12 Mag Art. 499 — Regole per l’esame testimoniale
1. L’esame testimoniale si svolge mediante domande su fatti specifici [ 194 ] .
2. Nel corso dell’esame sono vietate le domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte .
3. Nell’esame condotto dalla parte che ha chiesto la citazione del testimone e da quella che ha un interesse comune sono vietate le domande che tendono a suggerire le risposte.
4. Il presidente cura che l’esame del testimone sia condotto senza ledere il rispetto della persona.
5. Il testimone può essere autorizzato dal presidente a consultare, in aiuto della memoria, documenti da lui redatti [ 501 2, 514 2].
6. Durante l’esame, il presidente, anche di ufficio, interviene per assicurare la pertinenza delle domande, la genuinità delle risposte, la lealtà dell’esame e la correttezza delle contestazioni, ordinando, se occorre, l’esibizione del verbale nella parte in cui le dichiarazioni sono state utilizzate per le contestazioni.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”22″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 15613/2015
Quando la deposizione del testimone ha ad oggetto una complessa attività di polizia giudiziaria, caratterizzata anche da plurime acquisizioni documentali, la consultazione di documenti in aiuto della memoria, di cui all’art. 499, comma quinto, c.p.p., può realizzarsi attraverso la lettura dei dati risultanti da documenti redatti dallo stesso teste, ovvero, nel caso di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, dei verbali e degli altri atti di documentazione dell’attività da lui svolta che tali dati riportano. [Fattispecie in cui è stato ritenuto legittimo l’utilizzo di prospetti formati dal teste che riassumevano il contenuto di documenti acquisiti nel corso delle indagini dall’articolazione di polizia giudiziaria di cui il medesimo faceva parte].
Cass. pen. n. 4672/2015
In tema di esame testimoniale, la violazione del divieto di porre domande suggestive di cui all’art. 499 cod. proc. pen. in mancanza di una sanzione processuale, rileva soltanto sul piano della valutazione della genuinità della prova, che può risultare compromessa esclusivamente se inficia l’intera dichiarazione e non semplicemente la singola risposta fornita alla domanda suggestiva, ben potendo il giudizio di piena attendibilità del teste essere fondato sulle risposte alle altre domande.
Cass. pen. n. 7373/2012
Il divieto di porre al testimone domande suggestive si applica a tutti i soggetti che intervengono nell’esame, operando, ai sensi del comma secondo dell’art. 499 cod. proc. pen., per tutti costoro, il divieto di porre domande che possono nuocere alla sincerità della risposta e dovendo, anche dal giudice, essere assicurata, in ogni caso, la genuinità delle risposte ai sensi del comma sesto del medesimo articolo. [Fattispecie di esame di minore persona offesa del reato ex art. 609 quater cod. pen.].
Cass. pen. n. 47084/2008
In tema di prova testimoniale, l’eccezione circa la proposizione di domande suggestive deve essere proposta al giudice innanzi al quale si forma la prova, essendo rimessa al giudice dei successivi gradi di giudizio soltanto la valutazione in ordine alla motivazione del provvedimento di accoglimento o di rigetto della eccezione stessa.
Cass. pen. n. 43837/2008
Il divieto di porre domande suggestive di cui all’art. 499 c.p.p. non si applica alle dichiarazioni rese dalla persona offesa al P.M. durante le indagini preliminari in quanto la norma riguarda il dibattimento e non le indagini preliminari.
Cass. pen. n. 4721/2008
In tema di esame testimoniale, il divieto di porre domande suggestive riguarda l’esame condotto dalla parte che ha un interesse comune al testimone e non invece il controesame o l’esame condotto direttamente dal giudice per il quale non vi è il rischio di un precedente accordo tra testimone ed esaminante.
Cass. pen. n. 10938/2006
Ai fini dell’applicazione del disposto di cui all’art. 499, comma quinto, c.p.p., secondo cui «il testimone può essere autorizzato dal presidente a consultare, in aiuto della memoria, documenti da lui redatti» non può operarsi alcuna differenziazione tra il concetto di «aiuto totale» e quello di «aiuto parziale» della memoria nel ricordo di un fatto, atteso che la specificità della previsione in discorso rispetto a quella della «contestazione» di cui all’art. 500 c.p.p. non sta nella «parzialità dell’aiuto» ma nelle modalità del medesimo come pure nella diversa funzione dei due istituti, nel senso, quanto al primo di tali profili, che l’aiuto viene dato al teste mostrandogli un documento da lui redatto mentre la «contestazione» avviene mediante il ricordo al teste di dichiarazioni da lui precedentemente rese e sulle quali egli abbia già deposto; quanto al secondo profilo [funzione], che dalle dichiarazioni rese dal teste attraverso un aiuto della memoria il giudice può trarre elementi per la prova del fatto mentre dalla «contestazione» può solo trarre elementi per valutare l’attendibilità del teste.
Cass. pen. n. 3968/2006
La consultazione nel corso del dibattimento del verbale di accertamento delle violazioni previdenziali redatto da altri colleghi da parte del funzionario dell’INPS chiamato a deporre come testimone non è sanzionata da nullità e deve ritenersi consentita dall’imputato che non si sia ad essa opposto.
Cass. pen. n. 1048/2003
In tema di audizione del minore parte lesa di delitti contro la libertà personale attinenti la sfera sessuale trovano applicazione sia il divieto di porre al teste domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte [art. 499, comma 2, c.p.p.] che quello — valido solo per l’esame, ma non anche per il controesame — di formulare domande suggestive [art. 499, comma 3, c.p.p.]. In questi casi il potere discrezionale del presidente di intervenire nell’esame del teste al fine di assicurare la pertinenza delle domande, la genuinità delle risposte, la lealtà dell’esame, la correttezza delle contestazioni [art. 499, comma 6, c.p.p.], deve essere particolarmente pregnante, considerate la naturale fragilità emotiva e le scarse capacità critiche connesse all’età del teste.
Cass. pen. n. 6504/2000
La consultazione da parte del testimone di documenti dal medesimo redatti, prevista dall’art. 499, comma 5, c.p.p., deve essere soltanto aiuto alla memoria e non può pertanto sostituirsi completamente al ricordo, risolvendosi, sostanzialmente, nel ricordo di avere scritto. [Fattispecie di annullamento con rinvio in cui la Suprema Corte ha osservato che non c’è prova testimoniale se il teste, nella specie agente di polizia giudiziaria, dopo aver consultato documenti da lui redatti, costituiti dalle annotazioni di osservazioni giornaliere di gioco d’azzardo, non sia in grado di ricordare e si richiami, perché nulla ricorda, al testo consultato].
Cass. pen. n. 5791/1999
Per «documento redatto dal testimone», del quale è consentita la consultazione in aiuto della memoria ai sensi dell’art. 499, comma 5, c.p.p., deve intendersi quello alla cui predisposizione abbia effettivamente contribuito il teste, indipendentemente dalla circostanza che da lui formalmente provenga; ne deriva che sono legittimamente acquisite ed utilizzabili le dichiarazioni rese da un appartenente alla polizia giudiziaria che sia stato autorizzato a consultare un verbale scaturente dall’azione congiunta di più agenti operanti, da intendersi riferibile a ciascuno di essi ancorché sottoscritto soltanto dal superiore gerarchico.
Cass. pen. n. 1028/1998
Il verbale di constatazione redatto da un gruppo di sottoufficiali e ufficiali della Guardia di finanza, in sede di verifica fiscale, è un atto riferibile all’intera equipe, e quindi, a maggior ragione, a chi la dirige e coordina, che lo sottoscrive, assumendosene così l’integrale paternità e responsabilità. Ne consegue che è legittima l’autorizzazione, all’ufficiale che lo firmò, a consultarne il contenuto, in aiuto della memoria.
Cass. pen. n. 2780/1996
La facoltà dell’ufficiale o dell’agente di polizia giudiziaria, esaminato come testimone, di servirsi dei verbali e degli altri atti di documentazione delle attività compiute dalla polizia giudiziaria, deve ritenersi estesa, dopo la sentenza n. 24 del 1992 della Corte costituzionale, ai verbali delle dichiarazioni acquisite da testimoni. [Fattispecie relativa all’utilizzazione di dichiarazioni rese da ufficiale di P.G. in ordine a prospetti, da lui redatti, contenenti dati numerici relativi a quantitativi di tabacco ceduti da singoli produttori a società commerciale, risultata destinataria di premi da parte dell’Aima. Nell’enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha ritenuto che quelle dichiarazioni costituivano una forma di consultazione in aiuto della memoria, secondo quanto dispone l’art. 499, comma quinto, c.p.p. e non integravano violazione del divieto di lettura di cui all’art. 514 stesso codice, in quanto l’acquisizione al giudizio di elementi contenuti in quei prospetti avveniva per il tramite dell’esame e del controesame del testimone, con piena garanzia del contraddittorio e, quindi, dei diritti della difesa].
Cass. pen. n. 10459/1994
La funzione dell’art. 499, comma 5, c.p.p. — in base al quale il testimone può essere autorizzato dal presidente a consultare, in aiuto della memoria, documenti da lui redatti — può essere realizzata pure nel caso in cui il «vuoto di memoria» della persona chiamata a deporre sia assoluto; purché, ovviamente, il giudice provveda poi ad un’adeguata verifica dell’attendibilità del teste. Del resto, l’operatività di un principio di tal genere, insito nell’originaria tessitura del codice di procedura penale, sembra confermata dalle vicende concernenti la legittimità costituzionale dell’art. 500 dello stesso codice e dalle successive «novellazioni» di tale precetto derivanti dal D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito dalla L. 7 agosto 1992, n. 356, coinvolgenti, fra l’altro, anche l’art. 500 c.p.p., in un contesto normativo che, attraverso il modulo della lettura, rende possibile l’utilizzazione a fini di prova di atti della fase anteriore al dibattimento.
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