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Art. 634 — Declaratoria d’inammissibilità

Art. 634 — Declaratoria d’inammissibilità

1. Quando la richiesta è proposta fuori delle ipotesi previste dagli articoli 629 e 630 o senza l’osservanza delle disposizioni previste dagli articoli 631, 632, 633, 641 ovvero risulta manifestamente infondata, la corte di appello anche di ufficio dichiara con ordinanza l’inammissibilità e può condannare il privato che ha proposto la richiesta al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da duecentocinquantotto euro a duemilasessantacinque euro.

2. L’ordinanza è notificata al condannato e a colui che ha proposto la richiesta, i quali possono ricorrere per cassazione. In caso di accoglimento del ricorso, la Corte di cassazione rinvia il giudizio di revisione ad altra corte di appello individuata secondo i criteri di cui all’articolo 11 .

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 44925/2017

È inammissibile, per manifesta infondatezza, la richiesta di revisione fondata non sull’acquisizione di nuovi elementi di fatto, ma su una diversa valutazione di prove già conosciute ed esaminate nel giudizio, ovvero su prove che, sia pur formalmente nuove, sono inidonee “ictu oculi” a determinare un effetto demolitorio del giudicato.

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Cass. pen. n. 47259/2014

Nel giudizio di revisione, il parere del pubblico ministero che sia stato, sia pure irritualmente, acquisito ai fini della valutazione sull’ammissibilità della richiesta e che abbia un contenuto argomentativo, deve essere comunicato alla parte richiedente, ma non é necessario che tale comunicazione contenga un invito espresso a interloquire rivolto all’interessato.

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Cass. pen. n. 20022/2014

In tema di revisione, la valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta proposta sulla base di prove nuove implica la necessità di una comparazione tra le prove nuove e quelle già acquisite che deve ancorarsi alla realtà del caso concreto e che non può, quindi, prescindere dal rilievo di evidenti segni di inconferenza o inaffidabilità della prova nuova, purchè, però, riscontrabili “ictu oculi”. [Fattispecie in cui la S.C. ha annullato la decisione della Corte d’appello che aveva proceduto ad apprezzamenti di merito, propri della fase successiva, in ordine alla rilevanza probatoria delle dichiarazioni testimoniali prodotte a sostegno della richiesta di revisione].

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Cass. pen. n. 18818/2013

L’inammissibilità della richiesta di revisione per manifesta infondatezza ai sensi dell’art. 634 c.p.p. sussiste quando le ragioni poste a suo fondamento risultano, all’evidenza, inidonee a consentire una verifica circa l’esito del giudizio. Ne consegue che rimane del tutto estranea a tale preliminare apprezzamento, perché riservata alla fase del merito, la valutazione concernente l’effettiva capacità delle allegazioni difensive di travolgere il giudicato, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio.

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Cass. pen. n. 15189/2012

Nel giudizio di revisione, il parere del pubblico ministero che sia stato, sia pure irritualmente, acquisito ai fini della valutazione sull’ammissibilità della richiesta, e che abbia un contenuto argomentativo, deve essere comunicato alla parte richiedente.

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Cass. pen. n. 4328/2012

In tema di giudizio di revisione, l’eventuale parere reso dal P.G. in vista della valutazione sull’ammissibilità della richiesta deve essere comunicato alla controparte affinché questa sia posta in grado di svolgere, anche in relazione ad esso, le sue difese e di esercitare il contraddittorio in condizione di parità.

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Cass. pen. n. 31132/2007

È illegittima la decisione con cui il giudice di appello dichiari inammissibile la richiesta di revisione omettendo di comunicare all’interessato il parere del P.G., in quanto — ancorché nella fase preliminare di ammissibilità della richiesta sia legittima l’adozione di una procedura non partecipata e nonostante l’art. 634 c.p.p. non preveda che in tale fase sia sentito il P.G, — ove sussistano le conclusioni del rappresentante dell’Ufficio del P.M., esse devono essere comunicate e, pertanto, conoscibili dalla controparte che — in conformità ai principi della Convenzione europea [art. 6] e della giurisprudenza della CEDU — deve essere in grado, anche in relazione a esse, di svolgere le proprie difese ed esercitare il contraddittorio in condizioni di parità.

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Cass. pen. n. 34167/2006

In tema di giudizio di revisione, è conforme a legge l’adozione di una procedura non partecipata per il vaglio iniziale di ammissibilità della richiesta.

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Cass. pen. n. 5673/2006

In tema di revisione, ai fini della declaratoria di inammissibilità, non è previsto il procedimento in camera di consiglio nelle forme di cui all’art. 127 c.p.p., con conseguenti avvisi, notifiche ed intervento delle parti, né alcuna forma di contraddittorio cartolare. [La Corte ha precisato che la mancata previsione della procedura ex art. 127 c.p.p. non viola il diritto di difesa e non integra alcun profilo di incostituzionalità].

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Cass. pen. n. 624/2002

In tema di revisione, il soggetto danneggiato dal reato – già costituitosi parte civile nel giudizio conclusosi con la sentenza di condanna che gli ha riconosciuto il diritto alle restituzioni e al risarcimento del danno – prima del nuovo giudizio non ha veste di parte processuale, venuta meno con il passaggio in giudicato della prima sentenza di condanna, e può, pertanto, contestare l’ammissibilità della relativa richiesta solo allorché venga introdotta la fase del dibattimento.
In tema di revisione, la norma di cui all’art. 634 c.p.p. secondo la quale la corte di appello dichiara d’ufficio, con ordinanza, l’inammissibilità della relativa richiesta, qualora sia stata proposta fuori delle ipotesi previste dagli artt. 629 e 630 c.p.p. o senza l’osservanza delle disposizioni contenute negli artt. 631, 632, 633 e 641 stesso codice, ovvero risulti manifestamente infondata, non preclude l’adozione della declaratoria, per i medesimi motivi, con la sentenza conclusiva del giudizio, una volta che questo sia stato disposto.

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Cass. pen. n. 1155/1999

In tema di revisione, ai fini del giudizio di ammissibilità della richiesta, il preliminare esame della corte di appello circa il presupposto della non manifesta infondatezza deve limitarsi a una sommaria delibazione dei nuovi elementi di prova addotti e della loro astratta idoneità, sia pure attraverso una necessaria disamina del loro grado di affidabilità e di conferenza, a comportare la rimozione del giudicato in relazione alla loro potenziale efficacia di incidere in modo favorevole sulle prove già raccolte e sul connesso giudizio di colpevolezza, essendo invece ad essa preclusa, in tale stadio, una approfondita valutazione che comporti un’anticipazione del giudizio di merito, avulsa dal contraddittorio fra le parti e fondata su prove non ancora compiutamente acquisite.

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Cass. pen. n. 2134/1999

In tema di revisione, ai fini della declaratoria di inammissibilità, non è previsto il procedimento in camera di consiglio nelle forme di cui all’art. 127 c.p.p., con conseguenti avvisi, notifiche ed intervento delle parti, né alcuna forma di contraddittorio cartolare. Tale mancata previsione non viola il diritto di difesa e non integra alcun profilo di incostituzionalità.

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Cass. pen. n. 4837/1998

Quale necessario antecedente logico-giuridico dell’apertura del giudizio di revisione, l’indagine preliminare costituisce un momento interno del procedimento che, risultando finalizzato al vaglio di ammissibilità della richiesta, si sviluppa nei seguenti passaggi, enucleabili dall’art. 634 c.p.p.: a] verifica dell’osservanza delle forme prescritte per l’istanza di revisione e della legittimazione del richiedente; b] riconducibilità delle ragioni per le quali è richiesta la revisione ad una delle ipotesi tassativamente previste dall’art. 630 c.p.p.; c] congruenza, in astratto, ex art. 631 c.p.p., degli elementi sui quali si basa la richiesta; d] non manifesta infondatezza della richiesta stessa.

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Cass. pen. n. 1095/1998

Con riguardo all’attuale disciplina della revisione è improprio distinguere una fase rescindente e una fase rescissoria, non essendo più previsto uno stadio della procedura che si concluda con la revoca o l’annullamento della precedente sentenza. Sicché, attesa l’espressa previsione, nell’art. 634 c.p.p., come causa autonoma di inammissibilità della richiesta, della manifesta infondatezza della medesima, risulta attribuito alla corte d’appello, nella fase preliminare prevista dalla medesima disposizione, un limitato potere-dovere di valutazione, anche nel merito, dell’oggettiva potenzialità degli elementi addotti dal richiedente, ancorché costituiti da «prove» formalmente qualificabili come «nuove», a dar luogo a una necessaria pronuncia di proscioglimento. [Fattispecie relativa a istanza di revisione della sentenza di condanna fondata su nuove scoperte scientifiche in tema di ricerca del DNA, ritenute in grado di far escludere la compatibilità del sangue dell’istante con quello ritrovato sul luogo dell’omicidio attribuitogli. In relazione ad essa, la S.C., nell’enunciare il principio di cui in massima, ha ritenuto corretto l’operato della corte di merito, che aveva giudicato inidoneo il mezzo probatorio indicato dall’istante ad inficiare la pregressa affermazione della sua responsabilità].

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Cass. pen. n. 3966/1997

In tema di revisione di una sentenza di condanna, la fase dell’accertamento della ammissibilità della relativa istanza implica una sommaria delibazione dei nuovi elementi di prova addotti, così da stabilire se essi appaiono in astratto idonei ad incidere, in senso favorevole alla tesi dell’istante, sulla valutazione delle prove a suo tempo raccolte e, nello stesso tempo, giustifichino la ragionevole previsione che essi, da soli o congiunti a quelli già esaminati nel corso del procedimento conclusosi con la sentenza di condanna, possano condurre al proscioglimento dell’istante. Ma proprio perché l’infondatezza in tale fase deve essere «manifesta», è palese che essa, per poter giustificare il giudizio di inammissibilità dell’istanza di revisione, deve essere rilevabile ictu oculi all’esito di un semplice esame delibativo sulla base di non controvertibili criteri di valutazione e, soprattutto, senza necessità di un approfondito esame di merito effettuato mediante il confronto dei nuovi mezzi di prova con le risultanze probatorie poste a fondamento del giudizio di condanna o con altri dati aliunde acquisiti.

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Cass. pen. n. 890/1996

Il giudizio di revisione nel nuovo codice di procedura penale non comprende, a differenza del vecchio, una fase rescindente e una fase rescissoria e la valutazione di ammissibilità dell’istanza [che nel vecchio rito era rimessa alla cassazione] serve esclusivamente ad evitare un ingiustificato appesantimento dell’attività dell’autorità giudiziaria, essa perciò, non deve procedere ad un vaglio approfondito del merito della questione e deve valutare la novità degli elementi di prova tenendo conto del loro valore complessivo, specie quando esse ineriscano alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato. D’altra parte l’annullamento da parte della cassazione della dichiarazione di inammissibilità non vincola il giudice di rinvio all’emissione del decreto di citazione a giudizio previsto dall’art. 636 c.p.p., ma obbliga solo ad una nuova valutazione della sussistenza dei requisiti per la sua emissione.
In tema di revisione, la valutazione di ammissibilità è fatta dalla corte d’appello, secondo quanto prevede l’art. 634 c.p.p., de plano, senza cioè sentire gli interessati, questo però non preclude la possibilità di acquisire un parere scritto della procura con il quale questa intenda bilanciare l’istanza presentata dalla parte, parere che dovrà essere preso in considerazione solo nei limiti della valutazione propria della fase, che sono solo quelli della «manifesta infondatezza» della istanza e non di valutazione approfondita nel merito di essa.

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Cass. pen. n. 4187/1996

In tema di revisione, attesa l’espressa previsione nell’art. 634 c.p.p. come autonoma causa di inammissibilità della richiesta, della «manifesta infondatezza» della medesima, con attribuzione, quindi, alla corte d’appello, di un limitato potere-dovere di valutazione, anche nel merito, della oggettiva potenzialità degli elementi addotti, ancorché costituiti da «prove» formalmente qualificabili come «nuove», a dar luogo ad una necessaria pronuncia di proscioglimento, ne deriva che non è, di per sè, contraddittoria la motivazione sulla base della quale la corte d’appello, pur riconoscendo il carattere di novità delle «prove» proposte dal richiedente, dichiari inammissibile, per manifesta infondatezza, la richiesta.

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Cass. pen. n. 4126/1993

In tema di revisione, il principio per cui il giudizio in ordine all’ammissibilità della richiesta, sotto il profilo della non manifesta infondatezza, deve essere volto alla verifica della sola idoneità in astratto dei nuovi elementi di prova addotti a dimostrare, ove accertati, che la sentenza di condanna deve essere revocata, non esclude, quando l’elemento nuovo sia costituito da dichiarazioni rese da un soggetto precedentemente non esaminato, la legittimità di una valutazione, anche dettagliatamente e approfonditamente motivata, in ordine alla intrinseca affidabilità di quel soggetto ed alla plausibilità di quanto da lui dichiarato, alla stregua di quanto già obiettivamente accertato e non più revocabile in dubbio, rientrando anche una tale valutazione nell’ambito del controllo sulla astratta idoneità della nuova prova a comportare una rimozione del giudicato.

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Cass. pen. n. 1005/1993

Ai fini della valutazione in ordine alla ammissibilità o meno di una istanza di revisione, nella fase rescindente, la corte d’appello adita deve sotto il profilo dell’eventuale manifesta infondatezza dell’istanza di revisione, limitarsi ad una sommaria delibazione dei nuovi elementi di prova addotti, al fine di stabilire se essi, nei termini in cui sono stati prospettati, appaiano astrattamente idonei, da un canto ad incidere sostanzialmente ed in maniera favorevole sulla valutazione delle prove già raccolte e sul giudizio di colpevolezza del condannato — a suo tempo scaturitone — dall’altro, a consentire di prevedere ragionevolmente che, soli o congiunti a quelli già esaminati nel corso del processo conclusosi con la sentenza della quale si chiede la revisione, possano condurre al proscioglimento di colui che del delitto è già stato dichiarato colpevole. [Nella specie, relativa ad annullamento di ordinanza di inammissibilità, la corte d’appello aveva anticipato alla fase rescindente la valutazione approfondita delle prove concludendo per la loro inidoneità a scagionare il condannato dalla di lui responsabilità].

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Cass. pen. n. 943/1992

Nel procedimento preliminare di delibazione da parte della corte d’appello, ex art. 634 c.p.p., dell’ammissibilità della richiesta di revisione, non deve essere dato avviso del giorno fissato per l’udienza di discussione alle parti, delle quali non è richiesta la presenza.

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Cass. pen. n. 4521/1992

Ai sensi dell’art. 634 c.p.p., quando la richiesta di revisione è proposta, fuori dalla ipotesi preveduta dagli artt. 639 e 632 o senza l’osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 631, 632, 633, 641 c.p.p., ovvero risulta manifestamente infondata, la corte d’appello, anche d’ufficio, dichiara l’inammissibilità della richiesta predetta. La valutazione dell’ammissibilità dell’impugnazione risponde alle esigenze generali di impedire spreco di attività giurisdizionale e si svolge de plano, e non è previsto che sia dato avviso al difensore o all’imputato della data fissata per la camera di consiglio.

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