, il giudice provvede a norma dell’articolo 507.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 12603/2017

La facoltà dell’imputato di rendere in ogni stato del dibattimento le dichiarazioni che ritiene opportune, purché esse si riferiscano all’oggetto dell’imputazione, va coordinata con la previsione del comma sesto dell’art. 523 cod. proc. pen., in base al quale l’interruzione della discussione può essere giustificata solo dall’assoluta necessità di assunzione di nuove prove, talché, non essendo assimilabili le dichiarazioni spontanee dell’imputato a nuove prove, deve escludersi la facoltà dello stesso imputato di rendere dette dichiarazioni, anche attraverso un memoriale in forma scritta indirizzato al giudice, fermo restando il suo diritto di avere la parola per ultimo, se lo richiede.

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Cass. pen. n. 44524/2008

L’acquisizione documentale, a richiesta di parte, nel corso della discussione dibattimentale obbliga alla rinnovazione della discussione, a pena di nullità d’ordine generale, anche della sentenza. [In motivazione, la S.C. ha precisato che alle parti deve essere assicurata la facoltà di interloquire sulla documentazione acquisita, previo esame della stessa].

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Cass. pen. n. 20475/2002

L’inosservanza dell’art. 523, comma 2, c.p.p. nella parte in cui prescrive che le conclusioni della parte civile devono comprendere anche la determinazione dell’ammontare dei danni di cui si chiede il risarcimento, non comporta alcuna nullità.

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Cass. pen. n. 41141/2001

Non costituisce revoca implicita della costituzione di P.C. il fatto che le conclusioni orali, anziché precedere, la presentazione per iscritto, siano state formulate soltanto alla fine della discussione, dopo quelle dell’imputato, purché esse richiamino quelle scritte, già depositate in precedenza ed idonee ad assicurare al processo una stabile documentazione delle richiste del danneggiato.

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Cass. pen. n. 11124/1997

L’inosservanza della norma di cui all’art. 523 n. 2 del c.p.p., per omessa determinazione, nelle conclusioni scritte della parte civile, dell’ammontare dei danni di cui si chiede il risarcimento, non produce alcuna nullità né impedisce al giudice di pronunciare la condanna generica al risarcimento dei danni. Ed invero, unica condizione essenziale, dell’esercizio dell’azione civile in sede penale, è la richiesta del risarcimento, la cui entità può essere precisata in altra sede dalla stessa parte, o rimessa alla prudente valutazione del giudice.

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Cass. pen. n. 11783/1995

Qualora la parte civile non compaia nel giudizio di appello e non presenti le conclusioni, la sua costituzione non può intendersi revocata ai sensi dell’art. 82, comma 2, c.p.p., valendo tale disposizione solo per il processo di primo grado. Ed infatti, se la parte civile non formula le proprie richieste almeno una prima volta non si forma un petitum sul quale il giudice possa pronunciarsi, con la conseguenza che opera la regola della revoca implicita, mentre invece, le conclusioni rassegnate in primo grado restano valide in ogni stato e grado del processo.

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Cass. pen. n. 3769/1995

Il sostituto del difensore della parte civile può svolgere nel dibattimento ogni attività riservata al sostituito, indipendentemente dal fatto che questi si sia o meno costituito parte civile come procuratore speciale della persona offesa. Fra le predette attività deve farsi rientrare anche la presentazione delle conclusioni, a norma dell’art. 523 c.p.p.

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Cass. pen. n. 1708/1994

La facoltà dell’imputato, sancita dall’art. 494, primo comma, c.p.p., di «rendere in ogni stato del dibattimento le dichiarazioni che ritiene opportune, purché esse si riferiscano all’oggetto dell’imputazione», va coordinata con le norme dettate dall’art. 523 c.p.p., che disciplina lo svolgimento della discussione finale e, segnatamente, con il sesto comma di detto articolo, in base al quale l’interruzione della discussione può essere giustificata solo dalla assoluta necessità di assunzione di nuove prove. Ne consegue che, in detta fase, non essendo assimilabili le dichiarazioni spontanee dell’imputato a nuove prove, deve considerarsi inoperante la facoltà dello stesso imputato di rendere dette dichiarazioni.

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Cass. pen. n. 8511/1992

Dalla stessa letterale formulazione dell’art. 468 del codice di rito penale abrogato [la situazione non è affatto mutata con riferimento al 523 di quello vigente] si ricava che la «discussione finale» va svolta con la illustrazione orale delle ragioni a sostegno delle conclusioni che sempre oralmente vanno presentate venendo poi, queste ultime, consacrate per scritto nel verbale redatto dal cancelliere. Nulla certamente può impedire la presentazione di note difensive ai sensi del disposto dell’art. 145 dello stesso codice. Peraltro tale facoltà, almeno nel corso della discussione, non può essere estesa sino al punto di introdurre nel processo una consulenza tecnica di parte su materie che non furono oggetto di perizia per essersi respinta la istanza di rinnovazione del dibattimento per l’espletamento di questa, dovendo pur sempre ritenersi che il diritto riconosciuto dall’ordinamento all’imputato di «difendersi provando» non può comportare l’inevitabile accoglimento anche di richieste che siano prive dei caratteri di rilevanza e pertinenza ai fini della decisione.

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